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Ci illudiamo di costituire il vertice di una piramide che partendo dalle scimmie arriva inevitabilmente a noi, e solo in pochi si rendono conto che stiamo parlando di una storia che è fatta soprattutto di batteri e che dura, invece, da quattro miliardi e mezzo di anni, un tempo così profondo da non poter essere facilmente immaginato. È come se volessimo raccontare un libro lungo 4500 pagine a partire soltanto dalle ultime parole prima della fine. Se paragonassimo l’età della Terra a un metro da falegname, la storia anche più antica, la più sfavillante, degli uomini occuperebbe solo una frazione insignificante dell’ultimo millimetro. Eppure pretendiamo di indicare al fiume in che alveo scorrere, di spianare le montagne, unire i continenti e selezionare chi è degno di vivere per i nostri scopi e chi, invece, deve scomparire per sempre.
Quello che si autoreferenzia come l’animale più intelligente di tutti non mostra particolare attenzione verso la propria origine (e il proprio sostentamento) e non conserva nessuna memoria della sua storia. Ma siamo sicuri che sia il «nostro» pianeta a rischiare qualcosa? O non è piuttosto un disastro per noi quello che si annuncia? La Terra continuerà a fare il suo mestiere, che si impernia su equilibri perennemente mutevoli, su un complesso di gilde che interagiscono come se si trattasse di un organismo vivente. Sono gli uomini, semmai, che possono condannarsi a una vita infelice privandosi della straordinaria ricchezza ambientale e biologica del pianeta. Sono gli uomini che si illudono di poter forzare all’infinito una crescita economica ormai fisicamente e biologicamente impossibile, perché il pianeta lo hanno smesso di creare da un bel po’, ammesso che qualcuno lo abbia davvero creato.
Così ci troviamo a fronteggiare sfide di portata planetaria come se fossero di natura economica e non, come invece sono, di natura soprattutto fisica. Le risorse finiscono perché la Terra opera su tempi lunghissimi, senza curarsi se gli uomini hanno bisogno ora di petrolio o di suolo fertile. Ed è certo che il pianeta vedrà passare gli uomini come ha visto passare i dinosauri o le trilobiti senza scomporsi più di tanto. Quando si analizzano i limiti della Terra per indicarli come cornice o quando si parla di rientrare nell’alveo della storia naturale lo si fa per gli uomini, credendo possibile un nuovo umanesimo, a patto che non sia ancora antropocentrico, perché l’uomo non è più misura di tutte le cose e non dovrebbe coltivare la pericolosa illusione di sentirsi al centro di un universo di cui sa ancora meno di quanto conosca il pianeta che ha sotto i piedi.
L’articolo completo di Mario Tozzi è consultabile sul sito de La Stampa
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Giusto, un po’ di umiltà non fa male a nessuno. Non l’umiltà ostentata di chi si fustiga davanti agli dei, ma quella che nasce dalla consapevolezza di ciò che in fondo siamo…
Fa sempre piacere leggere queste notizie esposte con competenza e lucidità… e che, non si sa perché (si fa per dire, in quanto in realtà si sa benissimo), invece di costituire il vero ‘catechismo’ che ogni individuo che si affaccia alla vita dovrebbe imparare, viene rimosso e sostituito da favolette insulse che rimandano a miti più o meno consolatori, o a ideologie che parlano di progresso indefinito dell’umanità.
In realtà il problema, come sempre, è non ‘imporre’ queste verità come se fossero, appunto, un catechismo… e oggettivamente (anche al di là degli ostacoli che pioverebbero da ogni parte per impedire queste conoscenze: sai quanti ‘obiettori di coscienza’ spunterebbero se le si imponesse per decreto ministeriale?) è un problema di difficile soluzione dovendosi agire su menti (parlo ovviamente della scuola) tanto recettive quanto in qualche modo ‘passivizzate’ dal ruolo che impone loro la scuola, da ciò che la scuola richiede loro…
Allora non si può far altro che puntare su una battaglia culturale, stando ben attenti però a non pretendere di voler vincere questa battaglia adottando le armi del nemico. L’ateismo, o è ‘non violento’ (in senso ideologico), o, anche ‘vincendo’, perderebbe la partita.
