Uno studio italiano su 179 pazienti cui è stato trapiantato il fegato, condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerca (Ifc-Cnr) in collaborazione col dipartimenti di Trapiantologia epatica dell’Università di Pisa metterebbe in luce, tra altri fattori, l’influenza della fede nella sopravvivenza dei malati. La ricerca è stata condotta dallo psicologo Franco Bonaguidi e pubblicata su Liver Transplantation.
A questi pazienti, in cura dal 2004 al 2007, è stato sottoposto un questionario in cui veniva chiesto se fossero convinti che la fede li avrebbe o meno aiutati nel decorso. Di questi, il 93,4% che ha risposto positivamente è sopravvissuto, mentre tra coloro che hanno dato risposta negativa la percentuale è scesa al 79,5%. Bonaguidi afferma che la ricerca “attiva” di Dio, al di là del credo religioso o della partecipazione alle funzioni, favorisce la sopravvivenza.
Vi sono anche altre ricerche sull’influenza della fede nella guarigione di malattie, le quali tendenzialmente però rilevano che possa essere un fattore negativo o di nessuna influenza (si vedano le Ultimissime dell’11 settembre 2009 e del 1 aprile 2006).
Inoltre, sorge il dubbio che ricerche come quella recente del CNR possano favorire di fatto la discriminazione dei non credenti nei trapianti, in quanto avrebbero minori probabilità di sopravvivere.
Trapianti di fegato, secondo ricerca italiana fede aumenta sopravvivenza
99 commenti
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mi convince poco, ma ne prendo atto…
Il servizio di superquark di ieri su placebo “nocebo” e suggestioni dà una spiegazione esauriente del fenomeno.
Già lo ho visto anch’io!
Ed infatti convince poco poichè, in base alle domande del questionario che ho postato alle 16.10, il titolo dovrebbe essere “I pazienti trapiantati sopravvivono di più o di meno in base al modo in cui credono in dio”. Hanno partecipato allo studio i pazienti che erano disponibili a rispondere ad un questionario sulla propria religiosità.
Nulla a chè fare con credenti e non credenti, quindi. Ma sono bravissimi a fare disinformazione girando le frittate!!
mia mamma ,purtroppo credente ,è morta con dolore per un cancro al pancreas!
Soldi pubblici buttati, e un chiaro esempio di come si fa passare un convincimento personale per verità.
Ma questa gente è pure pagata per perdere tempo in simili insulse ricerche… pretendendo poi magari che vengano anche considerate pratiche scientifiche?
C’è qualcosa che non mi torna.
Se fossi credente, sarei ben felice di affrettare il mio ricongiungimento a dio. Allora perché ostinarsi a sopravvivere?
O è una ricerca da Ig-Nobel?
Applausi!
Ben detto! Infatti tutti inneggiano al PADRE, ma quando si tratta di andarlo finalmente a trovare, tutti si tirano indietro.
AH AH !!!!
Invece la ricerca è valida, non fa altro che confermare che la fede in dio non è altro che un meccanismo della mente che ha permesso all’uomo di andare avanti in determinate circostanze, ancora una volta dio si dimostra soltanto una creatura della mente umana.
devo dire che con una ricerca su 179 pazienti ed una differenza così piccola di sopravvivenza tra i due gruppi, la ricerca mi pare molto poco scientifica nelle deuzioni.
considerando per ipotesi che di questi 179 la metà abbia risposto sì e l’altra metà no (pongo metà per rendere minore l’effetto della casualità sul risultato, inoltre pongo che nessuno si sia astenuto e arrotondo a 180 il numero totale per comodità), dei sì il 93.4% è sopravvissuto (cioè su 90 a sopravvivere sono 84, quindi 6 morti) e dei no il 79.5% è sopravvissuto (cioè su 90 a sopravvivere sono 71.5, con 18.5 morti). questo significa che la differenza tra i morti dei due gruppi è di 12.5, su una quantità circa 15 volte superiore di persone (e solo se si pone il rapporto tra i sì e i no 1:1, cosa improbabile, se i sì fossero il doppio o triplo dei no, come è più probabile che sia avvenuto, tale differenza di morti diventa ancora più piccola!). francamente la casualità pesa molto su simili numeri, nessun vero scienziato si sognerebbe mai di affermare che ci sia una vera differenza di probabilità di sopravvivenza tra credenti e non credenti su dati così scarni.
per fare una vera ricerca dovrebbero usare un gruppo di persone molto più sostanzioso: il gruppo deve essere tanto più grande quanto minore è la differenza di percentuali di sopravvivenza riscontrate, in modo da diminuire l’effetto degli errori casuali. vista da differenza di percentuale di sopravvivenza risultante, dovrebbero usare almeno un gruppo di 1000 persone per poter affermare qualsiasi cosa.
tra l’altro sono curioso di vedere i risultati nel caso la domanda sia “fà regolarmente uso della meditazione per rilassarsi ed eliminare le preoccupazioni e lo stress?”. in tal caso sono convinto che le differenze sarebbero molto più evidenti….
