Si fanno sempre più numerosi gli studi che propongono di risolvere il ‘mistero’ delle origini della religione da un punto di vista evoluzionistico. Negli scorsi anni sono emersi almeno tre filoni di ricerca (quello sociobiologico di Sloan Wilson, quello antropologico-cognitivo di Scott Atran e Pascal Boyer e quello che evidenzia anche l’aspetto ‘memetico’ del problema di Richard Dawkins e Daniel C. Dennett). Finalmente se ne è cominciato a parlare anche in Italia, qualche mese fa, con il libro Nati per credere di Vittorio Girotto, Telmo Pievani e Giorgio Vallortigara. Ma nuovi studi si aggiungono settimana dopo settimana: tanto che Michael Brooks, sull’ultimo numero del New Scientist, ha pubblicato un lungo articolo riepilogativo dal titolo Born believers: How your brain creates God. L’ipotesi che si sta ormai diffondendo a macchia d’olio è che la mente umana sia stata ‘forgiata’ dall’evoluzione per concepire personaggi fittizi, non necessariamente ritenuti dotati di corpo ma, al contrario, latori di ‘intenzioni’: di qui all’invenzione di esseri soprannaturali, e alla successiva sistemazione di tali credenze in un corpus condivisibile da una società (e dunque imponibile a una società), il passo sarebbe stato breve.
Studio inglese: “la religione è un effetto secondario dell’evoluzione”
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Domanda: ritenere che la condizione umana – certamente determinata dall’evoluzione – comporti l’esistenza di una coscienza di per sé in grado di renderci consapevoli della precarietà della vita umana, non è più che sufficiente per pensare che l’istinto di sopravvivenza dovuto alla vita per affermare se stessa porti a ‘inventarsi’ situazioni in grado di sopperire a tale ‘destino’? Ben venga che tutto ciò sia confermato (a me sembra che in ultima analisi lo sia) da questi studi, che però, per quanto detto, non credo rappresentino una novità.
Fermo restando – ma ciò, più ancora di quanto affermato prima, è una mia opinione – che questi studi, certamente utili e necessari, dovendo però esplorare con criteri scientifici un pozzo senza fondo, possano costituire un elemento decisivo per una critica alle religioni.
@ Bruno
Plausibile il tuo ragionamento, ma l’evoluzionismo si chiede come ciò avvenga: bisogna ricostruire le tappe evolutive di questo processo per confermarlo.
Si sta formando un consenso riguardo al fatto che il cervello si sia evoluto in modo tale da essere adatto a concepire pensieri anti-evoluzionistici!
Il mio pensiero è simile a quello di Gualerzi. Io credo molto semplicemente che un essere molto evoluto come l’uomo e quindi dotato di un pensiero “evoluto” abbia la possibilità e la capacità di astrazione e formulazione di concetti complessi.
@Bruno
l’effetto “consolatorio” puo’ starci, certo
ma il discorso e’ piu’ ampio: le ipotesi che si stanno facendo strada sono quelle per cui “siamo fatti per credere”, ed in particolare si studia perche’ l’evoluzione ci ha portati ad essere cosi’.
E non necessariamente credere in divinita’, ma credere alla chiacchiera tra colleghi, credere alla pubblicita’, credere a mille superstizioni
A me sembra molto plausibile che il nostro cervello sia impostato cosi’, e mi convince il ragionamento di Dawkins per cui “il bambino scettico e’ un bambino morto”, mentre il bambino che crede a cio’ che si dice in giro (genitori innazitutto) e’ un bambino piu’ protetto. Purtroppo il vantaggio in certe circostanze (guardare prima di attraversare la strada, non accarezzare un crotalo) diventa un grosso problema in altre (credere nell’uomo forte, ingaggiare una guerra di religione)
L’evoluzione è come una macchina, dai meccanismi assai complessi, che rende possibile la sopravvivenza dei viventi sulla terra. E’ chiaro che la condizione stessa dell’uomo, adattato ad una natura non necessariamente ostile, ma semplicemente indifferente alla sua esistenza, pone le basi per la tendenza a credere che le cose… non stiano così. Il credente trova così consolazione nella preghiera, mentre l’ateo (ad es.) nella filosofia. Entrambi sembrerebbero accomunati da un desiderio di sopravvivere ed adattarsi al mondo che li circonda, in modo classicamente darwiniano.
Probabilmente l’idea stessa di un mondo crudelmente insensibile alle nostre vite tende, per una sorta di residuo di spirito di sopravvivenza, a convincere alcuni individui che non possa essere così. e di conseguenza dio diventa un tappabuchi-consolatore, non affermabile e non negabile, che fa da scudo alle insicurezze di un uomo, oggi come oggi, globalmente indebolito dalla solitudine e dall’omologazione moderna. Da qui nasce progressivamente l’idea di divinità invisibili che si curano di noi, mediante la propagazione e le mutazioni di opportune unità memetiche. Questa idea residua nei vari secoli, proprio perchè sopravvissuta fino ad oggi, diventa sempre più consolidata ed inattaccabile, fino ad arrivare a forme isteriche e/o integraliste.
