Il direttore di Reset, Giancarlo Bosetti, continua a non darsi pace per la mancata quadratura del cerchio all’interno del PD tra “laici e cattolici”. Sarebbe forse più corretto parlare di laici e clericali, ma Bosetti non è nuovo a queste confusioni: un anno fa si imbarcò infatti in una polemica contro Piergiorgio Odifreddi su laicità e ateismo (cfr. Ultimissima dell’8 gennaio 2008). Tre giorni fa, su Repubblica, è tornato sull’argomento con un nuovo articolo, dal titolo L’inutile scontro tra guelfi e ghibellini.
La cultura laica, vi sostiene, a differenza di quella religiosa” è stata finora incapace di affrontare il problema della perdita di coesione. La democrazia ha bisogno di «capitale sociale», di una tenuta delle ragioni per stare insieme e prendersi cura degli altri”. Prove? Poche. Cita l’apprendistato di Barack Obama presso le chiese protestanti (?) e, di sfuggita, il libro Bowling alone di Robert Putnam, che ammetto di non aver ancora letto (scritto nel 1995, è stato tradotto nel 2004 dal Mulino con il titolo Capitale sociale e individualismo: crisi e rinascita della cultura civica in America). Bosetti aggiunge: “è un dato di fatto, non di principio, che i non credenti tendano a occuparsi meno di questo e più dei diritti di scelta dei singoli. Nelle pubbliche discussioni è più spesso il cattolico a sollevare il problema dei ragazzi che si ammazzano ubriachi alla guida il sabato sera o si prendono a sprangate in curva sud la domenica. Sì, anche per i laici è tempo di meditazioni ‘religiose'”.
Come “dato di fatto” mi sembra un po’ carente. Soprattutto per quanto riguarda l’Italia. Nel nostro paese, infatti, “il dato di fatto” è esattamente l’opposto: più è forte la religione, minore è il livello di capitale sociale. E’ sufficiente dare un’occhiata alle Mappe del tesoro di Roberto Cartocci (il Mulino 2007) o, ancora più facilmente, scaricarsi lo studio di Fabio Sabatini, Un atlante del capitale sociale, dove si può trovare questa affermazione: “livelli più elevati di partecipazione a riti religiosi sono fortemente e positivamente correlati con il capitale sociale familiare e significativamente e negativamente
correlati con l’interesse per la politica, l’abitudine di tenersi informati leggendo i giornali, la partecipazione associativa e il consumo di beni relazionali”. Niente di particolarmente nuovo sotto il sole, peraltro: è quanto in pratica già sosteneva Edward C. Banfield, oltre cinquant’anni fa, in Le basi morali di una società arretrata.
Ma nello studio di Sabatini si trova anche di più: riporta infatti che in Bowling alone, proprio lo studio citato da Bosetti per il valore coesivo che attribuirebbe alla religione, si afferma che “la partecipazione religiosa può essere identificata come una forma di bonding social capital, in grado di isolare le persone rispetto al resto della comunità e ostacolare la diffusione della fiducia e la circolazione della conoscenza”. Anzi, lo stesso libro interpreterebbe espressamente la Chiesa cattolica “come una particolare forma di bonding social capital, che non è in grado di favorire la creazione di legami fiduciari e non sortisce lo stesso effetto della partecipazione ad altri gruppi più significativi dal punto di vista dell’accumulazione di capitale sociale”.
Resta forte la sensazione che, in Italia, certi intellettuali siano un po’ troppo refrattari al controllo delle fonti di quanto affermano, non andando molto oltre la riproposizione di abusati luoghi comuni e di ‘sensazioni’ personali. In ogni caso, per non comportarmi come loro, vedrò di procurarmi al più presto il libro di Putnam.
