Il Comitato di Coordinamento dell’UAAR ha scelto, nella riunione tenutasi sabato, nove nuovi potenziali slogan per la campagna ateobus tra i circa 1.000 proposti dai navigatori del sito. La scelta è stata effettuata anche tenendo conto delle indicazioni ricorrenti.
Da oggi tutti i navigatori del sito possono votarli: i tre che raccoglieranno i maggiori consensi (che vanno espressi entro le ore 24 di giovedì 19 marzo) saranno sottoposti a ulteriore votazione nei giorni successivi. Il messaggio ‘vincitore’ della seconda tornata sarà poi proposto alle conccesionarie della pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico. Nota: l’associazione si riserva la possibilità di effettuare piccole modifiche allo stesso, se ritenute necessarie dal pubblicitario.
Questi i nove slogan (in rigoroso ordine alfabetico):
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
– La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
– UAAR – Liberi di non credere
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
“- Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.”
Penso sia meglio così:
Forse Dio esiste, forse no… IN OGNI CASO, vivi la tua vita liberamente.
Bella, no? 😉
*Meglio, no? 😉
VISTO QUANTO COSTA IL SUO VICARIO ,VOLETE VEDERE CHE DIO FORSE E’ VANNA MARCHI????
a me piace molto questa: – Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Quando si parla di soldi …la gente capisce! 🙂
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
O anche
La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
io sono per:”O si pensa o si crede!” ,mi sembra molto appropriata!Grazie per lo spazio
La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
” O si pensa o si crede “
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
Io ho votato questa, comunque anche quella di zeus non ho niente male…
Ma non sarbbe meglio mettere su bus diversi scritte diverse?
Perfetto per acutezza, “legerezza” e capacità di attirare l’attenzione
1) Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
In seconda istanza
2) O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– Credere in dio ci costa quanto una finanziaria, etc…
– O si pensa o si crede
– UAAR – liberi di non credere
Eviterei quelle più aggressive (e che prestano meglio il fianco al sempiterno vittimismo cattolico) e metterei per forza almeno una istituzionale come quella della UAAR…
@Andrea
In effetti scritte diverse aiutano una pubblicità a rimanere ‘viva’ per più tempo: la si guarda spesso per vedere se ce n’è una nuova… temo però che i costi siano più elevati e che trovare una compagnia che la accetti sia più difficile (visti i problemi già avuti con slogan unico).
le mie preferite
– liberi di non credere
– zeus <<– questa secondo me coglie nel segno
– UAAR – Liberi di non credere
O SI PENSA O SI CREDE (Schopenhauer) oppure
UAAR – Liberi di non credere.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
O SI PENSA O SI CREDE (Schopenhauer)
Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
è la più arguta. Ma il dubbio è: la capiranno?
In alternativa: Zeus
Ho scelto la 7, che è anche la frase della campagna originaria nel Regno Unito.
Vorrei solo far notare che la 1 è ingannevole: non credere in dio non è comunque gratis. Una grossa fetta del nostro 8×1000 va comunque nelle tasche dei preti, nonostante la nostra volontà.
Quella di Zeus… perchè è praticamente come quella censurata precedentemente, ma stavolta incensurabile! E in più spiegherà a chi non aveva seguito la vicenda dall’inizio che il primo slogan era stato censurato.
1) liberi di non credere
2) O si pensa o si crede
Io ho votato quella con Zeus, che ritengo una risposta ironica a chi ci ha bloccato quella originale (che comunque però non mi piaceva).
Per renderla ancora più ironica, però, toccherebbe aggiungere alla fine un “Per ora.”.
Penso che la prima della lista e quella di Schopenhauer (che è una citazione e quindi non mi piace di per sé) sarebbero bloccate tanto quanto la prima che proponemmo, in quanto darebbero adito a troppe manfrine da parte dei arbiter morali che pullulano.
Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
sono quasi tutti velati da una scadente ironia, se questo è il criterio allora potevate chiamare Woody Allen, che non ne spara una buona da anni, ammetto di essere deluso perchè mi sono impegnato e perchè conosco il mio valore, un’ultima considerazione se avete inserito Schopenhauer allora tanto valeva prendere il barone, il marchese, Nietzsche ecc..
Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
Definizione di “scadente ironia”, please?
ragazzi, non sottovalutiamo l’importanza di schiaffare il nostro simbolo in bella evidenza, del resto è questo il nostro vero fine, farci conoscere, non propagandare la non esistenza di dio, cosa che non si fa certo con degli slogan, quindi ho votato la 8
Ma come mi piace questa di Zeus!!
A me suona meglio: “Per cui smettila di preoccuparti e goditi la vita”.
Comunque, mi è più che simpatica quella su Zeus. Pollice alzato anche per Schopenhauer.
Nell’ordine:
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
– UAAR – Liberi di non credere
UAAR liberi di non credere
Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta.
Corta, ironica e con una giusta dose di sforzino intellettuale per essere apprezzata. E difficilmente attaccabile con la scusa del rispetto dei bigotti.
I miei slogan preferiti:
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– UAAR – Liberi di non credere
bisogna toccare il portafoglio della gente, che in momenti di crisi come questo è più sensibile del cuore….e utilizzando lo slogan che richiama il costo annuo della fede, molti di quelli che non arrivano a fine mese cominceranno ad avere dubbi dall’inizio dello stesso….
Secondo le mie scarse competenze in campo pubblicitario cerco di dare un parere mettendomi nei panni del potenziale destintario dello slogan (il credente). Pertanto scarterei a prima vista il seguente:
troppo presuntuoso
aggiungerei anche:
pregiudizievole perchè non è esattamente Dio a costarci ma il Clero&C.
a pensarci bene è velato di una certa insesibilità
Sottile con la mancanza del soggetto ma secondo me poco incisiva
troppo categorico: o bianco o nero, o intelliggente o beota, o crudo o cotto, … e il resto?
mi sembra una bella battuta riuscita male.
quindi per me passano il turno, in ordine di gradimento:
a seguire con un certo distacco
assolutamente quella su Zeus.
in questo modo forse qualcuno rifletterà un poco sulla disparità di trattamento tra i credernti e gli atei
Le mie, in ordine di preferenza, e con un breve motivazione per ciascuna:
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
(sintetica e molto potente)
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
(efficace perché affronta anche il tema della libertà di espressione)
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
(questa sarebbe interessante da sottoporre ai pubblicitari se non altro per avere la conferma del fatto che in Italia siamo meno liberi di esprimerci che in UK, dove questo identico slogan – traduzione a parte – è stato ammesso)
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
(molto divertente 😀 , ma può passare per troppo scherzosa, forse meglio restare sul serio)
Mi piacciono un po’ tutte però quella di Zeus è la mia preferita!!!
UAAR – Liberi di non credere
Essendo cattolico non partecipo al sondaggio.
Però mi ha colpito “Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!”
Potrei consigliarvelo. Visto che al contrario di voi di religione ne capisco qualcosa, e di come la gente si pone dinnanzi alla religione, forse con questo invece di passare come quelli che hanno voglia di fare una provocazione, e basta, potreste riuscire a passare come qualcosa di meglio.
l’originale è sempre il migliore, segue zeus ed infine il -liberi di non credere-
Queste sono le mie preferite, con qualche minima modifica:
1) La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che finchè il dio è Zeus puoi dirlo.
Riprende quella censurata e richiama alla libertà di espressione.
2) Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
Non sono sicuro però che l’ironia possa essere pienamente percepita e apprezzata dalla mitica casalinga di Voghera.
3) Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Potrebbe essere la migliore, ma penso che andrebbe riformulata perchè così come è appare come la conclusione di un ragionamento che non è riportato.
Voto per:
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
Non è dogmatica, è ottimista, pluralista, libertaria e liberatoria.
Due parole per dire perchè le altre non mi piacciono:
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Sarcastica, ma aggressiva. Non mirata e fuorviante: i soldi sono un fatto importante ma a parte.
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
Relativistica senza costrutto: se si crede vale anche il contrario.
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
Falsa: abbiamo le testimonianze oculari di parte.
– La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
Assertoria e moralistica.
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
Concettuale, un po’ cervellotica e troppo parassitaria verso i fatti pregressi.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
Bella e nobile, ma troppo referenziale e condizionante verso un unico pensatore con molti aspetti anche discutibili. Nel mondo della comunicazione è un autogol.
– UAAR – Liberi di non credere
Opportunistica e inefficace.
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
Troppo raffinata per il cittadino medio: il pastore sardo, la casalinga di Voghera e il bracciante lucano la leggerebbero come una leggerezza incongrua verso una cosa di peso.
La mia preferita è la traduzione di quella sugli ateobus inglesi:
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.”
Quella di zeus o l’altra della bicicletta mi fanno ridere, ma possono essere prese come delle gag e basta.
Un pò di considerazioni, ovviamente personali:
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
è la conclusione di un ragionamento che noi conosciamo benissimo, ma la gente comune no. scritta così rimane un pò enigmatica.
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
sa di poco
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
non parlerei di “avere ragione” l’intento dell’uaar è proprio il contrario, la libertà di scelta, al di là di chi ha torto o ragione.
– La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
ci può stare, anche se non sono così sicuro che la passerebbero.
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
molto molto carina. Ma chiaramente si rifà alla vicenda precedente degli ateobus….e se uno non lo sapesse cos’è successo? non ne capirebbe il senso.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
è una citazione, quindi forse potremmo ripararci dietro al nome famoso, ma rimane una frase che si presta molto al vittimismo (accusate i credenti di essere stupidi, blablabla)
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
andremmo sul sicuro, perchè è lo slogan originale
– UAAR – Liberi di non credere
il migliore. In poche parole riusciamo a mettere il nostro nome, il concetto di libertà di pensiero ed espressione, e il fatto che siamo non credenti. Ed il tutto senza nemmeno parlare degli “altri”, i credenti, che quindi non possono attaccarsi proprio a nulla. Mi sembra perfetto.
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
bellissima, ho riso per ore, ma sembra + una vignetta della settimana enigmistica 🙂 ok far ridere, ma non abbassiamo troppo il livello
complimenti a chi ha fatto il non facile lavoro di doversi leggere tutti i commenti (erano infiniti) e poi scegliere 🙂
ciao
giacomo
Quelle che trovo più efficaci sono, nell’ordine, la citazione di Schopenauer, quella su Zeus e quella dove si cita l’UAAR. Anche per me, comunque, la cosa migliore sarebbe poterle utilizzare tutte: sono convinto che attirerebbero molto di più l’attenzione
UAAR – Liberi di non credere
“grazie a Dio sono Ateo”
Ha ragione giax.
Il migliore forse, per le ragioni da lui addotte, è proprio
“UAAR – liberi di non credere”
Avevo anche scelto
O SI PENSA O SI CREDE (Schopenhauer), essando oltre tutto Schopehauer uno dei miei pensatori preferiti, ma si presta davvero troppo a bollare il credente per uno che non pensa.
Va da sé che io, ateo, da un certo punto di vista ne sono convinto, ma verrà ritenuto certamente troppo semplicistico, o per altro verso dogmatico, nella sua radicalità.
Le mie preferenze:
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
se non la riconosci da solo è inutile che ti spieghi
io sono per Schopenhauer assolutamente.
Per le motivazioni che ho detto già nel commentare un post precedente… Autore virtualmente inattaccabile, attira l’attenzione del “popolo”, semplice e immediata, genera indignazione e quindi farà parlare di sè…
Gli altri per la maggior parte non mi piacciono, a parte quello già scartato sono o troppo lunghi o troppo complessi o poco incisivi.
Io voterei per “Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta”. E’ breve ed efficace…oltre che tremendamente divertente!
A me piace “UAAR – liberi di non credere in alcuna divinita’”
(aggiungerei cioe’ “..in alcuna divinita”, per specificare l’oggetto)
Pero mi era piaciuto moltissimo anche questo:
“ C’e’ chi vorrebbe obbligarti a Credere, Obbedire, Combattere.
Noi ti consigliamo di combattere per non essere obbligato a credere e obbedire.
UAAR ”
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
UAAR – Liberi di non credere
mi sembra perfetto per gli scopi che ci si prefigge al momento: breve, si ricorda, non offensivo per nessuno, suona bene come uno slogan pubblicitario di un prodotto…
Le mie preferenze:
“Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!”
“La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.”
Anche questi sono belli:
“Nasce il 25 dicembre da una vergine, muore in croce e dopo tre giorni resuscita.
Stiamo parlando di Rah, Dioniso, Mitra, Zarathustra e molti altri.”
(di salvatore)
“Siamo tutti atei nei confronti degli dei che l’uomo ha inventato nel passato,
noi ne abbiamo semplicemente aggiunto uno alla lista. UAAR”
(la frase e’ di Dawkins)
Credo che il primo slogan esprima meglio il significato dell’inziativa e si adatti meglio al sistema con cui il messaggio viene veicolato. Sinceramente un autobus che gira con su scritto “Dio non esiste” o “Il diavolo non esiste” fa un po’ ridere. Il messaggio dovrebbe essere in fin dei conti questo: “Più soldi alla scienza e meno alla fede”. In questo modo verrebbe a risaltare molto meglio il problema italiano, dove per la ricerca si destinano briciole e avanzi, mente per il mantenimento del vaticano si destina mezzo bilancio dello stato. Questo è lo “scandalo” che in fondo dovrebbe essere denunciato.
ricordatevi a chi e’ diretto questo slogan, l’uomo medio della strada mediamente ignorante e menefreghista, per cui per me e’ preferibile uno slogan che parli chiaro al portafoglio della gente, per cui preferisco il primo, gli slogan filosofici sono belli e molto apprezzati fra i frequentatori del forum ma fanno poca presa e scivolano via subito dalla mente del target medio.
Se poi quello slogan potrebbe passare oppure no poi e’ un altro discorso
ciao
Luigi
a me piace molto l’originale
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita”
LA cattiva notizia è che Zeus non esiste, quella buona che di lui lo puoi dire.
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
Io voto x ” o si pensa o si crede” e per quella di Zeus (nella speranza che la gente comune italiana di mediamente bassa cultura,possa capirle).
Non voglio scegliere la frase, ma vi prego, correggete le virgole!
Mi riferisco a
“Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!”
“La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.”.
Dopo “Non crederci” e “Quella buona” NON va messa la virgola (non si mette la virgola fra il soggetto e il verbo).
Per quanto riguarda la prima, peraltro, se si lascia la virgola il senso della frase cambia e perde praticamente significato.
Scusate se sono pedante, ma ritengo abbia importanza.
finora non ho letto nessun slogan valido (e intelligente)..sono tutti senza senso e uno più scemo dell’altro..senza offesa per nessuno
La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Tocca la gente sul portafoglio ed ottieni ciò che vuoi!!!!!
Credo che quello che fa al caso nostro sia ” UAAR – Liberi di non credere” che, oltre che breve ed incisivo, ci fa conoscere.
A meno che non aggiungiamo il nostro nome anche sotto “- O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)”.
Bene bene…avanti così!
Con l’arrivo del caldo si potrebbe stampare il primo slogan su delle magliette. Se tutti lo facessero (ovviamente a spese proprie, dovrebbe costare 5 euro circa) e le indossassero nessuno potrebbe lamentarsi.
Avrei preferito altri slogan (opportunamente tradotti in italiano: http://atheistblogger.com/2008/02/15/101-atheist-quotes/), ma dovendo scegliere tra quelli proposti opterei per:
1) Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita. (semmai con una piccola modifica: …e vivi AL MEGLIO la tua vita.);
2) UAAR – Liberi di non credere (a questo anteporrei: Non credi in dio? Non sei solo.)
Forza UAAR!
Zeus! Semplicemente mi piace
“non è necessario credere in un Dio, e la cosa più ragionevole non pensarci” Holbach.
Se Dio è incomprensibile per l’uomo parrebbe ragionevole non pensarci!
Zeus è OK!
