La teoria evoluzionistica di Darwin diventa un sistema automatizzato. Almeno nell’esperimento di Brian Paegel e Gerald Joyce del Scripps Research Institute, in California. Come riportato in un articolo pubblicato su Plos Biology, i due ricercatori hanno creato una “macchina” controllata da computer in cui gli enzimi a Rna (dei catalizzatori biologici, ovvero proteine che accelerano le reazioni) evolvono naturalmente, senza l’intervento umano. Il sistema infatti, una volta innescato, progredisce autonomamente: le mutazioni casuali e la pressione selettiva (rappresentata dai reagenti utilizzati come substrato e da altri enzimi presenti) agiscono come in natura, e alla fine il catalizzatore più adatto all’ambiente risulta essere anche il più numeroso.Quando in una popolazione si presenta – casualmente – una variazione trasmissibile alla prole (quindi genetica) che conferisce un vantaggio agli individui che ne sono portatori, allora si ha evoluzione: questi individui hanno infatti più probabilità di riprodursi e, col passare delle generazioni, la maggior parte della popolazione presenterà quella mutazione che si dimostra vincente per quel determinato ambiente e in quel particolare momento.
Nella macchina di Paegel e Joyce avviene lo stessa cosa: il sistema parte da un gruppo di enzimi a Rna tra loro molto simili. Quelli che fanno reagire le sostanze presenti con maggior successo hanno “in premio” la possibilità di “riprodursi”, grazie a un promoter biologico che si lega agli enzimi stessi. Altre proteine presenti nella macchina, infatti, hanno il compito di riconoscere gli enzimi con il promoter e di indurli a replicarsi, in maniera tale che gli enzimi ad Rna più adatti per il substrato diventino sempre più numerosi.
Sia il substrato reagente che i promoter, però, diminuiscono a ogni generazione e, in perfetto accordo con la teoria selettiva, la macchina finisce per generare l'”enzima migliore”, che lavora più velocemente e con concentrazioni di substrato più basse degli enzimi di partenza. Nell’esperimento riportato l’enzima finale ha subito 11 mutazioni che lo hanno fatto diventare 90 volte più efficiente del suo progenitore.
La capacità di far fronte alla scarsità del substrato sarà un elemento comune a tutti gli enzimi ad Rna evoluti in ciascun esperimento condotto dalla macchina, ma le mutazioni che conferiranno questa capacità saranno casuali e non potranno essere predette.
davvero un esperimento interessantissimo e affascinante, mi vado a leggere l’articolo se è disponibile in rete. Incredibile, una volta capito il meccanismo, cosa si è in grado di fare
Anche gli ‘orecchianti’ come me sanno che espressioni come ‘vantaggio evolutivo’ e simili sono espressioni di natura tecnica che niente hanno a che fare con la cosiddetta ‘migliore qualità della vita’ che dipende da tante cose ma non dalla selezione naturale come tale, la cui conoscenza sempre più approfondita per altro, come ogni nuova conoscenza, può servire per questo miglioramento.
Però mi chiedo sempre (e l’ho chiesto in varie forme e in varie occasioni in questo blog): a chi tocca tradurre queste nuove conoscenze in ‘vantaggio’ nel senso proprio di ‘miglioramento’? Perchè se questa ‘operazione’ non fosse possibile – in quanto si afferma sempre che non tocca agli scienziati farla, mentre i non-scienziati non saprebbero da che parte cominciare o farebbero solo danni – allora queste scoperte a cosa servono? A sapere per il piacere di sapere?
Che è un piacere reale, sia ben chiaro… ma, come dire, un pò onanistico.
@ Bruno
I motivi per fare ricerca pura sono molti; se te ne serve uno non “masturbatorio”, basta pensare che molte tecnologie ora comuni sono state scoperte mentre si facevano esperimenti senza alcuna applicazione apparente.
In questo caso, pensa se si potesse applicare questo metodo “evolutivo” alla realizzazione di farmaci specifici.
In ogni caso anche il sapere per sapere è importantissimo per la realizzazione del nostro “senso della vita”, perché dubitarne?
@bruno
il web è nato con la ricerca sulle particelle elementari http://www.cern.ch
per fare un esempio…
meglio qui
http://public.web.cern.ch/Public/en/About/Web-en.html
Anche se alla fine dovesse servire per avvalorare la sola teoria evoluzionistica di Darwin, sarebbe da considerare un valido contributo, per nulla onanistico, in contrapposizione al creazionismo o al progetto intelligente.
