Sergio Romano: su velo e crocefissi serve coerenza

Sul Corriere della Sera di ieri, Sergio Romano – rispondendo ad un paio di lettere che trattavano il tema del divieto turco di portare il velo nelle università collegandolo all’esposizione dei simboli religiosi in Italia – affermava:

Se ritenessimo utile vietare nelle scuole della Repubblica un simbolo identitario e religioso come il velo, dovremmo contemporaneamente togliere il crocifisso dalle aule. Non sarà facile, soprattutto in un momento in cui milioni di agnostici e tiepidi credenti se ne servono spregiudicatamente per denunciare le «invasioni islamiche che minacciano la nostra civiltà ». Ma non riesco a comprendere l’utilità di un simbolo religioso nelle scuole di un Paese che si dichiara laico e che accoglie ormai nelle sue aule un numero considerevole di bambini e ragazzi musulmani, ebrei, buddisti, indù. Ancora meno riesco a comprendere l’utilità del crocifisso nell’aula di un tribunale dove l’imputato, se è fedele di una diversa confessione religiosa, potrebbe sentirsi giudicato in nome di un Dio che non gli appartiene.
Ho l’impressione del resto che vi sia, a proposito del velo, molta confusione. Fra l’aula di una scuola e l’università (o un qualsiasi ufficio pubblico) esiste una fondamentale differenza. La scuola è una sorta di prolungamento della famiglia, il luogo in cui gli insegnanti svolgono una funzione che completa e integra quella dei genitori. Tutto ciò che tende a isolare uno scolaro dagli altri, sottolineando la sua differenza, rompe l’unità della famiglia scolastica ed è dannoso, se non addirittura pericoloso. Nelle università, invece, gli studenti non sono più ragazzi e ragazze. Sono uomini e donne che seguono percorsi diversi e stanno costruendo la loro individualità. Mi sembra giusto, in altre parole, che la Francia, negli scorsi anni, abbia vietato tutti i simboli religiosi nelle aule scolastiche, ma lo abbia permesso nelle università. E mi sembra altrettanto giusto che una legge approvata dal Parlamento turco consenta l’uso del velo nelle università. Esiste poi il problema degli uffici pubblici dove la proibizione del velo o di un qualsiasi altro simbolo religioso sarebbe, se adottato per gli utenti, una intollerabile discriminazione. Mi sembrerebbe giusto invece vietarlo per i funzionari. In altre parole: chi fa la coda di fronte allo sportello può esibire qualsiasi simbolo religioso; chi sta dietro lo sportello per servire il pubblico dovrebbe apparire neutrale e laico.
Quanto alle suore, caro Parigi, credo che il problema vada trattato con pragmatico buon senso. Suore e sacerdoti hanno fatto una scelta di vita totalizzante e indossano l’abito che corrisponde a questa scelta. Privarli del diritto di portarlo ovunque pubblicamente mi sembrerebbe profondamente illiberale.”

29 commenti

Massi

La scuola quale “prolungamento dell’educazione familiare” (ma non se la famiglia dello studente “non è normale”)?
In questo modo “lo Stato” (non certo la Repubblica) usa “la famiglia” per assumere a sé una particolare posizione confessionale “etica” e non da un’educazione pluralista, perciò stesso critica, agli studenti.