Tra quelle citate
la migliore , per me è : UAAR – liberi di non credere .
Le altre danno la possibilità di essere smontate facilmente : come si può dimostrare l’inesistenza di dio? del resto come dimostrarla , anche se i credenti la danno per scontata .
Un attacco ai credenti , e alle loro convinzioni , è controproducente , perchè da non credenti si vorrebbe far credere di avere la verità in mano , cosa che non è , ed ergersi nel giusto e loro nel torto .
io propongo questa :
“dio esiste? ….sei libero di scegliere se crederci ”
oppure
“dio esiste ? ….un atto di civiltà è essere liberi di crederci o no”
Zeus, Schopenhauer oppure UAAR – Liberi di non credere.
Queste sono quelle che preferisco:
-La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
-O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
-UAAR – Liberi di non credere
io scelgo questo alla fine:”Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita” è quello che secondo me rende di più.
firmato: “UAAR, liberi di non credere”. che può diventare lo slogan/firma che accompagna ogni dichiarazione, evento, ecc… dell’associazione.
mi paiceva molto “o si pensa o si crede” per la sua incisività, ma ora dobbiamo buttarla sull’ironia e semplicità. dobbiamo essere positivi.
volevo scivere :
“dio esiste? …sei libero di NON crederci “
UAAR – Liberi di non credere.
O si pensa o si crede
Arthur Schopenhauer
secondo me, il migliore è questo
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
la frase che comincia per ” probabilmente dio non esiste ” portano la questione su un terreno non districabile , perchè implicitamente danno una possibile conferma della sua esistenza e legittimano tutte le giustificazioni .
Se si parte invece dall’impossibilità di dimostrare questa tesi , è lecito poi essere liberi di crederci o meno
per cui:
” dio esiste ? …..sei libero di crederci o no”
La migliore è la prima: è bene che si sappia quanto ci costa mantenere Joseph e i suoi amici.
Dio esiste?
Liberi di pensare.
UAAR
“Credere in dio ci costa una finanziaria all’anno.
Non crederci, è gratis”
NON SI METTE LA VIRGOLA TRA SOGGETTO E VERBO
UAAR – Liberi di non credere
Visto che molti hanno scelto O SI PENSA O SI CREDE (Shopenhauer) vorrei fare questa considerazione. In un primo tempo anch’io lo avevo privilegiato, ma poi mi sono ricreduto. Ho pensato, tra le altre cose, soprattutto a come avrebbero subito replicato i credenti, in un poco accattivante rimpallarsi di slogan ‘filosofici’: ricorrendo, slogan per slogan, – come sempre quando si tira fuori il fulminante aforisma di Schopenhauer, o altri analoghi – al loro “credo ut intelligam, intelligo ut credam”. Non lo metterebbero su un autobus e il latinorum non sarebbe alla portata di tutti, ma chissà quanti ‘intellettuali’ cattolici andrebbero subito a inondare quotidiani e televisioni per smontare e ridicolizzare questo slogan spiegando al popolo di dio quanto sia poco fondato. Pubblicità comunque? Temo che si trattrebbe più, per tanti media-dipendenti, di una stroncatura. L’autorià di Schpenhauer? Conterebbe zero di fronte ai vari S.Agostino, S. Tommaso e compagnia teologica varia tirati in ballo
Le mie preferite sono:
UAAR -Liberi di non credere, e la frase di Schopenhauer.
Però concordo anche con chi dice che sarebbe bello poterne usare più di una; magari frasi diverse in città diverse…Sempre che non costituisca una spesa eccessiva!
Voto per:
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
– UAAR – Liberi di non credere
(Anche se il primo dà l’impressione di voler misurare le probabilità dell’esistenza di Dio con metodi statistico-matematici, e il secondo sembra un po’ troppo una mera pubblicità dell’associazione. Ma l’importante è che veicolino un’immagine positiva dell’essere atei.)
Brevi commenti sugli altri:
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
È detta malissimo, così diranno che vogliamo imporre l’ateismo di stato per motivi di soldi!
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
Non si capisce bene, è criptico.
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli
atei.
Non è male, ma sembreremmo un po’ troppo saccenti, smodatamente interessati a farci “dar ragione” su una questione meramente filosofica e astratta.
– La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
Questi sono carini, in particolare il secondo, ma chi non ha seguito la polemica sul primo slogan non li capirebbe.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
Per carità, così sembriamo dire “tutti i credenti sono bischeri”!
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
Sottile. Troppo.
Io voto “Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta”, visto che l’ho proposta, anche se leggermente diversa (religione al posto di dio).
Per la cronaca è uno dei corollari alla legge di Murphy, la legge di Vique.
http://it.wikiquote.org/wiki/Legge_di_Murphy
@ Bruno Gualerzi:
Beh, certamente la frase che verrà scelta, indipendentemente da quale essa sia, verrà attaccata, criticata, smontata, stravolta e analizzata in ogni sua piccola parte… ma questo verrà fatto dai “rappresentanti”, non certo dal popolo. Come ogni evento mediatico la massa sarà a casa, davanti alla tv, costretta a pensare e a farsi una idea (vedasi il caso Englaro).
La frase di Schopenhauer è comunque abbastanza forte da generare polemiche e quindi visibilità, e in Italia purtroppo così vanno le cose. Proprio perchè sappiamo come funziona, allora dobbiamo sfruttarlo… si comincia con una piccola provocazione, si passa in tv (già mi vedo una puntata di porta a porta con Odifreddi e Carcano contro Buttiglione e un vescovo random), dalla tv si passa nella testa della gente e si diventa una realtà. E nel frattempo, se non si sarà già smosso qualcosa… beh “Un lungo cammino inizia sempre con un piccolo passo”.
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
@ Fucsia
c’e’ apposta
Personalmente ritengo le migliori le seguenti due frasi:
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
– UAAR – Liberi di non credere
sono entrambe chiare, pulite, sobrie, e davvero poco attaccabili e poco suscettibili delle critiche che gli verranno mosse contro (rispetto alle altre dico); la seconda mi piace particolarmente, perchè racchiude in poche parole molte significati e il senso principale della nostra associazione: rivendicare la sacrosanta (scusate l’aggettivo :)) libertà di pensiero!!!
Sarebbe bello poterne usare più di una, sono d’accordo con Silvia
Ah d’accordo, grazie.
Quindi ha una doppia lettura, con la virgola sarebbe un invito: “(tu) non crederci, è gratis”.
O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
Quoto la frase di Zeus, deliziosamente ironica e che mette in evidenza il confine labile tra mito e religione. E poi Schopenhauer.
Ho votato per: Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta.
Io proporrei anche:
“La buona notizia è che Dio non esiste, quella cattiva è che non si può dire.”
Scusate, ma non vedo alcun link alla pagina per votare, come bisogna fare?
Oppure si “vota” rispondendo con un commento qui? Se e’ cosi’, mi dispiace per il poveretto che dovra’ raccogliere i “voti”, comunque la mia preferenza e’ per:
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.”
purtroppo dio sembra non esistere, ma le religioni sì
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
Lette le eccezioni potrebbe essere “O si è credenti o si è liberi”. Il che credo sia inconfutabile e rispettoso.
UAAR – Liberi di non credere. A questa, così come è stata messa la firma di Schopenhauer all’altra, aggiungerei .. costituzione repubblicana art. 3 … insomma la firma.
Interessante l’aggiunta di Alberto. Non credi in dio? Non sei solo. Liberi di non credere. uaar
Su quelli che citano dio, come è stato fatto notare, son scettica… a mio avviso rischiano di scatenare “crociate”.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis! Questa la modificherei nel senso suddetto. La religione costa una finanziaria all’anno anche agli atei
Non sottovaluterei quel che dice Federico… se uno slogan piace ai cattolici, a mio avviso, c’è qualcosa che non va. “Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido” è più un’affermazione sul divino che uno slogan per la rivendicazione di un diritto.
Quoto Marcom, ma mi rendo conto che sarebbe lunga. “ C’e’ chi vorrebbe obbligarti a Credere, Obbedire, Combattere. Noi ti consigliamo di combattere per non essere obbligato a credere e obbedire. UAAR ”. Sarebbe comunque un bel messaggio in questi tempi di guerra. Tre messaggi in uno. Anticlericalismo, antifascismo e pacifismo.
Quoto in assoluto Ottopermille. Più soldi alla scienza e meno alla fede. E magari, visto che qui dentro mi pare ci siano letterati (vedi nostalgico), sviluppare il concetto in altre forme. Con immagini per l’appunto.
Buon lavoro e, visto che è indiscutibile che si esiste, grazie di provarci.
1) o si pensa o si crede
2) Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
@redazione
Non avete spiegato che il sondaggio e’ sulla home page del sito (http://www.uaar.it)
Volevo solo far notare che una tale Monia si è “appropriata” del mio slogan, proposto tempo fa: “La buona notizia è che Dio non esiste. La cattiva è che in Italia non si può dire”. Certo può essere una coincidenza, ma insomma…
O.T.
Potremmo far pubblicare la ” Verità rivelata ” da B4x4 all’annuncio delle sue visite in Africa:
” La Chiesa non persegue fini politici, sociali od economici ” ( sic ! ).
Come barzelletta comunicativa non è male, o no ?
Ma come si fa a votare??? Sulla home page ci sono già i risultati del sondaggio, non mi fa votare
” La buona notizia è che Dio non esiste, la cattiva è che comunque ci fotte un sacco di soldi ! ”
… e non possiamo far nulla per riaverli !!!
Io voto:
-UAAR-LIBERI DI NON CREDERE
o si pensa o si crede!
è valida pure quella su zeus; però troppi cattotossici non la capirebbero.
darik
a mio avviso, al di là degli slogan, sarebbe meglio dichiarare esplicitamente il perchè esiste l’uaar e perchè e necessario farsi conoscere: ovvero, non certo per controindottrinare qualcuno, come potrebbe sembrare dagli slogan, ma per far prendere coscienza ai cittadini delle implicazioni anche pratiche dell’invadenza del vaticano nello stato italiano sovrano.
Ad andar di slogan, mi dispiace ma l’avranno sempre vinta loro…..millenni di esperienza e di pratica hanno reso il cittadino completamente impermeabile ad un pensiero aternativo.
Occorre fa leva sui punti forti dell’associazione, quali il perseguimento della libertà religiosa e non religiosa per tutti, la possibilità che solo i fedeli finanzino il clero etcc..
Opinione mia, ovviamente…
UAAR -Liberi di non credere
e
O si pensa o si crede
personalmente ho scelto
UAAR- Liberi di non credere.
E’ il migliore, anche perche’ metto il risalto l’UAAR, cioe’ simboleggia un teismo “razionale e motivato”…e poi qualcuno navigando sul sito potrebbe decidere di sbattezzarsi.!!!
Ma penso che si potrebbe uscire con due e tre slogan, oltre a questo mi sembra effivcace il primo:
“Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!”
Questo punta sull’aspetto economico e molti italiani hanno un gran sentore del “magna-magna” ecclesiale!
poi
“Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!” e anche interessante mette in risalto lo stato di “delusion” (nel senso spiegato da Dawkins) dei credenti. Anche questo puo’ fare molta presa e indurre a ragionare molti pseudo-credenti, ma gli stessi credenti con un po’ di apertura mentale.
errata correge: ho scritto : “cioe’ simboleggia un teismo ” volevo dire “ateismo”, ovviamente
La mia preferita:
1 – Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
In subordine
2 – O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
3 – Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
..usiamoli tutti in diverse città..
La più bella è l’ultima (Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta), ma la più efficace su un bus è la penultima (UAAR – Liberi di non credere).
Voto “Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita”.
“Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta” senza alcun dubbio!!!
Più leggo i commenti, più mi convinco di voler cambiare opinione:
Questa mi appare come la meno attaccabile, neanche lontanamente insultante né sciocca, incentrata sul diritto fondamentale della convivenza civile difeso (a parole) dalla stessa chiesa: la libertà di scegliere. Non è banale, è breve ed è quella che con il minor numero di parole contiene il significato più prezioso e utile della campagna del bus ateo: la campagna degli atei e agnostici è razionale ed è positiva. Non è una campagna contro qualcosa o qualcuno, ma a favore della libertà, termine oggi molto abusato ma che si riassume con efficacia proprio nel diritto e nella possibilità di scegliere per se stessi.
Io voto per Zeus
però avrei cambiati i fattori:
La buona notizia è che Zeus non esiste. Quella cattiva che solo di Zeus puoi dirlo.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Andiamo sul concreto.
Non capisco quelli che escludono le frasi che esalterebbero il vittimismo dei clericali. Se mettiamo uno slogan è proprio per agitare le acque. Motivo per cui non mi piace “UAAR – liberi di non credere” in quanto troppo difensivo. Vero è che ne avevo proposto uno simile, ma poi ho riflettuto…
Avrei votato la bicicletta, se non fosse che le biciclette esistono davvero.
Prima di votare ci penserò un po’, anche perché vorrei valutare i pro e i contro.
Se menzoniamo Dio, anche i credenti poi si sentiranno in dovere di farlo, e vaglielo a spiegare che l’onere della prova spetta a chi afferma, e non a chi nega…
La citazione di Schopenhauer mi piace veramente molto, ma in tal caso immagino che i soliti credenti risponderanno con una citazione a pera, come loro solito.
Magari, “Dio non gioca a dadi” – Einstein …Facendo passare la bugia che il vecchio Albert fosse un credente…
Come a dire, oltre il danno la beffa…
“UAAR – Liberi di non credere” forse non è tra le più efficaci, ma senza dubbio non è da buttare via. Come potrebbero attaccarlo? Magari con assurdità e bugie, sostenendo che anche il “non credere” equilvale ad un credo? Oppure che senza fede non c’è libertà? O ancora con la vecchia bugia che il diritto non esisterebbe senza il cristianesimo?
Lo so, gli esempi che ho riportato sono affermazioni false, mendaci. Eppure ciò in passato non è bastato ad impedire che le dicessero.
Per ora propendo per questa: “UAAR – Liberi di non credere”
In alternativa tengo conto di Schopenhauer, senza dimenticare le considerazione esposte poco fa
Ho scelto: “Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!”
Pero’…
– Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido! E’ STUPIDISSIMA!
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei. TE LA RIDI E TE LA CANTI…
– La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno. QUESTO LO DITE VOI ATEI MALVAGI E PECCAMINOISI!
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo. IMMONDIZIA
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer) SOSTITUENDO PENSA CON RAGIONA…
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita. SOSTRITUENDO VIVI CON GODITI LA VITA
– UAAR – Liberi di non credere IN CHE??
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta BLEAH!!!!!!!
CIAO!
@ piersky
Ma un dio che, oltre ad essere onnipotente, onnisciente ecc. fosse anche ‘timido’ non sarebbe poi così deludente per un cristiano, che lo potrebbe anche adottare (come ha qui fatto non a caso il cattolico Federico). In fondo la timidezza potrebbe essere equiparata all’umiltà, virtù tipicamente cristiana, e potrebbe signifikare un dio molto ‘umano’, di contro all’arroganza atea. L’incongruenza ‘teologica’ non turberebbe più di tanto ogni buon credente, mentre l’ironia difficilmente verrebbe colta, oppure verrebbe rimandata al mittente (“Questi atei, volendo offendere Dio, hanno finito per lodarlo!”)
Anche per me “UAAR – Liberi di non credere” resta la scelta migliore… ma per correttezza, visto che poi, se ho capito bene, verranno scelti gli slogan più votati, il mio voto era già stato espresso in questo senso. Non vorrei essere accusato di voler falsare i risultati! ^_^
fab scrive:
16 Marzo 2009 alle 17:01
Per me così ti tiriamo addosso le stesse critiche che molti atei rivolgono alla chiesa: che agiremmo solo per soldi.
O si pensa o si crede
Perché è vera e incisiva.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno…
Dio non ha fatto l’uomo, ma é l’Uomo che ha inventato dio!
