E’ necessario credere in Dio per avere un’etica? Le recenti campagne di associazioni anglosassoni di non credenti (come lo slogan dell’American Humanist Association “Why believe in a god? Just be good for goodness’ sake”) hanno riaperto il dibattito. Il Pew Forum prova a rispondere con una ricerca a livello internazionale, registrando le opinioni in merito a seconda dei paesi. Ciò che emerge è che negli Usa il 57% degli intervistati ritiene che sia necessario credere in Dio per avere una morale – risultato che si avvicina a quello dei paesi non europei, specie islamici (ma escludendo Cina e Giappone). Già in Canada tale percentuale cala al 30% ed in Europa occidentale invece l’opinione è ben diversa rispetto agli Usa: in Italia solo il 24% ritiene la fede necessaria all’etica, in Gran Bretagna il 22%, in Francia il 17, in Svezia il 10% (risultati tendenzialmente poco più alti si registrano in Europa orientale). Per il dettaglio, si considerino i dati del Pew Global Project Attitudes del 2007 (pag. 37), che contiene altri rilevamenti su questioni etiche e religiose.
Fede necessaria all’etica? Usa in linea con paesi non occidentali, Europa più secolarizzata
38 commenti
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no, non è necessario.
io sono ateo e faccio volontoriato, ho la fedina penale pulita come il bucato fresco di lavatrice, amo gli animali, tollero (nonostante tutto) tutte le religioni pur non approvandole, non faccio del male a nessuno; la mia etica non risente della mancanza di fede in un personaggio inesistente creato dall’immaginazione umana.
Un dato positivo direi.
Sono incappato, su canale 5, su quella schifezza di matrix, il tema è ( manco a dirlo ) GC, sono presenti: l’ipocrita Mauro Pesce e l’ignorante Antonio Socci: storici assenti!
esattamente il contrario:
è necessario NON credere in Dio per avere non UNA. ma LA etica
(cfr. Schopenhauer: “I due problemi fondamentali dell’etica”).
Per esperienza posso dire che i credenti sono spesso dei sepolcri imbiancati. Vanno a messa, si spacciano per detentori di un alto senso morale, poi però si comportano come tutti gli altri se non peggio. Gli ideali laici sono senza dubbio più genuini, nel bene e nel male. Io ho la mia etica laica che ho tante volte espresso anche su questo blog e ne vado fiero.
“L’illusione di dio” di Dawkins, come noto, dedica un intero capitolo al tema del rapporto etica-religione. Chi lo legge non può avere dubbi.
@Kefos93
Anch’io mi sono imbattuto su Mentana & C., ma il mio pollice destro, forse per un riflesso condizionato, ha premuto il telecomando prima che mi venisse il vomito.
“in Italia solo il 24% ritiene la fede necessaria all’etica”
e c’è il 90% di cattolici! Forse hanno le idee un po’ confuse!
@ faidate
O sono semplicemete cattolici finti, credo siano la maggioranza, per un certo verso è un bene; basta vedere i risultati dei sondaggi su Eluana, l’80% non è d’accordo con le posizioni delle gerarchie vaticane, e in quell’80% di cattolici o sedicenti tali o registrati come tali perché battezzati loro malgrado devono essercene tanti…
In ogni modo, risultati buoni, da questi sondaggi!
Ovvio che l’etica NON può avere origine dalla religione. Anzi, a mio avviso il credere serve molto a pulire la coscienza, vedi un sacramento assurdo come la confessione. Non per niente i peggiori mafiosi tengono la bibbia sul comodino e immaginette sacre ovunque. Se hai un vero senso etico e fai qualcosa di contrario a quell’etica, ti senti veramente male, se hai un dio che in qualche modo ti perdona, puoi voltarti dall’altra parte e continuare come prima. O sbaglio?
La fede ha molto a che vedere con l’ubbidienza e niente con l’etica.
Dopodiché, spessissimo, i fedeli confondono l’una con l’altra cosa.
Se bastasse credere in Dio x avere un etica ??? no,
perchè quello che abbiamo visto da parte dei credenti oramai da 2000 anni non ha ne moralizzato ne portato etica ,
ne in politica ne nelle parrocchie ,da parte dei cosi detti credenti
Gli esempi; nelle parrocchie di tutto il mondo si sono annidiati preti pedofili e con perversioni
che nulla hanno a che fare con l’etica, politici credenti che hanno rubato e corrotto.
Dove è l’etica in tutto ciò??? NO MEGLIO ATEI , CREDO CHE SIAMO MORALMENTE MIGLIORI DI LORO.