Bruno Gualerzi

All’interno di un argomentare – quello di Sergio Romano – in parte condivisibile, c’è un passaggio che mi risulta contraddittorio (e che forse rende tutto poco condivisibile).
Là dove afferma:”La scuola è una sorta di prolungamento della famiglia, il ruolo in cui gli insegnanti svolgono una funzione che completa e integra quella dei genitori. Tutto ciò che tende a isolare uno scolaro dagli altri, sottolineando la sua differenza, rompe l’unità della famiglia scolastica ed è dannoso, se non addirittura pericoloso”.
Ora, da un lato si dice che la scuola deve essere il luogo dove nessuno deve sentirsi differente, ma poi si prende come modello la famiglia, non meglio specificata, di cui la scuola deve essere il ‘prolungamento’… anzi si parla proprio di ‘famiglia scolastica’. Dando per scontata la buona intenzione di far sentire il fanciullo nella scuola come se fosse a casa propria, se c’è un luogo dove ciò che manca quasi del tutto è la possibilità di sperimentare reali confronti con l’altro, col diverso, nella migliore delle ipotesi ‘integrati’ comunque nella logica famigliare, è, appunto, la famiglia. La scuola come famiglia allargata nega proprio ciò che la scuola invece dovrebbe, tra l’altro, perseguire, e cioè allestire un luogo dove aiutare il ragazzo a scoprire una realtà complessa e anche problematica, non più componibile come lo era nella famiglia.
La assolutizzazione di questo concetto – non certo imputabile come tale a Romano – sarebbe, come denuncia Massi, lo ‘stato etico’… che poi nessuna esperienza universitaria, al di là delle apparenze, riuscirebbe a scalzare.

strangerinworld

Sono insegnante in una scuola primaria (ex-elementare). Sono agnostico con tendenza all’ateismo. Ma soprattutto sono contro ogni confessione religiosa, che sia cristiana, ebrea, musulmana o induista. Mi trovo a lavorare in un ambiente che si fa via via sempre meno laico (ovviamente per lo più di facciata ché i credenti sinceri sono una minima percentuale mentre gli avvinghiati alle tradizioni, alle supestizioni e gli approfittatori della religione abbondano). Sui crocefissi non c’è storia: posso essere un ottimo insegnante ma se tocco l’argomento ‘religioso’, chiamiamolo così, il rischio di scontro con i genitori è altissimo. Non parliamo poi delle madonne e dei padre pii vari: un’invasione. Anche al Provveditorato agli studi son ben affisse le immagini del pazzo e della santa locale. Ci fosse almeno un po’ di coerenza. Prendiamo la prima comunione: per il 90% delle famiglie è solo un’occasione di festa pseudo-pagana. I bambini frequentano il catechismo e fanno religione a scuola: malgrado ciò sono quasi totalmente all’oscuro ,se non in grado di capirli, dei testi evangelici. Conoscono le solite nozioncine qua e là, come negli anni 50. Non meno ignoranti sono gli stessi genitori che conoscono assai poco i vangeli e quasi per nulla il vecchio testamento. Anche tra le insegnanti la situazione è simile. la stessa insegnante di religione, con la quale mi sono frequentato, ne sa molto meno di me, del cristianesimo e delle altre religioni. Naturalmente le mie idee sono, è proprio il caso di dirlo, risapute nell’ambiente. Pur essendo stato lodato dal punto di vista didattico e d educativo. Pur che che la stragrande maggioranza dei bambini/ragazzi mi apprezza, se tocco quel tasto son dolori. Non che io predichi l’agnosticismo o l’ateismo. ASSOLUTAMENTE. Mi capita di parlare dell’argomento coi più grandi (10/11 anni), basandomi unicamente sui fatti narrati nel vecchio e nuovo testamento, addirittura, quando sgranano gli ochhi dalla sorpresa, leggo loro i passi, parola per parola. I più intelligenti si accorgono, alle volte, delle differenze tra quanto è scritto e la realtà della chiesa che frequentano. La maggior parte ovviamente no. Entrambi però se ne fregano. Malgrado ciò ho avuto problemi senza aver fatto nulla di male, cioè LEGGENDO le ‘verità’ scritte sulla bibbia. Per un insegnante come me è arduo lavorare e mandare giù tutte queste ipocrisie e falsità. La discussione più accesa è stata riguardo la messa in orario scolastico. L’ho fatto presente anche al dirigente, il quale pur avendo posizioni riguardo la religione vicine alle mie, ha allargato le braccia. La stessa cosa ha fatto quando abbiamo parlato dei precari che aspettano di entrare in ruolo anche da 10 anni, scavalcati dai 16.000 e passa insegnanti di religioni inseriti in ruolo dalle curie vescovili, cioè dal Vaticano. Alcune di loro, pur essendo contrarie a questa chiesa, faranno i corsi per entrare in ruolo come insegnanti di religione, ché non vedono altra strada. In compenso, per pagare gli insegnanti di religione, pagati dallo stato ma nominati dalla chiesa cattolica, non si fa scrupolo di tagliare posti di insegnanti specialisti in lingua inglese o informatica. Ed è così quasi dappertutto. Questa è, purtroppo la nostra scuola. Questo è, purtoppo il nostro Paese.