Giancarlo Bosetti e la coesione sociale
22 commenti
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….i giovani vanni educati con la costituzione!!!…educati alla religione sanno che tutto gli sarà perdonato, mentre se conoscessero la legge e le pene forse sarebbero più coscienziosi..ne è segno l’articolo in cui quel prete affermava che i fraudatori dovevano restituire i soldi senza però autodenunciarsi e non mancando di fare offerte alla chiesa…evidentemente ci sono interessi a crescere cittadini ignoranti..
toh, giusto a proposito capita quest’articolo del dailymail:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1123176/Religion-divides-race-say-Britons.html?ITO=1490
Non c’è nulla da fare; in quanto ad intellettuali e a giornalisti siamo proprio messi male. Per fare solo un esempio da piccolo piccolo piccolo uomo di scarsi studi ma di rispettabile età: se provassimo ad educare i giovani alla forza viva del materialismo, perché solo nel materialismo della realtà può vivere l’utopia e trovare motivi alla sua realizzazione, anziché alle balle dell’idealismo inventato apposta per fregare le classi subalterne mentre chi comanda è sempre e solo materialista?
Se ci dedicassimo a soddisfare le attitudini sia a scuola che poi sul lavoro; quando tradirono l’agricoltura per l’interesse di chi fu fatto? Se provassimo a dare significato e dignità al lavoro vero e non a quello fasullo che fa fare tanti soldi? Se prendessimo per seria necessità il fare le cose con impegno senza mettere sempre insieme una scarpa ed uno zoccolo?
Se provassimo ad eliminare seriamente i criminali dai governi?
Altro che atteggiamento religioso! Altro che “meditazioni” religiose!
Non so se sono stato chiaro; ma lo spero.
Il principale fattore di disgregazione sociale è la società multirazziale, e la Chiesa è la prima responsabile dell’invasione extracomunitaria…
laici nel pd? 🙁 oibò e quali sarebbero?
@manlio padovan
come al solito,mi piace tantissimo la tua analisi 😉
@satan
sì certo pat-pat-pat
beh dai l’articolo è il solito insieme di luoghi comuni,o tempora o mores!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ‘sti giofani…poveri adulti,non li invidio,aver a che fare con gentaglia del genere 😉
Se solo io fossi cattolico utilizzerei la tipica espressione “provo compassione” nei riguardi di Bosetti, oppure “speriamo che trovi la luce”, ma evito di farlo.
Lo ringrazio comunque, perché attraverso le sue parole non fa altro che allontanare i laicisti dal PD, un partito che si sta avviando al suicidio.
Il principio elementare che serve per capire questi processi, ossia le ragioni della natura coesiva della religione e della natura non coesiva della laicità, è molto semplice. E’ noto infatti che le malattie sono per loro natura contagiose, mentre purtroppo la salute non lo è.
Sembra proprio che non ci sia una via di mezzo virtuosa tra ‘gregge’ e chiusura individualistica.
Di sicuro la religione (dal latino ‘re-ligare’ = legare insieme, tenere insieme) compatta sì i suoi aderenti, ma al prezzo di inserirli in una dimensione di appartenenza che all’atto pratico è una chiusura… per cui ottiene il brillante risultato di formare un ‘gregge individualista’. L’individualismo inteso come chiusura egoistica (esiste naturalmente un indidualismo inteso come atonomia dell’individuo, come sua irriducibilità ad altro da sé) per altro verso porta ad una estraniazione dal contesto sociale che rende l’individuo facile preda di ogni sirena in grado di esaltare un’unicità da vivere solo come alienazione, come proiezione di sé in qualcosa d’altro da sé. Che può essere molto ‘concreto’ (denaro, potere, successo), ma nello stesso tempo in grado di afferrare l’individuo e asservirlo invece di liberarlo.
La proposta ‘materialista’ di Mario Padovan? E’ il meritevole tentativo storico di superare questa alternativa disperante, ma proprio storicamente bisogna dire che non è riuscito a evitare il rischio del gregge inteso come ideologia vissuta religiosamente, non ce l’ha fatta a tradurre in concreta dimensione sociale un suo assunto/slogan che personalmente ho fatto mio per tanto tempo: “socialismo o barbarie”.