Non mi quadrano le percentuali statistiche italiane…
O sono solo io a vivere in un’Italia di santi e di miracoli o c’è qualcosa che non mi torna.
Se le statistiche sono attendibili si stratta di capire su quale campione sono stati raccolti i dati e se è significativo.
Inoltre, se sono dati veri e attenedibili, non mi spiego la sudditanza dalla chiesa e la sua presenza in quasi tutte le sfere della vita italiana.
Può significare che chiesa e politica sono scollati e lontani dalla società. Ma la Lega allora è un eccezione.
Ma…boh…
“Quanto più l’uomo è religioso, tanto più crede; quanto più crede, tanto meno sa; quanto meno sa, tanto è più ignorante; quanto è più ignorante, tanto è più governabile”. (John Most)
Credere in Dio è l’etica di dare soldi alla Chiesa
Massi
hai centrato il problema, per quanto riguarda chi ‘crede’.
Chi crede in realtà ubbidisce,
per paura di una punizione o con la speranza in una ricompensa.
Ora però rimane aperto il problema:
1. esiste l’etica?
(in termini concreti: quale azione ha valore etico?)
e, se esiste,
2. quale è il suo fondamento?
(in termini concreti: quale è la molla che spinge a compiere un’azione con valore etico?)
e, se esiste,
2. quale è il suo fondamento?
(in termini concreti: quale è la molla che spinge a compiere una azione con valore etico?)
scusate la ripetizione
Secondo me l’etica non è qualcosa di astratto e privo di senso concreto, ma nasce dalla necessità dell’individuo di vivere in una società. Se analizziamo ad esempio il famoso decalogo di Mosè, vediamo che quelle 10 leggi sono semplicemente regole per poter vivere bene con gli altri. Esprimono in modo molto semplice e primitivo ciò che oggi intendiamo per Stato di diritto. Il problema nasce quando per motivi non molto facili da analizzare avviene una estrapolazione che da tali leggi di civile convivenza invade il privato del cittadino costringendolo a comportamenti inutili se non addirittura dannosi. Le religioni fanno appunto questo, passano dallo Stato di diritto alla vita intima e privata adducendo come scusa il fatto che il comportamento privato ha comunque un certo effetto su quello pubblico. In alcuni casi è vero. Se ad esempio mi drogo o mi ubriaco e poi mi metto alla guida dell’auto posso provocare disastri. In altri casi la relazione se c’è è molto difficile da individuare, tanto da potersi tranquillamente considerare inesistente o comunque molto opinabile.
@ Aldovando
Il riferimento al decalogo non mi è sembrato molto azzeccato, sia perché – come saprai – i dieci comandamenti sono stati modificati nel tempo, sia perché non hanno tutti attinenza con l’etica:
1. Io sono il signore dio tuo; non avrai altro dio all’infuori di me (mera affermazione del monoteismo)
2. Non nominare il nome di dio invano (per tenere dio a debita distanza…)
3. Ricordati di santificare le feste (puro marketing e controllo delle folle)
6. Non commettere atti impuri (sessuofobia immorale)
9. Non desiderare la donna d’altri (regola misogena che punisce il semplice desiderio)
10. Non desiderare la roba d’altri (e se ho i soldi per comprarmela? Il non rubare c’erà già al settimo posto).
Non tutte, come vedi, sono regole per poter vivere bene con gli altri.
Al contrario, molte regole religiose sono tutt’altro che etiche. Basta pensare alla discriminazione sessuale, alla condanna dell’omosessualità, ecc. ecc.
Secondo Dawkins – e mi sembra una prospettiva interessante – anche l’etica potrebbe avere radici evolutive.
Non è polemica, ma penso veramente che siano due cose completamente differenti e certamente senza alcun legame tra loro.
@ per Rothko
Con le radici evoluzionistiche è meglio andarci piano, nonostante Dawkins, ed è meglio far dire all’evoluzione solo quello che è dimostrato, lasciando le relative fantasie ai poeti e ai politici.
La complessa rete di interazioni genetiche e culturali che porta all’etica rende quasi impossibile in linea teorica, e certamente inutile in pratica, appigliarsi a meccanismi evolutivi. Sicure invece sono le radici storiche, culturali e sociali: ancor più sicuro è che l’etica riguarda l’individuo nella società (Robinson Crusoe non sapeva cosa farne finché non è arrivato Venerdì, che stava per essere mangiato da suoi compaesani, i quali avevano un’etica diversa da quella di Robinson), e perciò va costruita (e anche aggiornata!) da quanti partecipano a quella società, con regole che richiedono consapevolezza, consenso informato e non manipolato, libertà: che sono anche i cardini di quella democrazia che non si limita a contare le teste. Perciò non è una cosa mistica, ma un insieme di regole relative di comportamento.