Scusate la lunghezza del post ma trovo l’argomento fin troppo interessante 🙂
E’ vero: l’argomento è interessantissimo poichè, tra le altre cose pone l’analisi di come la mente umana agisca, al di la di differenze culturali, temporali o geografiche. E’ interessante notare come, analogamente al fenomeno di convergenza evolutiva attraverso la quale due specie animali diversissime tra loro tendono ad assumere forme simili quando entrambi occupano la stessa nicchia ecologica (es. tra lo squalo-[un pesce] e un delfino-[un mammifero] ), cosi’ anche la compulsione alla trascendenza è una caratteristica comune nei popoli di tuttte le epoche e tutte le culture. Vi è la presenza di un principio assoluto, generatore di tutto l’universo tangibile, e l’immagine di un aldilà, una vita oltre la morte nei culti dell’America pre-colombiana, come nelle religioni paleogermaniche (il Walallha), o dell’era classica con gli dei dell’Olimpo, come negli innumerevoli culti tribali africani e cosi’ via. Bruno Gualerzi ha esattamente focalizzato un aspetto importante: l’istinto di sopravvivenza influenza la razionalità e la coscienza, spingendola a creare la fuga ideale di una vita oltre la nostra esistenza fisica.
Siamo abituati fin piccoli a pensare che ogni evento accade perché qualcuno l’ha fatto accadere (il lego si è schiantato per terra perché io l’ho fatto cadere dal seggiolone… la mamma mi sta allattando, perché l’ho chiamata piangendo… la palla serve per giocare… e così via fino a cose più complesse). Si cerca di capire la causa dell’effetto. Quando gli eventi da spiegare sono troppo complessi, si fa prima a pensare che ci sia qualche entità invisibile che li ha causati. Una causa ci deve sempre essere e l’esperienza ci ha insegnato che dietro ad una causa c’è sempre una volontà. Si va quindi per la soluzione cognitivamente più economica. Ma si tratta di una deduzione ingenua. Sicuramente molto utile agli uomini preistorici per delimitare certi pericoli o trasformare in rituali certe azioni che empiricamente portavano a benefici, senza che ci fosse l’effettivo bisogno di capire cosa succedesse realmente.
È lo stesso meccanismo che portava alla creazione dei tabù. Basta individuare una sorta di legge basandosi sull’osservazione dei fatti. Violare la legge può causare la morte prematura o guai per la tribù. Il tabù dell’incesto, ad esempio nasce per permettere scambi ed alleanze fra tribù, mediante l’accoppiamento dei giovani di tribù diverse. Due tribù diventano quindi come una tribù sola ma più forte. Inoltre, si garantisce una maggiore varietà genetica. Da qui ad attribuire ad un’entità invisibile la causa dell’evento complesso, cioè la maggior prosperità, il passo è breve.
La tendenza a credere nel soprannaturale potrebbe essere un processo di attribuzione d’intenzionalità.
Consiglio il libro “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” di Julian Janes. Saggio scritto più di 30 anni fa, è secondo me una lettura che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita.
Wiki: http://it.wikipedia.org/wiki/Il_crollo_della_mente_bicamerale_e_l%27origine_della_coscienza
Da razionalista quale io sono, constato, dopo aver letto l’articolo in inglese, che si tratta ancora di una teoria, ovvero che la neuroscienza ha il compito di indagare a quale bisogno evolutivo risponde la religione. Sicuramente il sospetto ch essa serva a farci star meglio quando affrontiamo le paure o qualcosa di sconosciuto, è forte.
Trovo molto interessante nell’articolo lo studio fatto sui bambini di tre anni, i quali attribuiscono “un disegno intelligente” ad oggetti inanimati. In effetti, credo che dare una spiegazione animata a qualcosa che non lo è, deve contrinuire a farci sentire meglio.
Condivido quanto esposto da Roberto Grendene. E’ incredibile accorgersi di quanta gente adulta ingenua e credulona esista soprattutto qui da noi dove vige un tipo di educazione mammonistica e cattolico-integralista. E ciò succede anche in caso di un buon livello di istruzione, parlo di laureati ecc. La religione cattolica nelle scuole statali consiste nel far crescere generazioni indifese e completamente sprovvedute. Se le esperienze della vita ti hanno aperto gli occhi riuscirai a vedere, altrimenti resterai in balia delle credenze e delle illusioni dei genitori (a loro volta contagiati) o di chi per essi ti vuole schiavo (mediaset, rai1 rai2).
