Presentando, lo scorso anno, il suo Libro verde, aveva chiesto alle associazioni di esprimere le proprie opinioni. Anche l’UAAR aveva elaborato e trasmesso un documento con le sue osservazioni. Ora il ministro Maurizio Sacconi ha presentato il suo Libro bianco sul futuro del modello sociale: la vita buona nella società attiva. Nel testo si può leggere che la sua visione “vuole essere la risposta a ogni forma di egoismo corporativo e alle ricorrenti propensioni a favorire il declino della società da parte di coloro che – viziati da culture nichiliste – sembrano avere smarrito il senso stesso della vita. Il destino di un popolo è positivamente perseguito solo se nei più prevale l’idea vitale della ricerca della felicità e la coscienza che il desiderio di realizzazione di ciascuno si compie nella dimensione comunitaria”. Secondo il ministro, la famiglia “serve a trasmettere ai figli il patrimonio, ma anche la cultura, la fede religiosa, le tradizioni, la lingua, e crea quel senso profondo di appartenenza, di consapevolezza delle origini, così necessario alla identità di ciascuno”.
Il ministro Sacconi pubblica il suo “Libro bianco”
72 commenti
Commenti chiusi.
va beh, che s’ha da fa’ pe’ campà…
chi non sa far niente si ingegna come può.
Se è stampato su carta doppio velo e costa meno dei rotoloni regina, me lo compro…
Libro del “mulino bianco…”?
questo comunitarismo strisciante comincia a far prudere le mani
Secondo il ministro, la famiglia “serve a trasmettere ai figli il patrimonio,
nel senso che quando muiono i genitori i figli ereditano…
“Il destino di un popolo è positivamente perseguito solo se nei più prevale l’idea vitale della ricerca della felicità ”
Allora il cristianesimo è un ostacolo dato che non è interessato alla felicità in questo mondo, anzi più si soffre più si è vicini alle sofferenze di Gesù.
Secondo il ministro, la famiglia “serve a trasmettere ai figli il patrimonio, ma anche la cultura, la fede religiosa, le tradizioni, la lingua, e crea quel senso profondo di appartenenza, di consapevolezza delle origini, così necessario alla identità di ciascuno”.
Vaglielo a dire a Hina Salem…
Bene significa che il nostro documento a qualcosa è servito.
A capire quanto le categorie di persone che ci governano siano lontane dall’evoluzione civile e dai loro tanto sbandierati principi di eguaglianza, libertà e tolleranza. 🙁
Massì, mettiamo insieme tradizionalismo e utilitarismo. E poi si arrabbia se lo insultano.
Se è stampato su carta doppiovelo e costa meno della scottex, me lo compro…
ora manca il libro rosso!!!!
Ma da quando essere atei significa essere contro la famiglia, non cercare la felicita’ ed essere individualisti?
Sacconi mi sa che ha fatto un po’ di confusione….
Un libro che è una benedizione… come zeppa in caso di tavolini traballanti, oppure per usarne le pagine come “tappeto” per la gabbia dei canarini.
… a parte che magari si riferisce ad altri. Tipo i leghisti 😀
@Macklaus71
Per questi teopitechi ricoconosce che la famiglia non è solo quella padre padrone+moglie zerbino+figli sottomessi signifca essere contro la famiglia.
Insomma ormai è passato il messaggio istituzionale per cui chi non ha fede non è un buon cittadino, un essere umano degno, una persona completa.
Quelle del ministro Sacconi mi paiono le parole di uno nato ieri e che, quindi, non ha mai vissuto prima in Italia che non è mai stata il paese di tutti i suoi cittadini: che indovini perché e a causa di chi! Per l’oggi lasciamo che i posteri…
alla faccia della “risposta a ogni forma di egoismo corporativo “…
Non sono riuscito a leggerlo tutto, ma devo dire che il fatto che ricercando la parola “religione”, essa compaia una volta sola (quello citato nella news) in un libro di 69 pagine e’ quasi una buona notizia.
Vabbe’ prendetelo come bicchiere mezzo pieno.
A me sembra che scrivendo ciò sembra che il ministro stia dicendo a chiare lettere che la religione e la cultura sono solo degli strumenti. “Instrumenta regni”, potrei dire.
Mi limito a commentare sulla base di quanto riportato nell’articolo. Se togliessimo “fede religiosa” gli atei si troverebbero d’accordo su quella frase? Perché a me sembrano parole di buon senso. Non lo vedo come un ennesimo attacco agli atei, sopratutto se compare una sola volta in un libro di 69 pagine, come ha detto Alberto.
Idea tipicamente conservatrice dell’appartenenza: l’appartenenza non si sceglie, ma si eredita dalla famiglia. Alla faccia delle idee nuove.
Sacconi ha parlato: “la famiglia serve a trasmettere ai figli il patrimonio, ma anche la cultura, la fede religiosa, le tradizioni, la lingua, e crea quel senso profondo di appartenenza, di consapevolezza delle origini, così necessario alla identità di ciascuno”
La Roccella ha pronto un documento di condanna delle coppie non sposate (concubini), dei soggetti privi di fede religiosa da trasmettere ai figli (atei/agnostici) e di quelli che i figli non li fanno proprio perchè viziosi (gay single). In allegato troverete un’antologia dei migliori anatemi di mons.Fisichella, da ascolta anche al contrario per sentirne i risvolti satanici.