>”Il sistema infatti, una volta innescato”
Da chi e come? Dai programmatori, con l’uso di computer (tutt’altro che casuale nel suo funzionamento) e secondo un programma intelligente autoriproducentesi.
X Bruno Gaulenzi
“vantaggio evolutivo” .. “migliore qualità della vita” …. forse ho capito male ma mi sembra che tu stia mescolando le pere con le mele.
L’evoluzione è un processo generale che è avvenuto ed avviene indipendentemente dalla nostra esistenza di Homo sapiens. In questo processo hanno maggiore probabilità di trasferire il proprio patrimonio genetico alle generazioni successive quegli individui di una specie che sopravvivono meglio nel proprio ambiente. Infatti se sopravvivono meglio hanno maggiori probabilità di arrivare all’età della riproduzione, di trovare un partner sano, di farsi scegliere da questo partner, di avere prole, di alimentare questa prole, di difenderla ec…
Non so cosa intendi tu per “qualità della vita” e mi sarebbe necessario saperlo per poterti rispondere in modo coerente.
Di certo, in generale, la “qualità della vita” non è detto che abbia sempre molto a chè fare con il “vantaggio evolutivo”. Ad esempio, un individuo che se la passa da matti (mangia, beve, si diverte, è sano) ma che non si riproduce …. ha una ottima qualità della vita ma è un ramo secco nell’evoluzione!!!
Aspetto ulteriori informazioni …..
@ Bruna Tadolini
Volevo aspettare la lettura di vari commenti per ricavarne alcune indicazioni che mi stanno a cuore… ma a te devo subito alcune precisazioni.
So benissimo di aver mescolato (se ne è già discusso in altri post) ‘le pere con le mele’, ma l’ho fatto in un certo senso di proposito.
Per ‘migliore qualità della vita’ non intendevo certo riferirmi a parametri fissi in base ai quali stabilire come si possa ‘vivere meglio o peggio’: intendevo solo capire in che modo un ‘vantaggio evolutivo’ – in quanto ‘vantaggio’ rispetto evidentemente ad una fase precedente
‘meno vantaggiosa’ – UNA VOLTA CHE SE NE SIA GIUNTI A CONOSCENZA, possa essere ‘utilizzato’ per prospettare una qualche forma migliore di vita. In altre parole, fermo restando che la ‘qualità della vita’ non può che essere definita da fattori culturali, sia individuali che collettivi, comunque sempre soggettivi, ‘relativi’, mi chiedevo come, anche all’interno di questo insuperabile relativismo, si potesse ‘far tesoro’ di queste conoscenze… sapendo per altro (credo che lo si insegni ormai già a partire dalla scuola materna) che tante ‘scoperte’ della scienza possono esere usate ‘per’, ma anche ‘contro’, l’uomo.
Questo per cercare di rispondere alle tue più che giustificate perplessità.
In realtà ciò che mi interessa maggiormente è capire CHI (ma poi anche COME) può svolgere questo ruolo di ‘utilizzatore’, perché si tratta proprio di finalizzare per quanto possibile ‘bene’ queste conoscenze; il che rimanda alla questione del rapporto tra scienza ed etica, o tra scienza e filosofia, su cui avevo tampo fa elaborato – all’interno di un discorso filosofico con pretese di organicità – alcune riflessioni che compaiono nella sezione ‘contributi’ di UAAR.
Grazie in ogni caso per l’attenzione prestata.
@Bruno
..mi sembra che qui, come in vari altri post relativi a scoperte scientifiche, tu “critichi” la scienza, soprattutto quella di base, perche’ non vedi quali vantaggi possa portare al benessere, inteso come qualita’ di vita, delle persone.
Ora, a parte il discorso sul legame tra ricerca di base e tecnologia, gia’ fatto qui ed altrove.
Mi pare che questa tua posizione sia limitativa nei confronti della scienza, posizione non insolita tra le persone di formazione umanistica, specie in Italia, ma non per questo piu’ accettabile.
Quale vantaggio ricava l’umanita’ dall’esistenza della cappella sistina? E dalla divina commedia? E dalla critica alla ragion pura?
In termini utilitaristici, ovviamente nessuno. Non vivremmo meno a lungo, non mangeremmo peggio, non staremmo meno al caldo, se questi risultati dell’ingegno umano non fossero stati raggiunti.
Eppure, non penso che tu intenda porti delle domande sulla necessita’ o meno di realizzare cose del genere.
Ma sulla scienza si. Perche’?
Mi sembra che tu veda la scienza soprattutto come una fastidiosa attivita’ propedeutica esclusivamente al progresso tecnologico. In quest’ottica, e solo in questa, hanno senso le tue domande sugli “utilizzatori”. Dai tuoi post sembra trasparire l’idea che o la scienza e’ utile, in senso pratico, o non e’, o peggio ancora non dovrebbe essere.