“O si pensa o si crede ” (A. Schopenhauer) mi sembra il migliore e comunque il più adatto: breve e comprensibile come deve essere uno slogan. L’aggiunta del nome del filosofo poi gli da autorevolezza, il che non guasta mai. Penso possa essere efficace. Saluti “ateisti”!
Viljem
@ Alessandro S.
Penso di poter resistere all’accusa di agire solo per soldi (peraltro non poi tanto frequente).
L’importante è che, nel privato, tutti quelli che dicono di essere cattolici senza esserlo, e sono tanti, capiscano che cosa conviene davvero loro.
Può essere che “liberi di credere” sia equilibrato, ma in una situazione squilibrata come quella attuale è la scelta più efficace?
Giordano Bruno mi sembra decisamente fuori contesto nella situazione attuale, per quanto questa possa essere buia. Oggi non si tratta più di far accettare ovvietà, che accettano anche qma di rimettere al suo posto un centro di potere parassitario e tossico.
Scusate, è partito il post con l’ultima frase scassata: Oggi non si tratta più di far accettare ovvietà, ma di rimettere al suo posto un centro di potere parassitario e tossico.
uaar liberi di non credere
Indecisa tra queste due, entrambe ottime
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
UAAR – Liberi di non credere
Visto che dobboiamo per forza ripiegare su uno slogan più blando, allora tra quelli proposti voto per il seguente:
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.”
– UAAR – Liberi di non credere.
Motivazione di questa scelta: dobbiamo darci visibilità.
Eviterei slogan troppo “comici”, per cui penso che il migliore sia quello che richiama la campagna inglese:
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.”
Sempre sperando che non abbiano da opporre pretesti e rifiutarlo.
In ordine di preferenza scelgo:
!: O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer) [non sarebbe meglio affermare: O si ragiona o si crede?
2: la terza
3: la prima
4: la nona
io voto
1)La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo
e
2)Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
ASSOLUTAMENTE NO ALLA PRIMA!
Andrebbe a finire che tutto ruoterebbe intorno ai soldi.
Da anticonformista puro e quasi hippy, mi sento di dire che questa frase, oltre a non essere d’accordo con me è molto pericolosa.
Anche quella del pesce/bicicletta.
Porebbero dire che molti traggono forza dal credere in dio…
Non lo so fratelli io andrei su questa:
-La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
Perchè in questo modo mostri alla gente come non ci sia libertà di espressione in Italia.
UAAR – liberi di non credere – mi sembra la proposta migliore ma non sarebbe il caso di svolgere l’acronimo e specificare il sito? non vorrei che agli ignari passanti uaar suonasse come uno sbadiglio o un grido.
Unione Atei Agnostici Razionalisti
… liberi di non credere
http://www.uaar.it
Ricordarsi che deve essere accettato (è dura..), deve far pensare e non deve offendere i benpensanti (evitare effetto boomerang); quindi restono questi tre (nell’ordine che ritengo più vantaggioso per noi):
– UAAR – Liberi di non credere
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
– Dio: tanti ne parlano, molti lo negano. Nessuno lo ha visto! Per ora hanno ragione gli atei.
Saluti
UAAR liberi di non credere ! La cattiva notizia è che Zeus non esiste, quella buoa che di Zeus puoi dirlo!
Mi spiace ma ne avevo visti di molto migliori tra quelli esclusi… E non lo dico perché ne avevo proposti anche io alcuni! 🙂
Il meno peggio è forse il più banale: “UAAR – Liberi di non credere”, perché almeno centra il messaggio.
Gli altri sono o surreali (il pesce: carino ma frivolo), o triti (basta citazioni, per pietà), o “venali” (condivido il cruccio economico, ma è fuori tema), o partisan (“avere ragione” è, ahimé, ancora fuori tema).
MI RACCOMANDO: se sceglieste il primo rimuovete quella virgola tra “non crederci” ed “è gratis”, altrimenti passiamo anche da asini, oltre che da miscredenti…
@Bruno Gualerzi. Quello che dice e’ in parte vero, pero’, una parte inportante della fede in Dio si lega al desiderio di veder soddisfatti i propri bisogni (materiali in primis!). Molti dei credenti convinti si “affidano spesso a dio” in un modo che, ad occhi esterni, la loro sembra quasi una sfilza di richieste mirate a soddisfare i propri bisiogni. Dio viene invocato per risolvere i problemi piu’ vari…altro che spiritualita’ :)…
Inoltre, questa frase, ma forse mi sbaglio, potrebbe indurre qualcuno a pensare che tutte le ingiustizie e porcate che esistono sono incoliabili con la loro idea di Dio…
Ma mi rendo conto che la tua obiezione e’ piuttosto calzante….Per questo esprimevo l’idea che piu’ di una frase potrebbe essere presa come “slogan”.
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Lasciamo stare l’ateismo e Dio; non siamo una chiesa, non vogliamo propagandare i nostri pregiudizi; optiamo per il laicismo; parliamo delle cose serie cioè di soldi; dio lasciamolo alla teologia.
1) UAAR – Liberi di non credere
2) O si pensa o si crede
Il primo.
Cari amici del Comitato, ma vi siete fumati il cervello? Gli unici di cui non vergognarci sono “O si pensa o si crede” o “UAAR. Liberi di non credere”. Gli altri ci farebbero fare una figuraccia. E RICORDATEVI CHE SI PUO’ CREDERE O NO, MA QUESTA COSA E’ E DEVE RESTARE UNA COSA SERIA. Pesce in bicicletta? Ma siamo matti? E chi è il fine intellettuale che ha scelto l’aggetivo timido da affiancare a Dio, o vuole far passare il concetto che siamo atei e agnostici perché ci conviene (l’idea della finanziairia) o parla di Zeus quando, se va bene, non più del 10% della popolazione sa chi è, e così via.
Vi prego in ginocchio, fate scegliere a dei professionisti (l’agenzia) e zittite gli intellettuali
UAAR – liberi di non credere
antonio B non ha tutti i torti, a mio parere le frasi scelte sono quasi tutte infelici… qui ci vorrebbe un ateo/agnostico esperto nel campo pubblicitario eheheh
bah, il copy inglese funziona perchè è gentile, ammiccante e fa riflettere il lettore, le nuove proposte invece si muovono tutte tra l’arroganza e la stupidità (bella l’immagine che si trasmette appiattendo tutto a meri discorsi economici o di convenienza)
quella del pesce è carina ma di scarso impatto, sono invece contrario al copy UAAR perchè lo scopo originario degli ateobus era quello di invitare alla riflessione il cittadino, non quello di fare pubblicità all’associazione (per altro con uno slogan anche qui che pare uscito dalle menti di qualche gruppo ultras)
Mi dispiace ma sono d’accordo con Antonio B.
Ma sul serio non c’era niente di meglio?
Ho votato per UAAR – liberi di non credere, ma per essere efficace avrebbe bisogno di un testimonial.
Concordo con Antonio B: non ne va bene nessuna in realtà, le citazioni dotte non dicono nulla alle massaie, lasciamo stare il pesce e la bicicletta (slogan femminista riciclato), lasciamo stare l’8 x mille perchè è fuorviante…
Secondo me ci vuole un pubblicitario di professione per escogitare una buona campagna.
… e poi “la cattiva notizia è che dio non esiste….”
ma non l’hanno già bocciata?
mandi
Potrebbe essere: POSSO DIRE CHE DIO NON ESISTE?
quoto Antonio B. – Torino
“Vi prego in ginocchio, fate scegliere a dei professionisti (l’agenzia) e zittite gli intellettuali”
dategli tutto il malloppo di suggerimenti ricevuti e chiarite bene target scopi e budget. Potrebbe anche uscirne un collage che a noi non e’ venuto in mente. Non me ne vogliate, ma se nella prima fase c’e’ stata la consulenza di professionisti, ed e’ stato raggiunto lo scopo di dare una spallata, e di far discutere anche la casalinga di voghera col pizzicagnolo di napoli (che hanno detto tutte le corbellerie tipo “volevo vedere se se la prendevano coi mussulmani”, ma almeno ne hanno parlato), perche’ non tornare a consultare gli stessi?
Sinceramente, non tutti gli operai che prendono l’autobus alle 5 del mattino sanno chi e’ Zeus, figuriamoci (e non sto invertendo i soggetti) gli studenti che prendono l’autobus alle 8:00. Lo so, ho un caratteraccio e sono supponente e presuntuoso. Ma vi assicuro: dal vivo sono peggio.
ops, adesso ho letto meglio!
ma senza “dio” non vale.
UAAR – Liberi di non credere
Ma scusate ma dipende anche qual’è lo scopo dell’iniziativa.
1- promuovere la laicità delle istituzioni?
2- promuoevere l’ateismo?
3- promuovere l’anticlericalismo?
4- promuovere l’UAAR?
io credo ceh non abbiate ancora un’idea precisa di quale scopo abbia l’iniziativa. Prima chiedetevi quali dei 4 scopi vi prefiggete e poi scrivete uno slogan.
Gli slogans che avete messo hanno 4 differneti scopi e non sono accorpabili tra loro in una categoria!
-Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
-Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
UAAR – Liberi di pensare e di non credere
che ne dite del rafforzativo alla Schopenhauer?
O si pensa o si crede, del GRANDE ARTHUR!
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
– UAAR – Liberi di non credere
Carina la variante proposta nel primo post, stile:
“Forse Dio esiste, forse no… IN OGNI CASO, vivi la tua vita liberamente.”
sono un’iscritta. io preferisco quella sulla finanziaria, per una serie di ragioni. non è la migliore nè la più in consonanza con quello che penso (o si pensa o si crede sarebbe la mia preferita…..) ma da sbattezzata e scomunicata mi sono trovata spesso davanti a “muri” che non credevo esistessero anche con quasi amici e comunque più che conoscenti, quindi voto quello che secondo me può far più presa……
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
Come slogan sull’inesistenza di dio a me sembrano tutti buoni e soprattutto intelligenti. Poi si tratta di vedere quali sono i più adatti ad una campagna di questo tipo e quali meno. Quello che a me pare migliore in assoluto é “Uaar, liberi di non credere”, come hanno già notato in diversi. Il tenore di alcune critiche proprio non lo capisco, ma questo é un altro discorso.
La prossima campagna però dovrà essere incentrata su temi più concreti e tangibili: il primo slogan che chiama in causa la finanziaria, facendo leva per di più sul soldo, mi sembra il più vicino in questo senso.
1. La cattiva notizia è che non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
2. La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
3. UAAR – Liberi di non credere
4. Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
Mi piacciono tutte e 4, ma le ho messe in ordine gerarchico di preferenza.
Carina Franco, si comunque le uniche accettabili sono queste 2.
Hai ragione NOONE. Prima occorre stabilire un obiettivo non equivoco, e poi promuoverlo con categorie linguistiche serie forti e concise, nonché comprensibili a tutti. Per me l’obiettivo più alto, di cui essere tutti orgogliosi perché prescinde dall’autocelebrazione, dalla battuta, dalla denigrazione dell’avversario ecc., è quello di arginare l’arroganza e la spocchia delle gerarchie facendo passare il messaggio che esiste ed è sempre esistita un’etica senza Dio (etica che noi sappiamo essere più nobile di quella dei credenti, in quanto persegue il bene comune senza speranza di premio eterno o paura di fiamma che non si estingue), che pensare e dubitare è segno di intelligenza e non di disfattismo o relativismo deteriore.
Per questo Schopenhauer andrebbe bene, magari rivisto come suggerisce Franco 49 (Liberi di pensare e di non credere), ma mettendo Atei e Agnostici al posto di UAAR.
Potrebbe anche essere: UNA BUONA NOTIZIA? ESISTONO MORALITÀ E VALORI ETICI ANCHE SENZA DIO
“…persegue il bene comune senza speranza di premio eterno…”
A me dire questo sembra un po’ controproducente, e potrebbe allontanare la gente invece di avvicinarla, comunque..
Il discorso in se é certamente sensato, ma d’ora in poi occorreranno obiettivi e slogan ancora più immediati: niente più di quelli possono richiamare l’attenzione del pubblico e smascherare l’ipocrisia e le pretese di dittatura della chiesa. Oggi ad esempio sull’Unità in prima pagina si é tornati a parlare, a sorpresa, delle coppie di fatto che stanno aumentando sempre più in Italia, fino a surclassare i matrimoni, come si prevede, e della conseguente necessità di una legislazione in materia (Pacs, Dico) di cui non si é più parlato.
UAAR – Liberi di non credere
mi sembra perfetta
in subordine
O si pensa o si crede
Antonio B. ha molta ragione. Io mi sono trovata -quasi- nella condizione di scegliere il meno peggio.
Il rispetto per il nostro libero pensiero è quello che ci manca di più, quindi non dobbiamo presentarci mancando di rispetto alle idee degli altri. (difatti non apprezzo la dicotomia credere/pensare. Perché mai un credente dovrebbe essere per forza un babbeo? E perché offendere?)
E neppure è giusto insinuare che siamo atei in quanto grettamente attaccati ai dané.
Perché io non sono nè irrispettosa nè materialista e siccome so che gli altri atei mi assomigliano per qualità morali posso andare fiera di esservi sorella.
Non fatemene pentire! 🙂
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
Concordo pienamente con chi suggerisce di far scegliere ai pubblicitari di professione. Va bene la democrazia, ma l’efficacia e l’efficienza non sono prodotti di una votazione a maggioranza. Al limite si può far votare alla fine, tra diverse opzioni proposte da professionisti.
A quanti vorrebbero far decidere i “professionisti”. Se ritenete, voi stessi come tutti gli atei, gli agnostici, gli umanisti e i razionalisti italiani, incapaci di sviluppare e scegliere in motto che ben rappresenti quello in cui credono e in cui cui indendono profondere i loro sforzi, allora che senso ha tutto questo? Perché si dovrebbe ritenere questo raggruppamento di gente degno della stima intellettuale e della fiducia tanto da volerli pensare capaci di sviluppare un nuovo modello di società in cui le persone siano libere dalle credenze, dalle superstizioni, dalle manipolazioni condotte dagli strati ricchi e potenti della società, se non sono capaci neanche di mettere su quattro parole che contengano e che rappresentino efficacemente il loro pensiero, le loro idee e il loro progetto? Se tutti costoro seguono le regole del “mercato” dell’opinione, del convincimento a suon di slogan pagati ai professionisti della manipolazione dell’opinione delle masse, in che cosa si ergerebbero di fronte alla chiesa, ai partiti politici e allo stuolo di venditori di fumo, vanne marchi e maghi otelma? Sarebbero quindi proprio come loro, un mercante in più nel mercato del consenso, a competere armati solo dei soldi necessari a comprarsi il migliore manipolatore di opinione cui dipende il loro successo e la fortuna delle loro idee?
A me l’idea di pagare uno studio di “professionisti” dell’immagine fa cadere le braccia, mi fa cadere ogni fiducia in un progetto di cultura che diventerebbe l’ennesimo esercizio di promozione commerciale o marketing che dir si voglia.
Così poveri d’idee? Così incapaci d’essere ispirati dalla conoscenza e dalla libertà da demandare ad un mercenario lo scrivere quello in cui credono? E tali persone vorrebbero proporsi come alternativa alla chiesa come guida delle coscienze e creatori della cultura civile del paese?
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Sarà enigmatica come scrive qualcuno ma, secondo me, è molto efficace!
“Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta” … è quella nella quale più riconosco la stessa sensazione che provo ogni volta che sento citare un qualsiasi dio.
UAAR-liberi di non credere…davvero niente male…rende bene l’idea ed è molto meno settoriale…liberi di non credere non solo nel dio dei cattolici…ma in qualsiasi altra forma di superstizione religiosa k annebbia la mente ed avvelena l’anima…è perfetta…:)
Zeus: sottile, elegante, ma abbastanza infida da sorprendere e incuriosire.. anche se presa separatamente dalla versione monoteista… 🙂
C’è l’imbarazzo della scelta… sono indeciso tra: la finanziaria, zeus e il pesce in bicicletta…
daccordissimo con DAVIDE C.:
“UAAR – Liberi di non credere” PUò DIVENTARE LA “FIRMA” DA METTERE SOTTO ALLO SLOGAN!!
