E il vescovo censura il libro sull’ inquisizione

Al lettore normale, smarrito davanti all’ abbondanza dei libri e in cerca di recensioni che lo aiutino a scegliere, diciamo subito che il libro di cui si parlerà qui non lo troverà in libreria né ora né – forse – mai. Ma il libro esiste, anche se forse non lo potremo leggere. Ne parliamo perché la sua vicenda riporta tra lettori annoiati da storie di censure più o meno inventate per ragioni di bottega il fantasma di una censura antica, che ha operato a lungo nel passato remoto e che credevamo scomparsa. Si tratta di un libro di storia che racconta vicende accadute in un luogo d’ Italia in un passato remoto, tra ‘ 600 e ‘ 700. Vi si incontrano persone e fatti di vita quotidiana, passati attraverso il filtro di carte processuali. C’ è la storia di un uomo che aveva l’ abitudine di bestemmiare la Trinità, la Madonna e san Michele Arcangelo, si rifiutava di andare in chiesa, non ascoltava le prediche; e c’ è quella di un francescano che giocava a carte e quando perdeva prendeva a calci il crocifisso appeso nella sua cella; o quella di una ragazza che raccontò “con molto rossore” al vescovo e ai consultori dell’ Inquisizione come si fosse trovata a confessarsi da preti che tentavano in molti modi di rubarle baci e di fare l’ amore con lei. Inquisizione: ecco la parola. Una istituzione ecclesiastica già molto temuta, che esplorava comportamenti e idee delle persone e i cui documenti sono stati ricercati e studiati dagli storici. Per molto tempo la ricerca storica ha dovuto scontrarsi col segreto imposto dagli archivi delle curie vescovili e dall’ archivio del Sant’ Uffizio romano, istituzione che da papa Paolo VI ricevette la nuova denominazione di Congregazione per la Dottrina della Fede. Una svolta fondamentale si ebbe quando papa Giovanni Paolo II, preparando il giubileo del 2000 sotto il segno di una solenne “purificazione della memoria”, volle l’ apertura alla consultazione dell’ archivio centrale dell’ Inquisizione Romana. L’ annuncio fu dato dall’ allora cardinal Joseph Ratzinger il 22 gennaio 1998 nella sede dell’ Accademia Nazionale dei Lincei. Ratzinger disse fra l’ altro: «Sono sicuro che aprendo i nostri archivi si risponderà non solo alle legittime aspirazioni degli studiosi, ma anche alla ferma intenzione della Chiesa di servire l’ uomo aiutandolo a capire se stesso leggendo senza pregiudizi la propria storia». Da allora circola in questo settore di studi un nuovo fervore di interessi e di ricerche e un clima di collaborazione tra studiosi e archivisti ecclesiastici. Un’ intesa tra lo Stato italiano e la Conferenza episcopale, del 2000, ha fissato una serie di punti sulla tutela e sull’ apertura alla consultazione degli archivi di interesse storico appartenenti a istituzioni ed enti ecclesiastici che dovrebbe garantire sviluppi positivi alle indagini degli storici. Per quanto riguarda in particolare i fondi documentari relativi alla storia dell’ Inquisizione, il loro censimento sul piano nazionale è in atto per opera di studiosi di grande e riconosciuta serietà scientifica. La ragione dell’ interesse che oggi guida la maggior parte degli storici risiede non più in una volontà di polemica anticlericale ma nella ricerca di una storia più ricca e più viva. Dall’ esplorazione di queste carte emergono migliaia e migliaia di volti umani, di pratiche, idee e sentimenti che attraverso il filtro del tribunale ecclesiastico dell’ Inquisizione si sono calate in documenti scritti e si offrono oggi al lettore come un deposito di uno speciale tipo di archeologia: quella dei pensieri, delle pratiche, dell’ economia morale di un popolo intero. La ragione è semplice: quel tribunale, la cui segretezza ha alimentato un tempo fosche fantasie di sadica violenza, era un luogo che faceva parte della vita quotidiana anche dei piccoli centri. Lì era obbligatorio recarsi per denunziare la bestemmia del vicino, per riferire con vergogna e rossore la violenza subìta dal prete in confessione. Di tutto questo serbano memoria le carte degli archivi ecclesiastici. Su questa faccia nascosta della storia d’ Italia, sulla folla di storie di vita che si sono sedimentate in quelle carte, da tempo stanno lavorando gli storici al solo scopo di capire, di restaurare una memoria meno lacunosa degli atti e dei sentimenti che hanno reso il nostro paese quello che è. Ma ecco che in una cittadina italiana la cortina del segreto e la durezza delle intimazioni ecclesiastiche si sono levate di nuovo. Un libro scritto da una studiosa, Gaetana Mazza, su documenti dell’ inquisizione conservati nell’ archivio diocesano di Sarno, Curia diocesana di Nocera Inferiore, ha scatenato la furia di una entità che sembrerebbe un fantasma da operetta se non fosse reale: la censura ecclesiastica. All’ autrice, che aveva inviato copia al vescovo della diocesi prima di mettere in distribuzione l’ opera già stampata, è stato intimato di mandare al macero l’ intero secondo volume dell’ opera che riproduceva documenti d’ archivio (definiti «testi di dubbia delicatezza, che potrebbero scandalizzare non poco il lettore») e di sottoporre il primo volume all’ esame di una commissione ad hoc al fine di emendarlo secondo quello che le sarebbe stato imposto. L’ intimazione riporta in vita l’ antico linguaggio e le abitudini della censura ecclesiastica – quella, per intenderci, dei tempi di Galileo. Ci sarebbe da credere a uno scherzo, se non fosse che quella intimazione è fatta a termini di norme concordatarie e sulla base della condizione degli archivi ecclesiastici che sono da considerarsi non pubblici anche se godono di finanziamenti statali. In quella intimazione si legge il senso di vergogna di una istituzione per i comportamenti del clero del passato e per una realtà antica di uso dei suoi poteri da cui non riesce a concepire la liberazione se non nella forma della cancellazione o segretazione dei documenti, insomma di un bavaglio agli storici. Vedremo presto se questo episodio è – come si potrebbe temere – un segno di ritorno all’ antico o se è solo il riflesso condizionato di una cultura che non si è aggiornata alle intenzioni delle autorità centrali della Chiesa e alle parole solenni dell’ allora cardinal Ratzinger. Basterà vedere se il libro contestato arriverà o meno in libreria.