Le religioni sono anche la scienza dell’antichità, servivano a spiegare ciò che l’uomo ancora non era in grado di spiegare e in modo particolare tutti gli eventi più catastrofici, pericolosi, spaventosi, dai fulmini ai terremoti, le inondazioni, le epidemie, le infestazioni, ecc. La Bibbia contiene molti esempi di questo tipo. Quando il metodo scientifico è cambiato, l’uomo è rimasto tuttavia ancorato alle antiche credenze e oggi usa il nuovo metodo per spiegare il vecchio. Alla base di tutto vi è la spinta verso la conoscenza, il morso dato al frutto proibito. Ancora oggi, dopo la morte di Dio di cui parlava Nietzsche, l’uomo continua a dar vita al soprannaturale nel momento in cui la scienza è costretta ad arrendersi dinanzi all’impossibilità della conoscenza globale. Quindi Dio è realmente eterno.
Sono rifacimenti di studi già fatti e conosciuti da tempo nel campo della neuroteologia. L’unica cosa veramente nuova è l’aspetto divulgativo con cui vengono presentati. Però questo aspetto divulgativo è molto ambiguo, perché con gli stessi argomenti i teologi stanno dimostrando che la fede, la credenza è un fatto naturale e che quindi l’ateismo è una tendenza contro-natura.
@ Otto Permille: verissimo. Ma se i teisti fossero intellettualmente onesti, dovrebbero anche spiegare a quale bisogno evolutivo risponde l’ateismo. Il fatto che gli atei esistono deve avere anch’esso una spiegazione evolutiva, altrimenti non ce ne sarebbero e si sarebbero estinti. Se poi sono aumentati nel tempo (è un sospetto, in quanto nell’antichità non credo che vi furono censimenti, a parte le persecuzioni verso gli atei), allora vuol dire che essere atei in questo ambiente, aiuta meglio che essere credenti. Se da un lato essere atei ci obbliga a fare i conti con la realtà così co`m’è e non come vorremmo che fosse, da un altro l’ateismo ed ancor più il razionalismo, ci aiutano a trovare le soluzioni a grandi problemi come le malattie, la fame ecc…
Da tempo infatti (almeno fin dall’800) si è compreso che ogni teologia appartiene ad un sistema di produzione di metafore che diventa essenziale per sviluppare strumenti conoscitivi, sopratutto per lo sviluppo delle aree legate al linguaggio. Gli dei erano originariamente dei nomi e le storie degli dei erano connesse alla necessità di costruire dei significati attorno a dei nomi. Il nome “Gesù” (Giosuè) deriva da una radice fenicia che sigifica “guaritore” e quindi attorno al nome sono nate le leggende sul “guaritore” che sanava gli storpi e ridava la vista ai ciechi. E’ un po’ come in Topolino, dove il sergente di polizia si chiama “Manetta”. Poi questi studi si sono trasferiti, grazie a strumenti sofisticati come la PET o la risonanza magnetica, dentro alla neurologia, dove in effetti è emerso ciò che si sapeva anche prima per semplice intuizione filosofia. La cintura di produzione delle metafore sfrutta gli stessi circuiti neuronali su cui si sono costruiti sistemi di fedi religiose. Ormai anche le visioni e le apparizioni di figure celesti sono riproducibili in laboratorio con il casco transcraniale di Persinger. I “viaggi” di Maometto nell’al di là o le visioni di un fantomatico “Cristo” da parte di San Paolo sono state classificate come normali episodi di epilessia lobo-temporale. Questo si sa da tempo. Eppure, è forse cambiato qualcosa nel mondo? No, anzi i teologi ne sono usciti più agguerriti. La scritta comparsa a Roma “Dio esiste, e anche gli atei lo sanno”, viene proprio da questa nuova frontiera della teologia che dice appunto che “Dio è stampato dentro di noi”.
Il pensiero ateo è il pensiero ribelle. E’ quello che ti toglie il filtro davanti agli occhi e ti fa vedere la realtà per quella che è.
L’ateo è la pecora che scappa dalla fila che sta entrando al macello, che tenta di dire a tutte le altre di fare lo stesso, anche se sa che la maggior parte risponderà: -Ma fanno tutti così…-.
L’ateo è colui che in passato, guardado gli uccelli, si chiese perchè non potesse fare lo stesso pure lui. Gli venne risposto: -Se dio avesse voluto che l’uomo volasse, gli avrebbe fatto le ali!-. Poi l’uomo si costruì le sue ali, volò… E ovviamente i monarchi vaticani, pur continuando a sputare contro gli atei, hanno sfruttato alla grande le ali inventate da quegli ateacci di Leonardo e dei fratelli Wright.
L’ateo è.
Se non fosse, non sarebbero esistite la radio, poi la televisione, ora internet…
Tutti strumenti che solo 150 anni fa sarebbero stati definiti “diabolici”. Ma che, chissà perchè, sono ampiamente utilizzati da lorsignori monsignori per vomitare tutte le loro menzogne contro la modernità.
azzo, sono un devoluto allora?
Scusate ma la ricerca pubblicata sopra non dice proprio niente di nuovo o di “ateo”, anzi state attenti, perchè allora è vero che (come dice un cardinale) NON esistono gli atei (born to believe). saremmo strutturalmente fatti per credere.
