Intentata causa contro associazione gay greca per uso del termine “lesbico”

Sulle sponde dell’Egeo conoscono il potere della parola e nell’isola di Lesbo, che secondo il mito accolse il capo di Orfeo straziato dalle donne tracie e dove tra il VII e il VI secolo a. C. una donna, Saffo, trovò al tormento d’amore parole mai tentate, un nome chiama vendetta. Comincia tutto lo scorso aprile quando, stanco di sentirsi chiamare «lesbico», il combattivo editore della rivista culturale Davlos, Dimitris Lambrou, decide di porre fine a una situazione che «per un’intera comunità equivale a subire violenza psicologica e morale », citando in giudizio la maggiore organizzazione nazionale per i diritti degli omosessuali, «Olke-Unione Greca Gay e Lesbiche», rea di essersi appropriata del nome che spetterebbe «di diritto» ai soli abitanti dell’isola di Saffo.

Da «saffico» a «lesbico», nei secoli gli aggettivi legati alla figlia di Lesbo sono entrati a far parte del vocabolario gay; in particolare «lesbico », negli anni Settanta del Novecento, è passato a denotare quel movimento femminile (e femminista) che rivendicava alla cultura omosessuale la responsabilità di oltrepassare il dato puramente sessuale, sul quale le società patriarcali tendono ad appiattire la più articolata sfera affettiva. «”Loro” si chiamano lesbiche da qualche decennio appena, noi siamo lesbici da migliaia di anni, queste signore non hanno nulla in comune con Lesbo» rivendica Lambrou, che aggiunge: «All’estero mia sorella non può neanche dire di essere lesbica», tanto è disdicevole l’accostamento alla comunità gay, causa di «quotidiani problemi» e lesivo dell’identità storica dei 100 mila nativi, nonché dei 250 mila espatriati. Precisa: «La nostra non è un’aggressione. Vengano a Lesbo, si sposino (è di attualità nell’ortodossa Grecia il dibattito sul riconoscimento delle unioni gay, ndr), facciano quello che credono. Chiediamo solo che il gruppo rimuova la parola “lesbiche” dal proprio nome». E conclude: «Saffo non era neanche omosessuale. Ebbe un marito e una figlia». Oltre a diverse amanti.
[…]

L’articolo completo di Maria Serena Natale è consultabile sul sito del Corriere

10 commenti

Kaworu

mi sfugge quali siano le colpe di qeusta organizzazione gaylesbo…

oggettivamente, è da ben più tempo (tipo da quando è nota saffo) che questo termine identifica persone omosessuali di sesso femminile. idem saffico.

sua sorella anzichè dire di essere “lesbica” può dire di essere originaria di lesbo.

non mi pare che ci voglia un grosso sforzo.

oltretutto notate l’omofobia di tutto ciò… come se il termine “lesbico” fosse offensivo…

e si, offensivo lo è, in certe società (grecia e italia per dire), ma de facto è neutro, nè con accezione positiva, nè negativa.

Kaworu

perchè il mio commento è in attesa di essere approvato? mica ho scritto cose offensive oO

Vash

@ Kaworu
certe volte capita anche a me ma poi va tutto a posto, nonostante non abbia scritto niente di strano.
Tornando alla notizia secondo me certe persone non hanno proprio nulla da fare nella vita!

Flavio

Potrebbero abbracciare l’etimologia con orgoglio, invece preferiscono fare una battaglia persa in partenza… la spagna è l’unico paese mediterraneo che si è modernizzato?!

Magar

Terribile, eh, essere accostati nel nome alle donne omosessuali! Meritava proprio di fare causa all’associazione gay, è una vera violenza psicologica e morale

Mi ricordano un po’ Elisabetta Gardini (“Luxuria nel bagno delle donne? Mi sento stuprata“).