CNR, quello di demattei?… ma mi faccia il piacere!
Siamo sicuri che non c’entri niente anche il tipo di ospedale dove avviene il trapianto: cioè, gestione pubblica o gestione CL?
Non sono del settore ma so da sempre che, per esempio, un laureato ha una percentuale molto maggiore di uscire meglio da un trattamento chirurgico, piuttosto che non chi abbia un livello basso di scolarizzazione. E qui non credo che c’entri molto la psicologia…
Concordo assolutamente con nightshade90.
Vedi anche il mio messaggio delle del 13 agosto 2010 alle 13:23 per ulteriori commenti sulla metodologia scientifica “trascurata” nell’esperimento del CNR e altre chicche 😉
Dio placebo!
(A quanto pare, non è blasfemo…:D )
Ci sono molte ricerche che si sono interessate al decorso dei pazienti. Ricordo in particolare una in cui a persone che dovevano lavorare sotto sforzo il medico somministrava un finto energizzante (placebo). Però a un gruppo lo faceva senza motivazione e a un’altro tessendone le lodi.
Il gruppo maggiormente incentivato rispose molto meglio alla prova e alla fine raggiunse un risultato migliore con minore sforzo.
In molti casi, credere in dio (o in qualsiasi atto di superstizione), per coloro che hanno una fede “genuina”, può essere una marcia in più. Ciò non toglie che far finta di credere non ha assolutamente senso per chi abbia raggiunto la consapevolezza della sua inesistenza.
Personalmente non ho problemi, quindi, ad ammettere che se credessi sinceramente potrei avere mediamente dei vantaggi psicologici (dio sarebbe con me!). Ma Jahvé è per me solo un prodotto culturale…
Se lo chiedessero a me non potrei rispondere ne’ si’ ne’ no: “Dio” non esiste e la domanda non ha senso. Sospetto che chi ha risposto “no” fosse un credente depresso dalla malattia e convinto che il suo dio lo stesse punendo.
Manca una classifica tra Dio, MadonnadiLourdes e PadrePio. Spero ardentemente che il CNR conduca quanto prima uno studio approfondito.
Si accettano scommesse!
si ragazzi ma rendiamoci conto che un questionario carta – matita con domande di quel genere vale più o meno quanto quanto i test del Cioè…
oltretutto hanno tenuto conto di fattori quali età, stato fisico, modo di vivere e via dicendo?
Più che altro bisogna tenere conto di quanto era una la fede asserita e quanto invece solo sulla carta come portato culturale: insomma bisognava tener conto se effettivamente il malato pregava o lo facevano i famigliari in sua presenza, se magari seguiva la messa domenicale in tv, e se chiedeva ogni tanto di ricevere un prete, se non faceva niente di tutto questo è un tantino irrealistico parlare di fede vera.
appunto.
quanti hanno scritto di aver fede per far “bella figura”? (succede anche nei questionari anonimi, tranquilli)
o perchè semplicemente classici cattolici italiani à la carte?
bah -.-
Vedi anche il mio messaggio delle del 13 agosto 2010 alle 13:23 per ulteriori commenti sulla metodologia scientifica “trascurata” nell’esperimento del CNR e altre chicche 😉
Tra un convegno creazionistico e l’altro c’è spazio anche per questo
Insisto. Quale valore scientifico hanno ricerche del genere?
Intanto sarebbe bene distinguere tra fede e superstizione… non tanto perchè sia pregiudiziale alla ricerca (secondo i ricercatori immagino che sia importante che si creda comunque in qualcosa di ‘salvifico’), ma per evitare strumentalizzazioni… ‘ideologiche’.
Poi – per entrare più nel merito – non sarebbe necessario stabilire lo stato del paziente pre e post intervento (non credo che si possano porre tutti sullo stasso piano), dato molto più probante, a mio parere, delle dichiarazioni dei pazienti per stabilire il tasso di sopravvivenza.
Infine – ma questo credo vada detto più in generale – fino a che punto il numero e la provenienza degli intervistati legittima certe conclusioni? D’accordo che si tratta di stabilire solo un trend, ma sarebbe lo stesso se la ricerca fosse fatta in un contesto culturale piuttosto che in un altro? E invece qui si generalizza.
mi meraviglio di Liver Transplantation, pubblicare simili boiate.
poi mica un giornaletto: l’impact factor è 3,7.
io credo che 179 non rappresenti un numero statisticamente significativo. che poi non viene citato il numero di pazienti che non professa e non si affida alla fede. visto che lo studio è fatto in italia immagino che questo numero sia esiguo, tanto più in ospedale dove si sentono tutti più credenti perchè bisognosi. quindi quel 79.5% a che valora si riferisce? quanti saranno stati i non credenti, una quarantina? probabilmente meno. quindi valori statisticamente inattendibili. ci vogliono numeri ben maggiori.
