Reggio Emilia: diatriba tra parroco e comune per rifacimento di un sagrato

“Fermi! Fermate la ruspa”. Ore 13, sagrato della chiesa di San Francesco. Da una parte le tute arancioni, dall’altra il parroco in clergyman. La trattativa dura un un sospiro (“Noi abbiamo l’ordine di lavorare”), poi la voce sottile del don Franco Ranza è coperta dal frastuono della benna, che tutto fa vibrare mentre disfa l’asfalto e sfiora i preziosi gradini del sagrato. Sul marmo bianco, levigato dal tempo e dai fedeli, c’è una transenna: l’accesso alla chiesa è garantito solo da via Battaglione Toscano.Il don minaccia di chiamare i carabinieri, di far denuncia per violazione di domicilio. Poi ritorna in canonica: è da qui, dal computer portatile appoggiato sul tavolo della sala, che la sera prima – nell’imminenza dei lavori – aveva messo nero su bianco il suo no. Il sagrato non si tocca; e l’ultima parola – in base al diritto canonico – spetta proprio al parroco.
Un primo fac-simile alle 19: “Al signor sindaco Delrio. Comunicazione: Ci si ritrova una recinzione sulla proprietà parrocchiale senza l’accordata presentazione dei lavori con tempi programmati. A tale motivo in data odierna viene revocato ogni permesso per ciò che concerne la responsabilità parrocchiale. Il consenso di massima concesso dalla parrocchia alla Curia era nel rispetto di alcune normative e formali richieste: non è stata ancora data formale risposta!”. Dodici ore dopo, altro fac-simile. Ancora al sindaco e, per conoscenza, all’ufficio beni culturali della Curia: “In attesa di chiarimenti formali, si chiede l’immediata sospensione dei lavori e l’immediata rimozione delle transenne sulla proprietà della parrocchia. Ad oggi, ogni concessione della parrocchia viene revocata”.

E il Comune? All’assessorato alla città storica rispondono picche e sventolano la lettera, datata 10 giugno, in cui la Curia accordava il permesso all’amministrazione. Morale: “Non si ritiene motivata una sospensione dei lavori, cui fa cenno unilateralmente il signor parroco”. Nella missiva curiale, firmata dal vescovo ausiliare Ghizzoni e dal parroco Ranza, si dà l’ok al rifacimento, all'”allargamento del sagrato e la sua ridefinizione, che lo rende simile alla forma storica dell’inizio del secolo scorso e che valorizza la facciata della chiesa di San Francesco”. Ma è vero che si tratta di un via libera subordinato ad una “autorizzazione scritta del parroco prima di intervenire”, e alla stesura di una “convenzione dove la parrocchia riconosce al Comune il diritto di passaggio sull’area antistante il sagrato”.

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L’articolo completo è consultabile sul sito de Il Resto del Carlino

6 commenti

Valdesius

Il sagrato non si tocca; e l’ultima parola – in base al diritto canonico – spetta proprio al parroco.

Diritto canonico: ovviamente si applica anche in Italia, come legge parallela dello stato…

Ma poi, se il sagrato e’ della chiesa (una recinzione sulla proprietà parrocchiale ), come mai il comune ci mette becco??Se lo rimettano a posto loro coi loro soldi…

8×1000 alla Chiesa VAldese
5×1000 all’ UAAR

Valentino Salvatore

Il problema è che il rifacimento di questo sagrato lo si paga noi, e c’hanno pure da ridire…

Odino

Gli aggiustano il sagrato senza fargli pagare niente e si lamenta pure.
Valli a capire questi preti.

Ulv

Mio fratello aveva don Ranza come insegnante di religione…
Mi ha detto certe cose (tipo che “gestiva” lo spaccio di cellulari rubati nella scuola) che non so se siano vere oppure no, ma alle quali credo per innata antipatia verso i preti…
M’informerò meglio e magari vi farò sapere…

San Gennaro

Scorciatoia: il sindaco chiama il vescovo e dice: “Se non mi levi dalle p… quel prete, i lavori te li sogni”. Il vescovo chiama il prete e dice: “Figliolo, se non la smetti ti spedisco a Barbiana”.
Con la “dolcezza” si ottiene tutto!

8 X 1000 AI VALDESI
5 X 1000 ALL’UAAR

Aldo

Se lo faccia pagare dai parrocchiani
Se non possono pagare c’ è l’ obolo di San Pietro
L’ otto per mille?
I fondi dello I.O.R.?
Le decime date dai fedeli nei gruppi carismatici tipo Rinnovamrnto Spirito Santo

Non vedo questa mancanza di fondi

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