«Piacere, disobbediente civile»

L’iniziativa. A Firenze c’è un notaio, Luigi Aricò, che in un anno ha certificato 80 testamenti biologici: «Perché non è permesso ma nemmeno proibito».

Diritti civili? Disobbedienza civile. E mentre in campagna elettorale i temi cosiddetti «etici» faticano a trovare spazi di discussione, a Firenze c’è un notaio che da un anno si dà da fare con la sua personale battaglia per il testamento biologico. Anzi, di più: li redige direttamente i «testamenti biologici». Ne ha già vidimati circa ottanta. E tutti al prezzo simbolico, o «politico», di un euro.

La Chiesa Cattolica coltiva il culto della sofferenza come mezzo di salvazione e vorrebbe farci credere che la vita è un dono di Dio di cui non possiamo disporre.
Gran bel dono – pensiamo – se poi non possiamo farne quello che vogliamo!
Contro ogni buon senso e ogni istinto e principio di autodeterminazione e libertà di scelta, la politica italiana segue come un cane fedele questa assurda e insensata pretesa clericale.

La resistenza laica inizia anche da qui. Dalla riaffermazione di questa libertà. E dalla battaglia di un singolo che porta da solo il peso – e la responsabilità – di una scelta di disobbedienza.

Luigi Aricò è, appunto, un disobbediente. Ha un lussuoso ed austero studio notarile in piazza Strozzi 1 a Firenze. Si entra, accomodandosi su una delle due sedie savonarola in legno del suo studio, e si comincia: «Buongiorno notaio, vorrei dettare le mie condizioni di fine vita». Linguaggio formale, come si richiede in uno studio notarile. «Dopo poco però passano alle parole che conosciamo tutti: testamento biologico, eutanasia». Eutanasia? Ma è illegale. «È quella che vogliono, è quella che chiedono. In un modo o nell’altro, pensano tutti all’eutanasia».

Luigi Aricò pensa che la politica sia un affare delicato, ma che tutti debbano fare la loro parte: «A metà della legislatura che si va chiudendo, quando ancora si pensava che i diritti civili avrebbero trovato uno sbocco parlamentare – racconta – il Consiglio Nazionale del Notariato si rese disponibile a redigere testamenti biologici e a istituire un apposito registro nazionale, e questa disponibilità non è mai stata ritirata». Aricò non ha fatto altro che passare dalla teoria alla pratica. «Perché non è permesso ma nemmeno proibito», sottolinea. E perché «ci sono margini d’azione, a cominciare dall’immagine di un notaio che si espone in prima persona e passa ai fatti».

L’unico problema, però, è la forza cogente di questi atti: «Bisogna arrivare a rendere “normale” che un medico segua queste disposizioni di fine vita. Senza una legge non lo si può costringere. E non tutti sono coraggiosi, giusti e hanno il senso del dovere che ha avuto Mario Riccio». Il medico che staccò il respiratore a Piero Welby, e che poi fu prosciolto – tra le polemiche – dal gup romano Zaira Secchi, che invocando l`articolo 51 del codice penale ha decretato il non luogo a procedere, è diventato il simbolo di questa resistenza laica e civile.

Perché dunque gettarsi anima e corpo in questa forzatura di un vuoto legislativo? «Perché anche se non è un diritto, non è detto che il testamento biologico non venga rispettato. Dipende dal medico. Perché se non ci muoviamo per forzare la mano alla politica, la politica da sola non lo farà». L’importante è dare un segnale forte: un euro per ogni living will. «Gratis non potevo farlo, per una questione di dignità professionale, ma il costo era giusto che fosse simbolico. Certo, se poi si vuole registrare l’ultima bio-volontà nel registro nazionale “con l’imposta si passa a 168 euro».

Ma chi sono gli avventori dello studio di Aricò che con tanto anticipo pensano a quando la vita porrà loro difficili e dolore scelte? La voce si sparsa principalmente con il passaparola: «Generalmente sono persone di medio-alta estrazione sociale e culturale, dai 50 anni in su, anche se è venuta una ragazza di poco più di 30 anni a cui hanno dato 6 mesi di vita. Sono tutti consapevoli, informati, leggono i giornali, e spesso hanno anche buone conoscenze scientifiche».

Dalle parole ai fatti, dunque. Perché Firenze è un campo di battaglia, di resistenza, civile: «Non conosco i nomi dei medici, ma so che anche a Firenze l’eutanasia clandestina si pratica. C’è bisogno di norme certe! » E la giustizia? «Nel tribunale di Firenze ci sono magistrati illuminati e all’avanguardia su questi temi: se fossero coinvolti potrebbero e saprebbero motivare bene certe scelte coraggiose».

Fonte: Alteredo

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7 commenti

Enrico

Se un pubblico ufficiale sà dell’esistenza di reati si deve rivolgere alla procura della repubblica e presentare denuncia contro ignoti.

Stefano P.

In effetti ho qualche amico a Firenze che non vado a trovare da anni. Potrebbe essere l’occasione per unire l’utile al dilettevole.

Stefano Bottoni

Scommetto che ora i clericali vorranno denunciarlo, essendo il testamento biologico non previsto dalla legislazione. Peccato che non vogliano fare altrettanto nei confronti di chi nega la pillola del giorno dopo, anche se l’obiezione di coscienza non è prevista dalla legislazione.

Silesio

La chiesa cattolica non “difende” proprio un bel nulla sul piano morale, ma semplicemente difende un processo continuo di accumulazione di beni e capitali che hanno fatto sì che tale struttura diventasse la più ricca e potente del mondo. Per questo, non vuole eutanasie, ma solo perché la chiesa cattolica vuole essere “lei” (e lei sola) accanto al morente, per potergli eventualmente estorcere le ultime volontà. E più il morente è rimbecillito e più è possibile estorcergli qualsiasi cosa.

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