Può sempre tornare utile mettendolo sotto le gambe di sedie o tavoli che “ballano”.
Ahah pardon, vedo solo ora che Macklaus71 aveva già avuto la mia stessa idea 😀
Bleah, un’orgia di comunitarismo paternalista – come già il Libro Verde, del resto. Mi dà semplicemente l’orticaria.
Il prossimo sarà un libro nero dove sgnerà chi non la pensa come lui e la sua padrona Madre Chiesa. ACHTUNG JA !
ecco::: la famosa costola di adamo.
Posso essere lungo un po’ di pagine?
Faccio finta di sì fino a prova contraria del nostro egregio controllore.
Ecco i risultati di una parte della Storia d’Italia che il ministro o non conosce o non vuole conoscere: ma una certa parte riguarda anche lui e gli altri tirapiedi che con lui sono al governo.
L’Italia mai ha avuto una riforma agraria.
Dopo la seconda guerra mondiale ci fu una campagna riformata; ma, spezzettato il latifondo, non si ebbe il coraggio di sostituirlo con le cooperative: ne uscirono tanti piccoli poderucci, magari con la loro bella casetta, magari in stretta concorrenza fra di loro, senza acqua per i campi, senza incentivare iniziative e creare un mercato, senza riconoscere alla campagna pari dignità con la città. Con al massimo sei o sette ettari da seminare a grano, con i quattrini degli espropri da rimborsare in trent’anni, con le rate delle migliorie e delle macchine agricole, alla prima ventata di crisi agricola un contadino su due ha mollato. (L. Bianciardi Il lavoro culturale)
Né mai è stata promulgata, nel nostro paese, una legge la quale sancisse il diritto per tutti ad una giusta quota di terreno agrario; ciò che fu, al contrario, un fondamento politico della società civile negli USA.
Con la cosiddetta unità la riforma agraria trovò nello stesso Cavour il suo primo nemico. Poi il governo promise la terra ai contadini se avessimo vinto dopo Caporetto; ma fu promessa di ipocriti perché la vittoria venne, con il sacrificio dei contadini, ma i contadini non ebbero la terra. In seguito ci fu il fascismo e Mussolini si impegnò nel concordato che consentì alla chiesa di allearsi a gerarchi e latifondisti sempre sulla pelle dei contadini. Venne la democrazia (cristiana) e la politica si impegnò con molta determinazione e serietà a distruggere quanto di buono avevamo e a spianare la strada ai migliori criminali del paese organizzati e non; imbroglioni d’ogni specie che fossero o no del suo giro: evasori fiscali, palazzinari, ovini d’ogni lana, bagarozzi d’ogni ordine e cittadinanza, inquinatori, concussori, Sacra Corona Unita…e disunita, ecc. ecc.., creando per loro le condi- zioni e le occasioni opportune affinché potessero, volendolo, arrivare fino alle più alte cariche dello Stato. Fino ad assegnare il governo del paese, correndogli dietro per qualche anno, ad un criminale, ufficialmente e da sé medesimo dichiaratosi tale con le sue proprie leggi, non molto intelligente e le cui qualità risiedono in una strafottenza singolare e nell’avere un pelo sulla coscienza di lunghezza più unica che rara il quale, per non smentirsi, è sposato ad una omicida rea confessa e totalmente impunita. Risulta ora chiaro che per fare buona politica è necessario e sufficiente fare razionalmente attenzione alla realtà vera, reale e contingente.
Fu l’occasione d’oro perché la Coldiretti (filiazione cattolica, fortemente confessionale, della DC) nata a suo tempo proprio con l’intento di dividere il mondo contadino sul piano politico e sindacale, e la Federconsorzi (diventata nel tempo una filiazione padronale della FIAT) si impegnassero per realizzare quello che è stato definito “il più grosso disastro economico nella storia dell’agricoltura”. Si ebbe la buona idea di lasciare che la sola Federconsorzi fosse l’istituzione che operava in favore dell’agricoltura, con privilegi esclusivi che la fecero diventare un centro di potere che eleggeva in parlamento un centinaio di persone; mentre si faceva credere al paese che la Coldiretti (Associazione dei coltivatori diretti) fosse stata costituita nell’interesse degli agricoltori e del paese e che la Federconsorzi (Federazione dei Consorzi Agrari) stesse agendo nell’interesse dell’agricoltura e del paese. E nessuno, proprio nessuno, né da destra né dal centro né da sinistra (PCI), che abbia chiesto di fare chiarezza in quel disastro e in quel ladrocinio, nonostante fosse stata all’uopo costituita una commissione di inchiesta.
Doveva essere la scuola il luogo deputato alla rifondazione sociale dell’agricoltura. Il punto di partenza della riforma agraria.
Dove c’è gente più istruita c’è anche il fenomeno di una agricoltura che arriva a fare miracoli. C’è l’organizzazione cooperativa su larghe basi perché c’è la fiducia fra gli uomini, fiducia data dal fatto che nessuno si sente inferiore all’altro, ognuno constata di essere in grado di poter controllare, giudicare, discutere…: queste furono alcune delle parole che l’on. De Marzi, nel discorso alla camera del 1954 in occasione della discussione del bilancio dell’istruzione, pronunciò a difesa della gente dei campi; ma i suoi colleghi, tutti o la stragrande maggioranza, avevano ben altri interessi da soddisfare e tutt’altra gente con cui arruffianarsi. Cosicché il bilancio dell’istruzione, come già avveniva almeno dal 1950, si caratterizzò per il forte finanziamento largito alle scuole orientate all’industria e nel contempo per ciò che veniva negato e tolto alle scuole di agraria.