Ma la ricerca di base e’ soprattutto cultura. Non e’ altro che un modo, peraltro nella mia umile opinione particolarmente efficace, che l’uomo ha escogitato per riflettere su di se e sul mondo.
In quest’ottica, si, e’ masturbazione… ne’ piu’ e ne’ meno delle opere di Michelangelo.
Giuseppe: “Quale vantaggio ricava l’umanita’ dall’esistenza della cappella sistina? E dalla divina commedia? E dalla critica alla ragion pura? In termini utilitaristici, ovviamente nessuno. […] Eppure, non penso che tu intenda porti delle domande sulla necessita’ o meno di realizzare cose del genere. Ma sulla scienza si. Perche’?”
Penso che in termini di rapporto costi-benefici opere come (ad esempio) quella di Kant o quella di Dante siano fortemente in vantaggio, se non altro perché hanno costi risibili. Uno scrittore non impiega altro che il suo tempo.
La scienza non è paragonabile alle arti a basso costo, specie quella attuale, che dà ritorni spesso risibili a fronte di costi esorbitanti. Quella precisazione (attuale) si spiega pensando, ad esempio, a quanto poco costò a Redi verificare l’inesistenza della generazione spontanea o a Mendel redigere le leggi dell’ereditarietà, o a Newton quelle delle gravitazione universale… Insomma, quante meno cose si sanno, tanto meno costa scoprirne di nuove e le scoperte significative si susseguono ad un ritmo notevole; quante più cose si sanno, tanto più costoso diventa scoprirne di nuove e le scoperte significative si fanno rare e distanziate nel tempo.
E’ facile capire che si tende ad un punto nel quale il valore (non solo economico) delle nuove scoperte non copre i costi che occorre sostenere per ottenerle. Forse varrebbe la pena almeno chiedersi dove stia quel punto. Forse lo si è già raggiunto, magari superato.
P.S. Con quanto scritto non intendo minimamente assumere un atteggiamento antiscientifico, anzi… direi che si tratta di una riflessione molto concreta.
Caro Giuseppe, se proprio ci tieni a saperlo (faccio per dire), io invece mi sono sempre chiesto, e continuo a chiedermi, ‘a cosa serve’ la Cappella Sistina, Bach, Beethoven, Dante, ecc. per non parlare delle piramidi, perché questo credo sia il compito della filosofia (almeno come la intendo io)… quindi non vedo perché non dovrei chiedermi ‘a cosa serve’ la scienza.
Il problema tra noi è intenderci sul ‘a cosa serve’.
Io mi considero materialista (ateo materialista), ma non per questo l”a che serve’ lo intendo solo in termini utilitaristici… o meglio, ‘utile’ per me è tutto ciò che mi serve, come suol dirsi, per dare un senso alla ‘mia’ esistenza. Per cui mi godo Michelangelo, Bach, ecc. (un pò meno le piramidi, sapendo cosa sono costate a tanti miei simili), così come un’alba o un tramonto (visto come sono romantico?) se, e quando, mi aiutano a vivere con più pienezza la mia unica esistenza, senza per altro farne dei feticci. Anche perché, a seconda delle condizioni in cui si trova la mia povera psiche, tutte queste cose a volte mi vengono perfino a noia. (E ho scritto anche ‘contro’ l’umanesimo, se inteso in un certo modo).
Ora, tu dirai, tutto questo vale per la scienza – che pure, come in questo stesso post più di uno sostiene (e io con loro) può provocare godimento anche proprio estetico – in un modo del tutto particolare… e io ancora una volta sono d’accordo… ma proprio perché la scienza mi mette a disposizione delle conoscenze che posso ‘utilizzare’ in modo diverso (migliore o peggiore, questa è l’altra questione, la questione etica) da come posso utilizzare Michelangelo, Bach e, aggiungo ora, Kant, Nietzsche, Marx, Freud ecc., in quanto mi mette in mano degli strumenti coi quali posso esercitare un ‘dominio’ sulla natura (e sull’uomo in quanto essere naturale) che non posso considerare solo teoricamente, accademicamente, come fatto ‘culturale’. La scissione nucleare – tanto per utilizzare il solito esempio – mi ha sì fatto fare uno straordinario passo in avanti in termini di conoscenza della natura, ma mi ha anche permesso di disporre di uno strumento col quale posso far sparire l’umanità e quant’altro dalla faccia della terra… cosa che i vari Michelangelo, Bach ecc. non possono certo fare, se non inventando e rappresentando scenari più o meno suggestivi a seconda della loro capacità di incidere sull’immaginario di ognuno.