capisco che è una rivista medica, ma anche la matematica e la statistica voglioni la loro parte, e vanno debitamente considerate.
non mi meraviglio se tra un po’ commissioneranno uno studio in cui dimostrano, sempre con la legge dei piccoli numeri, che solo la religione cattolica favorisce la sopravvivenza, mentre i credenti in altre confessioni hanno percentulali di mortalià maggiori…
queste ricerchine le pubblicassero sull’osservatore romano…
che poi, leggendo l’abstract dell’articolo, si evince che 18 pazienti sono morti durante il follow-up, prima della fine dello studio…questi di che religiosità erano?
comunque numeri che vengono ulteriormente sottratti.
inoltre, sempre dall’abstract perchè l’articolo non riesco ad aprirlo: “Using multivariate analysis, only the Search for God factor, and the post-transplant length of stay in the intensive care unit were independently associated with survival”.
ovvero anche se non credi in dio ma resti più a lungo soggetto alle cure intensive post-trapianto aumenta la probabilità di sopravvivenza. questo già è più scientifico, anche se i numeri restano piccoli comunque.
una notazione: solo chi “Search for god” “si salva”. chi “wait for god” fa la stessa finaccia dei “Fatalism”, cioè dei non credenti…
Infatti. Dallo studio non si evince che chi crede ha una probabilità di sopravvivenza minore di chi non crede. I non credenti non sono stati considerati.
La differenza (peraltro statisticamente non significantissima, i p-value sono sul 3-4%) è tra chi crede che dio farà ciò che è meglio per loro e quelli che credono che dio non si curerà di loro.
Avere un atteggiamento positivo aiuta in tutte le malattie e la fede è solo uno dei modi per ottenerlo.
secondo me hanno fatto i test in ospedali convenzionati di religiosi. a quelli che dicevano di essere atei le suore sabotavano le terapie 🙂
Non ci scherzerei troppo… e, se avessi la sfiga di finire in ospedale ci penserei due volte prima di dire che sono ateo, specialmente se è un ospedale targato CL. Non vorrei essere usato come cavia per confermare le loro teorie. 😉
Purtroppo non ho sottomano la fonte ma un gruppo di trapiantati di cuore (o comunque cardiopatici) ha avuto un tasso di sopravvivenza inferiore sapendo che qualcuno pregava per essi (inferendo che la propria situazione non doveva essere un granché).
Effetto nullo della preghiera nel gruppo che non sapeva niente rispetto a quello per il quale non si è pregato :-).
Ripeto comunque – come ho detto più volte – che esiste una proposta che taglia la testa al toto riguardo all’effetto di fede e preghiere sulle condizioni fisiologiche: il test sugli amputati.
Che ovviamente i credenti si rifiutano di fare in quanto risulta ostico ad un dio che ha creato l’universo. Anche il vicepresidente del CNR glissa al riguardo 🙂
Se qualche credino se ne venisse fuori ancora con la stupidaggine di Calanda suggerisco di accertare una volta di più la capacità di questo dio: se l’ha fatto una volta lo può rifare, in condizioni controllate. O si chiama Paganini?
Riguardo alle obiezioni sulla forzatura del libero arbitrio rimando a Calanda: decidano loro se in quel caso è stato forzato o no. E quindi se lo sarebbe o no nel test proposto.
Auguri.
sopra: toro, non toto
anche se ‘sto studio è una specie di totocalcio…
Stefano, ecco la fonte che ti mancava: http://www.uaar.it:80/news/2006/04/01/preghiere-non-aiutano-guarire/
Vedi inoltre il mio commento del 13 agosto 2010 alle 13:23 per altre chicche 😉
Grazie mille Federico!
Purtroppo non riesco a trovare l’intervento cui fai riferimento…
E’ in questo thread?
Per Stefano del 13 agosto 2010 alle 18:31:
Sì, il mio commento del 13 agosto 2010 alle 13:23 è solo “un po’ più in giù” di questo.
Non capisco perche’ alcuni commenti siano cosi’ negativi.
Dopotutto dal nostro punto di vista e’ un ricerca che dimostra come la mente possa influire sul corpo.
Non credo che i ricercatori volessero dimostrare che per ogni 10 persone che pregano una vince un buono ^____^
Da un certo punto di vista hai ragione, se non ci fosse qualcuno che da questo inferisce la giustezza delle proprie credenze.
Salvo negare che simili effetti siano al lavoro nel caso di visionari o mistici.
Ovvero mangiare la torta tenendosela.
Non sono d’accordo con Riccardo: indipendentemente dal risultato a cui possa portare questa ricerca (pro o contro fede) mi pare che il campione sia insufficiente e non sono convinta della randomizzazione dello stesso. Non mi sembra corretto legittimarla solo perchè da un certo puno di vista ci da ragione, nè squalificarla solo perchè ci d torto. In fin dei conti nessuno di noi, sono convinta, accetta a scatola chiusa le considerazioni di qualsivoglia studio clinico: anche questi dati sono interessanti, seppur insufficienti.
