Ultime dalla scienza

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Tumori al polmone: studi su 15 geni per migliorare le terapie (AdnKronos).

Il riscaldamento globale altera i microrganismi del suolo (Le Scienze).

Studi sulle biomasse per produzione di energia sostenibile (Le Scienze)

10 commenti

Bruno Gualerzi

“Il riscaldamento globale ALTERA i microrganismi del suolo”.

Ho evidenziato il termine ‘altera’ perché non lo ritengo, da un certo punto di vista che dirò subito, appropriato. Non tanto, cioè, per futili – in questo caso – ragioni linguistiche, e nemmno scientifiche (penso che, tecnicamente, il termine sia più che corretto), quanto perché significativo di un modo di intendere i mutamenti cui è soggetto il pianeta come ‘alterazioni’ di un equilibrio che esiste solo, tutt’al più, come nostra esigenza.
Non so fino a che punto la scienza – proprio come scienza, come pratica che sola può garantirci conoscenze fruibili perché verificabili – debba tener conto di ciò che, per altro, fa parte del suo statuto epistemologico… ma tenerne maggior conto di quanto non si faccia non potrebbe servire per orientarne la ricerca in modo più utile per gli esseri viventi?
Come? Per esempio puntando a intervenire su un ‘possibile’ costituito dai limiti della nostra sopravvivenza sul pianeta. Nel caso in questione, il clima può certo essere modificato dalle attività umane, me fino a che punto? Non sappiamo già – e proprio per merito della scienza – che non esiste niente di più aleatorio di ciò che permette la vita sulla terra?
Oppure vogliamo, più o meno inconsciamente, non mettere limiti alla scienza come c’è chi non li vuole mettere alla Provvidenza?

Daniela

la ricerca sulle energie rinnovabili ha bisogno di pù risorse ecoomiche e di più scienziati che se ne occupino, e deve essere battuto ogni possibile campo, la posta in gioco è troppo alta.

stefano

incidente nucleare in Slovenia, centrale di kurzko, 130 km da Trieste.
le autorità tengono le bocche cucite.
nessun problema ma pare ci sia stato uno sversamento di acqua pesante.
la centrale è stata chiusa per qualche ora.
imbarazzo in tutta europa.
c’è aria di insabbiamento.

p.s. qualcuno vuole ancora percorrere la folle corsa verso il nucleare? chernobyl non ha dunque insegnato nulla…

Ernesto

non è successo nulla di grave: una perdita di refrigerante. Sai che dramma…

denis

soprattutto l’acqua pesante è già presente in natura, e non ha alcune capacità tossiche!

Giuseppe Murante

…non perdo l’occasione per discutere con Bruno.. 🙂

il punto e’ secondo me che puo’ essere ragionevole porre dei limiti alla tecnologia, ovvero all’applicazione pratica delle scoperte scientifiche.
Esempio, sapere come fare una centrale nucleare (o una bomba) non vuol necessariamente dire che sia necessario farla.
Limiti pero’ RAGIONEVOLI. Col “principio di precauzione” staremmo ancora nelle caverne, al freddo (il fuoco e’ pericoloso e non si puo’ essere certi dei suoi effetti) a vivere di caccia e raccolta (per l’agricoltura vale lo stesso discorso).

Ma e’ un discorso pericoloso, a mio avviso, quello di porre dei limiti alla ricerca scientifica, per almeno due motivi.
Primo.. chi decide che cosa e’ opportuno sapere e che cosa no? C’e’ davvero qualcosa che non e’ opportuno sapere? Secondo me, assolutamente NO. Se non altro, occorre sapere per sapere che cosa non fare/applicare.
Non porre limiti alla conoscenza non e’ come non porre limiti alla provvidenza… al contrario: e’ rendersi conto che non esiste una cosa come la provvidenza (ne’ da parte di un dio, ne da parte di una immaginaria natura benevola e onniscente, se non personale).

Secondo… fin quando una ricerca non e’ svolta, non si sa a quali risultati portera’.
Decidiamo di non studiare astrofisica e fisica, perche’ e’ piu’ importante studiare medicina ed ecologia?
Bene, ma allora studieremo medicina ed ecologia senza TAC, risonanza magnetica, conoscenza dei sistemi dinamici… senza biochimica, senza genetica…

Davvero e’ meglio?

paolo malberti

tutto cio’ che fa parte di una centrale nucleare,
(refrigerante, mura, ecc.)
durante il funzionamento viene irraggiato e diventa quindi, a sua volta, radioattivo.
Per questo motivo ogni centrale dopo un certo numero di anni (25 circa)
diventa inagibile e deve essere smantellata.
Ogni perdita, fuoriuscita, ecc. rappresenta sempre un serio pericolo per l’ambiente.