@ faidate
Dawkins ha usato il condizionale perché è uno scienziato, non un dogmatico, ed è il primo a chiarire che per il momento si tratta di un’ipotesi, che io mi sono permesso di definire interessante e nulla più. Gli studi proseguiranno.
Il fatto che tu stesso faccia anche riferimenti a “interazioni genetiche” non rende impossibile un’ipotesi evolutiva. E se da un lato lo studio dei geni è avviato, tutto da sviluppare è quello dei memi.
Comunque, nessuna polemica. Io volevo solo far notare ad Aldovando che il decalogo ha poco a che vedere con l’etica.
Per altri aspetti sono d’accordo con lui quando afferma che molte regole religiose avevano una funzione sociale: la circoncisione in certi Paesi aiuta a prevenire talune malattie veneree, i digiuni (ramadan e quaresima) avevano anche funzioni dietologiche e prevenivano la gotta ed altre malattie, il divieto di bere alcolici…., ecc.
Insomma, credo che le nostre posizioni non siano molto diverse.
Assolutamente nessuna intenzione polemica nemmeno da parte mia: solo un caveat, perché purtroppo all’evoluzione si fanno dire spesso cose che nessun evoluzionista (nemmeno Dawkins) si sogna di dire.
Le persone rette hanno una propria, solida morale, indipendentemente dalla propria religione.
Ma chi lega la moralità alle credenze soprannaturali, che razza di moralità può possedere?
Aldovaldo
per vivere in società basta il codice civile e penale, che stabilisce cosa uno non deve fare per non ledere gli altri. Chi lo rispetta è un buon cittadino, ma non per questo moralmente eccelso.
Nessuno infatti rimane commosso e scosso nell’animo nel vedere qualcuno attenersi al codice civile o penale.
Lo stupore e la commozione si prova, invece, nel vedere ad esempio, Salvo d’Acquisto accusare sé stesso per salvare la vita di alcuni ostaggi. La sua è stata un’azione di grandissimo e genuino valore morale. Come pure quella di chi si butta in acqua a rischio della propria vita per salvare uno sconosciuto che sta per affogare.
Sono comportamenti istintivi, non dettati dalla ragione, che nulla hanno a che fare con l’evoluzione, e tanto meno con la religione.
Ciò che spinge l’uomo a comportarsi in quel modo, quello è il fondamento della morale.
Rolling stone si chiede: ” 1. esiste l’etica2?
e se esiste, 2. qual è il suo fondamento?
Tempo fa ho elaborato una possibile risposta, titolando un paragrafo di un mio scritto:
“Della morale come problema”.
(E’ lungo e forse un pò noioso, ma potrebbe interessare).
Cos’ è la morale? E’ un ‘dato’ o un ‘problema’? Si potrebbe rispondere che è dato come problema più di ogni altro dato, quindi è soprattutto un probema.
E che problema è? O, prima ancora, cosa lo rende un problema? Detto in altro modo, quali sono le condizioni per l’esistenza di questo problema?
Per questa domanda si delineano due risposte, forse contraddittorie, sia al proprio interno che tra di loro… ma forse proprio per questo ‘necessarie’, e necessarie proprio nella loro duplice contraddittorietà, in quanto rispecchiamento fedele del circolo vizioso in cui si dibatte la coscienza.
Dunque. Condizione (causa) dell’esistenza del problema morale come problema è, astrattamente, la libertà… concretamente invece è l’esigenza della libertà: se l’uomo non fosse, meglio non sentisse l’esigenza di essere, libero di scegliere nel suo agire, qualunque cosa facesse non avvertirebbe il bisogno di chiedersi se è meglio fare una cosa piuttosto che un’altra, dando così vita alle nozioni di ‘bene’ e di ‘male’, costitutive di ciò che chiamiamo morale. Quindi non importa, non sembra importare, se questa libertà è ontologicamente fondata o meno (se esiste o no come ‘valore oggettivo’, assoluto): con Kant, per esempio si è convenuto di ‘postularla’.