Se il test fosse stato scientificamente impostato e i risultati fossero scientificamente dimostrabili, bisognerebbe mettere la fede tra le terapie anticancro! Ma queste inchiestine mi sa che lasciano il tempo che trovano e galleggiano nel mare dell’opinabile. Ho conosciuto sacerdoti e persone animate da fede religiosa che però, trovandosi colpite da mali incurabili, sono morte, come tutti, credenti e no, anche in giovane età. Il cancro si cura, quando è preso in tempo e se è curabile, con le più aggiornate terapie mediche. Che poi una fede, che non è semplicemente identificabile in una religione, possa aiutare ad affrontare con più forza, o coraggio, o serenità, la malattia, è possibile. Ma bisognerebbe chiarire anche che cosa si intende per “fede”; perchè ogni individuo la intende e la vive in modo diverso. Spesso viene chiamata fede quella che è semplicemente una speranza, o una grande voglia di vivere (e quindi nessuna fretta di incontrare nell’aldilà quel dio in cui si dice di credere). Spesso una ripresa della pratica religiosa e della preghiera deriva da quella sorta di mentalità utilitaristica, favorita dalla stessa Chiesa, che fa credere che si possa fare un patto con Dio, offrendogli preghiere, promesse, voti, per ottenere in cambio, o in risarcimento, la salute. Si avvalla così l’idea di un Dio che per salvare un vita ha bisogno di essere pregato, adorato, esaltato, blandito o magari “comprato ” con offerte alla Chiesa.
Mah! che guazzabuglio l’animo umano e quanta gente ci specula su.
“Se il test fosse stato scientificamente impostato e i risultati fossero scientificamente dimostrabili, bisognerebbe mettere la fede tra le terapie anticancro!” GIUSTISSIMA OSSERVAZIONE! E comunque constato (fra il depresso e il rabbioso) che molte persone, che hanno avuto un parente salvato mediante un intervento chirurgico, dicono “Grazie a Dio ora è guarito!”; quando allora faccio loro notare che se non ci fosse stato l’intervento dei medici il malato in questione sarebbe morto, subito quelle persone iniziano ad annaspare sui vetri per giustificare il loro commento! 😉
Il campionamento è assolutamente troppo basso. La ricerca in sè è assolutamente interessante: semplicemente si studia che effetto può avere una variabile X psicologica (fede/o non fede) nel decorso clinico di un individuo. Come variabile x possiamo sostuire “fede” con “legami affettivi”, “fiducia nella medicina”, quello che volete (senza valutazione di merito! E’ una ricerca e funzionano così).
L’esito può essere quindi, ad esempio: che chi è convinto che le sue preghiere perfezionino un trattamento medico già correttamente eseguito (questo è IL dato di fatto) ha l’incentivo psicologico ad affrontare correttamente il decorso post-operatorio. Oppure, chi ha legami affettivi importanti ha l’incentivo a lottare per rimanere attaccato con la colla alle persone che ama, oppure, chi ha fiducia nella capacità dei dottori, seguirà fedelmente il piano di cura, riportandone benefici… Vista su un piano più ampio questa ricerca non fa che analizzare la potenza di “condizionamenti” piscologici e la loro efficacia su un piano clinico fisiologico
(Questo senza dimenticare che la statistica non è comunque una scienza esatta)
Se tra la gente fosse diffusa l’usanza,fin da giovani, di frequentare persone di intelletto e cultura superiore affinchè si possa essere preparati alla vita sotto tutti gli aspetti, non credo che i risultati sarebbero inferiori. Il fatto è che sotto questo punto di vista i non credenti sono lasciati a sè stessi. Grazie anche all’ingordigia dei credenti, che hanno occupato tutti gli spazi e incamerano tutte le risorse.
Le ricerche mediche spesso si basano su campioni molto piccoli. 179 non è male, mi è capitato di leggere articoli che traevano conclusioni sulla base dell’osservazione di poche decine di pazienti. E’ preoccupante vedere come decisioni importanti per la nostra salute vengano a volte prese sulla base di dati insufficienti.
non so, a me invece 179 sembrano pochi.
è vero che ci sono studi con casistica più limitata ma bisogna vedere quanto siano attendibili.
poi una cosa fa la differenza: dipende molto da quanto è netta la variabile che vai a studiare e quante altre variabili incidono.
mi spiego: se vuoi correlare la sindrome di down con la trisomia 21 bastano pochi pazienti. è un effetto totale inequivocabile. chi ha 3 cromosomi 21 ha la sindrome di down, e basterebbero anche 20 pazienti per dimostrarlo con un grado di attendibilità elevatissimo.
quanto più invece un carattere è sfumato nella popolazione, o quanto più su di esso incidono altre variabili, come in questo caso il tempo e molte altre, tanto più hai bisogno di un numero elevato di pazienti per aspettarti un minimo di attendibilità.
giusto per far numero mio padre non era credente ed è sopravvissuto 17 anni al trapianto… 🙁
In realtà lo studio è disegnato male.
