Figli dei gay: centomila in Italia

Federico, Joshua e Sara sono bambini come gli altri. Socievoli, sereni, bravi a scuola, pieni di amici, a volte capricciosi, a volte ubbidienti. Ma diverso è il loro certificato anagrafico perché per la legge italiana, a differenza di quanto avviene in molti altri Paesi europei, questi tre minori hanno un solo genitore, la loro mamma biologica. L’altra madre, quella che li ha cresciuti dalla nascita insieme alla sua compagna, non figura da nessuna parte. Loro fanno finta di niente. Quando portano a casa la pagella pretendono che la firmino tutti e due i genitori. E se finiscono in ospedale vogliono averli al fianco entrambi. Ma la verità è che sono «figli di un dio minore», cittadini di serie B, costretti a vivere con la metà delle tutele dei loro coetanei. È il destino che il nostro Paese riserva ai piccoli nati nelle famiglie omosessuali, una possibilità non contemplata dalla nostra legislazione.

In Italia si calcola che siano centomila i minori con almeno un genitore gay. Ci sono quelli nati da unioni eterosessuali, poi sfociate in un divorzio, ma molti, sempre di più, sono invece vissuti sin dall’inizio in una casa con due mamme e due papà. Secondo la ricerca Modi.di, condotta nel 2005 da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni ha prole. Se si considerano tutte le fasce d’età sono genitori un gay o una lesbica ogni 20. E, dato ancor più significativo, il 49% delle coppie omosessuali vorrebbe avere bambini.

Per coronare il loro sogno molti vanno all’estero. Le lesbiche in Spagna o nel nord Europa dove possono ricorrere alla fecondazione assistita. Gli uomini in Canada o negli Stati Uniti in cerca di una madre surrogata. Altre coppie, invece, scelgono la strada del fai da te. Le donne ricorrono all’autoinseminazione o cercano un donatore amico. Ma non è rara la famiglia formata da quattro genitori, due uomini e due donne, che si mettono d’accordo per fare un figlio e poi lo allevano insieme. Per tutelare i loro diritti tre anni fa è nata l’associazione Famiglie Arcobaleno (www.famigliearcobaleno. org). All’inizio gli iscritti erano 15, oggi sono 400 di cui circa 170 famiglie e ben 110 bambini. Numeri sicuramente destinati a crescere: «Ogni settimana – dice la presidente Giuseppina La Delfa, accento francese, capelli neri corti e un bel sorriso-accogliamo uno o due nuovi soci. Abbiamo tre gruppi di persone: gli aspiranti genitori, le famiglie costituite in ambito omosessuale e quelli che hanno avuto figli in relazioni eterosessuali e ora vivono in una coppia gay. Questi ultimi soffrono di più psicologicamente, possono avere problemi nella separazione e nel divorzio, a volte non riescono a vedere i loro bambini o ad ottenerne l’affidamento. Le famiglie omogenitoriali, invece, vivono meglio il quotidiano perché sono un nucleo costituito alla luce del sole ma hanno una montagna di problemi legali».

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L’articolo completo di Monica Ricci Sargentini è consultabile sul sito del Corriere

7 commenti

RingoDePalma

Tipico caso di razzismo all’italiana: non conta il sesso degli educatori/genitori, ma la loro carica emotiva e amorosa che riscono a regalare a figli biologici e non che siano.

Kaworu

è il solito schifo italiano…

io tendo sempre più verso il belgio.

non mi va di farmi spennare per trovare gabole legali per dare ai miei figli gli stessi (o quasi) diritti.

tra le altre cose anche se qui ci fosse la fecondazione pure per le donne single, non potrei comunque fare come voglio io perchè è un po’ più complicato.

poi ora il paese vira al nero ancora più del solito, per cui…

Nifft

“un bambino o una bambina che cresce in una famiglia omosessuale è portato a vedere con occhio più favorevole le diversità, ad essere magari meno conformista. Questo non è né un vantaggio né uno svantaggio. Il vero pericolo per questi bambini sono i pregiudizi di una società, la nostra, in cui la famiglia è quella tradizionale, sposata, magari in chiesa. Su questo c’è da combattere”

DIrei che è un fatto ampiamente dimostrato che la Chiesa, lungi dallo svolgere un servizio nella società, è essa stessa *un problema sociale* da combattere e risolvere.

ren

Ieri sera a Tatami, nuovo programma su rai3, si parlava dell’argomento, non ho visto tutta la puntata ma son rimasto sorpreso positivamente dalle posizioni civili e progressiste di Luca Barbareschi. Se a destra si mostrasse conoscenza e comprensione dell’argomento, evitando le strumentalizzazioni come in questo caso, si crescerebbe tutti insieme. Barbareschi ha anche ricordato che la famiglia (senza usare termini stupidi come tradizionale) dovrebbe comunque essere aiutata a far crescere gli individui in modo armonico. Siamo tutti d’accordo. Veniamo tutti da una famiglia e nessuno vuole negare la sua importanza. Tutti vorremmo che le famiglie fossero forti e amorevoli.
E’ necessario tuttavia che anche l’Italia capisca che anche due uomini o due donne possono formare una famiglia. Checchè ne dicano i malpensanti.

Daniela

forse tra vent’anni anche lo stato italiano riconoscerà gli stessi diritti a tutti i tipi di famaglie, e soprattutto a tutti i bambini, ma questo succederà solo se la società cambierà e ritorerà a considerare prioritari i diritti civili.

Scardax

Io stamperei in gigantografia la frase “Federico, Joshua e Sara sono bambini come gli altri. Socievoli, sereni, bravi a scuola, pieni di amici, a volte capricciosi, a volte ubbidienti.”.
Nulla di più veritiero.

Augusto

Quando si usa il termine “famiglia tradizionale”, si ammette implicitamente il termine “le altre” famiglie. Ma qui sta il nodo: le “altre” famiglie sono di fatto non riconosciute socialmente anche se stanno sotto gli occhi di tutti. Che ipocrisia! Che ingiustizia! Che emarginazione al rango di cittadini di serie B! In Italia non si riconoscono i matrimoni omosessuali e se qualcuno, stringendo denti, un giorno li ammettesse, direbbe (come mi sono sentito dire più di una volta): “Sì ma se poi volessero adottare figli, questo mai!” E la Chiesa non fa altro che stigmatizzare queste differenze, non aiuta a risolverle per niente.

OK Ren: E’ necessario tuttavia che anche l’Italia capisca che anche due uomini o due donne possono formare una famiglia. Checchè ne dicano i malpensanti.

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