@ Stefano
Chiunque dica che gli atei non esistono fa la stessa figura del don Ferrante dei “Promessi sposi”, che negava l’esistenza della peste mentre la gente gli moriva attorno… e poi ne morì egli stesso.
@ Stefano.
non ho letto il libro, ma ho ascoltato la presentazione del libro di Girotto, Pievani e Vallortigara fatta da Augias, e ho capito quanto segue:
il trovare una spiegazione biologica ad un nostro comportamento, non significa affatto affermare che quel comportamento sia ‘giusto’ o socialmente accettabile. Se si trovasse una spiegazione allo stupro o alla pedofilia, non significherebbe accettarli. Anzi, trovare le causa di una cosa significa spesso anche trovare i rimedi (se so che una malattia è causata da un batterio, userò un antibiotico). Spesso le modificazioni evolutive non sono affatto adattative, o non lo sono in assoluto, comunque. La religione potrebbe essere un atteggiamento mentale ‘naturale’ per l’uomo, ma se genera guerre di religioni, non si potrebbe dire che sia adattativo. La nostra intelligenza ci aiuta in una quantità di circostanze, ma non ci rende più felici, e se ci aiuta pure a costruire armi atomiche, non è adattativa. Cioè, non porta la nostra specie ad aumentare la propria fitness.
Non bisogna ragionare in termini teleologici, in biologia.
Il concetto mi pare che sia: i popoli più primitivi avevano tutti più o meno religioni di tipo animistico, e questo perché tendevano ad attribuire un’intenzione, un’anima, anche agli oggetti o ai fenomeni naturali – questo sarebbe adattativo. Se io vedo l’erba muoversi, sotto potrebbe esserci un serpente. Quindi, questo mi mette in allarme. Ovvio che non è l’erba a muoversi. Spostando questo atteggiamento mentale ad altri fenomeni, abbiamo il dio del tuono, quello della pioggia, ecc.
Da qua a credere che il dio della pioggia fa qualcosa perché noi abbiamo fatto qualcos’altro, il passo è breve: è un semplice rapporto di azione-reazione, che funziona molto anche in ambito sociale (la mamma mi ha tirato un ceffone perché ho rotto qualcosa – dio è arrabbiato perché noi abbiamo trasgredito a qualche regola, che se non c’è si inventa!).
Mi pare una teoria interessante, che magari un po’ sgrezzata potrà avere molti sviluppi.
Penso che se si vuole spiegare tutto con la genetica , prima o poi ci si riesce, anche se ci diamo un quadro a dir poco parziale della realtà. Parlare di “guide” genetiche, istintuali, nell’homo sapiens è moooolto pericoloso; tant’è che chi l’ha fatto spesso ha avuto degli stimoli, diciamo, ideologoci. Evoluto per credere lo sarà il signor Brooks e tutta la sua tribù.
Che la capacità di astrazione umana sia finalizzato all’invenzione di esseri supremimi pare evolutivamente insensato e sarei curioso di sapere cosa ne penserebbe di talle buffonata il buon Desmond Morris. Per quanto mi riguarda, il soprannaturale è un percorso interamente sociale (cfr. Feuerbach e Durkheim); è la socialità in ogni sua forma che ha indubbiamente potenti radici genetiche. Ogni proposta di riconoscere la “naturalità” di un comportamento umano, porta INEVITABILMENTE a bollare come patologia l’assenza di quel comportamento.
Non sono un medico, ma sono fermamente convinto che l’unica disciplina che può dare una spiegazione al “fenomeno religioso” sia la psichiatria.
@Ignazio
Più che la psichiatria direi la sociologia, la psicologia sociale, l’antropologia culturale, la linguistica e, volendo, la filosofia.
@ Stefano Bottoni
Molto bello il tuo post.
quando si dice “nati per credere”, vuol dire che istintivamente l’uomo è portato a credere a fantasie e ad una serie credenze prive di alcun fondamento, istintivamente l’essere umano è anche una “bestia feroce” capace di violentare, uccidere, sopraffare, anche queste sono peculiarità innate dell’uomo. L’ateismo, come la razionalità, lo scetticismo sono pratiche che devono essere coltivate, costano fatica, per credere alle fandonie non ci vuole educazione, non ci vuole fatica, così come non ci vuol niente ad essere una “bestia”, un esempio lo si è avuto con l’uragano katrina, in un frangente senza controlli e senza “ordine”, molti hanno mostrato il loro volto rubando e saccheggiando, uccidendo e violentando.
Credere ai fantasmi, a dio, credere che tutto abbia un fine, e che tutto abbia un creatore è qualcosa di infantile e primitivo, la razionalità e lo scetticismo sono invece strumenti che usano le persone adulte e mature.
Per quanto riguarda i teologi, bè quelli prendono sempre fischi per fiaschi, a mio modo di vedere non sono in grado di dare nessun apporto significativo alla conoscenza.