“La cooperativa era una fregatura per il potere. Con noi non c’erano sprechi, l’industria vendeva meno trattori, automobili, falciatrici…Così ci hanno segato. Chiaro, no?…Cento, mille storie…L’Italia non parla più di economia primaria…è una follia…Ma come si fa a non capire che l’agricoltura è ricchezza?… (P. Rumiz La leggenda dei monti naviganti)
Nel prosieguo del tempo si è andati a fondo nella politica agraria con l’incoscienza di lasciare che sociologi da strapazzo osannassero i cosiddetti metalmezzadri, trascurando volutamente la considerazione che i metalmezzadri erano personaggi disonesti due volte: quando lasciavano la fabbrica per praticare una sola coltura (tutti granturco naturalmente, che è facile, dura poco e ha il contributo esentasse) e correre ad iscriversi ai “coltivatori” per usufruire disonestamente di contributi pensionistici pagati da altri, così come erano disonesti quando occupavano un posto in fabbrica lasciando incolta la terra. Quegli stessi sociologi da strapazzo che oggi, anno 2009, scoprono nei giovani un rinnovato interesse per il lavoro dei campi: come se l’interesse dei giovani per l’agricoltura non ci fosse sempre stato e non fosse stato frustrato a pro degli interessi particolari dei padroni delle ferriere che quegli stessi sociologi mai hanno avuto il coraggio di indicare; sotto la stessa ipocrisia essi nascondono il problema fondamentale che consiste, oggi come ieri, nel dare la terra a quei giovani che pur dimostrando un vivo interesse per l’agricoltura non possono applicarlo nella Repubblica democratica fondata sul lavoro che si è assunta il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che…impediscono il pieno sviluppo della persona umana…Secondariamente si presenta l’altro problema, sul quale loro ancora tacciono, che è quello di come togliere la terra a coloro che non la coltivano o la coltivano in modo insufficiente.
Contemporaneamente si è sacrificato tutto, e con esso le stalle, all’industria…e con le stalle le nostre razze autoctone. Cosicché oggi, per fare solo un esempio che tutti possono controllare, desta enorme meraviglia, perfino in campagna in persone anziane tanta è la forza dell’abitudine, il fatto che un uovo possa avere il guscio bianco; mentre questa era l’impronta brillante delle galline a spiccata attitudine ovaiola appartenenti alle nostre razze migliori e più tradizionali, prima fra esse la razza Livorno che è la regina delle ovaiole tanto che gli americani l’hanno importata per migliorare la deposizione delle loro razze (come hanno fatto con i bovini di razza Chianina) mentre noi abbiamo importato le loro…per eliminare le nostre. Quelle persone anziane hanno dimenticato che una volta le uova erano tutte e solo a guscio bianco almeno nelle zone che io ho frequentato.
Si è così arrivati al punto che qualcuno ben inserito nel settore agricolo è assolutamente convinto del fatto che soltanto la monocoltura del granoturco abbia salvato l’agricoltura nazionale! Tale è stata l’evoluzione che da paese esportatore siamo diventati importatori; basti il deficit nelle importazioni di animali a dimostrarlo: per esempio nel 2007 abbiamo importato bovini per 1.229.484 capi e ne abbiamo esportati 50.697; stessa situazione per le carni rosse macellate. D’altronde è ben noto ai più che per il settore agroalimentare il nostro paese soffre da decenni ormai di un pesante deficit commerciale. Una parola a parte merita il pollame domestico: abbiamo importato 10.013.556 capi e ne abbiamo esportati 10.874.592 e qui non si può non fare notare come, a risparmio di energia e per un minore inquinamento, sarebbe stato molto meglio per la collettività se ci fossimo tenuti tutti i nostri polli senza esportarne. Si badi bene come il pollame sia l’unica specie che esportiamo, per ogni altra siamo importatori netti.
E che dire della nostra pastorizia?
Quello della pastorizia italiana è un genocidio dimenticato.
Nunzio non si dà pace, parla di omertà nazionale, di espianto di identità.
Gli chiedo quando è cominciato tutto questo.
“Negli anni cinquanta, con il governo Vanoni. Si fece la scelta industriale e a Roma dissero: servono cinque milioni di braccia.
Pensarono: dove le prendiamo? Tra i contadini fu la risposta. Ma come li prendiamo? Affamateli disse Vanoni. Come? Fate crollare i prezzi. E così avvenne. Crollarono la lana, la carne, il latte, il formaggio. E l’esodo cominciò…”
E il Sud divenne di nuovo servo…
“Successe proprio quando stava nascendo una nuova classe piena di intraprendenza…”
“E la sinistra non si oppose?”
“Macché. Anche la sinistra voleva bastonarci. Facciamoli sparire, diceva, quei contadini retrivi.”
Chiedo chi consumò materialmente l’ecatombe.