anteo

” La scuola è una sorta di prolungamento della famiglia, il luogo in cui gli insegnanti svolgono una funzione che completa e integra quella dei genitori.”

quoto Massi

l’affermazione citata fa inorridire: quel mondo è provinciale , intellettualmente limitato, seguendo quell’impostazione gli insegnanti dovrebbero sintonizzarsi alle esigenze delle famiglie e non esercitare la libertà di insegnamento. Con tutti i disastri conseguenti (mia nonna credeva alla Genesi, per fortuna non il docente di biologia).

Anticlericale89

Be’,tenendo conto del numero di insegnenti italiani che credono alla genesi si potrebbe anche dire che in italia la scuola e’un prolungamento della famiglia. 🙁
Io quando parlo con la prof di lettere e’come se parlassi con mia madre,cioe’contro un muro sostanzialmente.

Bruno Gualerzi

In un commento non apparso, pur facendola un pò più lunga, sostengo anch’io quanto affermato da Mussi e Anteo, che pertanto quoto in pieno.

strangerinworld

errata corrige: con l’insegnante di religone mi sono confrontato, non ‘frequentato’

nicola

Tutto sommato mi sembra che Sergio Romano abbia scritto cose sensate.

Alessandro Bruzzone

Il problema è spesso inficiato da malintesi tra pensiero laico e una confusa pseudo-tolleranza terzomondista-religiosa. Bisogna essere chiari: 0 simboli religiosi e ideologici in genere nei luoghi pubblici. Punto stop.

Silesio

Portare il velo è un fatto individuale come portare la minigonna. Non vedo la ragione di un veto visto che tutti possono andare vestiti come vogliono. Il crocifisso appeso alle pareti di un ufficio pubblico ha un’altro significato, in quanto signiica che è l’istituzione stessa a qualificarsi come appartenente ad una ideologia religiosa. La goffa e ridicola pretesa di dichiarare il crocifisso “simbolo universale” è stata adottata probabilmente per impedire che si chiedesse l’invalidazione dei processi celebrati sotto tale simbolo. Infatti esiste un principio secondo cui è possibile ricusare il tribunale se il tribunale esprime a priori delle “convinzioni” o delle opinioni di parte. Appendere un crocifisso significa allora fare una professione di fede e quindi giudicare le persone portandosi dietro dei pregiudizi religiosi particolari.

Magar

Sottoscrivo al 1000 % le parole di Sergio Romano sull’argomento “simboli religiosi”.
L’unica precisazione è che la vera differenza fra scuola e università, per me, è solo la diversa età (e dunque il grado di maturazione e autonomia personale) degli studenti.

La frase “La scuola è una sorta di prolungamento della famiglia, il luogo in cui gli insegnanti svolgono una funzione che completa e integra quella dei genitori.” è in effetti ambigua, sembra prefigurare una scuola ancilla familiae, come piacerebbe ai cattolicisti.
Ma forse vuole solo dire che fino all’età adulta i ragazzi non hanno ancora autonomia di giudizio, e che la scuola deve, “come un terzo genitore”, accompagnarli ad acquisirla: in fin dei conti, Romano sta usando questo argomento per sostenere che i simboli religiosi vanno lasciati a casa (e questo non piacerebbe molto a Bagnasco, o ai padri-padroni…)!

Kattochè?