Se l’ “evoluzione” ci ha messo in testa l’ esistenza di Dio, c’è da spiegare il perché. Ma se Dio esiste, non può non aver messo in testa alle sue creature la sua esistenza. E’ il suo DNA.
@MicheleB.
Stavolta non sono d’accordo con te. L’uomo è un prodotto dell’evoluzione, prima che della cultura, che lo si voglia o no. Per me negare questo è non essere razionali, o meglio, è pensare che la ragione umana sia qualcosa di oltremondano, di metafisico, insomma una specie di altra divinità che non ha ragione d’essere.
Anzi, la razionalità umana è essa stessa un prodotto naturale, evolutivo, e dipende dall’evoluzione dell’encefalo, probabilmente legata a sua volta all’evolversi dei rapporti sociali nelle comunità umane.
Non è vero che dire che un comportamento è naturale significhi necessariamente bollarne l’assenza come una patologia. Non deve esserlo, a meno che non si ragioni come i clerici.
Se io dico che l’omosessualità è naturale, non dico che l’eterosessualità non lo è.
Tu dici che la FINALITA’ della capacità di astrazione umana sarebbe il credere in dio. No, il credere in dio è una delle conseguenze, più o meno casuali, dell’evoluzione del pensiero astratto.
Molti prodotti dell’evoluzione servono a qualcosa MA ANCHE a qualcos’altro. Evoluto per credere non significa che il FINE era credere. IN natura NON C’E’ finalismo.
La mano umana si è evoluta per maneggiare attrezzi semplici e non per suonare il pianoforte, ma la possiamo usare anche per quello, o per un sacco di altre cose ‘culturali’ per cui non si era evoluta affatto.
In effetti, nell’esistenza umana ci sono molti elementi di predestinazione, che sono dovuti al fatto che siamo fatti così e non in un altro modo.
Bisogna accettarlo, e NEL CONTEMPO sviluppare regole di convivenza civile che portino alla maggior libertà possibile del singolo, nel maggior rispetto possibile di tutta la società. Anche se abbiamo istinti innegabili, e non sempre buoni o apprezzabili socialmente.
Non credo si possa fare altrimenti.
–Stefano scrive–
“Scusate ma la ricerca pubblicata sopra non dice proprio niente di nuovo o di “ateo”, anzi state attenti, perchè allora è vero che (come dice un cardinale) NON esistono gli atei (born to believe). saremmo strutturalmente fatti per credere.”
Attenzione! E’ uno studio sulle masse, non sul singolo! E’ al pari di una ricerca di mercato: delinea il comportamento di un insieme di persone, non dei singoli sottoinsiemi.
Io non posso sapere se TU ti infileresti nel didietro una supposta effervescente, ma non importa, infatti la Sodifarm sta facendo milioni di euro con la Eva/qu.
Lo studio di cui sopra afferma che, in linea generale, gli uomini sono “fatti per credere”, il che significa che *una percentuale rilevante di essi è fatta così*. Senz’altro una percentuale rilevante (altrettanto rielvane? chissà!) di essi invece è “fatta per dubitare”.
Sarebbe bello avere una statistica sul quoziente intellettivo medio di un gruppo di credenti e di un gruppo di atei/agnostici/razionalisti… questo dato sì che mi interesserebbe!
Io non mi ritengo atea, bensì agnostica cioè io non posso garantire che dio non esiste perchè non ho le prove della non esistenza di dio. Nello stesso tempo posso essere certa che se dovesse esistere un dio non potrebbe essere quello del vaticano , nè quello della mecca o indù, poichè nemmeno loro ne hanno le prove. Inoltre razionalmente ho le prove che le religioni di massa hanno fatto più danni che altro all’umanità (guerre, bombe, assassini, ingiustizie e non da ultimo forgiare personalità ingenue, superficiali e deresponsabilizzate).
a proposito di evoluzione, oggi ho visto la mostra su Darwin al palazzo delle esposizioni a roma, davvero ben fatta, si vede il tocco di Pievani. E’ stato un piacere, e alla fine ho comprato due libri “Nati per credere” e “George, il solitario”. Due giorni fa invece ho comprato “Perché laico” di Rodotà e “In principio era Darwin” di Odfreddi, ne ho di libri da leggere.
E con cio’? Non si vede perche’ mai una cosa che il nostro cervello e’ geneticamente predisposto a pensare debba necessariamente essere falsa. Noi siamo predisposti anche a pensare in termini di quantita’, ma cio’ non dimostra che l’aritmetica sia falsa. All’inizio di questa discussione campeggia, come notizia correlata: ” Studio italiano: omosessualità naturalmente in accordo con evoluzione”. Chiaramente questo argomento viene addotto per affermare la legittimita’ naturale dell’omosessualita’: se e’ frutto dell’evoluzione … Ma allo stesso modo si potrebbe ragionare per confermare che l’uomo e’ “naturaliter religiosus”, e sostenere, di conseguenza, che l’ateismo e’ contro natura.