Fonte: archivio La Repubblica

Archiviato in: Generale

26 commenti

Bruno Gualerzi

Speriamo che questa storia non venga a conoscenza di Berlusconi altrimenti la storica in questione non incorrerebbe solo nella censura ecclesiastica, ma rischierebbe alcuni anni di carcere. In fondo si tratta pur sempre di ‘violazione della privacy’… che sarebbe anche una forma più moderna, adeguata ai tempi, della arcaica (almeno fino a ieri) inquisizione. Tra l’altro, se ho letto bene, tutta la materia è regolamentata dal concordato, quindi…

Vash

Se si potessero avere ugualmente copie dei volumi anche sottobanco…….

#Aldo#

L’azione censoria in realtà peggiora le cose, perché lascia spazio alle più torbide fantasie. Quando qualcuno nasconde qualcosa, è lecito pensare che stia nascondendo il peggio del peggio. Evidentemente quei “polemici anticlericali” ai quali fa cenno l’articolo non erano per nulla nel torto. In caso contrario, perché le autorità ecclesiastiche dovrebbero voler nascondere quel che potrebbe scagionarle?

Peppe

Da leggere anche quest altro articolo
http://lacittadisalerno.repubblica.it/dettaglio/La-Curia-di-Nocera-censura-il-libro-sullInquisizione/1474974

La solita chiesa ipocrita e vergognosa dei suoi scheletri nell’armadio: CENSURA, parola tanto cara a chi aspira a tenere per gli attributi il popolino grazie a “Sua Santità L’Ignoranza”… ovvero il Clero.

Meditate cattolici, meditate!

Vabbe’ che tra voi c’è anche chi ancora innegia all’Inquisizione, quindi non c’è da stupirsi…

Daniela

alla fine non c’è nessuna volontà da parte della chiesa di essere trasparenti edi ammettere le proprie colpe.

elettra

Temono che la verità -orrida- sull’ Inquisizione sia anche attraverso questo libro divulgata,anche se ormai se ne conoscono tutti gli aspetti e che cosa abbia rappresentato:una forma di capillare controllo della Chiesa sulla società, che si è poi tradotto in fattore di decomposizione di quest’ultima.
Si mette male,auguriamoci di non doverci oggi imbattere in novelli Torquemada.Non si sa mai.

