Tribunale di Milano: scontro ‘religioso’ tra giudice e imputato

Il giudice chiede all’imputato musulmano di togliersi il copricapo, ma l’imputato rifiuta perché lo considera un simbolo religioso, esattamente quanto quello (cattolico) che indossa il giudice. E’ accaduto nei giorni scorsi, anche se le fonti (Libero, Repubblica) sembrano essere un po’ imprecise, perlomeno a riguardo del tipo di copricapo. Non risulta, peraltro, che l’islam prescriva un copricapo anche per gli uomini (ed è comunque controverso che lo prescriva per le donne): il turbante è sì un obbligo religioso, ma per i sikh, non per i musulmani.

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27 commenti

mocipenso

E’ sempre il solito problema di tenere distinti i due ambiti. Se Giudice, imputato, aula del Tribunale e tutto il resto fosse laico (ferma restando la libertà personale di credere a ciò che ad ognuno pare) l’imputato musulmano non avrebbe potuto opporre questa motivazione al suo rifiuto.

E’ sicuramente un argomento complicato perché secondo questa mia logica, non dovrebbe essere consentito alle donne il burqua, non si dovrebbe pregare per strada complicando la circolazione.

E’ una violenza, questa? E’ limitazione alla libertà personale?

E’ forse più giusto che ognuno manifesti la propria religione anche fuori casa, anche con atteggiamenti che, con dolo o per accidente, diano fastidio agli altri?

Io che sono ateo e che credo che la religione sia comunque un atteggiamento che ha qualcosa di infantile, continuo a pensare che la convivenza civile non deve prevedere comportamenti o metri di giudizio differenti in base alla religione.

Ma se “alla sbarra” ci fosse un rabbino? o una suora?

In fondo che fastidio ci dà se uno vuole tenersi su il berretto: è forse solo un difetto di tolleranza il mio?

Boh!

#Aldo#

Il costume di pretendere il capo scoperto di fronte ad un “superiore”, nonostante le apparenze è solo una sfaccettatura del costume che pretende le donne a capo coperto in presenza di uomini. Per una stupida e inconsistente simbologia implicitamente riconosciuta dalla comunità (e in parte, di riflesso, dai suoi ordinamenti) poter ostentare un copricapo in presenza di chi è invece tenuto a toglierselo è un modo per rimarcare proterviamente una gerarchia. Insomma, un atto di forza, l’imposizione d’un atto di sottomissione stretto parente di quel “bullismo” che sentiamo continuamente criticare quando si presenta in età adolescenziale.

Ulteriore, abbondante materiale per gli etologi. Qualche etologo, qui, saprebbe spiegare meglio i concetti che ho maldestramente sfiorato? Perché non scrivete qualche bel volume di facile accesso per spiegare le ragioni profonde (quelle radicate nella nostra natura animale) dei comportamenti umani? C’è una forte necessità di consapevolezza in merito.

jsm

non cadiamo nella trappola della questione religiosa qui è tutto semplice, quasi banale: è vietato o no presentarsi in aula col capo coperto? se mi presento io con un cappellino sportivo che succede?

Flavio

Non mi è chiaro se il giudice indossava il crocifisso o se si intende che era appeso nell’aula del tribunale. E’ certo un problema di laicità: le istituzioni non possono chiedere un certo comportamento e nello stesso istante fare eccezione per se stesse!

MetaLocX

Avrebbero dovuto appendere il cappello al muro e dire che è un simbolo di laicità, tolleranza e cultura…

Manlio Padovan

Bisognerebbe avere più particolari. Però se il giudice siede e sentenzia sotto un crocifisso si ha il diritto di pensare che il suo copricapo sia il riconoscimento o il prosieguo di un simbolo religioso?

Ernesto Di Lorenzo

Beh, che c’è di scandaloso? Per me è una libera scelta. Si tratta di un copricapo!
Se si è tolleranti, le minuzie non contano.

Maro

Concordo, fonti troppo imprecise.
In ogni caso, perche’ togliersi il copricapo…? Non capisco la motivazione. Per essere riconosciuto? Perche’ non si puo’ stare in aula col cappello?

fresc ateo

qui rischia di diventare come la canzoncina di toto ; e togli la camicetta , e togli il reggiseno,
e togli le mutandine, ecc ecc ….e la risposta no no no……..

anteo

si indossa un abito e sull’abito il giudice può sindare? e in nome di cosa?

come già detto da altri: se si presentava un prete in tonaca avrebbe preteso il cambio d’abito? o un monaco di qualche ordine con regole particolari avrebbe fatto le stesse richieste?

oggi c’è la fissa del mussulmano e del noglobal: argomenti buoni per i bacchettoni di turno

giordana bruni

Non ho capito se non che come notizia è inesistente, o invece, è molto ‘seria’?

lindoro

credo che la libertà personale (che comprende anche quella di espressione) sia inviolabile e ingiudicabile dall’esterno. se voleva tenere in testa il cappello, che faccia pure, non è nostro diritto sindacare quali sono i suoi motivi (si chiama “libertà” no?). ognuno si prenda la responsabilità del suo comportamento.
questa libertà ovviamente va limitata solo su questioni specifiche e oggettivamente facenti parte della sfera sociale e di convivenza. un burqa non rende possibile il riconoscimento della persona, e uno che va in giro nudo di certo è offensivo per molti. Ma sono queste le sole ragioni per limitare (de iure o de facto) la libertà di espressione.
se quel cretino che vuole tenere il cappello in testa ci credeva tanto al punto di indispettire il giudice che magari lo stava giudicando, affari suoi no? avrà pesato le due cose e avrà deciso così, che ci si deve fare?