Ora come ora, proprio per essere passato attraverso queste esperienze, mi riconosco (cercando naturalmente di argomantare questo assunto in vari modi) in : “ateismo o barbarie”.
Che pasticcio un partito che vorrebbe mediare in sé tutte le posizioni, senza tener conto di un fuori di sé ancor più vasto che riprende quelle posizioni, le discrimina, e si avvantaggia delle particolari “superiori”, con la paralisi interna di quelle “in generale”.
@ Bruno Gualerzi
Barbarie perchè l’umanità vuole l’illusione della sconfitta della morte. Ateismo vuol dire accettare che ci sia una fine e dopo il nulla. Ateismo vuol dire ragionare e capire ma soprattutto vivere coraggiosamente.
Sbaglio o anche negli studi di Putnam poi veniva fuori che charities laiche e religiose danno sostanzialmente risultati analoghi, a dispetto del mito della religiosità come poderosa spinta alla generosità?
@ Stefano Grassino
Accettare il nulla, certamente, anche perchè è in questo modo che viene veramente valorizzata la vita, l’unica vita che ognuno di noi ha a disposizione.
Riconoscere questo è la forma più alta di morale possibile, perchè solo se arriviamo a capire che la vita non è un dono di dio, o di chi altro, ma dipende da noi stessi, si arriva anche a riconoscere – continuando a ragionare – che è autolesionista cercare di ‘rubarla’ agli altri… perchè prima o poi gli ‘altri’ possono sempre rubarla a noi.
Il filosofo Hobbes metteva in primo piano una ‘natura umana’ che portava l’uomo a vivere in uno stato continuo di ‘bellum omnium contra omnes’ (di ‘guerra di tutti contro tutti’), ma poi (lasciamo perdere adesso quanto sia discutibile la sua concezione della natura umana) aggiungeva subito: “però, signori, questo è un gran brutto vivere!”.
Come si fa allora per vivere meglio?
Non cè che un modo: usando la ragione, che ci dice della precarietà della vita umana, ma che, rendendocene coscienti, ci offre la possibilità di viverla il meglio possibile.
Pessimismo della ragione (non c’è nessun dio, cioè nessun rimedio alla fine che tutti faremo), ma, proprio per questo
ottimismo della volontà (dipende solo da noi non aggravare stupidamente questo destino con illusioni di aldilà o, ma con lo stesso risultato, riconoscendo a qualcuno di noi o a se stessi il ruolo che altri attribuiscono a dio).
Indipendentemente dall’etimo, un ostacolo alla coesione sociale è che i credenti prendono ordini direttamente da dio o, più spesso, da chi si è autodefinito suo rappresentante. Quando si tratta di stabilire o osservare le regole di convivenza civile, i religiosi le ritengono più forti e vincolanti di quelle concordate e stabilite dagli uomini, come invece fanno (o dovrebbero fare) i non credenti. Un esempio per tutti l’obiezione di coscienza. Fra queste regole ci sono sia il rispetto per l’autonomia individuale sia il dovere della cooperazione sociale. Se in una società tali regole non sono unitarie e concordate democraticamente, si moltiplicano le occasioni di contrasto, che restano sopite finché non si verificano situazioni di crisi o quando gli interessi dei rappresentanti religiosi differiscono da quelli della comunità generale
Mi sono guardato attorno ed ho pensato alla mia esperienza: costretto, con una ben precisa attitudine, a lavorare nel settore industriale con molto schifo ed in un paese che è diventato manifatturiero senza fonti di energia, senza materie prime, contro la volontà della gente e per l’interesse certo e documentabile di pochi. Mi sono accorto che ho dato l’occasione a Bruno Gualerzi e a Stefano Grassino di volare alto, credo più in alto di quanto io possa permettermi. Allora ne approfitto per chiedere loro: e se invece di materialismo avessi scritto naturalismo filosofico sarebbe cambiato qualcosa nei loro commenti? Per esempio: Bruno Gualerzi avrebbe potuto ancora scrivere del fallimento del materialismo come ideologia che intruppava? Perché il naturalismo filosofico è di certo realtà non idealistica.