Insomma, se ‘mi permetto’ di sottoporre al vaglio del giudizio etico la scienza non è certo perché la considero un’attività ‘fastidiosa propedeutica esclusivamente al progresso tecnologico’, ma, al contrario, perché dà all’uomo un potere che nessun’altra attività umana è in grado di dare.
Naturalmente il discorso non si chiude qui, ma qualche risposta a qualche tua obiezione spero di averla data.
Ti saluto.
Sono d’accordo con Flavio: il sapere è importantissimo per il nostro “senso della vita”.
E nel caso dell’evoluzione in modo particolare. Questi esperimenti contribuiscono a smantellare credenze, sulla nostra origine, che hanno fatto il loro tempo.
Io sono il frutto di mutazioni casuali, sono qui per caso.
Non vi è alcuna prima causa che ha portato a me. Solo il caso. E questa presa di coscienza è bellissima.
Ed è così tanto bella perché, pur annullando ogni origine, e forse anche ogni scopo, io intanto mi ritrovo qui, donato a me stesso.
@ roberto vai
Il senso deilla vita è un’altra cosa. E’ capire perchè viviamo, e soprattutto dove andiamo “la direzione” appunto della vita. E la scienza questo non lo dice. Il motivo ultimo dell’esistenza…Siamo contingenti, cioè potremmo esserci come non esserci, ma perchè ci siamo? E che senso ha fare del bene… E hitler e madre teresa dopo la loro vita per entrambi finisce nello stesso modo. e allora il senso di giustizia che ognuno di noi ha rimane frustrato? Su queste cose bisogna interrogarsi per capire il senso. Se tutto finisce con la morte se fai il bene o fai il male, la vita che senso ha?
@Bruno:
beh, in un certo senso, la produzione di certe “idee” (hai citato Marx e Nietzsche) puo’ essere pericolosa quanto, se non di piu’, della scienza…
Come sai, non sono per nulla d’accordo sul fatto che chi fa ricerca debba preoccuparsi lui in modo particolare di come verranno usate le sue scoperte, o peggio ancora quel che derivera’ in futuro da esse.
Alla filosofia non si chiede un’autocensura preventiva… ne’ alla letteratura o all’arte o ad altre attivita’ umanistiche, che possono creare e diffondere idee pericolosissime (per non parlare della religione, ovviamente). Queste idee sono “tecnologie” anche loro, anche se non hanno a che fare con il controllo diretto della natura.
Perche’ mai alla ricerca di base, si?
O tutti, o nessuno.
Sono dell’idea che dell’uso delle idee (scientifiche o non) debba preoccuparsene la societa’ in generale, e non chi le ha, soprattutto non a livello di autocensura.
@claudio:
e perche’ mai la vita dovrebbe avere un “senso”? Perche’ noi lo desideriamo?
Beh io desidero tante cose.. non per questo si realizzano o sono come le desidero.
La scienza non dice il “senso”… e forse, per come lo intendi tu, non c’e’.
Che c’e’ di terribile, inaccettabile, in questa idea?
Si tratta solo di crescere ed imparare che non siamo al centro dell’universo.
Molti individui l’hanno fatto, passando dall’infanzia alla maturita’… sarebbe ora che lo facessimo anche come cultura, secondo me.
Caro Claudio,
ciò che io ritengo sia davvero indispensabile è fare chiarezza.
Ma per fare chiarezza occorre prima pulire, liberarci dalle incrostazioni di false certezze. La nostra epoca è quella del nichilismo, ma fatichiamo persino ad accorgercene.
Tu dici: “potremmo esserci come non esserci, ma perchè ci siamo?”.
Già il supporre che noi “potremmo” non esserci, è già coscienza del Nulla. E’ il nichilismo che ci spinge ad avanzare.
E pure chiederci il “perché” dimostra una visione deterministica della nostra vita.
Noi siamo schiavi di un’interpretazione del mondo che rischia di soffocarci. E’ stata utile per un sacco di tempo, ma il prezzo da pagare si sta facendo altissimo.
Che il mondo sia una successione di cause e di effetti, che la realtà sia composta da oggetti distinti e che questi oggetti evolvano nel tempo, è una “verità” che deve essere superata.
Se io ci sono, se posso davvero scegliere, tutto ciò non può essere spiegato dalla razionalità… ma deve aver a che fare con la Trascendenza.