Quanto a Ignazio (d’ Antiochia o, di Lojola?) che scrive: “non sono un medico, ma sono fermamente convinto che l’unica disciplina che può dare una spiegazione al “fenomeno religioso” sia la psichiatria”, osservo che, appunto … non e’ medico (e forse neanche dottore) e che probabilmente farebbe bene a conoscere un po’ meglio i due rispettabili ambiti di pensiero che cita. Studiare fa bene a tutti, anche agli atei.
Saluti.
Concordo con Michele B.: trovo molto pericoloso, e non ancora dimostrato, tutto ciò che collega determinati comportamenti sociali (perché la religione è un fenomeno eminentemente sociale) alle radici genetiche dell’uomo. Probilmente la socialità è un nostro carattere evolutivo, peraltro non esclusivo, ma ritenere che qualche tripletta sghemba determini l’inventarsi gli dèi e creder loro mi sembra eccessivo. Più plusibile la spiegazione data da Masque. Ci saranno geni egoisti, ma quelli creduloni lo dubito!
Con Bruno Gualerzi ritengo che, in ogni caso, la critica alle religioni non debba basarsi su simili studi.
A Stefano Bottoni rimprovero questa volta, pur apprezzando il suo commento, un eccesso di positivismo e di eccessiva fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive”. La modernità ha raggiunto grandi obiettivi e ha reso più lunga e più comoda la vita a gran parte della popolazione mondiale (non a tutta!), ma porta con sè anche il dramma della possibilità di distruzione, intenzionale (guerra nucleare) o involontaria (sfruttamento dell’ambiente e delle risorse, mutazioni climatiche, ecc.) della vita sul Pianeta. E il buon Max Weber parlava a proposito, inascoltato, di “gabbia d’acciaio” per l’uomo moderno.
@ Cesare B.
L’uomo, proprio perchè è un prodotto dell’evoluzione, non è mai ‘naturaliter’. Oppure, se proprio si vuole usare questo termine nel senso che è esso stesso natura, questa sua naturalità verrà individuata e studiata in un certo senso ‘bloccando’ l’evoluzione in una sua fase. Quindi a che cosa noi siamo ‘predisposti’ lo possiamo dire, ma senza alcuna pretesa di considerare questa predisposizione un carattere permanente.
Se mai, ciò che più di ogni altra cosa è possibile considere come neturaliter, almeno da un certo momento in poi, è la facoltà di parlare, cioè di pensare… che poi è la condizione prima per cui siamo qui a discutere. E certamente l’uomo può pensare anche ciò che diventa oggetto di culto religioso, ma potrà pensarlo soltanto… come possiamo pensare soltanto ciò che eravamo prima che comparisse la coscienza intesa come facoltà di pensare, e ciò che saremo come individui dopo la morte, e come specie – almeno fino a quando sopravviverà – in un futuro prossimo o remoto.
Insomma, il fatto che si possa pensare in termini religiosi non signifika affatto che l’uomo sia ‘natureliter religiosus’, mentre l’ateismo, nel suo signifikato più autentico, dovrebbe fondarsi proprio su questa consapevolezza.
OK, forse c’è un po’ di confusione al proposito. Il bambino riceve informazioni indispensabili alla sopravvivenza, ed assieme ad esse informazioni religiose. A questo punto sarebbe lecito chiedersi se le informazioni religiose siano utili alla sopravvivenza. Essendo la religione una forma di controllo sociale direi di si, per via indiretta. Il bambino ribelle nega, assieme alle informazioni religiose, anche quelle indispensabili alla sopravvivenza, quindi ha maggiore probabilità di andare incontro ad un evento che ne causi la morte. V’è da dire che le religioni antiche, di cui a mio avviso il cristianesimo è una evoluzione, erano direttamente collegate a corpi astrali, ed eventi climatici ciclici.
La mente umana dell’Italietta è stata ‘forgiata’ dall’evoluzione per concepire personaggi fittizi come Berlusconi!
Non posso partecipare alla discussione perchè sono in grande ansia aspettando i risultati delle regionali di domani nella mia regione. Spero che il fantoccio berlusconiano Cappellacci perda clamorosamente. Forza SORU !
Chiedo scusa per la dose più ricca del solito di strafalcioni che costellano il mio ultimo intervento. Confido comunque che quanto intendevo dire, se mai risulterà poco comprensibile, sarà per altro e non per la loro presenza.
io non sono affatto d’accordo con l’ipotesi avanzata. secondo me dipende da una
economizzazione nella viaggio della conoscenza. cmq compreerò almeno uno di questi libri citati per saperne di +.
@Otto Permille
Beh, la credenza è un fatto naturale, altrimenti i credenti non sarebbero così tanti in tutto il mondo! Il “quindi l’ateismo è una tendenza contro-natura” invece è un non sequitur: da un dato di fatto si cerca inopinatamente di trarre un giudizio morale; da quando in qua la natura è maestra di vita?