D’accordissimo con te. Sono tendenzialmente ottimista, nel senso che penso: se avessimo a disposizione più mezzi per esporre il nostro pensiero e quello che per noi rappresenta cultura, e sempre coi metodi “non violenti”, senza la volontà di imporre ma portando dati e fatti, si riuscirebbe a coinvolgere molta più gente. Il problema è che tali spazi non ce li lasciano, anche perchè andrebbe a cadere lo stereotipo macchiettistico dell’ateo “cattivo”, “asociale”, “arido”, “dogmatico”, che vuole imporre a tutti le sue idee.
Esempio pratico che con l’argomento della notizia c’entra poco: perchè non è stata invitata o ascoltata l’Uaar in tv, la diretta promotrice di queste campagne, per esporre le proprie motivazioni sul tema della contestazione alla visita di Bagnasco in quel di Genova? Si sarebbero accorti che non siamo i “terroristi” o “integralisti”, come invece vogliono far credere; ma d’altronde, il potere ha sempre bisogno di creare un nemico e rassicurare la maggioranza silenziosa…
Sul problema della indiscutibile autoreferenzialità umana e della infinita superbia della nostra mente non si può essere che d’accordo. Pure qualcuno riesce a sostenere che è invece superbia sostenere questa posizione.. Come se un fiore giallo di tarassaco cercasse di convincerci che la cosa più alta del mondo sono i meravigliosi soffioni che da lui derivano
Come non sottoscrivere ogni parola?
Belle riflessioni, giuste, pacate, razionali ma anche dolci nel descrivere un dato di fatto scomodo. Peccato che questo punto di vista appartenga a pochi, troppo pochi.
Sostanzialmente é vero: l’uomo ha non di rado deliri di onnipotenza e crede che l’universo sia stato costruito apposta per lui.
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Dicevo, il problema opposto nasce quando, per non essere più superbi, si rischia di cadere in una sorta di rassegnazione nichilista: ovvero, quando ci si convince non solo che la condizione umana non potrà mai assolutamente essere cambiata e migliorata, ma che NON MERITI NEMMENO DI ESSERE CAMBIATA, CHE NON SI DEBBA MIGLIORARE NEMMENO POTENDOLO FARE (come sempre, evidenziato e non urlato ;-)). Il che, oltre ad essere un aberrazione inconcepibile sotto tutti i punti di vista, é un’idea altrettanto dogmatica e superba. Anche perchè in questo modo certamente non ci si proverebbe nemmeno; dove per provarci s’intende, ovviamente, farlo con le armi della scienza che almeno delle possibilità le hanno, non certo con quelle della religione che non portano da nessuna parte.
Mah, che un cambiamento possa avvenire solo per merito della scienza ho i miei dubbi, come pure che basti la ragione. Se la comprensione si limita alla sfera intellettuale non porterà a nulla, la conoscenza per poter dare dei frutti deve toccare anche dal punto di vista emotivo. Perfino lo scienziato che cerca e ricerca è spinto da una brama di sapere squisitamente emotiva. Il rischio che, a mio avviso si corre, è quello di cadere nella separazione manichea della ragione dalla sensibilità, ripercorrendo seppure con calzari diversi, le orma della famigerata dicotmoia tra corpo e spirito voluta dalle religioni. Noi siamo un tutt’uno liquido, mentre ci convinciamo che stiamo facendo una scelta razionale stiamo assecondando contemporaneamente intelletto, genetica, ormoni, cultura e traumi inconsci.
L’unica possibile via di salvezza è la consapevolezza, è che ognuno faccia un duro duro lavoro di autoanalisi prima di tutto il resto.
Sul nichilismo non so… è un discorso che mi tocca, personalmente la mia delusione nei confronti della natura umana è quasi totale e non credo possa cambiare, da quello che ho visto, sentito, toccato, non ho ricavato che sporadici scintillii subito ringhiottiti dal buio di una visione troppo lucida e disincantata dei miei simili. La ragione mi dice che non vale la pena, minimamente. E’ l’istinto animale che, al contrario, mi dice di provare lo stesso.
Beh, c’è poco da dire, è una cruda ma oggettiva esposizione della realtà.
Va bene, ma io parlavo solo di conquiste della scienza e della tecnica: sono le uniche che possono migliorare ancora la condizione umana, come l’hanno migliorata dall’età della pietra ad oggi, se mettiamo per un momento da parte il discorso dell’evoluzione strettamente culturale, intellettuale ed emotiva, che é ancora più complesso.