La Vita non ha un senso! E’ il senso; cioè consente la creazione manifestativa, all’atto presente nella consistenza e in questo sta l’affermazione della conoscenza nel divenire all’essere del concetto.
La Vita va constatata e questo porta il concetto a definire l’estremo della creazione al Nulla e della manifestazione al Tutto, perciò al concetto ciò che è attuato al Nulla, è l’idealità presente e al Tutto, è l’elaborazione consistente della materialità; per cui per definire la conoscenza, l’opinione individuale constata la superiorità di ciò che è dimostrato; espresso dall’inferiorità di ciò che la compone; esempio: definisco un bosco dalla conoscenza dell’inferiorità che lo compone; piante, arbusti, erbe, ecc., così per la pianta; radici, rami, tronco, foglie, ecc., così per l’essere umano; occhi, bocca naso, braccia, gambe, ecc., da questo cerco di capire dove va la conoscenza e in questo credo di rilevare la creazione all’inferiorità e la manifestazione alla superiorità.
La Vita è nell’esistenza; ciò che è in ciò che cè; “il Nulla rende uguale il Tutto”.
@ Giuseppe
Evidentemente non sono riuscito, ancora una volta, a farmi intendere (non dico, ovviamente, a convincere).
Provo a precisare solo un punto. Certo che le idee (di Marx, Nietzsche o di chiunque altro… personalmente non ho numi tutelari) possono essere estremamente pericolose e quindi vanno ‘sottoposte a censura’, nel senso di sottoporle a critica costante perchè possono provocare ‘morte e distruzione’ (non parliamo poi delle religioni), ma la scienza oggi mette a disposizione un potere che, sempre oggi come oggi, può portare ‘concretamente’ a esiti ‘definitivi’.
Voglio dire questo. Fino a che l’Apocalisse era, e restava, una sorta di deterrente più che altro simbolico, in grado di influenzare l’immaginario delle persone, soprattutto quelle più sprovvedute, si poteva considerarla magari un parto dell’inconscio, pericoloso ma circoscrivibile… mentre oggi la scienza – anche se la cosa in genere viene ‘rimossa’, e soprattutto forse proprio dagli scienziati – permette di togliere l’Apocalisse dal’immaginario e farla diventare un fatto del tutto concreto. Reale. Effettivo. SCIENTIFICO. E possibile in qualsiasi momento: il che costringe a vedere la scienza e la sua ricaduta tecnologica in modo radicalmente diverso rispetto al passato.
Per ora volevo ribadire solo questo punto. In quanto alla responsabilità dello scienziato come scienziato (che forse è il vero punto di disaccordo fra noi, anche se per me è collegato strettamente a quanto detto sopra)… se nel frattempo non ne avrai avuto abbastanza, perché per te la questione è già stata chiarita e risolta mentre è il ‘tormentone’ che più mi appassiona e che trova quasi sempre poco credito fra gli amici di UAAR… pur avendone già parlato, rimando ad una prossima occasione.
Caro Bruno
dopo lungo meditare sono giunta ad una conclusione, non definitiva ma …… che il vero pericolo non è la scienza e quindi non ha senso “censurarla”!
Il vero pericolo è l’istinto alla distruzione degli altri ed al prevalere che c’è PER DEFINIZIONE in ogni organismo vivente. Allora che si fa? … io suggerisco di provare a cambiare la testa della gente con la cultura e la conoscenza (oltre che a limitare il numero delle persone per non aumentare la necessità della competizione e della lotta per la sopravvivenza)!
@Opinione
Non so se ho capito.
Ciò che dici, significa che è azzardato separare la creazione dalla sua manifestazione?
Ovvero che sia solo un’opinione credere che il mondo sia composto da oggetti distinti? Giacché questi oggetti sono sia superiorità che inferiorità: non è possibile un’attribuzione univoca.
La distinzione del mondo da noi attuata è arbitraria, perché il mondo è sostanzialmente indistinguibile?
* Roberto Vai
Ciò che credo la ritengo un’opinione, mentre ciò che constato non lo concepisco,
posso solamente cercare la verità di ciò che è affermato al presente, nella conferma del consistente, ed è dalla conferma di ciò che il concetto può definire, che ritengo la dimostrazione della superiorità, elaborata dall’espressione dell’inferiorità, perchè non posso definire una pianta partendo dalla superiorità di un bosco.