Perché questa esigenza l’uomo la sente, è presente in qualsiasi momento della sua esperienzq, quindi non è possibile negare né la libertà né il problema morale, almeno nella misura in cui una esigenza si configura come una necessità… ma a questo punto è ancora meno chiaro cosa fonda cosa. Siamo, in altre parole, proprio nel pieno del paradosso kantiano.
Paradossale, e geniale (genialmente contraddittorio), questo ‘postulare’ (dare come se ci fosse solo perché richiesta) la libertà, non solo però per questo. La libertà dell’uomo infatti, in questo modo coincide, o rimanda necessariamente, ad un vincolo: se volgio essere libero, non solo devo fare come se lo fossi senza sapere veramente se lo sono, ma questo mi costringe a sottopormi ad una decisione che mi costa fatica, sofferenza, mentre la libertà cui veramente l’uomo aspira è soprattutto liberazione dalla sofferenza, dal dolore, dal bisogno.
Ma proprio questo esito propone una seconda possbile risposta alla domanda “qual è la condizione del problema morale come problema”? Risposta possibile: il dolore.
Risposta anche qusta possibile, non certa, perché soffre della stessa incertezza ontologica propria della libertà, quindi del suo,esercizio, anche se la sofferenza implicita nel paradosso della libertà sembra sembra essere di tutt’altro genere… Ma forse no.
Comunque, se l’uomo non soffrisse, cioè se non vivesse in una condizione che contempla l’esistenza del bisogno assieme all’esigenza di liberarsene, non vedrebbe come necessario dare un senso, uno scopo, al proprio comportamento, al proprio agire, che non può che essere l’eliminazione, o l’attenuazione, di ciò che impedisce di vivere come sente e ritiene (ritiene e sente) che potrebbe vivere: cioè MEGLIO!.
E come si fa a vivere meglio? Per l’uomo – in netta contrapposizione con tutte le fughe trascendetaliste – non c’è che un modo: pensando l’esistenza senza però mai essere in grado di conoscerla come la sua facoltà di pensare esigerebbe. Non si esce da questa gabbia, e l’uomo può ‘realizzare’ il massimo di libertà cui aspira solo se è in grado di progettare il modo migliore di stare in questa gabbia, non fuori. Ma appunto sapendo, tenendo sempre presente, che in una gabbia si trova, e che per vivere veramente ‘meglio’ si dovrebbe, si vorrebbe con tutto noi stessi, uscirne.
E’ pericoloso allo stesso modo, allo stesso modo potenzialmente autodistruttivo, sia negarsi questo desiderio (rimuoverlo), sia ritenere di poterlo soddisfare.
Come fanno tutte le religioni, comunque configurate.
(Questa era l’impostazione del problema, a cui facevano seguito considerazioni più concrete)
Di quale dio si ciancia prima di tutto? quello biblico che ha fatto più morti dei nostri ultimi dittatori messi assieme? quello musulmano? che non è da meno! dio, se mai esistesse, è dentro di noi e quindi l’etica nasce e si manifesta espandendosi dal nostro corpo verso gli altri, o se qualcuno è introverso si manifesta nei gesti quotidiani di educazione e rispetto verso il prossimo e, ci metterei, di correttezza fiscale. Basta questo per avere un’etica costruttiva per il genere umano.
@ rolling stone,
personalmente penso che l’etica sia un prodotto collettivo non “buonista”, bensì emergente dagli attriti collettivi e capace di regolarli in modo tanto più valido quanto più capace di cogliere la sostanziale simiglianza che c’è fra noi esseri umani.
Per questo necessita di essere correlata alla ragione, piuttosto che alla fede.
sembra impossibile che si debbano ancora sollevare problemi di questo tipo. La storia del pensiero,e quella delle società umane ci insegnano :che i precetti religiosii sono il frutto diproiezioni di bisogni legati alla necessità di vivere raggruppati, abilmentdi sfruttati dalle caste sacerdotali per esercitare un controllo sociale. In realtà tali precetti sono di fatto già codificati dai diversi gruppi umani in quanto in gradodi garantire al meglio, nelle diverse condizioni storico-ambientali la sopravvivenza del gruppo stesso, la sua sicurezza e le sue probabilità di espandersi biologicamente..la religione è una sovrastruttura:i bene e il male sono stabiliti secondi criteri sanamente utilitaristici e pongono al primo posto i vantaggi del gruppo rispetto a quelli degli individui. Ovviamente… fatta la legge , poi, trovato l’inganno…(vedi la creazione di gruppi privilegiati all’interno delle società come quella dei sacerdoti..per dirne una, che assumono atteggiamenti autovantaggiosi e autoreferenziali rispetto al conteto più ampio della tribù, o della nazione….si perdoni la barbara semplificazione…
io credo in Stefano 😉
@Rothko61
Non a caso ho sottolineato che il decalogo è una forma rozza e primitiva di Stato di diritto. Mosè aveva come unica necessità quella di governare il suo popolo. A quel tempo (ma anche ai nostri giorni) far credere che delle leggi vengano da un essere superiore e contornare il tutto da un alone di mistero, lampi, tuoni, roveti ardenti e voci suadenti, era importante per far rispettare tali leggi. Certo alcune leggi erano di carattere puramente etico, mentre altre di carattere pratico, ma credo che l’intenzione fosse appunto quella di dare al popolo delle leggi di convivenza civile, pur se nella primitiva rozzezza di quel decalogo.