Di sicuro religione, superstizioni e simili non possono arrecare alcun beneficio nè progresso all’uomo. L’unica cosa che potrei trovare di positivo, entro certi limiti, nella religione é l’idea della vita dopo la morte, che in effetti può confortare; un’idea che comunque non é detto che debba essere appannaggio esclusivo della religione, come dicevi tu giustamente ieri.
Ma il resto é praticamente tutto da buttare nel cesso (e tirare bene la catena! 😉 )
“La ragione mi dice che non vale la pena, minimamente.”
Credo invece che la ragione dovrebbe dire il contrario.
@ Lorenzo G.
🙂 Io sono convinto che l’idea della vita oltre la morte che molte religioni promettono non sia minimamente positiva, in questo modo si tollera e in un certo modo si dà una grande dignità alla sofferenza, quasi come fosse un dono, che poi viene ripagato nell’aldilà. Il concetto che si dovrebbe far passare, a mio modesto parere, è che siccome si vive una volta sola e quando moriremo tutto finirà (almeno per noi), dovremmo TUTTI cercare di vivere (e fare vivere quelli che stanno peggio) in un modo dignitoso.
Ciao a tutti
A me Tozzi non piaceva, sono un affezzionato di Angela (sopratutto Piero). Mi si è rivalutato il ragazzo…. Bravo il Tozzi.
Chiunque abbia un minimo di istruzione sa benissimo che l’essere umano non è altro che una delle tante specie che abitano questo pianeta. Solo antichi ignoranti hanno potuto pensare che esistesse un dio che ha creato il mondo solo per noi, e che noi siamo stati creati a sua immagine e somiglianza. Il problema è che c’è ancora una grossa maggioranza che lo crede. E che ne è talmente convinta da voler imporre questa visione a tutti.
Io sono convinto che l’idea della vita oltre la morte che molte religioni promettono non sia minimamente positiva, in questo modo si tollera e in un certo modo si dà una grande dignità alla sofferenza, quasi come fosse un dono, che poi viene ripagato nell’aldilà.”
Perchè? Un concetto non implica necessariamente l’altro, se non in una visione strettamente ideologica (lo dico senza polemica) e, naturalmente, religiosa. Nulla impedisce che possano benissimo NON coesistere ed essere indipendenti l’uno dall’altro.
Quanto al concetto che si dovrebbe far passare…mah, ci andrei piano, per i motivi che dicevo giorni fa sulla visione atea dell’immortalità e del post-vita che spesso non ci fanno del bene. Io direi che la priorità, senza dubbio, dovrebbe essere combattere su questioni molto più terra-terra come ad esempio i diritti civili e la laicità dello stato. Perchè alla fin fine la realtà che ci interessa é quella. 🙂
Non mi intendo di filosofia e quindi può darsi che io sbagli. Ma quando sono in crisi rileggo d’Holbach e mi sento meglio. Il divino d’Holbach!
parole sante.
e quanto si deve inorridire circa l’ipotesi ,avanzata nella Tv di Stato in un risibile programma serale, dell’incrocio di scimmia e alieno che avrebbe dato origine alla specie uomo ? A proposito delle conquiste della scienza..
Il pianeta vedrà passare gli uomini perchè ogni specie è destinata ad estinguersi,ma ahinoi non vedrà passare gli imbecilli
Io consiglio a tutti le “Operette morali” e “La Ginestra” di Leopardi.
“se avessimo a disposizione più mezzi per esporre il nostro pensiero e quello che per noi rappresenta cultura, e sempre coi metodi “non violenti”, senza la volontà di imporre ma portando dati e fatti, si riuscirebbe a coinvolgere molta più gente. Il problema è che tali spazi non ce li lasciano, anche perchè andrebbe a cadere lo stereotipo macchiettistico dell’ateo “cattivo”, “asociale”, “arido”, “dogmatico”, che vuole imporre a tutti le sue idee.”
Esatto; per questo dicevo che certe prese di posizione troppo intransigenti e spesso presuntuose su desiderio di vita eterna, immortalità e simili, rischiano di rinforzare proprio questo stereotipo.
“il potere ha sempre bisogno di creare un nemico e rassicurare la maggioranza silenziosa…”
Semmai “terrorizzare”, inculcare la paura di quel presunto nemico.