Il problema è che in Italia tra i politici c’è ancora troppa ignoranza e credo molta malafede. Non riescono ad essere cattolici nel rispetto della laicità dello Stato.
@Bruno Gualerzi
Condivido pienamente. E’ quello che in sintesi va sotto il nome di nichilismo e che ha un accezione molto alta dal punto di vista etico, contrariamente a quanto le gerarchie ecclesiastiche vorrebbero far credere. Ovviamente tutti dobbiamo poi fare i conti col nostro connaturato masochismo, ma quello è un altro discorso. La ragione ovviamente è fondamentale, ma io aggiungerei un buon pizzico di saggezza. Da considerare poi che persino alcuni credenti, addirittura alcuni preti e monaci hanno una notevole dose di saggezza. Insomma non è la fede in sé a creare un mucchio di problemi, ma l’uso che se ne fa. Ad esempio una fede vissuta nel privato sarebbe tra le cose maggiormente auspicabili. La cosa che più mi fa spavento è la stoltezza umana, perché è l’unica cosa realmente eterna. In essa possiamo avere tutti (credenti e non credenti) fede totale ^_^
@Bruno Gualerzi
Tutto ciò che unisce, inevitabilmente divide. Se ne rendeva conto lo stesso Gesù nel dire “Non sono venuto a portare la pace ma la spada”. Sapeva che la sua “religione” avrebbe portato grandi divisioni. Per questo motivo io sono contrario alle religioni (includendo anche il senso laico del termine). Gaber diceva “Libertà è partecipazione”. Ed io da libero pensatore credo nella partecipazione.
Caro Manlio, lascia perdere il ‘volare alto’ solo perchè – almeno da parte mia – vengono usati termini coi quali, per ragioni professionali, ho più dimestichezza, ma che mi sono sempre studiato di adegaure ad una realtà da indagare di cui ognuno possiede gli strumenti in relazione alla sua esperienza e alla esigenza di pensarla.
Materialismo, naturalismo filosofico? Parole vuote se non le si rapporta all’uso che di queste nozioni è stato fatto. A mio modo di vedere chi ha provato a indirizzare la storia secondo i canoni del cosiddetto materialismo storico, ha fallito perché ancora prigioniero per molti aspetti di un pensiero magico-religioso (‘idealistico’ come definisci tu una certa interpretazione della realtà) che ha portato a creare di fatto delle ‘teocrazie laiche’ di cui sono ormai note le analogie con le teocrazie vere e proprie.
Facile denunciare tutto questo col senno di poi? Certamente, ma questa è l’esperienza che tanti hanno fatto, che tanti ha deluso e magari spinto a dare credito a chi la criticava in chiave reazionaria, per tornare a godere dei privilegi messi in discussione.
Ecco perchè ho creduto di intravvedere nella mancata liberazione piena da un pensiero magico-religioso (tutt’altro che facile, perchè tutti ne siamo eredei) il fallimento di un’ideologia cui si era demandato il riscatto di tante popolazioni. Ecco perchè ‘ateismo o barbarie’…
(Già, mi è venuto in mente adesso: non sarebbe ATEISMO O BARBARIE un slogan da ateobus? Molto diretto, ma anche possibile oggetto di richiesta di spiegazione e non solo di insulti)
@Bruno Gualerzi
Temo di no. La gente non capirebbe se si tratta di un or esclusivo o al contrario inclusivo ^_^
@ Simone Blasetti
Appunto per questo chiederebbe spiegazioni rimandando gli eventuali insulti a dopo averle ricevute… Forse ^_^
Poiché dio non si dimostra esistere, l’ateismo non è altro che la ponderata negazione umana di altrettante asserzioni umane gratuite. Dopodichè il positivo sta nella pluralità delle esperienze della pluralita e varietà delle cose che tutti ogni giorno positivamente esperiamo.