Si sarebbe dovuto prendere un campione di persone di fedi differenti, facciamo 5 o 6 fedi, e confrontarli a parità di servizio medico fornito. I fattori di confondimento possono essere moltissimi (a cominciare dalla “laicità” dell’ospedale, che può creare un errore di selezione del campione).
Con un campione di credenti “eterogenei” O non si sarebbe ottenuta la significatività statistica nelle differenze, O la si sarebbe ottenuta, dimostrando che è importante credere in “qualcosa”. Ad ogni modo lo studio mi sembra dirci qualcosa di importante: esistono variabili correlate alla mente dei pazienti che ancora non sappiamo misurare e quantificare.
Lungi dal dimostrare qualcosa di trascendente, ovviamente.
farei anche una statistica su quanto vedere i simpson o occuparsi di giardinaggio aumenti la sopravvivenza nei trapiantati…
Vedi il mio intervento del 13 agosto 2010 alle 13:23 un po’ più giù di qui e trovi qualcosa del genere! 😉
Francamente a me, tutte le ricerche di questo tipo, favorevoli o meno alla nostra causa, mi sembrano delle vere e proprie str…..
un “convinto” credente, in caso di malattia, dovrebbe rivolgersi esclusivamente alla sua chiesa ed a suoi pastori. Se il dio in cui crede ha disposto che lui si ammali… sia fatta la sua volontà e amen. Perché rivolgersi alla scienza ed alla tecnica per sovvertire od ostacolare il volere del dio di turmo?
Concordo assolutamente.
Tanto più che in caso di esito positivo ringraziano dio…
Già, e in caso di esito negativo i parenti diverse volte se la prendono con i medici (a torto o a ragione), ma mai con il loro dio… oppure sì? magari qualche bestemmia la dicono o almeno la pensano, secondo me! 😉
Segnalo che la notizia completa che avevo inviato alla redazione delle Ultimissime era:
http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201008121802-eco-rt10169-trapianti_ricerca_cnr_la_fede_aiuta_a_sopravvivere
Inoltre avevo segnalato altre notizie per un confronto:
http://spiritualseeds.wordpress.com/2008/12/03/pregare-allunga-la-vita-ora-ce-anche-la-prova-scientifica/
http://www.uaar.it/news/2006/11/17/la-preghiera-un-farmaco/
Però, N.B.:
http://www.uaar.it/news/2009/09/11/studio-fede-puo-compromettere-guarigione/
http://www.uaar.it:80/news/2006/04/01/preghiere-non-aiutano-guarire/
Altre notizie per un diverso confronto:
http://noteesalute.blogspot.com/2008/12/ridere-allunga-realmente-la-vita.html
http://www.in-dies.info/26/03/2010/ridere-allunga-la-vita/3081
Altre notizie per un ulteriore diverso confronto:
http://poo.splinder.com/post/8175554
http://www.centrostudi-ancoragenitori.it/medicina-di-famiglia/il-sesso-allunga-la-vita.html
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/08_Agosto/16/inchiestasesso.shtml
E ancora:
http://italiasalute.leonardo.it:80/news.asp?id=8816
http://www.greenme.it:80/informarsi/ambiente/726-giovani-piu-a-lungo-basta-mangiare-poco
Conclusione: secondo me, dal confronto di tutte queste notizie si trae semplicemente la conclusione che chi ha QUALSIASI modo di essere CONTENTO A MODO SUO (dalla preghiera (per chi ci crede), al fare sesso, all’avere un gatto, ecc.) vive meglio e forse più a lungo di chi non è contento.
L’errore metodologico del questionario del CNR (il cui vicepresidente è il criticatissimo (perchè creazionista ecc) cattolico Roberto De Mattei) sta nell’aver paragonato gli effetti di “fede” contro “non fede” escludendo quelli che, nel metodo scientifico della ricerca clinica (e della ricerca scientifica in generale) sono altri “gruppi di controllo”, cioè per esempio i gruppi di “coloro che sono o al contrario non sono molto appagati sessualmente”, “coloro che nella vita ridono molto spesso o al contrario sono depressi”, eccetera.
Questa omissione di altri “gruppi di controllo”, che avrebbero permesso di vedere se ai fini del miglioramento della salute è PIU’ EFFICACE pregare o fare sesso o essere allegri o avere un gatto ecc, la intravedrei quasi quasi come VOLONTARIA E TENDENZIOSA in uno “studio” (se così si può chiamare) come quello del CNR sui trapiantati di fegato.
N.B.: va da sè che penso che gli eventuali miglioramenti della salute “dovuti al pregare” non sono mediati da “dio” ma da effetto placebo o qualcosa di simile.
