La notizia che i boss mafiosi in regime d’isolamento riuscivano a inviare ordini e messaggi attraverso gli sms diffusi durante la trasmissione Quelli che il calcio ha fatto il giro d’Italia, ma l’ingegnoso stratagemma non è certo l’unico. Un articolo di Alessandra Ziniti pubblicato l’altro ieri per Repubblica ne documenta altri, come pizzini nella biancheria, annunci su giornali locali, linguaggi a gesti. Ma anche, secondo la polizia penitenziaria, “l’immancabile anelito alla religiosità. Nelle celle dei 41 bis è sempre stato un via vai di sacerdoti, evangelisti e testimoni di Geova. Colloqui controllati a vista ma non ascoltati. E la Santa Messa la domenica nella cappella del carcere, tutti insieme”.
Gli stratagemmi dei boss per aggirare l’isolamento in carcere
15 commenti
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Penso che la polizia riesce a controllare (registrazini audio e video) quello che si dicono durante le messe.
Se ci fosse la volontà di farlo non ci sarebbe alcun problema a realizzare la sorveglianza, il problema è che è ancora considerato taboo immischiarsi nel rapporto fra mafioso e prete.
Il rapporto tra un battezzato ed il proprio confessore è tutelato in molti ordinamenti.
In merito al fatto che usino la messa per comunicare tra loro può essere evitato ad esempio facendo celebrare la messa nel corridoio della sezione.
Enrico risponde:
lunedì 23 agosto 2010 alle 19:59
Il rapporto tra un battezzato ed il proprio confessore è tutelato in molti ordinamenti.
—
La Sharia per esempio?
Posto questo link: http://en.wikipedia.org/wiki/Seal_of_the_Confessional_and_the_Catholic_Church
Inizialmente la confessione (e la penitenza) erano pubbliche. Il segreto è stato introdotto successivamente, e si capisce anche bene il motivo.
Ma i telegiornali si sono ben guardati dal parlarne. Fa più audience tirare in ballo la Ventura…
Beh hanno il loro modo per aiutare gli altri…
Asd!
quando la banda della magliana si faceva portare la droga nelle bibbie, si da quel sacerdote che adesso sta gongoloso al sant’uffizio ahahha……………..ma la confessione è la vera cricca la confessione hahha e poi dici perchè religione e mafia vanno a braccetto, l’uno usa l’altro
sul rapporto mafia-chiesa cattolica segnalo, per chi già non lo conosca, “I preti e i mafiosi” di Isaia Sales, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2010: per il mio gusto un po’ troppo diplomatico in alcuni punti(l’autore è docente dell’Università napoletana Suor Orsola Benincasa) ma nel complesso assai interessante, è comunque un lavoro che mette in evidenza, oltre all’aberrante psicologia mafiosa, le enormi responsabilità omertose della chiesa e del clero
Classico…
io propongo il super41-bis per certa gente:
– isolamento diurno per i primi 10 anni;
– niente colloqui “privati” con confessori, ecc..(non li possono avere con i parenti, non si capisce perchè con un prete sì);
– biancheria usa e getta;
– niente televisione e giornali (solo libri);
– registrazione audio/video ai colloqui parentali;
– confessioni consentite solo con Enrico.
Nello scandalizzarsi per questa cosa si commette un errore di fondo: pensare che l’atteggiamento mafioso sia il frutto di una devianza. Non è così. Per quel che ho rilevato nei miei 46 anni di vita l’atteggiamento mafioso (inteso nell’ampia accezione della ricerca, esercizio e conservazione del potere con ogni mezzo ragionevolmente accessibile) è intrinseco nella struttura mentale umana tanto maschile quanto femminile. Un imprinting culturale imposto in modo ferreo fin dalla più tenera infanzia può nella maggioranza dei casi creare dei freni inibitori abbastanza efficaci e mitigare gli effetti di questa attitudine, ma non mi risulta che possa rimuoverla a livello profondo. In effetti, non si può rimuovere un’attitudine innata: si può solo insegnare a controllarla.
tra mafie ci si intende…
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