Bruno
tu parli di problemi correlati all’etica: la libertà di volere e la sofferenza,
ma non rispondi alle due domande di partenza.
Massi
il fondamento sta proprio nel:
“… cogliere la sostanziale simiglianza che c’è fra noi esseri umani”
e, aggiungo, … tra tutti gli esseri viventi, animali compresi.
Ma questo cogliere non è opera della ragione
(i grandi criminali sono spesso persone molto razionali).
E’ una intuizione. L’etica non si impara. O la si ha, o no.
Come ho scritto altre volte, la morale, come anche gli altri comportamenti di una specie, sono il frutto del processo evolutivo. Per questo la morale di una specie sociale è diversa da quella di una specie asociale; tutte però sono “finalizzate” alla maggiore sopravvivenza di quella specie!
Nelle specie sociali la morale detta regole (con strumenti genetici e culturali) per favorire la sopravvivenza del gruppo di appartenenza, a scapito di altri gruppi. Infatti non è legito uccidere i compagni ma lo è uccidere i nemici! In questo quadro si capisce come molti comportamenti che riteniamo immorali, in realtà non lo siano: il mafioso che uccide i nemici è moralissimo!!!!!
E’ necessaria la fede per l’etica? Secondo i parametri umani il mio cane è molto etico …… Che ciò sia dovuto al fatto che appartiene ad una specie sociale? o al fatto che da una qualche parte ha un altarino in cui prega un suo … cane?
Come sempre suggerisco la lettura del libro “Dal big bang a dio. Il lungo viaggio della vita” liberamente scaricabile sul sito http://www.geocities.com/biochimicaditutti
Della morale si parla da pag 162 a 178
@ rolling stone
Credo di aver capito in che senso secondo te non avrei risposto ai tuoi quesiti. Ho comunque ritenuto che provando a chiedersi – e a rispondere – perché sorge il problema etico, indirettamente si rispondeva anche a cos’è l’etica e, ancora prima, su cosa si fonda.
Sulla base di questa genealogia del problema etico (che, ripeto, ovviamente può essere condivisibile o meno) si può poi stabilire l’eticità o meno di un comportamento.
Personalmente continuo a credere che tutto nasce – quindi anche il problema se ciò che si fa è ‘bene’ o è ‘male’ (cos’è l’etica, ridotta all’osso, se non questo?) – da una condizione umana che prevede la consapevolezza (per quel che se ne sa, solo nell’uomo come ‘consapevolezza’) della precarietà della dell’esistenza, per cui l’istinto di sopravvivenza spinge a cercare di VIVERE MEGLIO in relazione a questa consapevolezza.
Ciò che ha dato origine alle religioni le quali, da questo punto di vista, sono comprensibili, ma non certo in grado, come pretendono, di aver trovato la soluzione ‘buona definitivamente.
In questo modo credo di non essere poi in contraddizione con quanto, da sempre, sostiene
@ Bruna Tadolini
Certo che il mafioso che uccide il nemico è ‘moralissimo’, in quanto per lui, secondo il suo codice morale che ha le origini che dicevo, significa ‘vivere meglio’.
Il problema – visto che l’evoluzione ha dotato l’uomo di ciò che chiamiamo ‘ragione’, cioè, appunto, la facoltà di valutare secondo criteri che presumono una certa dose di ‘libertà di scelta’ – è vedere poi come, secondo questa facoltà, si può ‘vivere meglio’. Se non ci fosse questa facoltà, non ci sarebbero quei diversi modi di intendere la morale che – sempre a quanto è dato sapere – non esistono nel mondo animale.
Ecco in che senso, in ultima analisi, il problema etico – a mio modo di vedere – è un problema di razionalità
… e ridagli.