In questo rilevo il ruolo dell’inferiorità nella creazione della funzione superiore, la quale viene estinta alla sua manifestazione nel divenire all’essere del concetto, perciò la creazione e la manifestazione riguardano il principio e la finalità della versione Universale della Vita constatata all’Io, che consente la conoscenza alla globalità di ciò che esiste, cioè all’indeterminazione illimitata del concetto (umano e non umano,cioè globale).
x Opinione
Non può essere però che l’inferiorità e la superiorità siano il risultato dell’interpretazione della razionalità? Che effettua una distinzione utilitaristica della manifestazione, ovvero separa ciò che appare per poter poi eventualmente agire?
Per cui, quando cerco di capire, devo inevitabilmente “definire”. E di conseguenza non posso fermarmi mai, perché ogni definizione può reggersi solo sulla definizione dei suoi componenti.
Quando cerco di definire il bosco, allora inevitabilmente devo definire le piante, e per definire la pianta ne conseguono le foglie, il tronco, le radici…
Ma il bosco, non è “solo” l’insieme delle piante, così come non è veramente distinto dalla terra su cui si distende.
E allora, mi domando, non è che vi sia un altro “modo” possibile per interpretare la Vita? E che questo modo stia diventando sempre più urgente (la razionalità deve ormai essere superata)?
@ Roberto Vai
Impegnato in un confronto con gli amici scienziati ho seguito solo poco fa e frettolosamente il tuo con Opinione.
Confesso che – soprattutto per quanto riguarda il modo di argomentare di Opinione – pur cogliendo qua e là spunti interessanti, non sono riuscito a sintonizzarmi con voi. Avevo deciso di lasciar perdere quando mi sono imbattuto nella tua domanda finale (” (…) non è che vi sia un altro ‘modo’ possibile per interpretare la Vita? E che questo modo stia diventando sempre più urgente (la razionalità deve ormai essere superata)?”)…
Ora, non avendo seguito il percorso che ti ha portato a questa domanda – che credo retorica, in senso tecnico – non dovrei intervenire, ma mi ha ugualmente incuriosito (siamo o non siamo su un blog UAAR?) al punto da chiederti: da cosa la razionalità dovrebbe, o potrebbe, essere superata?
Naturalmente tutto dovrebbe essere ricondotto al significato che si dà a ‘razionalità’… ma così, in prima battuta, cosa intendi veramente?
x Bruno Gualerzi
Tutto ciò che esiste è il risultato di qualcosa che è stato pensato
( Suttapitaka)
@ roberto vai
Allora siamo d’accordo. L’esistenza di queste domande all’interno dell’uomo mostrano come il senso della propria vita ci proietta evidentemente verso un senso di trascendenza e come l’idea di slvarci con la scienza sia solo un’illusione. Quello che constatiamo è che nell’uomo è presente un anelito alla trascendenza, c’è sempre stato e ci sarà sempre finchè l’uomo si interrogherà sul senso della vita e si porrà altre grandi domande. anche nei regimi atei in cui la religione si voleva eliminare si è visto che non è cosa possibile. Se tutti riflettessimo su questo capiremmo come l’uomo è un essere religioso. Però sai, a volte innamorarsi delle proprie idee può non consentire di vedere la verità. Si ignora come l’ateismo sia una professione di fede più grande di chi ha fede, perchè vuol dire immaginare un caso che crea il mondo ordinato, vuol dire aver la presunzione di ritenere che l’essere si identifichi con ciò che sia possibile empiricamente constatare con dei mezzi imperfetti. Non riusciamo a spiegarci tanti fenomeni naturali figuriamoci il mondo spirituale e sovrannaturale. Ridico e irragionevole!!!!
* Roberto Vai
Ciò che conta è come constatiamo la Vita; alla mia concezione risulta: “atto presente all’elaborazione della consistenza” perciò quello che posso interpretare e solo l’elaborazione della consistenza, per cui in questo è interpretabile dal concetto umano la definizione del limite determinato delle cose, fatti, avvenimenti,ecc., mentre il concetto globale riguarda l’indeterminazione illimitata di ciò che c’è.
La Vita é il senso affermativo della conoscenza constatata alla versione Universale (Io).
L’esistenza ha senso all’interpretazione della realtà confermata nella condizione eventuale, dal confronto concettuale (assurdo-razionale; cioè indeterminazione illimitata- limite determinato).
Sciocchezze.
Invenzione tua.
Definisci l’«essere». Poi indica dei mezzi meno imperfetti per conoscerlo e spiega perché sarebbero preferibili ai mezzi “imperfetti”. Altrimenti sono solo parole vuote.
Cos’è il mondo spirituale? Cos’è il mondo sovrannaturale?
D’accordissimo, non riusciamo a spiegarci tanti fenomeni naturali e c’è tuttavia chi propone l’esistenza di un mondo “sovrannaturale”, in aggiunta al primo, e pensa di poter colmare le lacune della nostra conoscenza con affermazioni con una sicumera che è direttamente proporzionale alla loro inconsistenza logica e alla loro sostenibilità empirica.