Tozzi: “Sono gli uomini che si illudono di poter forzare all’infinito una crescita economica […]”
Quando questi personaggi scrivono o parlano sono molto attenti alle singole parole e ai loro sottintesi. Viene da chiedersi, ad esempio, perché Tozzi senta necessario aggiungere al sostantivo “crescita” l’attributo “economica”… forse perché temeva, non aggiungendolo, d’essere tacciato di sottintendere che la sua critica era indirizzata pure alla crescita demografica? Per come la vedo io, Tozzi sa benissimo qual è il peso dell’entità numerica umana sugli ecosistemi ma, essendo una delle voci del mainstream e desiderando di continuare ad esserlo (pecunia non olet), non vuole sbilanciarsi per evitare il rischio d’essere estromesso citando anche solo implicitamente un concetto tabù.
Io, che non ho nulla da perdere, affermo invece: “Sono gli uomini che si illudono di poter forzare all’infinito una crescita ormai fisicamente e biologicamente impossibile, a partire dalla crescita della loro stessa consistenza numerica”.
Fino a 500 milioni di anni fa la Terra era dominata dai trilobiti. Così diciamo per definizione.
Fino a 65 milioni di anni fa la Terra era dominata dai dinosauri (per la maggior parte piccoli e tutt’altro che spaventosi). Così diciamo per definizione.
Oggi la Terra è dominata dall’homo sapiens sapiens. Così diciamo per definizione.
E a nessuno (per la precisione: a ben pochi) che venga in mente che gli squali esistevano al tempo dei trilobiti. Che le tartarughe e i coccodrilli esistevano ai tempi dei dinosauri.
L’homo sapiens sapiens continua ad evolversi, ma verrà il momento in cui si estinguerà. Forse per pura legge di natura, forse (perdonatemi il pessimismo) per sua stessa colpa.
Ma la vita su questo pianeta continuerà. Fino a quando (ci vorranno circa 5 miliardi di anni) il Sole avrà esaurito la sua carica di energia. Allora diventerà una gigante rossa che ingloberà il pianeta Terra e forse anche il pianeta Marte. L’intero sistema solare ne resterà sconvolto. Infine collasserà diventando una nana bianca.
Questa è scienza, non fantasia.
Ma da qualche parte (l’universo è immenso) tutto ciò è già accaduto, sta accadendo e accadrà.
Non siamo nulla di speciale. E’ per questo che dobbiamo vivere al meglio la nostra unica e irripetibile vita.
“E’ per questo che dobbiamo vivere al meglio la nostra unica e irripetibile vita.”
Be’, certo va tenuto conto che non x tutti può essere così semplice viverla al meglio sapendo che é “unica e irripetibile”. Non é una prospettiva allegra, per qualcuno può rendere tutto molto futile ed inutile. Di qui la ricerca di qualcos’altro, nella religione, ma non solo, anche nella scienza stessa (anzi, direi meglio: attraverso la scienza), con ad es. la ricerca di un prolugamento e un miglioramento più ampio possibile della vita, che abbia basi un tantino più concrete di quelle che offre la religione. Ma qui, nonostante l’intento di superare la propria limitata e frustrante condizione umana possa talvolta essere lo stesso, siamo già su un altro pianeta, é evidente (e meno male!).
Stefano Bottoni dice:
“Non siamo nulla di speciale. E’ per questo che dobbiamo vivere al meglio la nostra unica e irripetibile vita.”
Condivido in pieno! Spero che l’umanità, prima di estinguersi totalmente, risuscirà ad arrivare a questa consapevolezza ed a godersi veramente appieno le ultime fasi della propria esistenza.
Concordo con Andrea e rilevo che purtroppo la religione è uno degli strumenti utilizzati per la detenzione del potere: lo comprendiamo noi atei, e lo sanno bene i vertici delle religioni e la politica. Il resto è uno show per i credenti… 😐
“godersi” appieno le ultime fasi della propria esistenza?
Mah, perdonatemi se ribatto sempre a queste frasi, ma mi sembra veramente un controsenso. Non so quanti riescano a godersela sapendo che fra poco……..certo, c’é chi é più forte, ma io, come principio generale di approccio alla vita umana, preferisco cercare scientificamente un modo per prolungarla il più possibile, quest’esistenza. Poi quando non avrò più voglia di vivere se ne riparlerà.