Siamo sempre li’ a confondere la morale
come insieme di norme comportamentali per vivere e sopravvivere in un gruppo,
con l’etica.
Anche il mafioso di fronte ad uno che si butta in mare per salvare uno sconosciuto
probabilmente rimane stupito, lo ammira, e forse dentro di sè si sente un verme per non aver saputo fare altrettanto.
Anche il mafioso – e chiunque altro di qualunque cultura e società – riconosce a quel gesto un valore speciale, nobile: il valore etico universale.
@ rolling stone
Non so se il ‘e ridagli’ si riferiva anche a me…
nel qual caso comunque mi sento di affermare che anche il mafioso che compie il gesto di cui parli, lo fa – a mio modo di vedere – perché a dettarglielo è pur sempre un istinto di sopravvivenza ‘proiettato’ in un suo simile. Un ‘nemico’, cioè un suo simile non ‘sconosciuto’ ma considerato ostile al proprio ‘vivere meglio’ non gli avrebbe, forse, suggerito il ‘gesto nobile’.
Non credo infatti, come credeva Shopenhauer (autore che per altri versi mi convince molto) all’esistenza di ‘un valore etico universale’, alla ‘com-passione’… ciò che per altro lo stesso Schopenhauer – a mio parere contraddicendosi anche se in modo straordinariamente suggestivo – chiamava ‘mysterium dell’etica’. Un ‘mistero’, cioè qualcosa di incomprensibile… che invece credo possa essre compreso.
Naturalmente nei limiti delle nostre capacità di conoscenza sempre in ‘evoluzione’.
Condivido quanto afferma Bruno Gualerzi, l’etica nasce dalla necessità di vivere nel migliore dei modi e in modo particolare nella società, quindi in un gruppo di individui. L’altruismo che è spesso alla base dei principi morali umani esiste anche negli animali (nei pipistrelli ad esempio) ed è una forma riflessa di egoismo. E’ appunto com-passione o sim-patia, cioè il provare su se stessi la sofferenza altrui. Nel momento in cui vedo qualcuno in difficoltà sto male perché immagino quella stessa difficoltà come fosse la mia. C’è sicuramente un fattore istintivo scritto nel nostro istinto di sopravvivenza, ma c’è anche una razionalizzazione di tale sentimento nel creare delle regole anche implicite di buona convivenza. Il delinquente prova senza dubbio il lato istintivo di questo senso etico, ma si è dato regole di convivenza diverse. Se leggete Gomorra di Saviano, vedete che il camorrista non ha progetti di vita a lunga scadenza. Sa insomma di dover vivere poco e sa che non morirà né di vecchiaia né di malattia. E crea la propria etica in base a tali parametri.
@ rollig stone
non sono d’accordo con te e ti faccio notare che l’innatismo applicato all’etica renderebbe persino inutile il parlarne: perché, se così fosse, l’etica sarebbe stata in tutti i tempi e in tutti i lughi uguale e non ci sarebbe da convincere alcuno di alcunchè, ed è la pretesa di ingessare l’etica a pretenderla “da sempre in assoluto”.
Bruno
Schopenhauer definisce la compassione il ‘mistero dell’etica’, ma apparentemente, poiché apparentemente in un mondo dominato dalla volontà non si capisce come uno possa identificarsi negli altri e “… cogliere la sostanziale somiglianza che c’è fra noi esseri umani”, scrive Massi.
Il ‘ridagli’ si riferisce alla Tadolini.
Se l’etica laica fosse la morale comunemente intesa come norme di comportamento per la mera sopravvivenza, avrebbe un valore etico pari al regolamento di condominio.
Avrebbe quindi ragione il Papa: l’etica laica sarebbe una miseria!
Ed invece esiste l’etica laica fondata sulla identificazione dell’individuo con gli altri, che attraversa orizzontalmente l’umanità (anzi tutti gli esseri viventi).
Concordo perfettamente con Bruno Gualerzi e con la precisazione di Aldovaldo.
Secondo la suddetta logiga, coloro che vivono per aiutare gli altri, i cosidetti “altruisti”, lo fanno innanzi tutto per se stessi, e non c’è nulla di male che sia così, l’importante è il risultato finale. E’ il provare com-passione o sim-patia che spinge gli esseri viventi ad agire in un modo piuttosto che in un’altro. Credo che bisogna conoscere benissimo il funzionamento dell’organo più bello ed affascinante, il cervello, per meglio comprendere le azioni umane.