P.S.:
Non hai capito una cippa di cosa sia l’ateismo, dopo tanto tempo che bazzichi su questo sito. Prima di sparare cavolate, informati meglio.
@ Claudio
Prova a tener presente questo schemino semplice semplice.
– l’uomo è un animale che l’evoluzione ha dotato di quella che chiamiamo coscienza, la quale ci ‘informa’ (forse lo fa anche con gli animali, ma per ora non lo sappiamo) che moriremo;
– la morte è la cessazione della vita, quindi è vissuta come una condanna proprio perché viviamo;
– da qui l’ESIGENZA, connaturata alla condizione umana, di contrastare questo esito;
– da qui il sorgere e il proliferare di tutte le religioni che prospettano una continuazione in qualche modo della vita anche dopo il dsifacimento del corpo, cioè dopo la morte;
– il credente ‘crede’ in questa dimensione ultraterrena perché in essa ritiene sia soddisfetta l’esigenza di cui sopra. Ma più che credere, in realtà spera: come essere razionale non può altro che sperare;
– l’ateo sente, perché dotato come tutti di coscienza, questa esigenza, ma proprio l’uso stesso della coscienza – ciò che è costitutivo della condizione umana – lo rende consapevole che non potrà mai sapere, nel senso di farne una qualche esperienza diversa dal puro desiderio, di questa dimensione proprio perchè ‘lo trascende’. Quindi ritiene ‘contro natura’ vivere ‘come se’ quello fosse il vero senso da dare alla vita. Con tutto quel che segue.
Non tutti gli atei sono d’accordo con questo schema per quanto riguarda premesse a passaggi successivi, ma, quale che sia il percorso nel quale si riconoscono, la conclusine per tutti è la stessa: non ritengono di dover vivere in funzione di ciò che non potranno mai conoscere, perché questo sarebbe davvero vivere contro se stessi in quanto dotati di coscienza. Detto in altro modo, si alienerebbero.
Se vuoi davvero confrontarti con un ateo, devi prima ‘provare’ a percorrere questa strada, e non affibiargli schemi che in realtà sono soltanto tuoi. Legittimi, per carità, ma solo tuoi.
x Bruno Gualerzi
Intendo con razionalità il meccanismo che, osservando le relazioni (spaziali e temporali) presenti nel mondo, stabilisce quale azione adottare per il bene della creatura. Jaspers lo chiamava intelletto.
Questo meccanismo è presente, secondo me, in ogni essere.
Nell’uomo, forse a causa delle mani, si è sviluppato a dismisura (le mani hanno permesso di agire con successo, l’agire con successo ha promosso l’incremento della razionalità).
La razionalità è un meccanismo automatico, il suo sviluppo dipende anch’esso dall’evoluzione (potrebbe essere diversamente?), e l’evoluzione è casuale…
Noi abbiamo avuto la fortuna, per caso, di avere delle mani.
Il fatto è che la razionalità ha ormai preso il sopravvento. E questo è stato senz’altro un bene. A partire dal ‘600 l’uomo ha preso su di sé la sua responsabilità, senza più confidare esclusivamente nella divinità.
Solo che la razionalità ha finito per prendere il sopravvento. Quello che era un utile strumento è diventato fonte indiscussa di Verità.
E qui Nietzsche, ma pure Leopardi, hanno visto benissimo il problema: il Nichilismo che avanza. Senza però individuarne la causa: la razionalità.
La razionalità, come qualsiasi sistema, si poggia su fondamenti che non le competono (teorema di Godel).
Noi però, abbiamo ormai trascurato i fondamenti, e siamo universalmente convinti che la razionalità sia fonte di Verità!
Questa è pazzia, la razionalità sistema il mondo, non ne dà la spiegazione.
La razionalità non potrà mai essere fonte di Verità. E questa è la stessa pazzia che ha portato a creare le religioni monoteistiche: per combattere l’angoscia che la visione razionale del mondo comportava.
x Claudio
Sono d’accordo che vi sia un universale bisogno di Verità, o Trascendenza che è lo stesso.
Però se per soddisfare questo bisogno mi affido a una religione, cioè accetto una verità rivelata, mi allontano inevitabilmente dalla Trascendenza.
Il gioco che ci tocca giocare non ammette scorciatoie. Il Nichilismo va bevuto fino in fondo.