Scusa Lorenzo G., ma è proprio la scienza – e tanto più quanto più permette di allungare uno sguardo non allucinato ma spregiudicato sul passato e sul futuro – che ci informa delle reali dimensioni in cui viviamo, delle reali condizioni che rendono possibile la vita della specie sul pianeta. Io credo che ‘ateismo’ voglia proprio dire anche, e soprattutto, ‘realismo’, che non significa affatto fatalismo, rinuncia a rendere sempre più vivibile la vita, ma, al contrario, significa prendere atto delle reali condizioni in cui ci troviamo a vivere in modo da agire in, e su, queste condizioni concretamente, non ‘fantascientificamente’. Per non parlare della alienazione propriamente religiosa… che, postulando un’esistenza in un’altra dimensione, in fondo non si preoccupa troppo di rendere più vivibile questa.
Ciò che soprattutto non capisco del tuo ragionamento è quel “Non so quanti riescano a godersela sapendo che fra poco…”. Guarda che c’è un ‘fra poco’ per ognuno di noi la cui scadenza è molto più prossima di una possibile fine della specie e con la quale tutti come individui dobbiamo fare i conti. Se si affronta questa da ateo, non dovrebbe essere così sconcertante pensare all’altra possibile scadenza, quella della specie.
(Io parlo con te sul presupposto che tu sia ateo… )
@Lorenzo G.
Invece io credo che proprio perchè la nostra vita è limitata bisogna godere di ogni attimo.
“Non bisogna avere paura della morte, perchè quando ci siamo noi lei non c’è e quando c’è lei noi non ci siamo” (Epicuro, tre secoli prima di cristo). Questo vuol dire che non ha senso temere la fine della nostra vita, perchè noi non ci troveremo mai in un aldilà, coscienti e pensanti con la nostra presunta “anima”, a rimpiangere in eterno il nostro corpo: semplicemente la nostra coscienza svanirà insieme al nostro io ed alla nostra percezione di individualità. In conclusione, si può dire che la morte di per sè non è un evento funesto per chi le va incontro, ma solo per i parenti e gli amici del defunto che perdono una persona cara.
Sì, ma alla fin fine mi paiono tutte posizioni nei fatti davvero molto poco realistiche. Provate a chiedere in giro e guardate quanti riescono (riuscirebbero) a godersi la vita sapendo che fra breve devono morire. Questa mi sembra banalissima logica. Altrimenti, se non si capisce questo, dobbiamo pensare che gli atei, da questo punto di vista, paradossalmente vivano fuori dal mondo.
Poi naturalmente ci sono sempre quelli più forti d’animo che ci riescono, ma in linea di massima un’idea simile terrorizzerebbe chiunque.
La scienza al momento non può certo impedirci di morire, ma io chiaramente ipotizzavo di in un futuro, in cui, come diceva Bruno G., la scienza potrà eventualmente agire concretamente e non fantascientificamente su tutto ciò.
@ Lorenzo G.
“Provate a chiedere in giro e guardate quanti riescono (riuscirebbero) a godersi la vita sapendo che fra breve devono morire”
E’ senza dubbio una domanda intrigante e interessante. Ma altrettanto fuorviante, a mio parere.
Una persona che abbia lasciato un segno durante la sua vita (e non sto parlando della fondazione di un impero… semplicemente essersi fatta voler bene durante la sua vita, sapendo che una volta morta sarà comunque ricordata con piacere e commozione… è a mio avviso l’unica e vera immortalità) non avrà paura della morte. Semmai, giustamente, avrà paura di come morirà.
Io ho paura della sofferenza fisica. Non vorrei morire come quei poveracci della Tyssen di Torino, solo per fare un esempio.
E purtroppo, ogni giorno qualcuno esce per andare al lavoro, saluta moglie e figli, dice loro -Ci vediamo questa sera!-… Ma non si vedranno più.
Non sapevano di dover morire (ed è assolutamente ingiusto che siano morti).
Ma se sono state persone buone ed oneste, il loro ricordo sopravviverà.
E, in un certo senso, saranno immortali.
@ Lorenzo G.
Penso che la paura della morte sia vissuta con angoscia più da un credente che da un ateo. Vuoi mettere la serenità di un ateo che accetta un evento assolutamente naturale, comune a tutti gli esseri viventi, al tormento di un credente, sempre tormentato dal dubbio di essersi o meno guadagnato la vita eterna?