Fabio

sembra non ci sia stata perdita verso l’esterno, ma una perdita nel gruppo idraulico primario (quello a contatto con il nucleo, quindi perdita di acqua leggermente radioattiva) di acqua che, come da progetto, e’ stata contenuta e mantenuta all’interno dell’involucro di cemento che circunda il nucleo.
un incidente sicuramente serio, che causa un danno economico, esige lo spegnimento della centrale e un intervento di riparazione, non comporta contaminazione ambientale.
E un incidente ampiamente previsto dai meccanismi di sicurezza.
puo’ preoccupare perche’ fa pensare che la manutenzione non venga fatta a regola d’arte.

Bruno Gualerzi

Caro Giuseppe, mi rendo conto che parlare di ‘limiti della scienza’ in un contesto culturale come quello italiano si presta a tutti i fraintendimenti (a questo proposito segnalo anche a te, se già non lo conosci, il numero di MicroMega dedicato alla scienza, che, tolti alcuni eccessi involontariamente ‘scientisti’, condivido per intero), e in particolare rischia di portare acqua a quanti non criticano la scienza perché – come ogni prodotto della mente umana – può prestare il fianco a critiche, ma per contrapporvi una forma di conoscenza (in sostanza di tipo fiedistico) che secondo loro sarebbe più congeniale alla condizione umana.
Personalmente, come penso ormai ti sia chiaro, considero la scienza l’unica pratica speculativa in grado di fornirci conoscenze fruibili con cognizione di causa, valide cioèproprio perché – per tirare in ballo il solito Popper – ‘falsificabili’, cioè, più che a misura d’uomo (espressione che se non specificata non significa niente), a misura di condizione umana. La quale – sembrerò pessimista, ma io mi considerò solo realista – ha dei limiti che ritengo insuperabili… non per colpa di una natura matrigna (non parliamo poi di peccati originali), ma per il semplice fatto che ne siamo consapevoli. Consapevoli di venire al mondo non certo perché lo scegliamo noi come individui, consapevoli che la nostra esistenza, come ha avuto inizio al di fuori della nostra volontà avrà fine sempre senza che ci si possa fare niente. Perché? Perché così ci ha ‘voluto’ l’evoluzione. E’ meglio, è peggio avere questa consapevolezza? L’abbiamo. Punto.
Quindi, quando parlo dei ‘limiti della scienza’ in realtà dovrei parlare dei limiti della condizione umana… limiti che necessariamente si riflettono su quell’attività umana che è, appunto, la scienza. Ecco perché – con tutti i rischi e forse l’inopportunità ora come ora di fare questi discorsi – mi capita, di fronte a certe notizie, di intravvedervi una sorta di fiducia analoga a quella che altri ripongono nella Provvidenza. Cosa posso farci se proprio la scienza, per quanto profano, mi ha spalancato davanti agli occhi una condizione di precarietà – non tanto della mia personale esistenza (a quello ci arrivo, come tutti, da solo… salvo trarne conclusioni opposte a seconda se si è atei o credenti) – quanto proprio della vita di ogni essere vivente su questa terra?
Il ‘principio di precauzione’, se applicato sistematicamente, ci troverebbe ancora all’età della pietra? Verissimo… ma non posso ‘dimenticare’ in alcun modo che – pur ritenendo l’età della pietra un condizione adesso insopportabile perché ne siamo usciti, e tornarvi sarebbe lo stesso che morirvi – la condizione umana nella sua essenza (nascere, crescere, darsi da fare, riprodursi, gioire, soffrire, morire) è pur sempre quella che era nell’età della pietra. Ora, ciò che cerco di dire io è che la scienza, per quanto possa essere, come è, l’unica attività che riesce ad offrire alla condizione umana prospettive di continuo miglioramento, non solo, ovviamente, non la muterà per quella che, come dicevo, è la sua essenza (e naturalmente lo sa benissimo e nemmno lo vuole), ma se non tien conto dei limiti insuperabili di questa condizione (puntando sulla RAGIONEVOLEZZA, sono assolutamente d’accordo) può trovarsi, anche non volendo, a ‘sperare’ di poterli superare.
Prestandosi – ecco il nocciolo un pò di tutte le mie ‘critiche’ – alla critica tutta strumentale (“avete visto voi che criticate tanto la fede… anche la scienza è per voi una fede!”) di chi in realtà crede poi solo nella fede in senso religioso!. Per cui – mi verrebbe voglia di ribattere ma sarei subito, e per colpa mia, frainteso – fede per fede, preferisco aver fede nella scienza.
Vorrei, nel caso, che non rischiasse di diventare una fede religiosa… per le ragioni che dicevo.
Ti saluto cordialmente.

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