Si potrebbe dunque scegliere:
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“La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.”
firmato “UAAR, liberi di non credere”
=====================
OPPURE
=====================
”Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita”
firmato: “UAAR, liberi di non credere”.
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“UAAR, liberi di non credere” può diventare lo slogan/firma che accompagna ogni dichiarazione, evento, ecc… dell’associazione.
Io voto:
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
– UAAR – Liberi di non credere
Comunque concordo che la frase “UAAR – Liberi di non credere”, che venga posta o no nel manifesto. mi sembra rappresenti bene l’associazione.
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
Semplicemente splendida.
– La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
Anche queste due sono molto belle però.
Vampiretta scrive:
17 Marzo 2009 alle 6:05
Sono d’accordo anch’io. Il passo successivo per me sarebbe quello di trovare una versione grafica dello slogan, un logo che rappresenti l’Associazione che sostituisca il muro odierno che non trovo particolarmente ricco d’ispirazione, anzi, lo trovo quasi deprimente.
Intanto assolutamente da condividere il bellissimo intervento di Alessandro S., parola per parola!
Detto questo, un ennesimo ripensamento da parte mia alla luce di tanti ben argomentati interventi. Resto sempre del parere che dovendo stringere i due slogan da prendere in considerazione siano: “O si pensa o si crede” e l’altro “UAAR – liberi di non credere”, orientando la scelta in base – come molti hanno detto – all’obbiettivo che si intende raggiungere.
Se si intende soprattutto far conoscere l’UAAR e una sua fondamentale funzione, accostare la sigla dell’Associazione ad una scelta di libertà da intendere in tutti i sensi (mentale e politica), credo sia la scelta migliore.
Se invece (e qui mi ricredo) si punta a rivendicare una scelta culturale di fondo che distingue credenti e non credenti, l’aforisma di Schopenhauer (“O si pensa o si crede”) è da sottoscrivere. Di fronte ad un papa che privilegia più di ogni suo predecessore l’eterno tentativo di far passare la scelta fideistica per la sola scelta veramente razionale, la sfida si impone. La mia perplessità – di cui ho cercato di spiegare il motivo – di fronte alla prevedibile campagna denigratoria per questa nostra rivendicazione, cade di fronte alla considerazione, fattami giustamente notare, che qualsiasi slogan, di qualsiasi natura, si scegliesse subirebbe un trattamento aspramente denigratorio… per cui tanto vale puntare subito in alto.
Per coerenza non posso fare a meno di votare per:
“UAAR – Liberi di non credere.”
Caro Alessandro S.,
io sono vecchio e molto probabilmente tu sei giovane. La tua lirica prosa tipo giovane Werther o ultime lettere di Jacopo Ortiz è accattivante ma il problema è ben altro. Ciò che conta è dare all’opinione pubblica un’idea corretta di ciò che siamo e di quali sono i nostri valori, non conta un fico secco se a tal fine collabora un’agenzia di professionisti. Seguendo il tuo ragionamento, per costruire la sede dell’UAAR non avresti nemmeno chiamato quei mercenari dei muratori. Come fare a spiegare a un romantico come te che un semiologo o un copy che lavora in un’agenzia non è un “professionista della manipolazione delle masse” un volgare “mercenario” ma un serissimo personaggio che si è fatto un mazzo tanto per capire qualcosa, e che sa e fa ciò che i nostri amici del Comitato non hanno saputo fare, e cioè prima scegliere bene l’obiettivo (e in ciò anche Bruno Gualerzi, che ti apprezza, concorda) e poi dirlo in modo forte, dignitoso, efficace, senza pesci e biciclette, timidezze di Dio, Zeus, finanziarie . La riprova? Avete scelto entrambi (tu e Bruno, che concorda anche sulla necessità di puntare alto) i due soli slogan che anch’io avevo giudicato accettabili tra quelli proposti (O si pensa o si crede – Liberi di non credere), anche se ve ne sarebbero molti altri più che dignitosi. E poi, credi, viste le nove proposte, saper fare un passo indietro non è mai resa, è umiltà, senso di responsabilità di chi ha a cuore il risultato, e non il proprio orgoglio. E io che sono un fervente “attivista in laicità”, non voglio assolutamente dovermi vergognare per slogan supponenti, irridenti, incomprensibili ai più, offensivi verso chi non la pensa come me. Il tutto con sincera amicizia perché i tuoi intenti denotano comunque sincero amore ed orgoglio per la causa.
perchè non riesco mai a fare i vostri sondaggi? quando apro la home page ci sono già i risultati dei votanti ed io non posso esprimere la mia opinione! succede anche ad altri?
O si pensa o si crede! UAAR – liberi di non credere.
Per Alessandro S.
Tutto molto bello e idealista quello che dici, ma io resto dell’idea che le cose bisogne lasciarle fare agli esperti. Io non mi farei operare di appendicite da una persona che pur stimo moltissimo ma che non è un chirurgo. Non vedo perchè debba essere una vergogna ricorrere a professionisti, quando si vuole fare qualcosa in modo efficace. Sentirsi idealisti sarà anche appagante, ma rasenta il masochismo a volte. 😉
@Alessandro S. e Bruno Gualerzi
Concordo anch’io con chi vorrebbe lasciare la scelta ai professionisti della comunicazione, o perlomeno sentire un loro parere: perché mai gli atei (o i cattolici, o i comunisti, o i liberali, o gli ammiratori di Obama, o i panteisti…) dovrebbero essere in grado di scegliere, a maggioranza, lo slogan più efficace per raggiungere determinati scopi di comunicazione? Avere un’idea non equivale a saperla comunicare a chi parte prevenuto verso di essa!
“un progetto di cultura che diventerebbe l’ennesimo esercizio di promozione commerciale o marketing che dir si voglia.”
Perché, scusa, uno slogan sulla fiancata di un autobus ti pare immune da scopi di marketing culturale? E le “pubblicità progresso” non sono forse operazioni di marketing culturale? C’è forse qualcosa di male?
Certo che questa iniziativa ha lo scopo di promuovere un’idea, e in particolare di far breccia ( 😀 ) tra coloro che le sono più pregiudizievolmente avversi.
io voto per “O si pensa o si crede (Arthur Shopenauer)”.
scusate, volevo dire Schopenhauer, non Shopenauer
P.S. Se poi vogliamo scegliere noi, ha ragione Noone, forse avremmo dovuto discutere di più degli scopi della campagna promozionale, perché ci sono idee diverse, mi pare.
Ad esempio, io penso che far conoscere l’associazione sia un buono scopo, ma un tantino riduttivo: c’è il rischio che possa parere autoreferenziale, di poco interesse per la collettività.
Un obiettivo più forte, in linea con la qualifica di “associazione di promozione sociale”, potrebbe essere quello di contrastare la denigrazione degli atei e agnostici razionalisti messa in atto dalla CCAR e dai suoi pasdaran. Ecco perché personalmente preferisco quegli slogan che gettano una luce positiva su noi non-credenti: una sorta di “Rationalist Pride”! 🙂
Anche diffondere informazioni poco note sul cattivo stato della laicità in Italia (cfr. costi della CCAR per i contribuenti) può essere un buono scopo, ma va fatto per bene, senza slogan sbagliati o controproducenti. E senza voler mettere il cappello ateo sulla laicità, che invece è un bene comune a non-credenti, credenti non cattolici e cattolici “secolari”.
“Rivendicare una scelta culturale di fondo che distingue credenti e non credenti” (Bruno): sarebbe anche cosa buona, in sé, ma gridare “Voi avete tutti torto, e noi ragione, solo noi!” ad una maggioranza già poco propensa a rispettarti può non essere la scelta migliore, per una minoranza che fatica ad ottenere visibilità, e ascolto.
UAAR – Liberi di non credere
mi sembra la più appropriata, ma incompleta.
UAAR – Liberi di non credere in alcun dio e di affermarlo.
mi sembra la chiusa necessaria a completare la ragione del nostro esserci.
@ Enrico e Mager
Ribadendo quanto affermato da Alessandro S. voglio sottolineare soprattutto un punto. Se il nostro messaggio passasse come può passare la pubblicità di un prodotto, l’ultima cosa che conterebbe, come avviene per la pubblicità, sarebbe proprio la qualità del prodotto. D’accordo che scrivere uno slogan sulla fiancata di un autobus, quale che ne sia il contenuto, verrebbe comunque recepito dai più come l’annesima pubblicità di qualcosa che si vuol ‘vendere’ (e la cosiddetta ‘pubblicità progresso’, così come fatta, per questo suo messaggio sostanzialmente anonimo perché manca di un referente ben caratterizzato come invece sarebbe UAAR, non credo che ottenga grossi risultati), ma o si riesce a metter in circolazione un messaggio che sia in grado di proporsi anche come superamento di questo limite… oppure si otterrà ben poco. Ora, tutto questo è estremamente difficile, non c’è dubbio, ma assegnare questo compito a esperti di marketing vuol dire avere la certezza del fallimento. E in analogia con il ricorso agli esperti in pubblicità per avere la meglio in una competizione elettorale, una pubblicità piuttosto che un’altra può far vincere le elezioni, ma questo non signifika affatto che sia il competitore miglioe a vincere, anzi! Questo non conta, l’importante è ‘vincere’? Il Berlusconi ‘grande comunicatore’ che miete consensi dovrebbe far riflettere.
O UAAR si pone in alternativa proprio a questo andazzo, oppure potrà anche crescere in quantità, ma non credo che incida più di tanto sulla qualità. E non essendo, e non volendo essere, un partito politico…
Concordo con Vampiretta, ma escluderei “Schopenhauer”.
I due slogan possono unificarsi: O si pensa o si crede! UAAR – liberi di non credere.
metterei UAAR -UNIONE ATEI AGNOSTICI RAZIONALISTI uomini liberi di non credere
“UAAR: liberi di non credere”. E’ forse il migliore perché fonde lo slogan promozionale UAAR con lo slogan ateistico (liberi di “non credere”).
Un suggerimento: nel caso fosse prescelto “UAAR: liberi di non credere” (che mi pare tra i più votati), ci sarebbero due possibilità: una è quella di aggiungervi sotto, a caratteri più piccoli, il significato della sigla che non tutti, naturalmente, conoscono (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti); oppure aggiungere solo l’indirizzo web (www.uaar.it) e lasciare ai più interessati (e ai più curiosi) la possibilità di informarsi su cosa sia l’UAAR.
Sono contrario all’uso di slogan copiati o parafrasati da pensieri già noti, come ad esempio “O si pensa o si crede” di Schopenhauer, o “Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta” ripreso dallo slogan femminista anni ’70: “Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta”. Dovremmo essere in grado perlomeno di creare uno slogan completamente originale.
Saluti.
“La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.”
Oppure
“UAAR – Liberi di non credere”
@ Bruno Gualerzi
“qualsiasi slogan, di qualsiasi natura, si scegliesse subirebbe un trattamento aspramente denigratorio… per cui tanto vale puntare subito in alto.”
gia’, perche’ non puntare subito all’associazione potere=chiesa? Di cosa abbiamo paura? Il “serissimo” tgcom, quello che accusa di omicidio persone che si trovavano a passare, che romanza ricostruzioni, che ha associato la nostra pubblicita’ con il rogo di bandiere israeliane per accomunarci con altri gruppi con cui non c’entriamo niente, si inventera’ cmq chissa’ cosa… e noi gli parliamo di zeus, che in ogni “rispettabile” itaGliano provoca un’allergia da ricordi della sQuola. Andiamo…
“io non credo io dio, tu ci credi ma la mia opinione vale quanto la tua”.
in dio* scusate l’errore.
in dio* scusate l’errore.
A me piace “liberi di non credere” ma aggiungerei “e di dirlo” (in evidente risposta al boicottaggio ricevuto).
Vedo molti sostenere che non è importante cosa scegliamo di comunicare, perché “tanto ci denigreranno lo stesso”.
A me non interessa un fico quello che dicono gli altri. Mi importa di sapere dentro di me che ho fatto un buon lavoro, per questo ho scelto utilizzando tutto il senso etico che potevo.
“UAAR-Liberi di non credere”, breve, tagliente, azzeccata, ha sicuramente il mio plauso.
@Bruno
Diciamo, più che “pubblicitari”, esperti di comunicazione sociale e politica, coloro che aiutano ad impostare le campagne elettorali dei politici.
Non capisco che problema tu ti faccia riguardo alla “qualità”: l’effettiva bontà della merce venduta dipende dal produttore, non dal pubblicitario o dalla réclame scelta. Ma noi vogliamo vendere roba buona, mi pare! 🙂
Certo che l’importante è “vincere”, nel senso di realizzare gli obiettivi di comunicazione prefissati. Ancora una volta, se tali obiettivi sono finalizzati a far votare gli elettori per me indipendentemente dal mio programma scadente, oppure a far riflettere la gente, ciò dipende esclusivamente dalle intenzioni del committente. Ma noi non abbiamo secondi fini, non vogliamo imbrogliare nessuno, né diffondere menzogne o appellarci al basso ventre.
Il parere di un esperto darebbe solo una mano a esporre i nostri contenuti in maniera meno ingenua o foriera di fraintendimenti.
Enrico scrive:
17 Marzo 2009 alle 10:00
Per Alessandro S.
Un chirurgo è un tecnico che opera su un fattore fisico del nostro corpo su cui non abbiamo il controllo o possibilità d’intervento. Eroga quindi un servizio professionale nei confronti di terzi, ed è pagato per farlo.
La UAAR è invece un’associazione di promozione sociale, che si occupa non di gestire un arnese a lei esterno ed estraneo su commissione di terzi, non è un’erogatrice di servizi nei confronti di terzi o della società: è un progetto culturale.
Il paragone del chirurgo quindi non è calzante. Un paragone calzante piuttosto per me sarebbe questo: Galileo Galilei o Giordano Bruno (o tanti altri tali personaggi) sono diventati famosi perché hanno firmato libri di successo scritti da abili professionisti delle lettere, perché ne hanno licenziato la pubblicazione, la promozione e la distribuzione a validi ed esperti “maghi” della promozione editoriale? Il tutto gestito da competenti commercialisti creativi che hanno saputo coniugare sapientemente l’interesse indotto con la pubblicità nelle masse verso il prodotto editoriale con un costo per volume alla portata dei più puntando sull’economia di scala di volumi stampati in molte più copie di quanto allora si ritenesse possibile vendere opere di tale contenuto?
Oppure oggi sono noti e famosi per le persone che furono, per le idee che loro, non dei mercenari dell’immagine, avevano sviluppato contro le idee dominanti della cultura del loro tempo? Per aver saputo sviluppare ed esporre le loro idee con coraggio, convinzione e attenta riflessione risultando genuini, comprensibili e convincenti, presentandosi di fronte alla società, alla cultura del loro tempo loro stessi per quello che erano, non come frutto di strategie di imbonimento di massa, non grazie all’inculcamento di idee preconcette, non sfruttando tecniche di convincimento, non ricorrendo al mero potere dei soldi e all’appoggio dei potenti?
Bisogna decidere che cosa la UAAR vuole essere o diventare: un macchina che macini facili consensi per raccogliere soldi, potere e grandi numeri e che per ciò si avvalga di servizi di terzi (o che ne eroghi), oppure un progetto culturale che sia sviluppato, esposto, diffuso ma soprattutto vissuto in prima persona da chi la sostiene e ne fa parte? Vogliamo essere uno dei tanti nell’arena del mercato del consenso, o vogliamo riappropriarci della cultura degli uomini liberi e infrangere le barriere che intorno a loro sono state erette dalle forze del mercato del consenso, dell’opportuno e della manipolazione interessata?