“I Coltivatori diretti e la Federconsorzi. Furono loro il braccio armato della politica. Ebbero il compito di distruggerci. Per costruire il voto di scambio servivano assistiti, non contadini efficienti e pastori liberi.” (P. Rumiz La leggenda dei monti naviganti)
Ecco spiegato perché il nostro è un paese mai nato.
Ecco spiegato perché alle classi subalterne, per bloccarne l’auto-organizzazione e l’emancipazione politica e sociale, fu assegnato un tutore pseudosindacale che le lasciasse alla mercé degli specchietti economici e non. Ed è più che ovvio, quindi, come ne sia uscita gente che, in generale, è viziata ai favori particolari e non intenda assumersi doveri sociali.
Ecco spiegato come l’industria ha fatto ricadere sull’agricoltura i suoi metodi organizzativi e produttivi procurando a noi e all’agricoltura solo guai.
Fu così che per l’incoscienza di alcuni sciagurati buffoni diventammo un paese manifatturiero: senza le materie prime, senza le fonti di energia, senza la volontà del popolo; per finanziare con denaro pubblico una disonesta classe di imprendi- tori, di borghesi cortomiranti che ci portiamo dietro fin dalla cosiddetta unità per la complicità della politica nell’interesse dei suoi attori, i quali imprenditori mentre si indebitano distribuisco- no, utilizzando proprio gli aiuti pubblici, lauti dividendi a loro stessi per rifarsi la lana ed ai loro azionisti, nonché regalìe e buonuscite d’oro a dirigenti incapaci, a manager incompetenti che loro licenziano per darli alle industrie di Stato. Ed è evidente come, per non essere da meno dei loro colleghi del settore primario e abituati, almeno a partire dalla cosiddetta unità, ai ladrocini più infami, in generale continuino impunemente a rubare. Non c’è da meravigliarsi allora se, dopo avere favorito un criminale nell’ascesa al governo del paese, è salita al governo del sindacato dei maggiori industriali una persona che esce da una famiglia di avanzi di galera la quale mai ha rinnegati i crimini di padre e fratello, né se ne è distaccata, e pretende di dare lezione di impresa come di etica degli affari.
Ecco spiegato allora perché colui il quale nel nostro paese cerchi o invochi unità nazionale, coesione sociale, orgoglio patrio, o c’è o ci fa come dicono a Roma.
Tanto per essere breve e nulla lasciare al caso o alle opinioni.
carta igenica…bianca.
E il buon padre di famiglia chi è? Il berlusca, ovviamente, che di famiglie ne ha due. Più quella recentemente adottata che gli ha messo a disposizione la mignottina 18enne che lo chiama “papi”. La cui madre ha dichiarato di averla allevata al culto del vangelo e del nanetto. E’ finita l’epoca delle ideologie. Adesso vanno le radici cristiane…
x cesare
non per niente il nanetto qualche anno fa si dichiarava “unto del signore”…
“vuole essere la risposta a ogni forma di egoismo corporativo e alle ricorrenti propensioni a favorire il declino della società da parte di coloro che – viziati da culture nichiliste – sembrano avere smarrito il senso stesso della vita”
evidentemente allude ai cattolici.
Che peccato, avevo letto “Libro bianco” e speravo si trattasse della confessione e ricerca della propria esperienza omosessuale come in quello di Cocteau.
Sacconi mi hai illuso, cattivo.
Sacconi: la vita buona nella societa’ attiva.
Non so perche’, ma mi ricorda compagnia delle opere, fondo per la sussidiarieta’…un lessico familiare che ispira poca fiducia.
L’egoismo corporativo, signor Sacconi, in Italia si chiama politica corrotta+mafia: iniziamo a capire l’origine dei mali, invece di perderci nella solita propaganda a suon di concetti astratti. Non ci sono prospettive in un paese dove contano solo i privilegi e le amicizie importanti. Non e’ liberta’, questa. Non e’ appartenenza, e’ servitu’ della gleba.
Più che libro bianco , a giudicare da questo passo, lo definirei libro VUOTO di senso e PIENO di ….
quale famiglia ? la prima ,la seconda , o la terza ?
e tutte le amanti varie?
mi sa che sacconi si è dimenticato di chiedere al suo presidente qualche consiglio su come va il mondo.
saluti
A CHE SERVE QUESTO LIBRO??
La Roccella deve averlo istruito bene.
”il desiderio di realizzazione di ciascuno si compie nella dimensione comunitaria”
IN FONDO ALL’ ”IO” C’E’ SEMPRE UN ”NOI”, diceva Gentile, filosofo del fascismo.
W LO STATO ETICO!
# Rothko61 scrive:
11 Maggio 2009 alle 16:46
Se è stampato su carta doppio velo e costa meno dei rotoloni regina, me lo compro…
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e se c’è la foto di spacconi a ogni strappo………
@roberta
a foraggiare sacconi, ad accendere un camino, a tener fermo un tavolo traballante, ad aiutare un bimbo ad arrivare ad altezza tavolo, a foderare la gabbia del criceto…
Mi auguro almeno sia stata usata carta riciclata….
Difficile dubitare che gran parte del mio modo di essere, delle mie conoscenze, mi sia stato trasmesso dalla mia famiglia, ivi comprese le cose che essi non hanno voluto.
Che tanti abbiano smarrito il senso della vita, mi sembra un dato di fatto. Le culture nichiliste mi sembrano uno dei principali imputati in ciò.