Per me, ateo da sempre, un velo è solo un pezzo di stoffa e un crocifisso è un pezzo di legno o metallo. Non hanno nessun valore e non rappresentano nulla. La protomoralità di uno scimpanzè è superiore alla moralità di una qualsiasi religione. Io sono un primate e i miei progenitori non si chiamano Adamo e Eva ma Toumai e Lucy. Che si “chiudano”, dunque, nei loro simboli, appendano tutti i crocifissi che vogliono e si coprano con tutti i veli che gli pare, ma non possiamo accettare che questi simboli siano rappresentativi di una qualsiasi “morale condivisa” dalle quale derivare regole e leggi di valore “universale” da imporre a tutti.
Rimanere ignoranti è un diritto dell’uomo?
Comunque non può essere un obbligo.

vincent vega

Non sono d’accordo con Sergio Romano, quando dice che gli impiegati pubblici non dovrebbero indossare simboli religiosi. Trovo illiberale vietar loro di portarli, perchè riguarda la loro sfera privata, quindi non sono affari degli altri. Per il resto concordo.
La questione del crocifisso negli edifici pubblici è simbolo dell’ipocrisia italiana. Sostanzialmente agli italiani non frega niente se sta o no. Ma appena uno fa notare che non dovrebbe stare, ecco che si riscoprono difensori a oltranza della fede.

g.b.

Non è accettabile la differenza fra “chi fa la coda di fronte allo sportello” e quindi” può esibire qualsiasi simbolo religioso” e “chi sta dietro lo sportello per servire il pubblico” e quindi “dovrebbe apparire neutrale e laico”: tale distinzione infatti discrimina tra cittadino-utente e cittadino-lavoratore a tutto vantaggio del primo, SECONDO UNA LOGICA TIPICAMENTE DESTROIDE. Semmai è accettabile la differenza tra ciò che appartiene alle istituzioni(ad esempio il crocifisso sulla parete dell’aula)e ciò che riguarda il singolo(ad esempio il crocifisso sul petto della professoressa o della studentessa, dell’impiegato delle poste o del pensionato): LE ISTITUZIONI DEVONO ESSERE LAICHE, non i singoli cittadini, salvo ovviamente il diritto della società a defendersi nei confronti di comportamenti intolleranti.

Aldo

Che differenza vedresti g.b. tra chi fa la coda alla posta e chi è dietro il banco?
@g.b.

giorgio

il governo turco e’tornato sui suoi passi e ha nuovamente proibito il velo nelle universita’.

Magar

@vincent vega, g.b.
Hmmm… vero che il cittadino mantiene una certa autonomia anche rispetto all’istituzione di cui è parte, ma non è del tutto corretto dire che un insegnante, un poliziotto, un magistrato, un impiegato ministeriale, etc. sono semplicemente “privati” cittadini: quando sono in servizio, rappresentano lo stato, sono parte delle istituzioni pubbliche.
Del resto, in molti posti di lavoro è prevista una qualche uniforme per i dipendenti (già ora gli stessi poliziotti non possono sempre vestirsi in maglietta e jeans a loro piacimento…): lo stato può perciò legittimamente chiedere ai propri dipendenti di indossare una semplicissima “uniforme” (vestitevi come volete, ma senza ostentare segni religiosi o ideologici evidenti), affinché lo rappresentino anche a livello simbolico, nella sua laicità.

Certo, bisognerebbe prima che la laicità ci fosse… 😀

Paolo P.

Sergio Romano è ancora “velato” di ideologia comunista: scrive di coerenza e il primo incoerente è lui. I simboli religiosi perchè si chiamano così? Perche SONO religiosi, a meno che non ci prendiamo per i fondelli e affermiamo, come non ricordo quale “organo” costituzionale ha fatto tempo fa, che il crocefisso e quindi gli altri simboli RELIGIOSI sono “anche” simboli laici: ah,ah,ah!

Aldo

Ci vuole un punto d’ incontro che sappia mettere tutti pace e d’ accordo, il fatto è che già noi itliani laicità non sappiamo nenache che cosa sia.. Vedi Papi Re, C.E.I. della salute e preti benedicenti

g.b.