Io nel progetto culturale mi riconosco. Nell’impresa quale fabbrica di consenso no.
@ Fucsia
veder travisate le proprie parole e’ sempre urtante ed impone una pronta risposta (che fa perdere tempo solo perche’ non c’e’ stata un’attenta lettura da parte del travisatore).
Io non dico che siccome ci denigreranno lo stesso non e’ importante cio’ che si comunica, ma, al contrario, che e’ importante comunicare bene, in maniera comprensibile (per comprendere il msg non servano due lauree e tre dottorati), e che non si deve avere paura di colpire duro, tanto anche se ti mantieni molle, ti tirano cmq le pietre.
Quella del pesce senza bicicletta è bella ma la scarto perchè la maggior parte di un popolo impallonato quale noi siamo non riuscirebbe a capirla.
Preferisco quella della finanziaria. La gente se gli parli di soldi reagisce prima col cervello.
In alternativa ” tanti ne parlano, molti lo negano ecc. ecc.”
Comunque tutti belli
o si pensa o si crede
d’altra parte è la mia firma eletronica su anticlericale.net
Bisogna decidere che cosa la UAAR vuole essere o diventare: un macchina che macini facili consensi per raccogliere soldi, potere e grandi numeri e che per ciò si avvalga di servizi di terzi (o che ne eroghi)
Eh, come corri avanti con la fantasia, Alessandro! 😀
C’è un po’ di pregiudizio verso le tecniche di comunicazione, le si vede legate a doppio filo alla menzogna, alla propaganda fallace, o alla vendita di prodotti di scarsa qualità.
Ma saper comunicare non vuol dire necessariamente mentire. Il “mercato del consenso”, in sé, non è Satana. Quando i contenuti sono validi e articolati, cercare di farli arrivare a parecchi destinatari, compresi quelli più refrattari, nel breve spazio di uno slogan, richiede comunque una certa abilità, e impiegare tale abilità non ha nulla di sconveniente.
(Voler essere capiti mica equivale a cercare soldi e denaro!)
Per dire, nei giudizi di noi semplici frequentatori del blog vedo alcuni difetti diffusi (e.g. si tende a pensare solo come noi interpreteremmo un certo messaggio, o cosa a noi farebbe piacere leggere, senza tener conto delle reazioni del lettore medio, non particolarmente anticlericale o informato). Senza contare gli errori che io stesso ho commesso, o quelli che non riesco a vedere: mica sono un esperto. E se poi noi profani diamo un cattivo consiglio alla UAAR?
Ops, “potere e denaro”, non “soldi e denaro”, ovviamente…
Caro Magar, tu vedi le cose dal punto di vista del produttore (e naturalmente UAAR produce ‘roba buona’), ma credo che quando si vuol far circolare un’idea (non un detersivo) occorre che questa idea giunga al ‘consumatore’ il più possibile nella sua integrità proprio come idea, non come merce da mettere sullo stesso piano di quasiasi altra merce. Ora, quando ‘il mezzo diventa il messaggio’ (il ‘vecchio’ McLuhan è sempre attuale), purtroppo è il mezzo che conta. E’ vero che se si decide di ‘mettersi sul mercato’ occorre poi seguire le regole del mercato, ma non al punto di diventarne succubi. L’esperto di comunicazione, per bravo che sia, anzi quanto più è professionalmente qualifikato, deve sottostare lui per primo alle regole del mercato, indipendentemente dalla qualità del prodotto, perché quello che conta è che il prodotto venga acquistato del consumatore. E il consumatore è la prima vittima di un prodotto acquistato in questo modo, e tanto più quanto più il prodotto è un’idea, un progetto culturale, un programma politico… proprio come l’elettore che, sedotto dal ‘grande comunicatore’ Berlusconi, ‘compra’ senza sapere veramente cosa compra.
Chi si vuole si avvicini a UAAR deve avere a che fare con un prodotto da valutare il meno possibile condizionato dai filtri della pubblicità.
@ Magar
Ho scritto la mia replica senza conoscere il tuo intervento delle 14.10 (l’avevo iterrotta e poi ripresa). Dico questo perché non la devi mettere direttamente in relazione al tuo ultimo intervento… anche se non l’avrei cambiata di molto.
Ti saluto.
Scusa Bruno, ma allora il “medium” da eliminare per primo è la forma di slogan pubblicitario sulle fiancate degli autobus, non i tecnici che sanno come adoperarlo correttamente!
Una volta accettata la campagna ateobus, non si può guardare gli esperti come se fossero diabolici manipolatori fanatici: semmai manipolano su richiesta del committente, che però qui siamo noi non-credenti! Basta che l’UAAR non chieda di imbrogliare nessuno, molto semplicemente.
@rosalba sgroia
a me piace molto questa: – Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Quando si parla di soldi …la gente capisce! 🙂
A me questo fra gli slogan sembra il meno centrato perchè Dio non c’entra nulla con la finanziaria. Modificherei con “Seguire la chiesa cattolica ci costa una finanziaria all’anno…etc”
Il problema è questo, non Dio, nè le altre confessioni cristiane, nè le altre religioni.
Non confondete Dio col Vaticano o col cattolicesimo perchè non c’è nessun legame tra una chiesa istituzione di potere e Dio, casomai solo una sporca strumentalizzazione della prima sul secondo.
Un saluto da una credente valdese lesbica
Per me la migliore è:
LIBERI DI NON CREDERE
Un’affermazione netta di libertà che un diritto inalienabile e in più non offende nessuno, soprattutto chi essendo credente non cattolico forse non ha molto piacere nel vedere dileggaito il suo sentimento religioso.
@ Fisico scrive:
assolutamente quella su Zeus.
in questo modo forse qualcuno rifletterà un poco sulla disparità di trattamento tra i credernti e gli atei
Magari qualcuno rifletterà anche sulla disparità di trattamento e di valutazione fra diversi culti. Il culto cattolico è di fatto un culto di stato. Gli altri culti e le altre religioni non hanno praticamente alcuna considerazione, ma io credo che sia molto meglio così, almeno manteniamo la nostra laica libertà
@Alessandro S. scrive:
Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
A me suona meglio: “Per cui smettila di preoccuparti e goditi la vita”.
Comunque, mi è più che simpatica quella su Zeus. Pollice alzato anche per Schopenhauer.
Io sono credente e non sono preoccupata di nulla e in più mi godo la vita con profondo piacere. E quindi?
Quello che voglio dirvi è che non questi slogan non sortite l’effetto che vorreste e cioè farvi conoscere e fare una battaglia di giusta rivendicazione di libertà di espressione.
E’ solo un consiglio che vi do da amica e simpatizzando pur essendo una non atea.
@marcom scrive:
A me piace “UAAR – liberi di non credere in alcuna divinita’”
(aggiungerei cioe’ “..in alcuna divinita”, per specificare l’oggetto)
partecipo anche io al sondaggio e voto decisamente questa
@alfredo scrive:
io propongo questa :
“dio esiste? ….sei libero di scegliere se crederci ”
oppure
“dio esiste ? ….un atto di civiltà è essere liberi di crederci o no”
Perfette tutte e due. Bravo Alfredo
Magar scrive:
17 Marzo 2009 alle 14:10
La tecnica o il veicolo è una cosa, il messaggio, il contenuto è un’altra. Qui si è proposto non di affidarsi ai professionisti per distribuire o far conoscere il nostro “prodotto” (già qui mi sento male, a chiamare le idee dell’UAAR un prodotto), lo slogan, ma di affidarcisi per poter avere un prodotto da diffondere! Ai professionisti ci dovremo affidare, dalle concessionarie delle pubblicità sugli autobus dovremo andare, ma il prodotto deve essere nostro, non di professionisti pagati per metterci in bocca parole che non sarebbero le nostre!
Purtroppo non si è chiesto il ricorso a professionisti per poter comunicare il nbostro pensiero, il nostro slogan, ma proprio per avere un pensiero, uno slogan da far conoscere. Questa sarebbe la menzogna: spacciare per nostro uno slogan che sarebbe invece stato comprato da gente estranea.
Cosa c’è nel messaggio dell’UAAR di così strano, contorto, troppo sofisticato o poco chiaro che necessiterebbe di professionisti per poter essere capito? Questo “essere capiti” è un pretesto, quello che si cerca è di fare audience; questo denuncia una scarsa fiducia nella forza delle proprie idee, che sono universali e di base nella nostra società: la libertà dal dispotismo, dalla coercizione e il poter scegliere per se stessi. Servono dei professionisti per far capire questo? Nessuno dei soci o dei simpatizzanti sa esprimere tali concetti di base in modo semplice, convincente e coinvolgente? Se la risposta fosse no, allora neanche i professionisti potranno fare gran che, oltre al promuovere per un certo tempo una nuova moda, una tendenza da fichetti alternativi.
Per spiegare ai tuoi figli il bello e il bene della vita, della libertà, della scelta e il valore della responsabilità, devi assoldare dei professionisti? Si, lo so che infatti certuni lo fanno, ma tu pensi che sia questa la maniera migliore di crescere e di conoscere la vita?
Mi confermi quindi la tua assenza di fiducia nelle motivazioni e nelle capacità degli atei, degli agnostici e dei razionalisti. Beh, fossero veramente così le cose, i professionisti non potrebbero che ritardare il fallimento del progetto civile e sociale che la UAAR rappresenta. O di garantire il successo di qualcosa che sarebbe un’altra cosa rispetto a quello che oggi ci si propone di fare.
Magar scrive:
17 Marzo 2009 alle 14:55
Continui a confondere il mezzo, il contenitore, con il messaggio, con il contenuto. Ai professionisti del mezzo ci dovremo rivolgere per forza, alle concessionarie degli spazi pubblicitari sugli autobus dovremo affidare senz’altro il nostro slogan. Ma si è invece proposto di far redigere lo slogan stesso, ossia il contenuto, il nostro messaggio, le nostre idee, a degli estranei pagati per farlo. Non hai idea di quanto trovi deludente e misero il fatto che veramente dobbiamo pagare dei “professionisti” per pensare, per esprimere dei concetti così fondamentali e basilari.
Si è ben scritto perché non si vuole ricorrere ai professionisti, e mi deludi leggendoti attribuire agli altri cose che non sono state scritte da alcuno prima di te.
È comunque facile dimostrare che, ottenuta la commessa, il pubblicitario manipoli per la stessa natura della sua professione, anche non gli avesse il cliente esplicitamente chiesto di fare tanto: è implicito nella sua funzione, il miglior pubblicitario è quello che manipola con il massimo successo a prescindere da cosa vende e in nome di chi sta lavorando. Non necessariamente perché sono dei «diabolici» e dei «fanatici», ma perché in ciò consiste il loro mestiere.
@Magar
Il pregiudizio è più che fondato, visto la deriva pubblicitaria della comunicazione in-sè (ora che vige l’imperativo sociale: parlo per promuovermi, non per condividere conoscenza…)
Anche contro questa mentalità dovrebbe agire lo “slogan”, ignaro dei tiggì, dei fanfulla, e dei giocolieri televisivi. Non è uno spot di 30 secondi – tra l’altro – è un autobus parlante che circola per strada, e tanto meglio se costringe le persone a pensare.
Gli esperti di cui tu parli non sono esperti in nulla se non in giochi di parole: non è solo di questo che si ha bisogno, nè di tecniche applicate indifferentemente a promuovere biscotti, calze, cellulari fighetti, l’ultimo sbrago televisivo o … l’uaar.
Anche per questo, trovo interessante la massima (più che lo “slogan”) su Zeus.
Anzi, non vedo perché non mettere il tutto nero su bianco, senza alcun fronzolo. E non necessariamente uno solo, meglio anzi una serie di massime che facciano riflettere, senza offrire “facili” soluzioni al lettore, che, occorre ricordarlo, non deve essere trattato come uno stupido.
Sarei molto favorevole anzi a forme assai più dialogiche di quelle proposte, con risposte non sempre evidenti, o che per es. siano in forma di domanda, o di mini-dialogo.
UAAR – Liberi di non credere
Mi sembra strano. Io voglio ribadire la mia liberta nel credere che Dio non esiste.
—–
Shepherd Book: When I talk about belief, why do you always assume I’m talking about God?
—–
Shepherd Book: I don’t care what you believe in, just believe in it.
Bruno Gualerzi scrive:
17 Marzo 2009 alle 14:32
Questa è una massima da tenersi sempre presente. Perché non si finisca col diventare un’altra chiesa, attenta non più al suo messaggio, ma ai numeri, alle folle, all’otto per mille, al saper carpire la fiducia degli ignavi, al saper obbligare alle proprie posizioni le minoranze ed altre bestialità del genere.
Vogliamo essere testimoni e garanti della libera scelta e della responsabilità individuale, non spacciatori dell’ennesima “buona” droga.
Perdonate il post slegato dal thread, gli altri post non li ho nemmeno letti.
Io credo che qui stiamo commettendo un errore:
tutti gli slogan si riferiscono a dio ma il problema in italia m isembra che sia la chiesa,
e qui siamo in un paese in cui ti mettono in testa l’esistenza di dio dall’asilo nido fino alle scuole medie per cui l’esistenza di dio e’ qualcosa che molti non metteranno mai in dubbio e ignoreranno gli slogan che pubblichiamo;
non sarebbe il caso invece negli slogan di chiamare in causa la chiesa e il suo operato?
Ho scelto
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
anche se potrebbe far pensare che sia sufficiente non credere per essere esentati dal mantenere i preti, cosa che purtroppo in vaticalia, volenti o nolenti, ancora non è.
Secondo me “liberi di non credere” andrebbe bene direttamente come payoff da associare sempre alla sigla UAAR… ha tutte le caratteristiche per diventarlo… è breve, semplice, facile da ricordare e non scende troppo nel particolare.
Al primo posto metterei:
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Altrimenti è molto d’effetto anche:
Dio: onnipotente, onnipresente, onnisciente, eppure così timido!
Pensa ai mali del mondo poi pensa se possa esistere un dio.
# Mario scrive:
Pensa ai mali del mondo poi pensa se possa esistere un dio.
Pensa ai mali del mondo poi pensa se si possa ancora avere fiducia nell’uomo.
A me piace quello di Schopenhauer, corto ma efficace:
“O si pensa o si crede”
Eduardo
Me ne convinco sempre di piu’:
“UAAR – liberi di non credere” andrebbe benissimo come slogan da mettere a mo’ di firma dopo la frase che di volta in volta campeggia sui manifesti.
“Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti e vivi la tua vita.
firmato: “UAAR – liberi di non credere”
sottoscrivo parola per parola:
“mp scrive:
17 Marzo 2009 alle 17:04
Secondo me “liberi di non credere” andrebbe bene direttamente come payoff da associare sempre alla sigla UAAR… ha tutte le caratteristiche per diventarlo… è breve, semplice, facile da ricordare e non scende troppo nel particolare.”
Preferisco:
“Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta”
Penso che il serissimo “O si pensa o si crede” racchiuda in se meglio di qualunque altra formula il cuore del “problema”, senza sarcasmi e ironie che non farebbero riflettere chi crede, o meglio, chi crede di credere consapevolmente (perchè trovo fondamentale che sia tenuto come target proprio chi è indifferente all’argomento).
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
secondo mè nessun messaggio coglie il segno.
Sò che non è facile, ma sul forum ne avevo letti alcuni veramente efficaci!
Forse la frase giusta deve essere: semplice- efficace-un po’ ironica, senza per questo mancare di rispetto o offendere alcuno.
Spero che la scelta che farete sia la più giusta: in fondo ci rappresenterà tutti!
mandi.