Insomma due concetti che mi par difficile obbiettare.
Come al solito si tratta di attacchi moralistici e striscianti a chi non si conforma alla buon vecchio pecorismo cristiano.
“Inno al conformismo” avrebbe dovuto essere il titolo del testo.
Qualcuno ha parlato dell’individualismo, che da sempre considero condizione prima ed essenziale alla felicità ed alla realizzazione della persona per poi (forse) divenire fonte di felicità collettiva.
Si demonizza l’individualismo piuttosto che la pericolosità del “pensare collettivo”, ammesso che ce ne sia uno.
La “dimensione comunitaria” vista in questo modo è un’idea che non mi piace e che certo non offre spunti interessanti per la vera realizzazione dell’individuo nè per il vero benessere della società.
Cio’ che si apprende dalla famiglia, per inciso, non sempre è cosa buona e giusta (molto spesso non è cosi’ ma che dire…la famiglia non si puo’ scegliere).
Crescere è imparare ad avere spirito critico e spesso prendere le distanze dal sentire collettivo per poi, magari, cercare di cambiarlo…
Ma perchè perdo questo tempo a commentare una roba simile?
Ma quando ha trovato il tempo di scrivere invece di fare il ministro?
Certo l’ha scritto invece di fare il ministro!
@ Rosalba Sgroia
In effetti: bianco è un’errata traduzione di blank, empty.
@Federico
Hai ragione la cultura fascita, repressiva e nichilista dei cattolici ha fatto danni sociali incalcolabili. Riconoscimento delle famiglie solo mediante contratti che sanciscano la propietà di moglie e figli all’umo, aiuto condizionato alla conversione, disprezzo e violenza verso i diversi…. quest’epoca è la prova del fallimento del cristianesimo, ideologia incapace di tenere coesa una comunità senza violenza e senza il ricorso ad un nemico per compattare il gregge (pagani, eretici, streghe, comunisti, ecc).
Non per niente la dichiarazione dei diritti dell’uomo e quella del fanciollo non sono MAI state sottoscritte da CCAR… mentre sono invece state sottoscritte da molti geverni laici.
Il senso della vita non lo avete mai avuto. Se si guardano a 2000 anni di storia le condizioni dell’umanità sono migliorate tanto più la religione è stata fatta uscire dalla scena sociale e personale. Non per niente le zone più involute sono anche le più religiose.
Cosa sarebbe il senso della vita? Quello della bella società cristiana pre-anni ’50? Con famiglie dove la violenza su moglie e figli e ra la norma (compreso lo stupro coniugale)? Quello del “se uan donna viene stuprata è colpa sua”? Quello del feudalesimo e neo-feudalesimo per diritto divino (vedi apppoggio ai vari ante pavelic, pinochet, opus dei, tfp, ecc)?
Non sò se ti rendi conto di che ORRORE fosse la bella società dei grandi valori cristiani…….
Vorrei sapere in base a quali dati si possa dire che la famiglia era, prima degli anni ’50, un ambiente prettamente violento.
Per quanto mi riguarda sono solo illazioni, portate avanti a scopo ideologico trent’anni fa. E a quanto pare c’è chi non ha ancora capito che gli anni ’70 sono finiti, per sempre.
Io se quando la società era cristiana si vivesse più o meno felici, più o meno contenti, più o meno sereni non lo so perchè non c’ero. Però so bene, in base a ciò che osservo, e in base alla mia esperienza, che nessuno può vivere da solo. E lo stare con gli altri, sia esaa famiglia o comunità, non è un adattarsi, ma un accogliere, con tutto ciò che ne consegue.
Ora possiamo discutere sui cosiddetti diritti umani, che considerano l’uomo e la donna come una specie di monade, quanto vogliamo. Ma dubito molto, e a guardarmi intorno i miei dubbi non fanno che rafforzarsi, che essi possano dare alle persone ciò che realmente cercano, cioè almeno un po’ di serenità.
Non mi risulta infatti che nei paesi cosiddetti laici, depressioni, droghe e suicidi accennino a diminuire.
Ma pensa te se dovevo arrivare a 45 anni per farmi spiegare il senso della vita da questo craxiano riciclato a cameriere vaticano…
la famiglia è ancora un istituzione maschilista, ma negli anni passati era il regno dell’uomo che agiva come un sovrano sui suoi sudditi. esistevano famiglie felici e famiglie infelici, ma in tutte vigeva la sottomissione al capofamiglia che a volte era il più anziano.
bene, questa famiglia era la famiglia tradizionale, quella dei nostri nonni, per lo più contadini. questa famiglia era sostenuta da relazioni sociali improntate alla sottomissione in cui gli individui non potevano decidere autonomamente della propria vita.
questo modello in cui le persone erano suddite della famiglia andava bene in un paese in cui i cittadini erano sudditi di qualcun’altro, ora non è più così.
@ Federico
“Vorrei sapere in base a quali dati si possa dire che la famiglia era, prima degli anni ‘50, un ambiente prettamente violento.
Per quanto mi riguarda sono solo illazioni, portate avanti a scopo ideologico trent’anni fa. E a quanto pare c’è chi non ha ancora capito che gli anni ‘70 sono finiti, per sempre.”