Senza contare che l’esistenza degli atei dimostra che pure l’ateismo (e in generale il razionalismo) è, alla stessa maniera, un fatto naturale. Forse più facile da spiegare, evolutivamente parlando, rispetto ai salti nell’irrazionale.
Dunque non vedo cosa ci sia da temere per gli atei con queste ricerche. Anzi, ben venga chi cerca di spiegare “come il nostro cervello crea Dio” (e non viceversa)!
@CesareB: il fatto che si possa tranquillamente affermare che “i gatti a pelo lungo sono un fenomeno del tutto naturale” non implica che “i gatti a pelo corto quindi siano contro natura”. A volte lo studio di un po’ di logica aiuterebbe…
@ Simone Blasetti
che scrive: “Io credo che molto semplicemente un essere molto evoluto come l’uomo … abbia la possibilità a la capacità di astrazione e formazione di concetti complessi”.
Le religioni riguardo all’astrazione non si fanno mancare nulla, ma riguardo alla complesità e alla diffusione della conoscenza niente gli è più nemico.
Infatti fin dall’inizio (secondo metafora) dio proibisce all’uomo di mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male.
Ma è proprio passando dalla metafora alla cultura che notiamo il rapporto più stridente fra complessità e fede, la dove a fronte della scoperta di centinaia di migliaia di galassie un dio si sarebbe fatto piccolo uomo in un perido infimo e in un area geografica particolarmente depressa duemila anni fa, senza lasciare ne scritture di proprio pugno ne altre testimonianze tangibili.
A ben vedere, molto meno del classico ago in un pagliaio: con la pretesa di raccogliere intorno a questo presunto evento tutte le verità e le spiegazioni riguardo a tutto ciò che esiste.
Alla faccia della complessità!
leggete il libro Nati per credere, poi sarà tutto più chiaro 🙂
compratelo via uaar (ibs) così aiutate l’associazione!
Fabio Milito Pagliaa
Coordinatore circolo UAAR di Salerno
Definiamo cosa si intende credere: io posso ad esempio affermare che credo al mito di Ulisse, cioè alla tendenza umana ad andare sempre oltre…
Un fatto è la tendenza a costruirci un immaginario utile per codificare e trasmettere le istanze di una cultura: in questo senso l’intera letteratura fantastica ci è connaturata: altra cosa è conferire a tutto ciò un’esistenza “reale” al pari degli elementi fisici.
Su questo si espresse efficacemente già Giovanni Battista Vico, il quale mostrava come i popoli primitivi, nell’infanzia dell’evolozione umana, confondessero le immagini mitiche con la realtà che queste volevano, in maniera confusa, designare, e come soltanto succesivamente tali immagini siano state sostituite da una progressiva descrizione razionale della realtà stessa.
Rimango dell’idea che si tratti di una enorme cretinata: l’evoluzione si basa sul principio di adattamento; quindi la capacità di inventarsi supestizioni ed esseri fittizi dovrebbe essere funzionale alla sopravvivenza di un clan nomade di cacciatori-raccoglitori. La coesione del gruppo, l’integrazione in esso, la solidarietà e la collaborazione frai membri sono frutto della spiccata tendenza alla socialità. Dov’entra la religione, in ciò? Dov’è necessaria? Non è affatto necessaria, perchè se accettiamo che la comunione di un mito sia l’unico strumento
(o comunque il principale) per la coesione di un gruppo, commettiamo una ridicola mistificazione storica. E’ la socialità che crea il mito, non l’inverso.
Rimango dell’idea che si tratti di una enorme cretinata: l’evoluzione si basa sul principio di adattamento; quindi la capacità di inventarsi supestizioni ed esseri fittizi dovrebbe essere funzionale alla sopravvivenza di un clan nomade di cacciatori-raccoglitori. La coesione del gruppo, l’integrazione in esso, la solidarietà e la collaborazione frai membri sono frutto della spiccata tendenza alla socialità. Dov’entra la religione, in ciò? Dov’è necessaria? Non è affatto necessaria, perchè se accettiamo che la comunione di un mito sia l’unico strumento
(o comunque il principale) per la coesione di un gruppo, commettiamo una ridicola mistifi-cazione storica. E’ la socialità che crea il mito, non l’inverso.
Cari sorelle e fratelli atei, io vorrei sapere com’è nata l’idea di rimanere vergini per piacere alla Divinità.
Rimanere vergini per Dio è bello, ma a volte ha le sue controindicazioni.
Anche noi suore vorremmo dar sfogo a quell’istinto naturale che abita in tutte noi e che consiste nell’essere amate e possedute dall’uomo maschio.
Certo essere spose mistiche di Cristo ci pice, anche moltissimo, perà a volte vorremmo provare anche un altro tipo di amore, più terreno e più materiale.