Strano, però: già, per vivere una vita sola, “ci vuole fegato”… poiché, per viverne due, di norma, ce ne vorrebbe di più, i fideisti dovrebbero consumarselo prima!
Pensa ad esempio alla pena di trovare un parcheggio, sopportare chi ti sta accanto, non perdere la pazianza sul lavoro, motivarsi sempre, giustificare le proprie scelte… se poi ti crei anche il problema dello spalto del paradiso che ti toccherà dopo morto (prima, seconda, terza fila – “no: io avveo prenotato! Cosa sono queste cose? Guardi che cambio agenzia!”) , degli schiamazzi notturni tra serafini e cherubini, delle assemble di condominio colò portinaio San Pietro che presta le chiavi solo a chi vuole lui, delle contestazioni dei dannati per l’acqua dei gerane che piove giù in testa a loro… altro che fegato! Anche per la bile, non è mica uno scherzo… E poi, come ti presenti alla commissione d’esame, dopo il trapasso? Cosa ti metti? Ti interrogano? E sai fai una figura vergognosa?…
Quando si arriva in fondo, meglio una sana dormita, no? – Ma sono fuori tema: questo riguarda il cervello! 😉 –
Sono autentiche sciocchezze questi studi. Per chi è un po’ avvezzo alla statistica, sa che vi è una bella differenza tra causalità e correlazione. Vi faccio un esempio calzante: se ogni volta che piove prendo l’ombrello, l’indice di correlazione tra i giorni piovosi e e le volte che prendo l’ombrello è uguale a +1 (che è il massimo). Ma ciò non significa affatto che se prendo l’ombrello allora deve piovere per forza, infatti ne’ posso dire di causare la pioggia e può anche succedere che prendo l’ombrello prima di uscire di casa e poi il tempo cambia e non ne ho bisogno. La causalità è un caso particolare, ma non generale della correlazione. Così se dei pazienti dicono che la loro fede contribuisce alla loro guarigione, bisogna vedere quanti dopo una guarigione attribuiscono la stessa alla fede e se poi la fede non è venuta fuori dopo la guarigione. L’unica cosa certa che è possibile stabilire è che sovente molti esseri umani tirano in ballo la fede quando hanno paura o come in questo caso non sanno spiegare il perché di qualcosa. Il che è inquietante, perché dovrebbero invece ringraziare la ricerca sul cancro e finanziarla direttamente invece di dare oboli alla CCAR.
Sarebbe anche interessante, in occasione di questi test, abbinare sempre ai dati anche il Q.I. dei partecipanti. Sarebbe curioso se Q.I. e sopravvivenza fossero indirettamente proporzionali.
Il Q.I. è ahimè traditore, infatti vi sono persone molto religiose con Q.I. alto. Il punto è che la religione ha a che fare con la sfera emotiva dell’individuo e pertanto dubito che il Q.I. catturi gli effetti perniciosi della religione, in quanto come indice è rilvenate (leggi necessario), ma non sufficiente.
Cioè… hanno chiesto ai pazienti la loro opinione? Ma che razza di scemenza è? Non c’è nemmeno l’effetto placebo, qui. Non c’è assolutamente niente che abbia a che fare con la medicina.
Non è la loro opinione, ma la loro fede
A me sembra che “La fede ti aiuta del decorso della malattia?” sia chiedere un’opinione.
La ricerca è fallace sin dall’inizio, in quanto si basa su una valutazione del tutto personale del paziente (fede in quale divinità, amuleto, santone, ecc.), messa in rapporto con una percentuale di sopravvivenza calcolata su un campione del tutto esiguo per essere considerato significativo.
Credo di sapere quello che dico essendo laureato in Statistica.
Saluti
ah metodologia della ricerca, mai sufficientemente bistrattata…
A mio parere bisognerebbe considerare anche le speranze del paziente al momento del test. Un paziente con buone possibilità di guarigione potrebbe semplicemente essere più fiducioso, mentre un paziente con minori possibilità potrebbe sentire il suo destino già segnato e quindi ogni “àncora” risulterebbe inutile o quasi.
Questo è il questionario riportato nell’articolo. Io non riesco a trovare la distinzione fra credenti e non credenti …
Domanda e punteggio (da 1 a 5)
A I sought God’s help in dealing with the situation 2.9 ± 1.3
B I trusted that God would handle the situation 2.8 ± 1.4
C I tried to find the lesson from God in the event 2.2 ± 1.3
D I let God solve my problem for me 2.1 ± 1.4
E I accepted that the situation was not in my hands but in the hands of God 2.5 ± 1.4
F I focused on the divine world rather than on the problems of this world 1.7 ± 1,1
G I waited for God to provide solutions to my problems 2.0 ± 1.2
H With God’s help I was able to see the situation in a different light 2.7 ± 1.3
I I took control over what I could and I let God help me with the rest 2.9 ± 1.4
J The thought that we have a destiny helped me see the situation in a new way, so things seemed to me more under control 3.1 ± 1.3
Mean 2.5 ± 1.3
Di più: il presupposto è che si sia credenti.