Mah, io direi: – Probabilmente non esiste alcun dio per cui smettila di preoccuparti- Così, semplice semplice senza troppa retorica.
perchè non un bel rebus? XD
http://lioninwinter.files.wordpress.com/2009/02/200px-rebus.png?w=200&h=200
Alessandro S. , mi sembra sia tu a confondere il “mezzo” con il “contenuto”. Lo slogan è un mezzo per veicolare un messaggio. E’ giusto che sia forgiato da professionisti, com’é giusto che una auto sia fabbricata da esperti meccanici e non da volenterosi profani. Poi con quell’auto ci si può andare dove si vuole, a investire vecchiette o a portare i figli a scuola (mi scuso ma non riesco ad evitare le metafore).
Lo slogan, come l’auto, è un mezzo. E se si vuole andare da qualche parte ne va affidata l’ideazione a professionisti. L’ idea, il messaggio da veicolare attraverso lo slogan sugli autobus, quello no, ovviamente. Quello dev’essere il contenuto, cioè il punto di partenza per la campagna mediatica.
Gli slogan proposti finora sono disarmanti.
La mia preoccupazione è solo quella di non sprecare un’occasione (e soldi).
Propongo che, sotto lo slogan che sarà scelto (io preferisco “O si pensa o si crede”), venga posta la firma della nostra associazione. Così “UAAR – liberi di non credere” diventerebbe il suggello, il sigillo che permette a chi legge lo slogan di risalire a chi l’ha pubblicato.
Cosa ne pensate?
( Probabilmente qualcun altro l’ha già proposto prima di me e io non me ne sono accorto)
Un laico saluto da un neo-sbattezzato
Voto questa:
“Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta”
Enrico scrive:
17 Marzo 2009 alle 21:34
La mia sensazione è che ci si stia arrampicando sugli specchi pur di aver ragione. Tu hai bisogno di esperti della comunicazione per insegnare ai tuoi figli i valori della libertà, della civiltà, del rispetto e della responsabilità civile? Hai bisogno di professionisti delle relazioni sociali per esprimere il tuo amore per la persona che ami e con cui magari vivi? Hai bisogno di specialisti dell’eloquio prezzolato per parlare in pubblico, o con i tuoi colleghi o amici o colleghi di politica, di libertà, di rispetto e di difesa dei diritti civili e laici?
Il pensiero che dire al pubblico quello che noi, come associazione, pensiamo riguardo queste cose ci risulti davvero tanto difficile, che si provi disagio e una sensazione di incapacità di fronte all’ABC del nostro pensiero tanto dall’aver bisogno di mercenari della parola per poterlo esprimere è estremamente deprimente e squallido. Il pensiero della libertà, dei diritti e dei valori laici e civili non può e non deve essere pensato come una questione di alta tecnologia sociale, da dover essere relegata ad un’élite di specialisti che la gestiscano per il “popolino” che non riesce ad avere un pensiero in proposito degno d’essere proposto al pubblico. Ma stiamo scherzando? Le basi della vita sociale e cultirale della nazione è diventata adesso una questione di specialisti, di esperti scelti?
Se questo è il messaggio che rappresenta l’UAAR, se questo è quello che la maggioranza dei suoi soci o simpatizzanti pensano, abbiamo perso la sfida culturale ancora prima di partire. Qualunque “prodotto” riusciranno a “vendere” gli esperti del marketing e della promozione verbale.
La mia scelta
– Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
http://img21.imageshack.us/my.php?image=uaar.jpg
Nell’ordine:
– UAAR – Liberi di non credere.
– O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer).
– Probabilmente non esiste alcun dio. Per cui smettila di preoccuparti (e di uccidere) e vivi la tua vita.
– Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta.
Mi piace molto il suggerimento di Mastro Titta.
Rendere permanente il logo UAAR seguito dalla “mission”, come dicono i pubblicitari, in minuscolo: – liberi di non credere -.
Questa soluzione permetterebbe di prendere due piccioni con una fava: scrivere il nostro slogan seguito dalla firma che include un altro slogan
In pratica, potrebbe risultare all’incirca così:
La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
UAAR
liberi di non credere
La tecnica di far seguire il logo dalla mission è pratica assai diffusa come chiunque può facilmente constatare.
Ecco alcuni esempi:
Acer – enpowering people
Canon – you can
Epson – exceed your vision
Fujitsu – we make sure
Honda – the power of dreams
LG – Life’s good
Microsoft – your potential. Our passion
Nikon – at the heart of the image
Panasonic – ideas for life
Philips – sense and simplicity
Torino – Passion lives here
Toshiba – leading innovation
La frase che segue il nome del marchio non è proprio la mission… ma si chiama pay off. E’ uno “slogan” istituzionale, che serve a descrivere in poche parole l’azienda (o quello che è).
Alessandro S. perchè dunque non ti opponi del tutto agli slogan sugli autobus? Non è un modo ridicolo per trasmettere “i valori della libertà, della civiltà, del rispetto e della responsabilità civile”? Non meriterebbero qualcosa di più? Uno slogan se si vuol fare, si faccia fare da chi lo sa far bene. Questa è la mia idea.
Scusa la mia maleducazione, ma la nostra discussione non va da nessuna parte. Non ci capiamo. Meglio finirla qui… 🙂
Alessandro,
Per spiegare ai tuoi figli il bello e il bene della vita, della libertà, della scelta e il valore della responsabilità, devi assoldare dei professionisti?
Beh, ai miei figli, con tutto il tempo e lo spazio che voglio no; magari al mio peggior nemico, con una sola frase a disposizione, sì!
Non capisco come si possa accettare di condensare la comunicazione pubblica degli atei razionalisti in uno slogan che passa fugacemente per strada (quel messaggio sarà di gran lunga la nostra espressione più diffusa e visibile!), e non vedere poi la necessità di scriverlo BENE, evitando ogni possibile fraintendimento, e aggirando i possibili ostacoli di comunicazione (che sono parecchi, quando la popolazione a cui ti rivolgi parte pregiudizievolmente ostile nei tuoi confronti). Dare involontariamente una mano ai nostri nemici non sarebbe il massimo…
il miglior pubblicitario è quello che manipola con il massimo successo a prescindere da cosa vende e in nome di chi sta lavorando.
Il “migliore” sarebbe quello che manipola anche contro le intenzioni del committente??? In barba al principio di soddisfazione del cliente? Lo vedi, che vengono demonizzati?
È il committente che decide se vuole solo accumulare iscrizioni o voti (o quote del 5 per mille), gettare un avversario in cattiva luce (a qualunque costo), spargere ideologia, oppure istillare un dubbio, difendere l’onorabilità di una minoranza diffamata, spiegare le ragioni di una scelta, etc. L’esperto di comunicazione sociale aiuta solo a raggiungere tali scopi: anche promuovere per un certo tempo una nuova moda, una tendenza da fichetti alternativi sarebbe solo una scelta del committente, cioè nostra.
P.S. Sì, su questo argomento sono convintamente tecnocratico, non ho fiducia nelle capacità di scelta della maggioranza.
Enrico scrive:
18 Marzo 2009 alle 0:39
Io non ho parlato di ridicolo, ma di essere credibili, a noi stessi in primis, come creatori e promotori di un progetto sociale. Non ho nulla in contrario con il mezzo, la pubblicità sugli autobus, ma ho molto in contrario con il tacere noi per far parlare i “professionisti”, come noi fossimo un branco di bambocci incapaci.
Non ho mai tirato fuori alcun discorso di maleducazione.
Forse tu senti così. Io vado, e sento di arrivare. Io sento di capire, e di esprimermi. No, non voglio finire. Ma io parlo per me.
Ciao,
Io non mi rivolgo, non mi voglio rivolgere ai miei peggiori nemici: io mi rivolgo alla mia società, alla mia cultura e popolo che ha prodotto ben altro che gl’imbambolati catodici e misericordiosi genuflettenti oranti cui li si sta tentando di trasformare.
E io dico che è proprio per scriverlo BENE, ossia veritiero e sentito, come si scrive qualcosa che si è vissuto sulla propria pelle, che lo dobbiamo scrivere noi, non dei prezzolati “professionisti” cui magari non gliene frega niene o magaci ci odiano però fanno il loro mestiere tirando fuori una frase d’effetto destinata a tramontare dopo una settimana perché vuota dentro, come sono vuote le menti che si arrendono di fronte a quattro parole e invocano i taumaturgici “professionisti”.
Non ho scritto questo. Rileggi, ho scritto questo:
Non sto demonizzando, sto descrivendo dei fatti evidenti, sto constatando una realtà oggettiva.
Il cliente che non vuole questo è un committente che non ha bisogno di nessun professionista, di nessun comunicatore specializzato, di nessuna pubblicità.
E di nuovo chiedo: tu per fare tanto hai bisogno di ammutolirti credendoti incapace di esprimere alcunché degno di ascolto ed attenzione di fronte al professionista che parlerebbe al posto tuo? Ma non vedi che qui e ora, in questa circostanza e luogo, stai contraddicendo questa idea? Non vedi come stai comunicando quello che senti e che vuoi perché ci credi, perché lo senti e perché ti vibra dentro? Che c’entra un comunicatore professionista in questo? Chi ce lo vuole, senti forse il bisogno di delegare un bloggaro professionista perché scriva per te le risposte che mi vuoi dare?
No, l’esperto pensa ai suoi scopi, alla sua professione, al suo successo, che è sempre immediato e di corto raggio. L’esperto di comunicazione fa fenomeno e moda. Cosa ha mai dovuto alcun cambiamento epocale all’aver delegato ai professionisti dell’eloquio un tanto al rigo?
No, nostra sarebbe la commessa, ma il risultato no, l’effetto no. A meno di non tornare a discutere se il “prodotto” dell’esperto ci vada bene o no e perché, ma allora si torna a dover fare noi di testa nostra. Come dev’essere sin dall’inizio.
E allora non farai mai cultura, che la cultura non è dettata dalle scelte tecnocratiche, ma dalla passione che infiamma gli animi di certi coraggiosi che si lanciano, nello scritto, nell’azione, nel rappresentare il loro demone interiore. Chi fa cultura non delega in ciò i professionisti. Ma a noi serve fare, prorporre e vivere la cultura della libera scelta, della determinazione dell’individuo, della società che vuole vivere laicamente e nel rispetto reciproco di ogni diversità civile. Questo non è questione di decisioni e di scelte di un’élite tecnocratica professionista. L’élite tecnocratica professionista è il clericofascismo, è la soppressione della cultura libera e l’inculcamento dei valori neoliberisti ed ecumenici.
La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona, che di Zeus puoi dirlo.
Firmato: UAAR – Liberi di non credere
Caro Alessandro S.,
son abbastanza vecchio per dirti pacatamente, ma chiaramente, che se io fossi un semiologo od un copy professionista di un’agenzia che si è fatto un mazzo tanto, umilmente, per capire qualcosa di comunicazione, a sentirmi dare del mercenario, del prezzolato, del pennivendolo, del manipolatore ecc. da un romantico giovinetto (non puoi certo essere vecchio) con la sindrome lirica del giovane Werther (io contro tutto il mondo, io che offro il petto, che non delego a nessuno ecc.) mi incazzerei un po’. Anche perché forse non sai che i professionisti del settore PROPONGONO E NON IMPONGONO, e la scelta ultima è SEMPRE del committente.
Mettiti il cuore in pace. Hai perso chiaramente questa battaglia (almeno, questo penso io) per una ragione molto semplice: non hai voglia di capire le ragioni degli altri. Non stai a sentire.
E PER AMORE DELLA CAUSA gli altri (quasi tutti noi) non sono disposti a farsi rappresentare da pesci che vanno in bicicletta, da Zeus sconosciuti ai più, dal possibile accostamento delle nostre istanze alle finanziarie, ad abbinamenti assurdi come quelli del Dio timido.
E poiché questi slogan stavano già fra i nove scelti dal Comitato (anche se, per fortuna, hanno scarso gradimento e stà prevalendo il più serio, per me, “o si pensa o si crede”), l’idea di sentire un parere professionale esterno che dia ai nostri input EFFICACIA ed una forma compiuta, salvo rifiutare questo apporto se non ci piace, è nulla più che una LEGITTIMA DIFESA di gente che non è disposta a farsi etichettare come “quelli del pesce in bicicletta”.
Ma cosa credi che se le nove scelte fossero piaciute ci sarebbe stata questa levata di scudi, questo casino? Siamo tutti orgogliosi, mica solo tu.
E visto che avremo i riflettori di mezzo mondo addosso (questo tipo di iniziative rimbalza in due giorni dappertutto), E’ UN DOVERE ASSOLUTO avere a cuore il risultato e non il bel gesto orgoglioso che prescinde dal risultato e che solletica la nostra vanità.
E’ morale, è apprezzabile ed eticamente alto, non ciò che si percepisce singolarmente come giusto perché si è lavorato bene, perché si è in buona fede, ecc. (come ci ha insegnato perniciosamente la chiesa per due millenni), ma ciò che produce conseguenze buone e positive. E’ l’etica della responsabilità, un’etica che si fa carico delle conseguenze e che impone, SE SERVE E SOLO QUANDO SERVE !!!, di fare personalmente un passo indietro purché la causa comune faccia un passo avanti. E, beninteso, come non ho dubbi sulla tua buona fede e plaudo alla tua grinta, ribadisco anche che questo è nulla più che il mio sentire e posso tranquillamente aver torto io.
UAAR – Liberi di non credere
Solo una nota – diciamo di carattere filosofico? – in margine al dibattito su chi dovrebbe ‘inventare’ lo slogan migliore: rimettersi all’esperto di comunicazione, visto che si vuol comunicare comunque qualcosa, oppure, visto ‘cosa’ si deve comunicare, gli unici in grado di usare il linguaggio giusto sono i committenti? Ebbene (ho premesso che farò un discorso ‘epocale’ ^_^) chi si riconosce nella prima scelta è succube, a mio parere, di quel mito dell’esperto che è tipico del nostro tempo. ‘Ognuno faccia il suo mestiere’, recita una adagio che sembra un concentrato di buon senso, soprattutto considerando che l’alternativa potrebbe essere, da un lato un dilettantismo ben poco affidabile, e dall’altro, ancor più importante, una tendenza, sul piano culturale, ad una omologazione molto prossima al pensiero unico, e sul piano politico al regime autoritario. Pericolo reale quello denunciato, nessun dubbio… ma ancora più reale il pericolo che si correrebbe se ci si limitasse tutti a fare ‘solo’ il proprio mestiere. Perché? Perchè non tutti i mestieri sono uguali, e ce n’è uno in particolare che finisce per condizionarli tutti, alla faccia dell’esperto, contribuendo a formare proprio quel pensiero unico che si crede di evitare nella parcellizzazione dei mestieri e dei saperi: il mestiere del ‘religioso’, riferito sia alle religioni vere e proprie che alle ideologie vissute religiosamente! Esercitato da chi? Da chi, ‘per mestiere’, si fa portavoce di quella pretesa del pensiero religioso (non della religiosità) di stabilire una volta per tutte, e per tutti, in cosa consiste la verità ultima di tutto (la reitarazione di ‘tutto’ è voluta), e di fronte ai quali l’esperto in quanto tale è impotente perché ‘il tutto’ è proprio ciò che, sempre in quanto esperto, non deve considerare, pena il distogliere l’attenzione da ciò che, se vuole essere riconosciuto come esperto, deve assorbirlo totalmente. Quello è il suo ‘tutto’. Rimedio a tale pericolo? Adesso la butto lì così, sintetizzando in poche parole un argomento tutto da sviluppare: nella pratica della filosofia intesa come libero pensiero.
Rapportata, questa tirata, al tema in questione cosa comporta? Ciò che, soprattutto da Alessandro, è stato detto e ridetto: dovendo promuovere, non una merce, ma un progetto culturale che per sua natura intende gettare uno sguardo globale sulla realtà (senza per questo, come nel caso di UAAR, pretendere di darne una visione definitiva) l’esperto, sia pure delle tecniche promozionali, non sarà in grado, sempre e proprio come esperto, di cogliere veramente la natura del messaggio.