Basterebbe leggere qualche libro o qualche articolo nelle pagine della cultura di qualche quotidiano (e non sto neppure parlando del “Manifesto” o dell'”Unità”), se non ti è di troppo disturbo. Che all’epoca la famiglia fosse un ambiente prettamente violento è una falsa generalizzazione, ma è pur sempre vero che la violenza, se esercitata dal capofamiglia, era ammessa e giustifikata. Il “delitto d’onore” godeva delle massime attenuanti, e questa non è un’invenzione del film “Divorzio all’italiana”.
“Però so bene, in base a ciò che osservo, e in base alla mia esperienza, che nessuno può vivere da solo.”
Perfettamente d’accordo (ma vallo a spiegare ai papi che hanno fatto santi tanti eremiti, misantropi e misogini). Ma l’individualismo, per come lo intendo io (ah, questo relativismo!!!), non è assolutamente volontà di starsene da soli e fregarsene di tutto e di tutti, neppure pensare esclusivamente a se stessi calpestando tutti gli altri.
Io lo vivo così: io penso a me stesso, al mio personale benessere, ma non intendo il benessere esclusivamente materiale. Mi piace stare bene, e sto bene io se io sto bene con gli altri (parenti, amici, anche persone mai viste prima…). Ne consegue che fare del bene ad altre persone fa stare bene me. Anche un piccolo gesto: un sorriso, quattro chiacchiere… Apparentemente sembra un discorso egoista, e un poco magari lo è… ma sempre meglio del ragionamento dei credenti, “faccio del bene così sarò ricompensato col paradiso”. Questo sì che è egoismo…
Sto stare bene perfettamente anche da solo, con l’unica compagnia di un libro interessante, o di me stesso quando faccio la mia passeggiata quotidiana di almeno un’oretta (facendo un lavoro sedentario, è l’unica attività fisica che abbia voglia di fare).
Questo è l’individualismo come lo concepisco io. Dubito che qualcuno possa avere qualcosa in contrario.
@ Lorenzo A.
Tu dici:
“La famiglia è ancora un istituzione maschilista”.
In questo sono del tutto d’accordo con te.
Ma sei cosi’ sicuro che la famiglia italiana sia cambiata?
Io no.
Bisognerebbe parlare con le donne e capire quanti sacrifici fanno soprattutto a livello personale e, solo dopo, a livello professionale per capire che la famiglia italiana (non certo quella svedese o norvegese) sia ancorata a questo modello da sempre.
I contesti culturali ovviamente cambiano e, in genere, alzando il livello socio-culturale maturato dai componenti della famiglia, maggiore è anche l’apertura verso l’innovazione.
In alcuni contesti, la famiglia è rimasta invariata rispetto a quella “dei nostri nonni” e senza alcuna volontà di cambiamento.
Il cattolicesimo ha fatto si’ che questa mentalità si perpetuasse e questo testo rappresenta la voglia di continuare a vivere nel passato e non nel futuro.
Ma questo, credo, rimane il danno maggiore dell’Italia un po’ in tutti i settori: voler guardare sempre e solo alla “buona” tradizione del passato (anche quando questa tradizione è oramai palesemente distorta e fuori dal tempo) senza pensare mai all’innovazione ed al futuro.
Forse, perchè distaccarsi da quelle che alcuni chiamano “certezze” fa ancora tanta paura ad alcuni.
@Stefano Bottoni
La violenza al giorno d’oggi è pratica quotidiana. Se come tu scrivi è una falsa generalizzazione, allora il problema della violenza ha evidentemente altre origini.
Che spesso la prassi sociale la giustificasse è vero, ed è bene che non lo sia più. Ma nessuno si sogna di mettere in dubbio la moralità dell’istituto famigliare per questo.
La questione degli eremiti è complessa. Nella tradizione orientale per fare l’eremita bisognava fare almeno 20 anni di vita comunitaria. In occidente spessol’eremita, come san Benedetto da Norcia, era alla fine chiamato a servire in qualche comunità.
Che alcuni santi arano più o meno misogini questo nessuno lo nega, ma non sono stati canonizzati per questo, così come Thomas More non è stato canonizzato perchè ha scritto Utopia, che è un po’ anticristiano.
Il tuo non sembra affatto un discorso egoistico. Anzi. Però qui c’è chi lancia strali che mi sembrano un po’ esagerati, su una questione che è così complessa da richiedere un po’ di calma.
Se mi parli di sorrisi poi, ti conferma che è quanto molti cercano, ma spesso non trovano.
Margareth tatcher disse “non esiste la società, esistono solo gli individui”. Questo liberismo sfrenato nasce dalla “scuola di Oxford”, che assieme a Bologna e a Parigi era uno dei grandi poli universitari del medioevo. Ora un ordine sociale che recepisce questa norma morale, fa il bene o fa il male di coloro che la compongono?
Ovviamente certe questioni non sono materia di decisione del governo. Su questo sono d’accordo. Ma una società o ha una base etica condivisa, oppure si sfalda.