Ermanno Morgari

D’altra parte, che cosa ci si può aspettare oggi, quando si decreta l’obbligo di comunicare a li Superiori la notizia di procedimenti a carico membri del clero?

ignazio

In qualità di socio auspico che l’UAAR (per quanto materialmente possibile) segua questo caso ed eventualmente ponga in essere ogni azione sia legale che di opinione possibile.
Occorre indubbiamente dare ampia eco al fatto.
Sicuramente il circolo a cui appartengo sarebbe pronto per eventuali azioni divulgative per portare a conoscenza dell’opinione pubblica tale assurdità.

lacrime e sangue

E’ incredibile, non la censura, ma la sudditanza della studiosa: io scrivo e te lo mando a leggere per sentire se ti va bene? La catto-prona si è data la zappa sui piedi.

antonietta

Sono d’accordo con ignazio, spero che l’uaar faccia il possibile per divulgare questo fatto e intervenire con azioni legali. E’ inconcepibile come gli studiosi non possano ancora accertare verità e parlarne.

davide

si è detto: mai più Auschwitz. Ma il nascondere le torture e il conseguente non formare criticamente l’opinione pubblica preparerà la strada per una nuova Auschwitz

Valdesius

Suvvia, siamo alle solite…insistete col dire che l’ Inquisizione ha fatto milioni di morti eccettera, ma c’e’ chi la sa piu’ lunga di voi e di me -Prof. Agostino Borromeo- e dichiara l’ esatto contrario, leggetevi questo link…(per farvi quattro risate molto amare )

http://www.cristianesimo.it/ voce “cancellare la memoria”

chiericoperduto

Non capisco per quale motivo in paese con libertà di stampa ed espressione (almeno credo!) l’autore abbia posto il volume all’attenzione del vescovo prima della distribuzione al pubblico (ormai già stampato!!).
Io lo avrei mandato semplicemente in libreria.

adelphi

ma togliere finalmente queste carte dalle mani della chiesa? come è possibile che lo stato italiano finanzi lo studio e la conservazione di documenti che poi non può usare per fare luce nella storia italiana e di quella della chiesa?

Paguro

sono d’accordo con cartman, tanto ormai sarebbe il primo libro di una serie, visto che con i tempi che corrono, la censura mica si può fermare…
@ lacrime e sangue: se la studiosa fosse davvero catto-prona avrebbe accettato di pubblicare solo la prima parte del libro. Il fatto di mandare un libro perchè qualcuno lo visioni prima è una cortesia, lo farei anche io, sempre che abbia il dubbio che me lo censurino…

N2RT

sarebbe importante dare un forte appoggio, anche mediatico, alla studiosa. Spargendo la voce, inviando mail alla Curia, ecc., in modo da far pubblicare il testo.
Oppure si potrebbe farlo all’estero, magari solo online, in modo da evitare problematiche concordatarie che in altri paesi non esistono….

saluti

Asatan

@N2RT

Basterebbe un bel pdf uppato su sito estero con licenza creative commons (no commercial – no derivatives).

Stefano Bottoni

Il confronto potrà sembrare irriguardoso, ma a me sembra come se l’autrice del libro, inviando una copia al vescovo, abbia fatto come un magistrato anti-mafia che prima di trasmettere gli atti alla procura ne avesse inviato una copia per conoscenza ad Andreotti…

anteo

spero si tratti di un refuso, posso capire che l’autrice invii una copia del suo lavoro alla curia per mera cortesia ma chiedere l’imprimatur su una ricerca storica mi sembra troppo insensato per essere credibile.

Inte73

Non saprei se definire l’atto della Curia di Nocera pudore e vergogna per cose compiute che sarebbe meglio dimenticare (meglio per loro) o un tentativo assurdo di non portare alla luce determinati fatti che ‘potrebbero’ creare scompiglio nell’opinione che la gente ha della Chiesa.

Commenti chiusi.