P.S. Dire frasi assurdamente omofobiche premia: la Carfagna ministro, la Gardini forse vicesindaco di Roma. Magari a questo signor Lambrou di Lesbo potremmo conferire il titolo di console onorario d’Italia… 🙁

Alex

L’ipotesi di Bonnet è che nonostante Brantôme lo usasse già alla fine del 1500, “lesbienne” si diffuse in Francia solo dopo la pubblicazione e la condanna per oltraggio nel 1857 delle poesie di Baudelaire (1). Emma Donoghue trova invece “tribades” e “lesbians” come sostantivi in un poemetto del 1732 (The Toast, di William King).
Nel nostro studio “amori lesbi” è usato da Lombroso nel 1881, e “amore lesbico” da Scipio Sighele, 1892 (2) , ma non si trova mai “lesbica” come sostantivo. “Amore lesbiano” lo chiama Mantegazza nel 1885 (3). Nei vocabolari italiani del 1800 da noi consultati questa parola non c’è, ma nel Battaglia (4) “lesbia” è un genere di uccelli della famiglia del colibrì, una squadra di piombo usata su Lesbo (“la quale alle cose da misurarsi s’accomoda, e non isforza quelle alla sua misura”), una regola per la quale materia e forma si adattano; “lesbie” sono le stelle della Chioma di Berenice; “lesbio”, “lesbiaco”, “lesbiano”, “lesboico” o “lesbico” come aggettivi sono riferiti alla poesia greca, ad un tipo di marmo, ad un vino, un vento e ad un sistema di costruzione dei muri, oltre che all’amore omosessuale tra donne.
In quest’ultimo senso ai primi del ‘900 lo usano D’Annunzio e Soffici (5) , mentre l’etimologia è molto chiara in Firenzuola (1548) (6); “lesbiare” è frequentare prostitute (dal nome di Lesbia, la donna amata dal poeta Catullo, “che ebbe fama pessima”); “lesbiata” è la pratica sessuale lesbica già nella seconda metà del 1600), mentre per “lesbica” come sostantivo si deve aspettare la seconda metà del nostro secolo.

“Lesbian” sarebbe sato usato in inglese per la prima volta in un articolo del 1883 su The Alienist and Neurologist a proposito di Lucy Ann Lodbell; poi su un quotidiano nel 1892 New York Times a proposito dell’assassinio di Freda Ward fatto da Alice Mitchell (7); Battisti ed Alessio registrano “lesbin” nel 1660 (8)

Nerina Milletti, 1996. “Tribadi & socie:la sessualità femminile non conforme nei termini e nelle definizioni”. In: Rivista di Scienze Sessuologiche, 9(1-2): 19-36.

Kaworu

io sono per il “gay” universale, come termine sia per uomini che per donne omosessuali. nei paesi anglofoni mi pare che di solito sia usato così, difatti in the l word in lingua originale dicono praticamente solo “gay” anche se son tutte donne.

però in italia “gay” ha accezione prettamente maschile…

Maurizio D'Ulivo

…allora, per “par condicio” con le rivendicazioni dei cittanini di Lesbo, mi toccherà querelare tutti i miei corregionali toscani che chiamano “finocchio” un omosessuale maschio.

Sapete com’è: ogni volta che mi faccio un piatto di queste verdure gratinate, tale definizione mi fa sentire un po’ cannibale…

😉

Maurizio D'Ulivo

Un’aggiunta, stavolta seria, al mio commento precedente: questo Lambrou (che mi riesce difficile definire “signore”, come cortesia vorrebbe) ha mica per caso valutato anche il sensibile indotto turistico di cui la sua isola gode (grazie proprio al turismo omosessuale in genere, e femminile in particolare), proprio grazie al fatto che molti visitatrici/ori la scelgono come meta proprio per l’accostamento fra il nome e la fama dell’isola egea con l’orientamento omosessuale in questione?

Troppo facile rifiutare l’accostamento nel nome e poi, magari, pretendersi di tenersi tutti i vantaggi che ne derivano.

Suggerirei un bel boicottaggio al turismo verso Lesbo, organizzato da tutte le associazioni per i diritti delle persone omosessuali, da adottarsi nel caso che la magistratura greca accolga l’istanza del Lambrou.

Kaworu

@maurizio

non c’è problema, io ci sto col boicottaggio 😉

del resto soffro il caldo, e dopo creta ho giurato a me stessa di non tornare più in grecia… troppo caldo, non amo il sole e il mare, non posso fare il bagno in mare… uno sbattimento insomma 😆

e la mia dolce metà fortunatamente è “nordica” nell’animo e nelle temperature favorite esattamente come me XD

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