Sia chi cerca rifugio in Dio, sia chi lo nega, volendo però credere che la Verità consista in questo nostro mondo materiale, in entrami i casi non vuole soffrire fino in fondo. E allora afferra una verità e la tien stretta (Dio per il credente, il mondo per l’ateo).
Ma la verità temporale, che è l’unica che possiamo concepire, sempre muta. E se noi non la lasciamo libera di mutare, com’è nella sua natura, rinunciamo alla più grande occasione della nostra vita.
x Opinione
Percepisco nelle tue parole una grande profondità.
E immagino sia difficile portarla a noi. Le parole probabilmente non sono sufficienti.
Le parole sono monete consunte che ci scambiamo per comunicare. Ma non sono veicolo di verità.
Ritengo infatti che non sia possibile trasmettere verità, ma solo suscitarla nell’altro.
Se capiteranno altre occasioni ti leggerò volentieri. Se tu potessi fare in modo che possa meglio capirti te ne sarei grato.
D’altronde, anche se possiedo la comprensione più grande, ma non la suscito nell’altro, che me ne faccio?
@ Roberto Vai
Non entro nel merito della tua definizione di razionalità, che per altro mi lascia perplesso in più punti… In ogni caso, anche dopo aver appreso il tuo modo di intenderla, mi interessa sapere da cosa dovrebbe essere sotituita. E’ vero che te lo chiedi pure tu, escludendo tra l’altro molte ‘sostituzioni’ per così dire ‘storiche’ (e qui credo di essere più o meno d’accordo con te)… ma si tratta proprio di una domanda ‘al buio’, o una qualche idea ce l’hai?
Personalmente, quale che sia il modo di intenderla, sia pure accettando un’evoluzione anche in questo, non credo che possa essere sostituita… e mi sento pronto a ‘difenderla’ da qualsiasi attacco. (Quest’ultima vuole essere una battuta, ma non troppo).
Ho scritto ‘sostituita’, ma dovevo correttamente scrivere ‘superata’.
La sostanza di ciò che volevo dire però non cambia.
x Bruno Gualerzi
Penso sia corretto dire “superata”. Non è che la razionalità la possiamo buttare. Solo che non deve più essere considerata fonte di verità.
Occorre rivalutare invece l’intuito, e renderci conto che il mondo non è “solo” razionale. Anzi, la razionalità ci dice come il mondo funziona, di solito, ma non cosa è.
La teoria degli infinitesimi è molto utile, dà una bella sistemata a come le cose si muovono, ma non è Verità, è solo una sistemazione.
Occorre riconsiderare il fatto che la vita è mistero, e più la scienza prosegue, ed è un bene che avanzi, e più il mistero cresce.
Le ultime teorie fisiche, la meccanica quantistica, la teoria della relatività, il Big Bang, sono attualmente accettate come se nulla fosse. Ma in esse si aprono possibili scenari che buttano per aria la nostra ovvia razionale visione del mondo!
La freccia di Zenone raggiunge il bersaglio. Bisogna incominciare a percepire che questo fatto è, in realtà, un fatto inaudito!
Il relativismo deve essere portato sino in fondo. E guardare davvero nell’abisso in cui siamo.
Hai mai provato a guardare il cielo di notte, a guardarlo davvero? Mette angoscia.
Cari saluti
@ bruno gualerzi e roberto vai
Devo ammettere che con voi è possibile instaurare un confronto proficuo. Non solo perchè rifuggite da ogni affermazione puramente emotiva, ma soprattutto perchè ragionate senza pregiudizi e aperti al dialogo. Devo dire che siete le uniche due persone che sto stimando in questo blog.
La verità certo è rivelata, ma ad ogni modo qualsiasi essere razionale può arrivare ad alcune affermazioni vere in sè. La famosa legge naturale per esempio. Io penso che una cosa non possa essere vera o falsa allo stesso tempo. Da qui l’affascinante persorso di una ricerca della verità attraverso il confronto e la dialettica: forse una delle più affascinanti pagine che ci consegna il pensiero anche scolastico.
@ jean meslier
Credo di sapere dell’ateismo molto più di quanto tu sappia del cattolicesimo. Ogni affermazione ti limiti con classico stile sofistico a cercare di ribaltare le affermazioni, ma poco riesci a controbbatterle. Che per i termini che non ti sono chiari rinvio a qualche dizionario filosofico. Dall’altro lato ti chiedo di riuscire a spiegarmi come tu possa con certezza oltre ogni ragionevole dubbio che non esista qualcosa che con i sensi tu non possa sperimentare. Ecco il carattere fideistico dell’ateismo e semmai il carattere più ragionevole dell’agnosticismo.
saluti a tutti