Ho letto adesso l’interveno di Antonio B.
Ribadito che, almeno per quanto mi riguarda, Alessandro non è solo, non ritengo affatto che abbia ‘perso una battaglia’. Questo giudizio, infarcito di accuse piuttosto gratuite di romanticismo da giovane Werther e così via, non tiene conto, ancora una volta di un aspetto della questione che ho provato a collocarlo in una prospettiva più ampia (e magari potessi essere un ‘giovane Werther’… da tempo non ho più l’età!) che si può ovviamente non condividere, ma non liquidare in questo modo. Qui non è questione di mezzi per ottenere un fine, ma di un fine che richiede mezzi propri.
In ogni caso, discussione che spero utile al di là dei contrasto per il buon livello (qualche intemperanza a parte) sul quale si è svolta.
Sostanzialmente sono in accordo con Antonio B. Anche io penso che la proposta di affidare perlomeno la “revisione” degli slogan proposti a qualcuno che sia nel campo della pubblicità (e io avevo proposto un copy ateo o agnostico, per andare sul sicuro) sia scaturita dal fatto che i nove slogan scelti non siano proprio il massimo.
Ragazzi, che ci piaccia o no qui si sta parlando di fare una campagna pubblicitaria. Niente di più niente di meno. E allora bisogna necessariamente rispondere a determinate regole, altrimenti si rischia di ottenere effetti negativi. Ci sono tre slogan con delle virgole che sembrano messe a caso (la virgola tra il soggetto e il verbo è una cosa orrenda), per non parlare del fatto che le due frasi sono ambigue proprio per colpa di quelle virgole.
Fare pressione sui soldi è sbagliatissimo, ci si ritorcerà contro. Darci ragione da soli è una scelta infelice, la frase su Zeus andrebbe almeno riformulata, così com’è non è incisiva e poco ricordabile. La storia del pesce e della bici è carina ma non è immediata: mia nonna non la capirebbe. Bisogna tenere a mente che chi criticherà a tutto spiano la frase scelta avrà una formazione retorica e dialettica non indifferente (pretacci e politicanti), e in men che non si dica avrà ribaltato la cosa a nostro sfavore.
A questo punto, visto che anche la Finlandia ha scelto lo stesso slogan, io direi che potremmo allinearci anche noi in Italia con il “dio probabile”, per sottolineare il fatto di appartenere ad una cultura di respiro mondiale, di non essere solo un gruppetto di pecorelle smarrite che non sanno quel che fanno. (E questa scelta non contemplerebbe neanche un aiuto esterno).
Concordo con Mastro Titta e con mp: la frase migliore è quella che già circola nel Regno unito e sta per uscire in Finlandia. E ” liberi di non credere” può diventare la “firma” dell’UAAR.
Approfitterei dell’occasione per ridisegnare il logo, qualcun altro lo ha già scritto, l’attuale muro è davvero triste e non rende l’idea.
# Antonio B. – Torino scrive:
18 Marzo 2009 alle 2:17
Concordo sulla tua vecchiezza, ma del carattere e dell’animo, non anagrafica. Così come l’Italia tutta è asfissiata dalla gerontocrazia, governata dalle mummie che si sentono, per questo, superiori ai giovincelli che chiamano “anime belle” cui non fanno che dire di mettersi l’animo in pace, perché le “anime belle” sono perdenti di fronte ai veterogerarchi trionfanti.
Riguardo la mia età, ovviamente spari ad indovinare e manchi il bersaglio, miri a denigrare dando del giovincello e fallisci nel tuo intento.
Insulti e denigri muovendo accuse inventate, solita strategia di chi vuole ad ogni costo aver ragione senza saper trovare argomentazioni convincenti, parandoti dietro la presunta intoccabilità del “canuto”, di chi si sente superiore per un mero fatto anagrafico (sul quale ho pure i miei fondati dubbi).
Bollato certo come prezzolato lo slogan commissionato a terzi a prescindere dalle loro qualità morali e personali, che non mi interessano e che non ho messo in alcun modo in conto perché non c’entrano nulla. E però mi si mettono in continuazione in bocca di tali dichiarazioni in un disperato tentativo di azzittirmi, di mettermi nell’angolo quale indegno sovversivo, persona immatura, irriguardosa e sprezzante. Strategia di “comunicazione vincente” tipica dei poteri sociali cui ci opponiamo, te ne rendi conto?
E questo l’ho scritto chiaramente, e l’ho citato pure una seconda volta. Ma di fronte al furore evidentemente l’analisi dei fatti non conta. Il tuo atteggiamento è decisamente antianalitico e irrazionale.
anche questo l’ho sentito dire tante volte da membri dell’élite tecnocratica di governo riferita alle “anime belle” che protestavano contro l’interventismo militare, contro il calobraghismo delle istituzioni di fronte ai poteri forti, contro la privatizzazione dell’acqua, contro l’imbavagliamento dell’informazione e la libera espressione e circolazione delle idee su Internet. Vedo che i tuoi metodi sono gli stessi, e la cosa mi lascia perplesso. Ma non sorpreso.
Tecnica vecchia come il cucco e fondamentalmente fallimentare di affrontare un dibattito in cui non si riesce convincenti. Il fatto che l’interlocutore non accetti le proprie tesi è ovviamente una “colpa”, e per di più una colpa che si attribuisce arbitrariamente all’atteggiamento di intransigente chiusura dell’altro. È un’accusa pretestuosa e falsa, nonché immediatamente ribaltabile, cosa talmente facile dal non essere neanche divertente. Perché io non ho fatto che esprimere le mie opinioni nel modo più dettagliato possibile, leggendo appieno, citando e commentando quasi ogni riga di quello che mi è scritto dagli altri. Cosa che invece i miei interlocutori fanno molta fatica a fare. E soprattutto tu, il più aggressivo e insultante di tutti, non fai nella benché minima misura. Ovvio, perché non puoi. L’unica cosa che puoi fare è di aggredire e di attaccare con accuse pretestuose nel tentativo d’intimidire e di azzittire l’interlocutore scomodo.
Altra tecnica tipica dell’interlocutore affannato e in difficoltà, ma disonesto: farsi arbitrariamente portabandiera della maggioranza, anzi, di «quasi tutti», senza apportare alcun sostegno a favore di tale dichiarazione apodittica, e dichiarasi allo stesso tempo l’alfiere del BENE, dell’AMORE e di ogni cosa buona e bella sotto il sole. Anche qui, non c’è bisogno che specifichi di chi è tipica tale tecnica di sopraffazione emotiva dell’interlocutore. Quando l’analisi e la razionalità latitano, ci si aggrappa all’emotività sperando che desti un tale ampio consenso e che metta in subordinazione le idee e i fatti rilevanti pur di trionfare sul “nemico”.
Ma come, non era il paganesimo la radice della cultura europea?
A giudicare da, ad esempio, il successo editoriale dei libri di De Crescenzo, direi che stai sparando a vuoto, che stia sentenziando dal profondo di una grave ignoranza del popolo italiano.
Insomma, nonostante la soverchia preponderanza delle scelte esposte nei confronti di tali slogan da parte dei frequentatori del sito, tu sei l’unico a detenere la verità, a sapere che tali motti, sviluppati e scelti da un gran numero di persone, sono “assurdi”, che non piacerebbero ai più nonostante l’evidenza del contrario, per cui ci si dovrebbe mettere tutti, la grande maggioranza, «l’animo in pace» perché in ogni caso tu fai parte dei pochi che hanno ragione, la cui opinione vale più di quella di tutti gli altri. A casa mia questo si chiama imperialismo, un atteggiamento dittatoriale.
Quindi da una parte ammetti l’inutilità della consultazione professionale perché si sarebbe già decisi per il motto che a te piace di più, dall’altra sparli di LEGITTIMA DIFESA di fronte alla scelta di un motto proposto, dibattuto e accettato da molti come una ragione necessaria per essere sicuri che un concetto di sei lettere sia efficace. Il tutto evitando di nuovo di rivolgere la tua attenzione alle obiezioni mosse contro tale modo d’agire (si vuole promuovere il proprio progetto socio-culturale, non quello di un’agenzia della comunicazione), e senza vedere le facili contraddizioni di un tale metodo di fare. Supponi ad esempio che il “professionista” della comunicazione bocci il motto che a te piace tanto, e che ne proponga un altro. Che si fa? Lo si accetterebbe perché lui è il “professionista” e quindi il suo parere conta più di quello dei soci e dei simpatizzanti dell’UAAR? Oppure si torna a discutere della novità come si sta già facendo? Oltre ad affidare la nostra natura e idee ad estranei che hanno la sola motivazione economica per volerci prestare la loro opera, rischiamo seriamente di sprecare soldi per un prodotto finale deludente, che deluda i più e che sia sentito come un prodotto magari si, professionalmente curato e “bello”, ma che non rappresenta l’anima dell’associazione, in cui non ci si riconosce come una cosa propria. E quindi si tornerebbe a discutere, ma animati questa volta dal risentimento e dall’animosità.
Non vedo levate di scudi né casini. Ma leggo numerosissimi messaggi di approvazione dell’uno come dell’altro slogan, che a te piacciano o che non ti piacciano. Certo, anche diverse critiche, com’è naturale che sia, com’è sempre in ogni consesso civile e dibattito pubblico. Ma non credo nella benché minima misura che un intervento “professionale” possa mettere tutti d’accordo, anzi: non mi auguro proprio che alcuna consulenza professionale possa arrivare ad appiattire la varietà di idee e di pensieri che popolano l’associazione.
ù
Il risultato lo voglio anch’io, ma voglio il risultato delle mie idee e del progetto culturale di cui si fa portavoce l’associazione, non le idee di un estraneo, di una macchinetta produttrice di slogan a pagamento.
La vanità sta proprio nel volere il bel pacchettino regalo confezionato dal professionista di turno. Accattivante, attraente, à la page, ma estraneo, che non ci rappresenta, che non è la nostra idea, il nostro progetto, la nostra visione, il frutto delle nostre menti, delle nostre passioni e ideali, perché queste si sono dimostrate tanto fiacche, deboli e vissute con tale superficialità dal non aver saputo maturare neanche quattro parole in fila che rendano pienamente il senso della nostra ragione di esistere come associazione.
Ma chi ha parlato di moralità! Ancora una volta di fai forte delle tecniche di persuasione dell'”altra parte”, te ne rendi conto?
Quello che dico in sostanza è: le idee, sia nella sostanza che nella forma, che vogliamo proporre all’attenzione della società devono essere genuine, farina del nostro sacco, perché è solo così che potremo dimostrare di credere in quello che diciamo, perché solo così potremo dimostrare che la bontà delle nostre idee non derivano dall’avere i soldi necessari per pagare i mercenari della comunicazione come fanno le strutture a noi avverse, perché la nostra idea è che i nostri ideali e assenza di fede nei dogmi precostituiti non solo non costituisce un handicap di pensiero o di capacità di formulazione di un progetto complesso, ma al contrario costituisce un progetto articolato, ricco, entusiasmante, degno e capace di essere vissuto con pienissimo godimento sociale ed intellettuale, tanto dal non avere noi, al contrario di loro, alcun bisogno di ricorrere all’intervento prezzolato di estranei che non condividono nulla con noi ma che si prestano al darci retta per motivi professionali e commerciali.
E non solo non serve, ma sarebbe addirittura deleterio.
Quando la societas fa un passo indietro, il suo progetto culturale non va avanti, ma muore d’inedia.
Grazie, ti credo.
Saluto tutti,
Ho inviato alle 11:15 la mia arringa di chiusura. Penso che presto questa discussione sarà chiusa. Prego che il mio ultimo intervento non ne sia escluso, per favore. Prometto di astenermi da ulteriori dibattiti, se la cosa può aiutare a sbloccare il pezzo 🙂
Grazie a tutti quanti hanno voluto intervenire, è stato entusiasmante.
Ciao,
Forse questa è l’ultima volta che scrivo, visto che tanto ormai è chiaro che la UAAR è una associazione di soli atei. Abbiate almeno il buon gusto di non nominare gli agnostici quando proponete slogan di questo tipo. L’unico slogan veramente condivisibile è, guarda caso scritto da un “professionista”, o si pensa o si crede. Sintetico, chiaro, inconfutabile, non necessariamente ateo, serio.
Guarda caso il ‘professionista’ citato da alessandro (con la minuscola quindi persumo che sia un altro alessandro) autore di uno slogan votato da molti è un filosofo. Che fosse, senza saperlo, anche lui un esperto in comunicazione?
Confermo, non sono io, io sono quello maiuscolo 🙂
Oppure avrà assoldato qualche “creativo” della comunicazione, qualche professionista della parola pronta e ad effetto, così da diventare famoso nei secoli per la propria arguzia :-/
Ho votato quella di Zeus. Ma anche l’ultima non è male.
Insisto, solo gli aderenti all’UAAR devono trovare lo slogan da pubblicare e poi, chi può affermare a priori che alcuni degli slogan proposti non siano stati pensati da esperti di comunicazione? Anche gli esperti possono essere soci, o no?
Riformulo le mie proposte:
1) O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
UAAR
liberi di non credere
2) La cattiva notizia è che Zeus non esiste. Quella buona è che di Zeus puoi dirlo. (con è e senza virgola)
UAAR
liberi di pensare e di non credere
Franco 49 scrive:
18 Marzo 2009 alle 17:23
Allora non si sarebbe dovuto iniziare il dibattito in questa sede. Lo si sarebbe dovuto tenere relegato al forum degli iscritti.
Nessuno. E infatti nessuno l’ha fatto (che abbia notato, ma sai, su 270 messaggi…)
Certo, e la cosa sarebbe positiva. Ma non è questo che si è proposto. Non si è chiesto se tra i soci o i simpatizzanti dell’associazione c’è qualche professionista della comunicazione o pubblicitario. Si è partiti per il professionista a prescindere, senza alcun’altra qualifica.
-La cattiva notizia è che Zeus non esiste, la buona che di Zeus puoi dirlo.
-O si pensa o si crede.
-UAAR-liberi di non credere.
E anche quella della finanziaria non è male…ma non vi ounterei troppo.
Forse non mi sono spiegato bene. La mia idea sarebbe che decidesse il comitato UAAR dopo aver sentito (tenendone conto) il parere di un professionista della comunicazione sociale (uno bravo, naturalmente: certo uno mediocre sarebbe una rovina). Non mi piace che la scelta sia invece delegata automaticamente al voto di una massa di incompetenti in materia, come siamo noi, a cui non riconosco aprioristicamente virtù di saggezza o comunicatività. So di non sapere.
E si può essere benissimo carichi di sani principi e ottime idee senza saperli trasmettere agli altri: è il dramma di certi insegnanti, ad esempio.
È il committente che decide se vuole solo accumulare iscrizioni o voti (o quote del 5 per mille)
Il cliente che non vuole questo è un committente che non ha bisogno di nessun professionista, di nessun comunicatore specializzato, di nessuna pubblicità.
Mica vero: saper comunicare cose vere ad ascoltatori distratti (se non diffidenti) in poche battute è una dote rara. Io ad esempio non ce l’ho, sono prolisso e puntiglioso.
A parte che, se la pubblicità non serve, allora non servono gli ateobus.
P.S. Assolutamente è da evitare uno slogan troppo sentito da noi atei e agnostici (per questo trovo pessima la citazione schopenhaueriana): dobbiamo intercettare la sensibilità dei nostri concittadini credenti, far breccia nei loro pregiudizi. Altrimenti, per cantarcela da soli abbiamo altri strumenti che non le fiancate dei mezzi pubblici.
P.P.S. Mi fermo qui, sto consumando anche troppi KB di spazio su questa pagina. I miei argomenti li ho esposti, meglio di così non riesco a fare.
Io voto per Zeus: mi sembra lo slogan più pungente.
1) Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
2) UAAR – Liberi di non credere
Le due proposte che per ora sono in cima alla classifica sono le migliori. Spero ci restino e soprattutto vengano accettate!