Secondo voi com è potuta nascere quest’idea che a Dio piace quando un uomo o una donna non copulano e si mantengono vergini per sempre?
Anche quest’idea fa parte dell’evoluzione?
A me sembra che l’uomo sia inequivocabilmente un animale razionale ed un animale religioso al tempo stesso (che poi ci siano gli atei o le persone irragionevoli poco cambia). Non si può liquidare la religiosità come una frattaglia evolutiva da cancellare usando la tanto più nobile Ragione. La capacità di astrazione e di immaginare il mai visto ha contribuito a produrre tutta l’arte e la scienza che abbiamo. Tutta la nostra conoscenza. Se fossimo state solo macchine logiche e matematiche non saremmo andati così lontano (o qualcuno è in grado di trovare le equazioni che descrivono la Divina Commedia o la Cappella Sistina?). La religione è una facoltà del nostro intelletto (piaccia o no) che forse ci porta lontano dalla verità o che forse intuisce, in modo primitivo, qualcosa che c’è ma che non sa spiegare. Chi può dire che come prodotto dell’evoluzione il sentimento religioso non sia utile a cercare, a saperne di più, a prendere meglio coscienza dell’universo? Chi stabilisce che è inutile come la zanna della tigre dai denti a sciabola? Chi è così sicuro che non esiste un dio (magari solo come causa naturale) verso il quale tendere per sapere, se non altro, di che cosa è fatto?
La mia tesi era, e rimane, la seguente: il fatto che la religione possa avere spiegazioni evolutive, sociologiche, psicologiche, o di qualsiasi altra natura, non prova ne’ che sia vera, ne’ che sia falsa. La decisione in proposito (mai incontrovertiblmete dimostrata, almeno finora) e’ di carattere filososfico, anteriore alla ricerca sulle cause, per cosi’ dire, “naturali” della credenza. Da questa ricerca, colui che, per ragioni filososfiche, non crede ad alcuna religione, dedurra’ la spiegazione del perche’ tanti (a suo giudizio sbagliando) sono religiosi. Il credente ne dedurra’, invece, che i suoi convincimenti sono quelli che piu’ armonisamente si inseriscono nella struttura mentale umana, quale di fatto e’ stata forgiata dalla natura e dalla storia.
Saluti.
Intervengo in punta di piedi ma convinto che questa volta si vogliano attribuire al nostro cervello prerogative che ancora non ha. E’ la comparsa dei centri di Broca e di Wernike a rendere possibile il linguaggio o il bisogno di un linguaggio a concretizzare l’astrazione in un complesso chimismo cerebrale? Mi sembra scontato ed in perfetta armonia con la teoria evoluzionistica, che il nostro cervello sia fatto a strati (rettiliano,mammaliano ecc ) e che forme di vita sempre più evolute si avvalgano degli strati cerebrali più recenti salvo a servirsi degli strati inferiori in caso di traumi o malanni lesivi delle parti più nobili. Il celebre aforisma di Haechel sull’ontogenesi che ricapitola la filogenesi, oggi a torto vilipeso dai più, ci mostra il bambino come l’uomo primitivo ascrivere ai fenomeni naturali, ai genitori, agli stregoni prerogative trascendenti che non sono più tali quando la sua maturità spiegherà scientificamente fenomeni inizialmente oscuri. Noi, forme di passaggio imperfette ma anelanti all’autodeterminazione, nelle more che i nostri recettori sensoriali si accrescano tanto da poter accedere al noumeno di kantiana memoria, ci illudiamo,vogliamo illuderci, se credenti, che il nostro divenire si perpetui in eterno e tale conclusione non è del tutto ingiustificata. In natura infatti è inconcepibile che esista un organo che non sia un residuo vestigiale, senza una sua precipua funzione. Perché dunque dovremmo aver coscienza della morte se non esiste un al di là? Certamente non sarò io a trovare la risposta giusta a questa atavica domanda, ma sarò certamente io a scartare, nel dubbio della ricerca, sia la mistica visione ultraterrena del credente, sia la negazione altrettanto dogmatica dell’ateismo prettamente materialistico, rifugiandomi in quell’agnosticismo che fu tale delle stesso Darwin che oggi festeggiamo ricordando il bicentenario della sua nascita.
“L’ipotesi che si sta ormai diffondendo a macchia d’olio è che la mente umana sia stata ‘forgiata’ dall’evoluzione per concepire personaggi fittizi, non necessariamente ritenuti dotati di corpo ma, al contrario, latori di ‘intenzioni’: …”
Poi si fa un’ipotesi:
“… di qui all’invenzione di esseri soprannaturali, …”
(e questa ipotesi si chiama “religione”)
Poi c’è l’altra ipotesi, non prevista nello studio:
“che l’uomo sia quindi stato in grado di riconoscere e seguire l’appello che gli ha fatto questo personaggio, latore di intenzioni, quando esso è uscito dal silenzio”
(e questa ipotesi si chiama “fede”)
Buonanotte