@ Aldo: tecnicamente tanto chi fa la coda alle poste e chi siede su un banco di scuola è utente di un servizio pubblico.

sti.ca1970

Sono diversi i punti in cui Sergio Romano non è chiaro. Innanzitutto trovo oggettivamente ambigua la frase: ” La scuola e una sorta di prolungamento della famiglia, il luogo in cui gli insegnanti svolgono una funzione che completa e ………”. Cosa intende, l’ex ambasciatore? che gli insegnanti sono meri esecutori nozionistici, o piuttosto dei “compagni” di viaggio più esperti per gli studenti? dove compito principale dei docenti sia quello di aiutare i ragazzi/e a sviluppare-crescere il senso critico iie del confronto. inoltre non vedo il perchè del diverso trattamento degli utenti e dei dipendenti pubblici. Le forzature non portano mai a nulla di buono.

juan valdez

Il mio punto di vista, forse oltranzista, può essere soltanto uno!
In nessun ufficio pubblico, soprattutto scuole, devono essere presenti simboli religiosi, questo perchè uno stato o è laico oppure semplicemente non è, non esiste.
La scuola stessa deve essere per sua natura pluralista e rispettosa di tutte le culture, ma non deve mai essere messa in mezzo a questioni che esulano dal suo compito principale, formare delle libere coscienze.
Vorrei precisare inoltre che la scuola non è un prolungamento delle famiglie. Nella scuola i diversi interessi e le diverse esigenze di una società dovrebbero trovare delle risposte e dei nuovi stimoli e gli insegnanti dovrebbero e devono essere i mediatori di questo processo teoricamente continuo e concretamente rispettoso di ogni diversità.
la scuola quindi non può e non deve appiattirsi soltanto sulla famiglia, un organismo per sua natura tradizionalista.

venezia63jr

Il nostro stato non e’ laico perche’ nessuno e’ nato laico neppure il piu’ comunista degli italiani,quindi e’ assurdo pensare che possiamo copiare i nostri cugini francesi,loro non hanno in casa uno stato nello stato,noi siamo piu’ vicini all’iran.

Daniela

personalmente ritengo che le istituzioni debbano essere laiche e quindi prive di simboli religiosi. Per quanto riguarda coloro che lavorano per lo stato, ritengo che essi debbano comportarsi in modo da non assumere comportamenti discriminatori di nessun tipo, comportamenti dettati dal loro credo religioso (tipo il dottore che non prescrive la pillola del giorno dopo), per il resto l’abbigliamento personale è affare del singolo.

Nifft

E’ raro che mi capiti di condividere qualcosa scritta da Sergio Romano. Questa è una di quelle.

I simboli religiosi andrebbero vietati sia nei luoghi pubblici istuzionali (es. scuole e università) sia sulle persone che svolgono un ruolo di rappresentanza istuzionale (es. politici). Totale libertà per tutto il resto.

L’unico distinguo è per le scuole inferiori, dove, secondo me, il divieto dovrebbe estendersi anche agli studenti, perché in questo caso l’accettazione di una religione sarebbe sicuramente coatta.

Tornando al caso delle studentesse universitarie islamiche, si dovrebbe garantire loro una totale libertà. Esse sono maggiorenni, e non svolgono un ruolo pubblico. Non rappresentano nessuno se non loro stesse.

sti.ca1970

In italia il simbolo religioso è un problema perché per la maggior parte degli italiani ( non per me ) rappresenta qualcosa di diverso che un semplice rimando a dio o chi, finendo per essere quasi un oggetto scaramantico, tipico delle menti arretrate e chiuse. In tal modo dio e tutto il suo “ambaradan”, vengono quasi messi da parte.
Figure di gesù, di santi e di tutte le madonne, incluse statue e quant’alro, finiscono per avere più importanza di ciò che rappresentano. L’idolatria ha da secoli sostituito dio.
E causa di tutto ciò, a mio avviso, è il clero cattolico.

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