Il ministro dell’economia Giulio Tremonti, durante il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, respinge le accuse rivolte al governo – lanciate anche da riviste cattoliche come Famiglia Cristiana – di “fascismo”, affermando che il governo “cerca di governare e non perché siamo vicini al fascismo. Quelli che c’erano prima erano lontani e incapaci della volontà di governare: non è che fare in maniera diversa è essere autoritari, è essere responsabili” (chiosando “Non mi pare che Mussolini fosse un gran federalista”).
Il ministro, che sul tema ha scritto il libro La paura e la speranza, ribadisce le sue tesi cattolico-conservatrici sulla crisi occidentale, che sarebbe al contempo economica e valoriale: “Le ideologie del Novecento sono finite, quindi anche il liberismo. Bisogna tornare ai grandi valori dell’Ottocento”, recuperare il valore di termini come famiglia, cattedrale, territorio. Il problema “non è cercare valori economici nell’economia. Non è stare dalla parte dei valori secondi, ma dalla parte dei valori primi, che sono quelli senza aggettivi”. E’ necessario “definire il sistema di valori e di principi”, chiarisce il ministro, dando la sua soluzione, che non a caso poco si discosta da quella dei leader religiosi come Benedetto XVI e riassume in uno slogan identitario di matrice cattolica e poi fascista: “Non so se dico una cosa vecchia o nuova, ma tutto questo si può riassumere così: Dio, patria e famiglia”.