Infatti… per di più se si legge bene è la stessa domanda ripetuta con parole diverse ogni volta. Oltretutto sono domande che puoi rivolgere solo ai monoteisti.
Wiccani, neopagani, buddisti, shintoisti, animisti, ecc sono automaticamente esclusi dal test.
Certo che se le opzioni erano solo queste, che faccia tosta chiamarlo non solo “scientifico” ma pure esperimento!
Appurato che la mente possa rivestire un ruolo importante nella guarigione da una malattia (vedi placebo), datemi le loro cartelle cliniche e fatemi parlare con i parenti, sono sicuro che potrei individuare un sacco di parametri che incidentalmente registrano una disparità di guarigioni, soprattutto su un campione così esiguo. Potremmo magari scoprire che essere più alti di un metro e settanta, o abitare al pian terreno aiuta tanto quanto credere in dio.
forse sono i credenti ad ammalarsi di piu’…
Migliori risultati si otterrebbero trapiantando il cervello ai …creduloni.
Dipende da quale fede, anche la fede nella scienza aiuta.
io la butto lì 😉 poi vedete voi
un buddista trapiantato di fegato a quale fede attinge per andare avanti? in dio? no perchè la filosofia buddista non prevede nessun dio! lo stesso vale per shintoisti confuciani new ager ecc.ecc. come dice Signor G. poco sopra è solo una speculazione matematica basata su un numero esiguo di casi, pazienti credo tutti appartenenti a confessioni monoteiste, quindi non solo è un risultato parziale e poco oggettivo ma del tutto inattendibile perchè non prende in considerazione malati appartenenti ad altre religioni/filosofie.
Certo, e non compara nemmeno l’effetto sulla guarigione che si può ottenere da una vita di relazione soddisfacente, dall’essere fondamentalmente persone allegre, dal fare più o meno sesso, dall’avere un gatto, ecc.: vedi il mio intervento del 13 agosto 2010 alle 13:23 😉
Non dò alcun credito a quanto sostiene lo psicologo Bonaguidi: sono tutti questionari-balle determinatamente utilizzati. Quanto lo psicologo sostiene è semplicemente quanto professionalmente “gli conviene” soggettivamente. Non nego un certo effetto placebo che la fede come qualsiasi altra forte motivazione può avere. E poi se un trapianto va bene è per ben altri motivi. Credo invece esattamente il contrario, come sostiene e con cognizione di causa Umberto Veronesi, per altri tipi di malattie soprattutto. Ci si aggrappa alla fede, ma nel momento che il “placebo” non funziona, essa diventa motivo di disperazione ancora più acuta e tragica! Desolante, nero, abbandono dell’inconsistenza degli oggetti della fede, che si trasformano in un impietoso, ma reale, colpo di grazia totale.
L’ennesima ricerca inutile sull’effetto placebo. Penso che la speranza di farsi dare un bel bacio da Belen Rodriguez dopo guariti, per gli amanti del genere, sarebbe un incentivo psicologico di uguale importanza. Anzi, forse maggiore.
Per il resto concordo su quanto già detto riguardo la scarsa attendibilità e sul campione troppo basso. Bisogna ricordare chi è il vicepresidente del CNR?
L’ultima che hai detto 😉
Riporto un interessante articolo sulla superstizione. Purtroppo in inglese.
La sintesi è che chi è superstizioso ha performance migliori e poi viene spiegato razionalmente il perché.
http://www.badscience.net/2010/06/1693/
Letto.
Peccato che però esso non spieghi proprio nulla. Nell’articolo si parla di come uno stato mentale possa influenzare una performance in qualche semplice giochetto: mi pare più materia da psicologi.
Qui si parla di come uno stato mentale possa influenzare l’organismo stesso!!! quindi medicina, biologia, chimica, psicologia ecc ecc.
Qui è molto più complicato.
Partendo dal presupposto che notizie come queste vengano sempre strumentalizzate, non ci sputerei sopra a priori bollandolo di “assurdità”.
Lo guarderei per quello che è: ovvero che la fede altro non è che una “condizione mentale”. Nel momento in cui credi nell’esistenza di un dio, esso allora esiste, almeno nel tuo cervello. E dio, traducendosi in uno stato mentale, può arrivare a condizionare il tuo organismo. Ma dove il credente vede qualcosa di divino, io vedo qualcosa di spiegabile dalla chimica.
Si tratta di verificare in quale modo lo stato mentale di una persona possa influenzare lo stato del suo organismo.