Quoto Rosalba Sgroia e Dalila!!
sono d’accordo con dv64
con la variante che di anni ne ho quasi 50
12 Maggio 2009 alle 12:15
Ma pensa te se dovevo arrivare a 45 anni per farmi spiegare il senso della vita da questo craxiano riciclato a cameriere vaticano…
In realtà chi è contro la famiglia è proprio la Chiesa che la vede come un modello da proporre buono per gli altri ma, a cominciare dal fondatore e a quanto ci raccontano, non per gli adepti, dagli apostoli sino ai papi e poi cardinali e vescovi e preti e suore. Un modello sociale ipocrita che è contraddetto spesso, molto spesso nella vita quotidiana. Le famiglie sono quelle degli altri, i figli da battezzare e cresimare quelli degli altri, le coppie da sposare sono altre. E lo stesso avviene in un altro importante campo: il lavoro! Sono sempre gli altri che devono lavorare, spaccarsi la schiena, faticare per vivere, ieri come oggi, dai tempi delle fantomatiche predicazioni palestinesi ad oggi. Gli altri lavorano, noi predichiamo! E magari ci lavano pure i piedi… proprio perché l’altruismo appartiene agli altri!
Comodo, molto comodo…
@Manlio Padovan,
grazie per la tua interessantissima analisi. Che tristezza, pero’, il fatto che la storia non insegni niente, e si sia sempre pedine in mano a giocatori scaltri.
La solita visione della società italiana come una grande comunità religiosa cattolica e tradizionale.
Non ci siamo proprio.
D’accordissimo con marcigno.
Volevo segnalare un articolo che ho trovato su “giornalettismo”
http://www.giornalettismo.com/archives/26142/i-bulli-e-la-santa-ragione/
@Federico
La definizione della violenza nella famiglia patriarcale non è una falsa generalizzazione ma una realtà. Basta parlare con le anziane che ti confermerannoche ai gloriosi tempi era normale rispondere con un bel ceffone alla moglie riottosa o prendere a cinghiate un figlio monello. Per non parlare delle varie testimonianze storiche e lettarie.
Chiedi un po’ ai tuoi nonni com’erano d’abitudine le punizioni che i loro genitori infliggevano. Al tempo era perfino normale la punizione corporale a scuola.
Eccezioni ce n’erano, ma appunto erano eccezioni. Non per niente c’erano ameni detti popolari sul fatto che la moglie perfetta fosse quella che teneva le gambe aperte e la bocca chiusa. Non serve arrivare al delitto passionale, c’erano leggi sul dovere coniugale che obbligavano la donna a farsi stuprare dal marito (abolite di recente). Ti faccio anche notare che le leggi sullaprotezione dell’infanzia e sulla punizione di pedofili e stupratori sono figlie del ’68. Ha presenta cos’era prima di quell epoca subire uno stupro? Significava venire crocefissi dalla brava società cattolica come “bottana” che ha provocato ipoveri maschi.
Il tuo blaterare sulle perfide ideologia anni 70 e sulla loro fine non sò se fà ridere o piangere. Quindi per te lo stato precedente era giusto e tutte le forttole aulleingiustizie subite dal genere femminile sono solo e unicamente perfida propaganda bolscevica…. oppure, peggio, ritieni giusto che donne e bambini siano propietà di cui il maschio può disporre come vuole?
Quanto al fatto che ancora oggi esista violenza sulle donne: diversi milleni di involuzione culturale monoteista non si cancellano in due minuti. Almeno siamo arrivati al punto che nelle società occidentalil il 90% della gente considera cerit atti come esecrabili.
@Federico
<<Difficile dubitare che gran parte del mio modo di essere, delle mie conoscenze, mi sia stato trasmesso dalla mia famiglia, ivi comprese le cose che essi non hanno voluto.<<
questo sarà vero per la tua esperienza, invece, la quasi totalità del mio modo di essere, delle mie conoscenze, dei miei valori non mi è stato trasmesso dalla famiglia, bensì dalle scuole che ho frequentato, dagli amici, dagli amanti che ho avuto fuori dalla famiglia, anche quando ero minorenne, conducendo un genere di vita considerato per lo più immorale dal punto di vista dei valori tradizionali, io sono cresciuta intellettualmente, mi sono procurata una cultura superiore alla media delle persone appartenenti alla mia classe sociale, mi sono emancipata, ho sviluppato una mia personalità…se fossi rimasta ingabbiata nella mia famiglia e nei suoi valori non sarei nulla oggi…il nichilismo quindi è proprio di chi vuole castrare l’individuo assoggettandolo al determinismo biologico dei rapporti familiari…inoltre ti potrei raccontare storie e storie orripilanti raccolte da parenti e conoscenti su quanto opprimente e violenta, anche soltanto a livello psicologico, fosse, in media, la famiglia prima degli anni ’70 soprattutto per le donne e i minori…quanto al libro di Sacconi è indegno di un esponente di ungoverno che dice di essere liberale, non si può essere insieme liberali e comunitari…quanto al nichilismo è un punto di non ritorno della civiltà postmoderna, inutile combatterlo, il nichilismo è l’unica vera forza vitale del mondo contemporaneo…
“solo se nei più prevale l’idea vitale della ricerca della felicità”
Allora Sacconi è contro la Chiesa che predica contro l’ “edonismo”. Complimenti ministro, spero sia il segnale per una positiva conversione.
“Sacconi pubblica il suo libro bianco” – cioè, bianco perchè infondo non dice niente ?
“Presentando, lo scorso anno, il suo Libro verde”
Ah, ecco, l’ anno prossimo pubblicherà anche il libro rosso, così siamo tutti a posto.
Per Federico.