Per quanto mi riguarda, da atea, non sono affatto disperata all’idea che io e i miei cari un giorno (che spero più lontano possibile, ci mancherebbe!!) non ci saremo più. Allo stesso modo non mi turba affatto che fra qualche millennio o milione la specie umana sarà sparita da questo pianeta, lasciando il posto ad altre forme di vita, più adatte a sopravvivere alle nuove condizioni che ci saranno.
Lorenzo secondo me l’accettazione della morte, la razionalizzazione di quell’evento futuro ed ineluttabile, è il presupposto essenziale per potersi dichiarare atei, nel senso che un ateo ha già “fatto i conti” con la morte, ne ha elaborato il significato ed ha superato (cero, ognuno a modo proprio), esorcizzandolo (con la filosofia, con la logica con quello che vuoi tu), quella paura: altrimenti resterebbe credente pur di non dover fare i conti con la tragica condizione umana (e ce n’è di gente che crede anche contro ogni evidenza): d’altra parte non riesco proprio ad immaginarmi nella mia condizione atea che lotto ancora col fantasma della morte (certo pensare che dovro’ morire non è che mi rallegra come se stessi partendo in vacanza…), perchè sarebbe la condizione di un povero alienato in perenne stato di depressione. Per quanto riguarda la ricerca, beh certo avercene di elisir della lunga vita, ma noi atei di oggi sappiamo che se anche la scienza potrà un giorno arrivarci non è qualcosa che toccherà a noi che ripeto, nel frattempo, non possiamo altro che farcene una ragione della morte, fuggendo possibilmente da inutili (ed ingannevoli), oltremondi divini. Ciao.
@ Stefano Bottoni
D’accordo, ma, stringi stringi, é solo retorica, parole. Chiaro che molti vorrebbero qualcosa di più concreto.
@ Lorenzo G.
Stringi stringi, morire si deve prima o poi. Se lo si accetta serenamente, bene. Altrimenti ci si rifugia nella superstizione, che può essere consolante, ma alla fine quanto concreta?
@ Giovanna
Evidentemente, si direbbe, sia l’ateo che il credente non dovrebbero aver paura della morte, ognuno per i loro motivi. Quindi, in questo senso, sarebbero molto simili! 🙂 Poi, é chiaro, la realtà é più complessa.
Ed é altrettanto chiaro che, ora come ora, non abbiamo altra alternativa dell’accettazione serena per difenderci dalla paura della morte; per chi ci riesce, naturalmente, visto che non é certo da tutti.
Nemmeno io, fra parentesi, sono disperato a quest’idea, visto che sono giovane e visto anche che altrimenti non vivrei più, quindi bisogna rimuoverla. Ma da qui a dire che l’accetto con la massima serenità……
Il problema sorge quando, a forza di tenere questo atteggiamento fatalista, l’uomo non si prodiga minimamente a cercare qualche rimedio al problema (in questo caso quello della morte), DANDO PER SCONTATO CHE QUESTO NON SARA’ MAI ASSOLUTAMENTE POSSIBILE e quindi é inutile anche solo pensarci. Mi permetto di avere qualche perplessità, c’é qualcosa che non mi convince del tutto. Naturalmente non possiamo sapere fin dove arriverà la scienza e se una cosa del genere sarà mai possibile, io però sono per il “non si sa mai….” Quello che é certo é che se non proviamo nemmeno a cercare (scientificamente, non religiosamente, s’intende) un rimedio, di sicuro non sarà mai possibule.
Ma soprattutto, quello che é più grave é che si arriva a pensare che UNA SIMILE IDEA, OLTRE AD ESSERE IMPOSSIBILE, SAREBBE ANCHE SBAGLIATA.
Più in generale, discorso sull’immortalità a parte, credere a determinate cose é irrazionale, ma pensare che se esistessero sarebbe un male non di rado é ancora più irrazionale.
Pensate ad esempio ad una cura risolutiva, che so, per l’Aids. Siccome al momento non c’é, credere che esista un farmaco che guarisca completamente dall’Aids sarebbe irrazionale. Ma pensare che non sarebbe giusto se esistesse un simile farmaco e che quindi la scienza non deve sforzarsi di cercarlo, é molto peggio, é follia allo stato puro.
@ Lorenzo G.
E’ sempre giusto cercare nuovi rimedi contro terribili malattie. Si tratta in questo caso di migliorare la qualità della vita. Si tratta di salvare vite umane.