La giusta traduzione di “Probably there is no god” è “Probabilmente dio non esiste”, l’altra è un calco un po’ rozzo dall’inglese.
Buoni Zeus e Schopenhauer.
Andrea
Secondo per avere più pubblico bisognerebbe cambiare anche il nome dell’associazione, che sembra più un grido di guerra che un vero e proprio nome. Come dice Dawkins, se dobbiamo dirci a-tei dobbiamo dirci anche a-unicorni, a-fata-turchina, a-babbo-natale, etc. Insomma è una definizione in negativo e unilaterale, meglio sarebbe una definizione in positivo. Non c’è dubbio che i valori positivi non ci mancano. Secondo me bisognerebbe passare a
Unione Umanista
che è la dizione usata da molti movimenti atei nel mondo.
Dopodiché bisognerebbe pensare a organizzare in occasione di solstizi e equinozi grandi feste dedicate alla razionalità e al divertimento (concerti, balli) per sostituire progressivamente le bolse festività di natale, pasqua, etc. Insomma farsi sentire sì, ma anche fare aggregazione in maniera divertente e positiva. In fondo la gente va a messa solo per il senso di tribù che gliene viene, perché non possiamo sviluppare un senso di tribù civilizzata anche noi?
Andrea
Liberi di non credere. UAAR aggiunto come firma.
Semplice chiaro e il soggetto come in tutte le pubblicità va cercato. In questa caso dio…..
ma di impatto perché sono molte le cose per cui sono libera di non credere….
e aggiungo utilizzato anche sulle T-shirt indossate moltiplicate…..
Ricordate la campagna pubblicitaria della scesa in campo del cainano?
“Forza Italia” e in quanti abbiamo pensato che fosse altro?…….
in alternativa la versione italiana dell’ateobus inglese aggiustandola a livello lessicale per renderla più armoniosa come slogan. La traduzione letterale non rende…
Forse dio non esiste, perché preoccuparsi? Vivi al meglio la tua vita.
O qualcosa del genere…
In risposta ad Andrea:
1) Mi sembra che il problema non stia tanto nel nome dell’associazione quanto nel termine ateo che attribuisce un primato implicito alla divinità (senza Dio). Sarebbe opportuno invece una ridefinizione positiva di ateo che prescinda dalla parola Dio (per esempio umanista anche se non mi piace). Solo allora si potrebbe procedere alla ridefinizione del nome della nostra associazione (che non diventi UUAR però!).
Sarebbe bello se questa volta fossero i credenti a doversi definire a-qualcosa.
2) Una ricorrenza può andare bene ma per favore non inventiamo nuove parrocchie.
@ Andrea e Franco 49
A parte altre considerazioni sull’umanesi che qui tralascio, vorrei solo, a proposito del nome dell’associazione, fare alcune riflessioni:
‘ateo’ (un pò meno, dal punto di vista che dirò subito,’agnostico’, e ‘razionalista’) definiscono senza equivoci ciò che caratterizza gli associati… soprattutto nei confronti dei credenti, che, quale che sia la natura delle loro credenze, non potranno mai definirsi ‘atei’. Se mai bisognerebbe – ma questo è difficile da tradurre in una parola sola e tanto meno in una sigla – intendere il temine ateo in una accezione più ampia del letterale ‘senza-dio’, chiamando ‘dio’ non solo quello delle religioni trascendentaliste, ma qualsiasi ‘oggetto’ che ne svolga le stesse funzioni;
‘umanista’ invece è un termine che potrebbe con più di una pezza d’appoggio essere fatto proprio anche dai credenti. La chiesa cattolica poi, che pian piano sta cercando di inserire tra i suoi seguaci perfino Galileo, non avrebbe nessuna difficoltà a considerare l’umanesimo uno dei suoi stessi capisaldi.
Se proprio si cercasse un sostituto di ‘ateo’ – indubbiamente per tanti aspetti riduttivo- a mio parere si potrebbe ripiegare su ‘libero pensatore’, anche se pure qui – ma con molte meno pezze d’appoggio sia storiche che concettuali – ogni credente si riterrebbe a modo suo ‘lbero di pensare’.
Credere in Dio ci costa una finanziaria all’anno. Non crederci, è gratis!
Il quotidiano “Il Messaggero” ci informa oggi che il papa, incontrando i rappresentanti dei musulmani del Camerun (22% della popolazione) ha detto che «Oggi un compito particolarmente urgente della religione è di rendere manifesto il vasto potenziale della ragione umana, che è essa stessa un dono di Dio ed è elevata mediante la rivelazione e la fede». «In realtà religione e ragione si sostengono a vicenda» ha detto, aggiungendo che «una religione genuina allarga l’orizzonte della comprensione umana e sta alla base di ogni autentica cultura umana.».
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=51200&sez=HOME_NELMONDO
La razionalita’ in quanto dono di Dio si attuerebbe solo nella fede ?
Ma il papa che fa, tenta il sorpasso dell’UAAR ?
O sta tentando di vanificare lo slogan della campagna ancora prima che la campagna venga attuata ?
Andrea scrive:
18 Marzo 2009 alle 23:47
Me gusta.
…birra, alla pizza, alla musica e alla f… felicità d’essere liberi! 🙂
Bruno, capisco e concordo con quanto scrivi. La sola cosa che mi perplime è il voler insistere su un atteggiamento antagonista: noi ci diciamo atei e continueremo a farlo perché loro non possono farlo, perché così si metterà in evidenza la nostra distanza da loro. Se è questo che definisce la natura dell’associazione non posso che accettarlo, nonostante la chiesa abbia fatto qua e la qualche tentativo di assorbire al suo interno anche gli atei e non è detto che questa scelta rimanga in futuro valida sotto questo punto di vista.
Ma, mi piacerebbe che si prendesse in considerazione il valore sociale e autenticamente umanista dell’abbandonare lo spirito di antagonismo e accettare che anche la parte avversa possa ritenere di avere del terreno in comune con noi. Vorrei cioè che si arrivi ad una risposta sentita e condivisa da quante più persone su questa domanda: l’UAAR è dedita principalmente a combattere contro la chiesa, oppure a cercare di sviluppare e realizzare un modello di società civile in cui si massimizzi il bene comune, sia tra gli atei, agnositi, non credenti, che tra i credenti di qualsiasi stampo?
La mia risposta è la seconda, temo che il voler fare la guerra e il volersi mantenere formalmente “puri” da qualsiasi contatto anche lessicale con l’altra parte possa arrivare alla lunga a creare un clima in cui non ci si senta più a proprio agio, che si presti a far sorgere nella mente di un profano che si avvicini la prima volta all’associazione il dubbio che essere atei voglia dire odiare, combattere e fissarsi contro il nemico. Ossia, non vorrei che l’associazione finisca coll’essere associata a valori sociali negativi, invece che positivi e progressisti. Per questo il termine “umanista” e simili mi piacciono, come pure quello di “unione”. A complementare questa sensazione c’è poi quell’immagine del muro come simbolo dell’associazione: una coltre di mattoni non è qualcosa di positivo, non ispira una sensazione di libertà, di levità, di felicità, di parità universale che l’associazione trovo debba promuovere come suoi obiettivi.
O mamma, sto scrivendo come un prezzolato esperto della comunicazione! 😀
@ Alessandro S.
Unione Umanista? UU?
Uh, come suonerebbe lugubre! ^_^
@ Alessandro S.
Ho inviato il post un pò stupidino prima di leggere il tuo ultimo intervento… che condivido in toto ritenendo anch’io che ‘a-teo’ sia riduttivo proprio perchè verrebbe inevitabilmente inteso come antagonistico. Premesso che antagonismo con un certo pensiero che amo definire magico-religioso ci sarebbe sempre qualunque denominazione si dia all’associazione, occorrerebbe come ho detto ampliare il termine ateo oltre il suo signifikato letterale… cosa praticamente impossibile da rendere.
Personalmente ho però alcune riserve sul termine ‘umanesimo’, non tanto per il suo ruolo storico che ha il merito indiscusso di recuperare l’uomo nella sua dimensione, appunto, storica, ma proprio per il concetto in sè, che qui adesso sarebbe troppo lungo da spiegare (ne ho scritto nel mio sito)… per cui alla fine punterei per qualcosa indicante più la condizione del ‘libero pensatore’.
(Npn preoccuparti… tanto abbiamo capito che ce l’hai con gli esperti di comunicazione perchè ne sei invidioso!^_^)
A tal proposito anche il termine ‘razionalista’ (o comunque tutti i termini con la stessa radice etimologica) potrebbe rientrare in una possibile ridefinizione del nome dell’associazione
Bruno, si, UU è penoso, ma magari ci si aggiunge qualche cos’altro che ne faccia una parola pronunciabile e presentabile.
Toccherà incontrarsi di persona un giorno; mi terrò informato sulle attività nazionali.
Si, sono invidioso: loro fanno soldi vendendo slogan idioti mentre *io* ne so tirar fuori di molto migliori ma lo faccio gratis! >:-)
# mp scrive:
19 Marzo 2009 alle 15:07
Si, certo. Ora tocca trovare qualche altra lettera utile e metterle insieme in qualcosa che suoni bene.
Dopo la gara per il migliore slogan da ateobus, serviranno quelle per la migliore denominazione dell’associazione e per il miglior logo. Ci abbiamo preso gusto?
questo è quello che mi piace di più:
La cattiva notizia è che PROBABILMENTE non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno.
(si vede che sono agnostica…) 😉
ma anche
Una PERSONA senza dio è come un pesce senza bicicletta (ok atei, ma spero non maschiocentrici) 😉
Se non altro è piacevole fare un po’ di “brainstorming” 🙂
1) Un uomo senza Dio è come un pesce senza bicicletta
2) O si pensa o si crede (Arthur Schopenhauer)
anna: finalmente una donna agnostica in mezzo a tutti ‘sti maschiacci atei! 🙂
Per Bruno Gaulerzi e Alessandro S.
Finalmente inizio a leggere commenti lontani dallo spirito con cui sono stati selezionati gli slogan e che (Shopenhauer a parte) suonano un pò tutti come: tanto dio non esiste, pappappero! Vorrei precisare alcune cose:
Essere non credente non significa essere necessariamente ateo. Gli agnostici nè credono, nè affermano che dio non esiste. Semplicemente si astengono dal dire qualsiasi cosa perchè dio è materia di fede, cosa che non hanno, e non pretendono di dire cose razionali su un essere che razionale non è. Gli agnostici, se vogliamo, affrontano la religione con una impostazione simile a quella scientifica. Non possono avere una conoscenza razionale di dio, quindi non ne parlano. Mi stupisco sempre quando sento uno scienziato che si dichiara ateo. Lo rispetto, ma non lo trovo corretto.
Proprio perchè l’agnostico non si riconosce in nessuna presa di posizione riguardo l’esistenza di dio, trova il muro contro muro tra credenti e atei inutile e fuorviante. Trovo fastidioso non solo il credente che vuole convertirmi, ma anche chi vuole convincermi con argomenti della non esistenza di dio. Dio è un fatto antropologico, non un semplice modo scorretto di interpretare la realtà, e diffido degli scientisti, quelli cioè che credono che la scienza ci dirà tutto, che hanno fiducia nella mente umana come forse solo il capitano Kirk. Personalmente non credo in dio (di sicuro non credo nelle verità rivelate delle varie religioni), ma trovo anche verosimile che la nostra mente abbia dei limiti per i quali forse non riusciremo mai a dire nulla su di lui. Questo significa che probabilmente le religioni non potranno mai essere liquidate e che bisognerà sempre farci i conti.
La cosa più importante, secondo me, è promuovere un’etica indipendente dalla religione. Far capire ai credenti che può essere naturale, umano e morale non avere una fede (come atei o come agnostici). In questo senso mi sembra appropriato usare il termine umanesimo. Siamo orfani di dio, ma proprio per questo sentiamo il dovere di camminare con le nostre gambe, migliorare il mondo e l’esistenza degli uomini tutti con le nostre capacità e con i nostri limiti.
Bisogna insistere col far presente un altro modo di stare al mondo, oltre a quello del credente, altrettanto valido. Il papa lo chiamerebbe relativismo forse. Meglio così, perché il suo contrario è l’assolutismo.
Io avrei inserito questa:
“Se Dio esiste, non c’è bisogno di crederci. Se ci si crede, vuole dire che l’evidenza del suo esistere è morta.” (Jean Baudrillard. Da Il delitto perfetto, traduzione di G. Piana, Raffaello Cortina, Milano 1996)
ANCHE COSI : NOI SIAMO QUI. E LUI; DIO E’ SEMPRE A CHIEDERSI CHI VERAMENTE GLI HA FREGATO LE MELE.
alessandro scrive:
19 Marzo 2009 alle 18:54
Ma anche per tutti gli altri.
Beh, no dai, quello è Spock! 🙂
Per me si può togliere tranquillamente quel probabilmente. E non solo riguardo la religione, ma anche per quanto riguarda l’astrologia, la chiromanzia ecc., in generale tutte le superstizioni popolari.
Sottoscrivo con convinzione.
Non mi sarei aspettato di leggerlo scritto meglio di così.
Grazie,
alessandro scrive:
19 Marzo 2009 alle 18:54
Rileggendolo direi invece di no. Anche da un punto di vista meramente agnostico, non si può essere “orfani” senza che ci sia un genitore, o per lo meno non ci si può sentire orfani senza che si creda nell’esistenza di un genitore.
Visto che il post è ancora aperto (merito degli ‘alessandri’?) ne approfitto per inserirmi brevemente anch’io… se non altro per arrivare a 300!
Sì, Alessando S., siamo ‘orfani di dio’. Siamo orfani di dio perchè, culturalmente parlando, siamo tutti ‘figli di dio’ (di ciò che dio, quale che sia il nome che gli è stato dato, ha signifikato si può dire da sempre – e per tanti continua a signifikare, – per un’umanità che tutti abbiamo alle spalle) e per liberarci dal suo dispotico potere abbiamo dovuto ‘ucciderlo’. Ma, come ci ricordava Nietzsche, proprio coloro che ritengono di averlo ucciso, si illudono troppo facilmente di averlo eliminato per sempre. E quanto più sono schiavi di questa illusione, tanto più, nel loro inconscio, se ne sentono orfani… e spesso – sempre parafrasando Nietzsche – “dopo aver smesso di adorare dio… si sono messi ad adorare un asino”. Ancora troppi sono (siamo?) quelli che hanno sostituito un culto con un altro. Per esempio il culto della scienza quando è intesa in modo fideistico.
O, per ritornare al post, il culto dell’esperto.
Ciao a tutti.
Bruno, tutto chiaro, ma avendo il termine “orfano” una valenza negativa, quella della privazione di qualcosa di essenziale per la crescita, lo sviluppo e la protezione del bambino indifeso, ne trovo incongruo l’uso riferito ad un processo di riconquista della propria libertà e autodeterminazione responsabile.
Punto tuo. 😉
@ Alessandro S.
(Ma questo post l’hanno tenuto aperto per noi? Naturalmente ne approfitto)
Io parlavo di un agire da ‘orfano’ inconsciamente, lasciando quindi via libera, essendo non fatto salire a coscienza e quindi coscientemente affrontato, questo sentimento… il non rendersi conto del quale può portare spesso ad una ‘sostituzione’ di dio con qualcosa facente le stesse funzioni. Per cui meglio essere coscienti di questo pericolo, molto reale, per liberarsene veramente fondando così con molta più consapevolezza ed efficacia il proprio ateismo-agnosticismo.
Bruno Gualerzi scrive:
21 Marzo 2009 alle 11:29
Oh, boh… Forse abbiamo mandato in tilt un contatore e la funzione di chiusura del dibattito è andata in malora.
Comunque, capito ti ho. Se non lo chiudono gli amministratori, chiudiamolo noi ‘sto post! 😉
Ciao,