Mat

Il punto è che lui era tenuto a togliersi il cap.pello (mus.sulma.no), pur dovendo sottostare a un c.rocif.isso (ca.tto.lico).
Il punto è che qua si fanno due pesi e due misure tra “reli.g.ione di stato” e “pericolose se.tte”.

Ernesto Di Lorenzo

@ Giordana Bruna

Tanta è la voglia!!! Hai indossato il saio sacro al femminile di un Santo che ammiriamo.
Complimenti.

#Aldo#

Non avete capito: in questo caso la religione non c’entra. Il giudice pretendeva un gesto di sottomissione, e lo avrebbe preteso da chiunque gli si fosse presentato col cappello in testa, o con le mani in tasca, o con le braccia incrociate, o masticando gomma. Sono tutti simboli che contraddicono la deferenza che pretende colui il quale ritiene d’esser più potente d’un altro. Insomma, il concetto secondo il quale “siamo tutti uguali per dignità” è vero in teoria, ma regolarmente squalificato in certi contesti, come nelle aule dei tribunali. Lì siamo dei sudditi e dobbiamo sottometterci al potere. Assurdo ed odioso, ma è così. Certo, sarebbe un atteggiamento da rivedere, ma non scorgo alcuna volontà di farlo (anzi…).

#Aldo#

Cos’è che ha fatto scattare il filtro? La parola “o d i o s o”?

Kaworu

@paniscus

forse aveva addosso una crociazza d’oro di quelle belle pacchiane tanto in voga tra i cattolici (un po’ tipo quelle di diamanti tra le tette delle veline o i rosari al collo dei tronisti, grandi simboli di cattolicità per gente casta e pura)

statolaico

Credo che togliersi il cappello in aula sia un gesto di rispetto nei confronti della corte e quindi delle isituzioni; togliersi il copricapo davanti ad un giudice è quindi buona educazione, è una regola non scritta che riguarda le usanze e le convenzioni sociali ma non mi sembra che si violi alcuna legge nel non farlo: è come non salutare un conoscente, “la pena” a cui vado incontro sarà, al massimo, ricevere un cattivo giudizio da parte di chi non ho salutato ma non avro’ alcuna sanzione per questo. Ma è chiaro che le istituzioni devono godere di quel prestigio tale da indurmi a “togliermi il cappello” senza riserve, il rispetto che meritano devono quindi averlo per il fatto stesso di incarnare in maniera trasparente ed inequivocabile i valori dello Stato, della Repubblica che da cittadino sento mia e di cui sono fiero cittadino: ma con un crocifissone 2×3 appeso sul muro, devono mettere in conto che non a tutti nascerà (e giustamente), quel moto spontaneo che dovrebbe portare a togliersi il cappello.

LaPasionaria

http://milano.repubblica.it/dettaglio/islam-nellaula-del-tribunale-e-polemica-fra-giudice-e-imputato-sul-copricapo/1596678

Il gup di Milano, Alessandra Cerreti, nel corso di un’udienza a carico di 23 islamici accusati di terrorismo internazionale, con un’ordinanza ha fatto togliere il copricapo caratteristico hijab a uno degli imputati, che, prima di allontanarsi assieme agli altri per protesta, ha urlato: “E’ un simbolo religioso, anche tu giudice porti la croce”. Nel corso dell’udienza dedicata alla trascrizione delle intercettazioni (il processo comincerà il prossimo 3 aprile), gli imputati, sospettati di aver favorito l’invio di martiri o attentatori in Iraq e in Afghanistan, si sono presentati tutti con il caratteristico copricapo.

Quando il giudice li ha invitati a toglierlo, l’hanno fatto tutti tranne uno: Mohamed Khemiri, tunisino, estradato dalla Gran Bretagna nel novembre scorso, che ha scelto di allontanarsi dall’aula. Gli altri a quel punto si sono messi a gridare e lui ha urlato rivolto al gup: “Anche tu porti la croce”, mentre l’avvocato Sandro Clementi lamentava la violazione del diritto di difesa. Tutti gli imputati, infine, hanno deciso di abbandonare l’aula. Il giudice, nella sua ordinanza, spiega che ha “la facoltà di adottare tutti i provvedimenti ritenuti opportuni per garantire il decoro e il rispetto nei confronti dell’autorità giudiziaria”. Nessuno, prosegue il giudice, “può presenziare in udienza a capo coperto”, a eccezione delle forze dell’ordine adibite alla sicurezza. La decisione, dunque, è valida per “qualsiasi altra persona presente in udienza” che indossi un copricapo. (26 febbraio 2009)

Ernesto Di Lorenzo

@ statolaico

Infatti è una non notizia. L’educazione ed il rispetto sono patrimonio comune della società civile. Ma qui siamo alle news dell’Uaar ed il commento, se di commento si deve parlare, riguarda eventuali aspetti religiosi [impliciti] inseriti nella news. E’ quì che mi sembra ci sia poca chiarezza nella New.

statolaico

Sono perfettamente daccordo Lorenzo sul fatto che la buona educazione sia un patrimonio comune (e come potrei non esserlo?) , tuttavia io volevo solo puntualizzare sul fatto che se è lecito da parte delle istituzioni e di chi le rappresenta aspettarsi il rispetto incondizionato da parte dei cittadini è altrettanto lecito che i cittadini si aspettino da esse che siano lo specchio dei valori che rappresentano.

Ernesto Di Lorenzo

Non c’era alcun bisogno di puntualizzare perchè avevo compreso benissimo il senso del tuo post, tantevvero che avevo sottolineato la non chiarezza della notizia. Comunque grazie lo stesso.

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