Non vedo neppure nulla di male nella ricerca di metodi per prolungare la vita (purchè si tratti anche di mantenere la lucidità del cervello: non me ne faccio niente di una vita di 200 anni, se dopo 130 sono immobilizzato a letto completamente incosciente).
Ammetterai però che l’immortalità è un’altra cosa. Da un punto di vista filosofico, la vita esiste perchè esiste la morte, così come il giorno esiste perchè esiste la notte.
Da un punto di vista molto più pragmatico… Dove le metteremmo tutte le nuove persone, se quelle precedenti non fanno loro spazio? Si tratta di qualcosa di molto pregnante: già non c’è cibo sufficiente per otto miliardi di persone (ci arriveremo fra non molti anni), come prtremmo dunque sfamarci?
Andare a colonizzare altri pianeti? Ipotesi interessante, probabilmente un giorno ci arriveremo. Me lo auguro. Ma non mi auguro per niente che venga scoperto il segreto dell’immortalità.
Beh ma il segreto dell’immortalità sarebbe una conquistona, come no. Poi uno se si stanca di vivere “stacca la spina”. Stefano non avrai in mente un’immortalità contro volontà spero: dai una volta che si mettono a scoprire sta benedetta immortalità fanno un prodotto come si deve… reversibile quantomeno. 🙂
@ statolaico
Immortalità contro volontà no, certamente. Ma mi si rizzano i peli sulla schiena quando penso a certe persone del passato (e qualcuna pure del presente) che avessero la possibilità di essere immortali.
@ statolaico
Esatto, é proprio quello che intendevo io.
“Ammetterai però che l’immortalità è un’altra cosa. Da un punto di vista filosofico, la vita esiste perchè esiste la morte, così come il giorno esiste perchè esiste la notte.
Da un punto di vista molto più pragmatico… Dove le metteremmo tutte le nuove persone, se quelle precedenti non fanno loro spazio? Si tratta di qualcosa di molto pregnante: già non c’è cibo sufficiente per otto miliardi di persone (ci arriveremo fra non molti anni), come prtremmo dunque sfamarci?
Andare a colonizzare altri pianeti? Ipotesi interessante, probabilmente un giorno ci arriveremo. Me lo auguro.”
Ed anche questo! 🙂
Sarebbe l’unico vero serio problema dell’immortalità, prescindendo da sterili elucubrazioni pseudofilosofiche.
“Stringi stringi, morire si deve prima o poi. Se lo si accetta serenamente, bene. Altrimenti ci si rifugia nella superstizione, che può essere consolante, ma alla fine quanto concreta?”
Be’, a parita di condizioni, allora sarebbe meglio la superstizione, qualunque cosa si sia fatto nella vita. Negare e condannare questo bisogno di “consolazione” dell’uomo sarebbe poco realistico, sarebbe negare l’evidenza.
Stefano ho voluto scherzare con una battuta ma in realtà condivido molto di quello che scrivi e capisco anche le posizioni di Lorenzo. Come ho detto in un precedente intervento io continuo a pensare che l’accettazione della morte sia il punto di partenza di un’ottica atea. Per quanto riguarda i discorsi sull’immortalità credo che la ragione stia da tutte da una e da nessuna parte nel senso che le prendo per quello che sono: riflessioni ipotetiche. Perchè parlare della “probabile futura scoperta dell’immortalità per l’uomo” significa spalancare una porta sull’infinito, è dire tutto e niente. Secondo me sono stimolanti tutte le vostre osservazioni ma allo stesso modo nessuna puo’ essere significativa di alcunchè… per esempio l’uomo potra raggiungere l’immortalità ed avere i problemi di oggi accresciuti (fame, risorse che scarseggiano ecc), oppure potrebbe aver raggiunto l’immortalità rinunciando anche a doversi nutrire (chi lo sa), e allora il problema risorse sarebbe relativo… oppure l’uomo evolvendosi giungerà all’immortalità solo quando avrà saputo risolvere i problemi contingenti e pianificato anche le modalità del suo sviluppo in un quadro di popolazione sostenibile (ed eterna per esempio, rinunciando alla riproduzione), e cosi’ via… insomma potra essere tutto, il contrario di tutto oppure proprio nulla. Però è un piacere leggervi, a me poi questi discorsi mi intrigano! Ciao.