Fino ai primi anni ’50 vigeva ancora nel codice civile una norma del codice romano, secondo la quale il marito poteva picchiare la moglie senza conseguenze penali fino ad un massimo di 3 giorni di prognosi.
La parità dei diritti e dei doveri tra molgie e marito è stata sancita solo nel 1975.
@ Marco C.
Fino ai primi anni ’50……..dopo Dante, il rinascimento, l’illuminismo, il pensiero socialista, la rivoluzione industriale Inglese etc. etc. il marito poteva……..alla faccia dei poveri talebani che dall’ignoranza vivono ancora nell’ignoranza (almeno una giustificazione possono avanzarla).
Bah, la famiglia e la società in genere ti trasmettono i loro usi e costumi e questo è noto.
Resta da capire se sia una cosa positiva vivere in un paese maniaco di auto, calcio, veline e quant’altro…
Vi segnalo questa notizia sull’uccisione di un ragazza in seguito ad un esorcismo fai da tè della sua famiglia, anzi famigghia:
http://magazine.ciaopeople.com/News_WorldInfo-1/Mondo-8/Esorcizzata_dai_familiari%2C_muore_annegata-10157
Perche’ la chiesa non chiede scusa anche per tutte le vergognose morti per esorcismo?
NON si dica che in questo caso non c’era un membro del clero presente:e’ la diffusione
di credenze assurde che porta degli innocenti(spesso bambini ) a morti assurde !!!!
x Dalila
la famiglia italiana è cambiata parecchio, anche se non è ancora al livello dei paesi scandinavi passi da gigante sono stati compiuti a livello legislativo.
secondo me per sradicare il maschilismo da questa istituzione, almeno formalmente, si potrebbe cominciare dall’abolire la trasmissione del cognome dell’uomo alla prole, mettendo i due coniugi su uno stesso livello.
purtroppo l’italia non è tutta uguale e le famiglie da trapani a gorizia non sono le stesse, esistono aree più evolute ed altre dove ancora ci vorranno decenni per fare progressi, ma ovunque andiamo la religiosità tende a marcare l’arretramento culturale.
@ Candyfruit
capisco e quoto in pieno.
Ecco perchè mi sfugge questa smania di tradizionalismo soprattutto da parte di tante, troppe donne: ne deduco che per molti/e è certamente più comodo vivere all’ombra rassicurante della “famigghia” per evitare guai e problemi di vario tipo, cancellando anche la propria identità.
Detto che tutto quello che c’e’ da capire sulla famiglia e sulla sua evoluzione nel corso della storia, l’ha scritto Engels circa 120 anni fa – e quindi basta andarselo a leggere, voglio ricordare che tutta questa attenzione sulla “Famiglia” da parte della politica nasce – al solito – da input vaticano,
che di famiglie “naturali” se ne intende poichè Giuseppe non era il padre di suo Figlio! 🙂
Passiamo di cose serie. A me è piaciuto molto il documento elaborato dall’UAAR in
risposta al primo libro verde di Sacconi. Verrà fatto analogo meritevole sforzo
anche per questo secondo libro? Io spero di sì.
Secondo me, in questo secondo libro, questi sono andati ancora di più
fuori di cabezza nel tentare di conciliare la dottrina sociale clerical-cattolica
con l’attuale situazione sociale e economica, oltre che con la ns complessa
organizzazione statale. Vi riporto un passaggio emblematico, secondo me, del libro 2.
Leggetelo attentamente. Poi …..
—————– dal libro 2 ———————
Si deve tuttavia tenere conto dell’irrompere delle nuove tecnologie nei momenti
fondamentali della vita di ogni singola persona, come quelli di inizio e fine vita,
ma anche nel concetto stesso di famiglia, e rende necessario un adattamento
della idea di sussidiarietà.
Se la scelta del paziente diventa un diritto esigibile, e coincide ad esempio con
il “diritto” al figlio sano o con il “diritto” a morire, o anche con la richiesta
di conservare per sé le proprie cellule e tessuti, abbandonando la tradizione
solidaristica su cui si basa la donazione del sangue, degli organi e dei tessuti per
trapianti, allora il principio secondo cui le risorse seguono la scelta del paziente
non risponde più a un concetto di sussidiarietà, ma seguirà inevitabilmente
i criteri di un nuovo mercato dei desideri che si costruisce intorno al corpo
umano.
In una condizione simile è più facile enfatizzare la dimensione del “consumo”
della offerta di salute e inserire elementi propagandistici che non obbediscono a
principi di appropriatezza, utilità e bene comune. Se non è più possibile né utile
distribuire ai cittadini beni e servizi in forma assistenziale e paternalistica, è però
necessario saper individuare i bisogni e le modalità appropriate per rispondervi,
tenendo sempre presente il bene comune.
———– fine ———————–
domandatevi: che cosa vogliono dire?
io, lì per lì, non ci ho capito un bel nulla.
Successivamente ho pensato:
famiglia = “famiglia naturale cattolica”
sussidiarietà = “gestione di risorse pubbliche da parte della comunità di cattolici”
bene comune = “interesse della comunità di cattolici come definito dalla Sacra Romana Chiesa”
e ho iniziato a orientarmi in quel mare di parole – per me inizialmente prive di significato.
Ho sbagliato analisi?
se no, la conseguenza è che questo libro è un guazzabuglio – fortemente ideoligico – clerical-fascista. Niente di più.
saluti, neverclean