@ Xeno
Praticamente hai scritto quello che avrei scritto io. Alla fine, se la notizia di questo articolo dovesse confermarsi vera, mi sembra chiaro che non si tratti di nient’altro che di un effetto placebo. Forse i risultati sarebbero stati uguali se avessero chiesto a dei bambini che aspettavano di ricevere un trapianto se secondo loro Babbo Natale li avrebbe aiutati o meno a sopravvivere… del resto, come disse Margherita Hack, dio è il Babbo Natale degli adulti.
Piuttosto, quel che mi viene da pensare è che io, qualora dovessi subire un trapianto, non cederei al ricatto morale di dover credere che un essere superiore dalla non provata esistenza possa aiutarmi a sopravivvere o meno… non credo possibile che sarebbe per me accettabile a livello morale l’abbandonare una mia convinzione fondata a livello logico e scientifico solo per la paura di morire. Piuttosto, cercherei di farmi prendere in cura dal miglior medico possibile e di affidarmi al suo sapere scientifico ed alla sua bravura pratica. Quello si che sarebbe un comportamento razionale che va CONCRETAMENTE nella direzione auspicata da una qualsiasi persona in quelle condizioni, comportamento che potrebbe anche mettere addosso a chi vive l’esperienza del trapianto un po’ di fondato ottimismo, che magari funziona meglio dell’effetto placebo… o magari no, ma quantomeno si ha la consapevolezza di aver fatto il possibile a livello scientifico, senza perciò scomodare jahvè, manitou, bacco o osiride.
Chi è sveglio se ne accorge: per come sono gestiti molti ospedali e per come sono preparati e lavorano molti medici, chi deve farsi operare può solo chiedere un intervento divino per sopravvivere.
quoto xeno. l’autoconvincimento a volte può fare “miracoli”.
Va però dimostrato…
In pratica, la fede funziona come un Training Autogeno “fai da tè”.
La Fede è riconoscere un fatto, non creduloneria. Non confondiamo Fede con fideismo !!!
Quale fatto? Credere alla favole non è riconoscere un fatto. Fede e fideismo sono poi sostanzialmente identici: credere alle favole che qualcuno racconta in maniera del tutto acritica, ignorando incongruenze e palesi ingiustizie.
Ovviamente non mi riferisco solo alla tua. Non c’è nessunissima differenza nel credere in cristo, allah, la dea madre, amterasu o i laoi. Si tratta sempre di credere senza prova alcuna per sentirsi rassicurati.
FEDE:
La parola fede è propriamente intesa come il credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell’esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni.
Laicità : laicismo = fede : fideismo
Sledge, se la fede è riconoscere i fatti perchè la tua religione è una religione ‘rivelata’?
Se per riconoscere i fatti fosse necessaria la fede, tutti gli scienziati sarebbero bigotti…
@ sledge:
Era forse un “fatto” la teoria secondo cui il Sole girava intorno alla Terra, teoria sostenuta fermamente dalla chiesa e dimostrata falsa da Galileo Galilei? Galilei chiese ai suoi inquisitori di guardare dentro il suo cannocchiale perchè si convincessero che aveva ragione lui, ma essi si rifiutarono di farlo rispondendo che quello era un arnese “diabolico”! E hanno costretto Galilei ad abiurare!
Nota bene: solo da poco la chiesa ha “riabilitato” Galilei!
Sledge, se vuoi “i fatti” non cercarli nei deliri di alcuna religione!!!
il primo commento di diocleziano va nella giusta direzione, anch’io credo che, se fosse possibile educare le persone alla razionalità le religioni subirebbero un tracollo. E’ da pazzi pensare a una specie di strutture nelle quali esercitare proselitismo ateo?So che l’ateismo, proprio perchè non religione non può rischiare di essere considerato tale, ma la voglia di contrastare tutta questa pubblicità alle religioni(vedi ultime dichiarazioni di obama sulla libertà inviolabile di professare il proprio credo) è troppo forte. La nostra uaar potrebbe essere più conosciuta, pensate a un edificio con tanto di insegna! Non ridete per favore e rispondetemi anche se magari sto farneticando, buona sera ..
@ Marilena: SONO ESTREMAMENTE FAVOREVOLE! 🙂
@ Marilena Maffioletti
Sono d’accordo: propaganda religiosa per propaganda religiosa, non vedo perchè noi atei non dovremmo pensare anche noi a diffondere il nostro pensiero in maniera sistematica, tramite strutture ad hoc dove si insegna logica e si discute tutti insieme su temi legati alla fede. In questo modo, anche l’UAAR stessa sarebbe più conosciuta e ne trarrebbe dei vantaggi legati alla propria maggiore popolarità.
non c’è nessun dato di validità scientifica in questi risultati. Il campione è troppo piccolo e l’influenza di altri fattori e di casualità è troppo importante per poterla tralasciare. Un studio migliore su campioni così piccoli andrebbe fatto mediante l’ausilio di curve in confronto che tengano conto di tutti i parametri rilevanti: una domanda a crocette è tutt’altro che svincolabile dalle altre.
Comunque il campione è troppo piccolo.