Dopo l’assemblea nazionale (cfr. Ultimissima del 14 luglio), anche il Senato ha approvato, con 246 voti favorevoli, uno contrario e la non partecipazione al voto della più parte della sinistra, il progetto la legge che proibisce di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici. Il provvedimento entrerà in vigore tra sei mesi, ma deve ancora passare al vaglio del Consiglio Costituzionale. Il Consiglio di Stato si era già espresso negativamente. Il testo prevede il carcere e una ammenda di 30.000 euro per chi non rispetterà il divieto.
Francia, il bando del burqa è legge
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Magari non ho compreso bene la notizia, ma a me pare d’aver capito che carcere e mega multona non sono per chi indossa l’indumento proibito (punito molto più blandamente) ma per chi impone ad altri di indossare l’indumento proibito. Mi si corregga se sbaglio.
Multa e campo di rieducazione per chi lo indossa, carcere (giustamente) per chi cerca d’imporlo.
Vediamo di fare il punto su quali paesi al mondo oggi impongono per legge alle donne come vestirsi: Afghanistan, Iran, Francia, Arabia Saudita….
Che bel gruppetto!
anche in Italia è vietato girare con il volto coperto…
come vedi anche tu per legge non puoi vestirti come ti pare…
Non mischiare le carte in tavola e soprattutto non far finta di non sapere perché queste donne indossano il burqua. Bambine di 4 anni col fazzoletto in testa ed adolescenti con la manica lunga sotto il mantello in giro sotto il sole di agosto!
Una compagna di scuola di mio figlio è passata dal vestirsi normalmente come le altre bimbe fino piu’ o meno alla terza elementare, a coprirsi gradualmente, dai nove anni niente piu’ braccia scoperte, gonnelline o abitini estivi, ma solo abbondanti tshirt di taglio maschile a mascherare le “forme”. Adesso, ha undici anni, non mette piu’ nemmeno i jeans, ma strani pantaloni con il cavallo basso e molto drappeggiati: le sue compagne fanno commenti, non sempre benevoli sul suo modo di vestire. Certo i genitori sono liberi di imporle delle bizzarre usanze di abbigliamento. A me spiace per questa bambina, magari ci fosse una legge che vieta di coprirsi la testa, ma temo che fra un po’ la vedranno arrivare con il velo. Per libera scelta.
E sì, sta diventando grande, deve diventare una brava mussulmana. In nome della libera scelta ci troveremo in Europa a dover ubbidire da un lato a quello con la gonnella bianca e dall’altro a quelli di qualche tribù del deserto!
@Barbara
Non mischio le carte in tavola, anzi!
La legge francese punisce con una multa le donne adulte che decidono d’indossare un vestito che copre il volto, ed è questo che trovo intollerabile in uno stato laico.
@Sandra
Per quello che riguarda i minori (che non c’entrano nulla con la legge che multa gli adulti che vorrebbero vestirsi come gli pare), la questione è molto complessa e delicata, e non può essere limitata alla sola questione islamica.
Se si stabilisce (e si potrebbe stabilire) che gli adolescenti vanno vestiti come gli pare, si applicherebbe di fatto una loro emancipazione.
Questo vorrebbe dire liberare le giovani di famiglia musulmana dall’obbligo del velo (o delle tuniche, ecc…), ma si dovrebbe parallelamente essere disposti ad accettare che i minorenni indossino pantaloni a vita bassa, si applichino ogni sorta di piercing senza consenso dei genitori, si sottopongano ad interventi al seno anche contro la volontà dei medesimi, ecc…
Si può fare, ma bisogna essere consci delle conseguenze.
Ciò che ancora trovo intollerabile è invece l’imposizione di una morale di Stato, per cui il minore sia libero d’adeguarsi quando combacia con quella, mentre debba ubbidire al genitore in caso contrario.
Insomma, o il ragazzo è libero di decidere per se stesso, oppure deve dipendere dai genitori.
Io credo che la cosa più ragionevole sarebbe istituire una specie di limite d’età d’emancipazione (tipo 16 anni), per cui prima di quell’età deve astenersi dal mostrare l’ombelico o il volto, se i genitori sono contrari, mentre successivamente può fare quello che gli pare.
Leonardo, questa ragazzina a 18 o 20 anni non si metterà contro la sua famiglia. Le stanno insegnando che lei è inferiore, che deve coprirsi, a differenza dei maschi che loro si’ possono vestirsi come vogliono, e non puo’ sembrare una normale ragazzina, non puo’ ed è meglio per lei che reprima il desiderio di apparire come le altre. Che cosa sarà indotta a pensare delle sue compagne che mostrano spalle o gambe? Penserà che sono libere o che “poco di buono” che i maschi hanno diritto di disprezzare? Per le nostre nonne era la “modestia” delle nostre nonne, occhi bassi, umiltà, ubbidienza, non è solo il vestito, quello è solo quello che appare di un’educazione repressiva e autoritaria, verso donne e ragazzi. L’islam è una cultura autoritaria che non puo’ convivere con una cultura liberale, non si puo’ integrare in un sistema democratico, anzi, se presente in numero consistente metterà a rischio quello che noi abbiamo raggiunto.
Le o gli adolescenti si vestono piu’ o meno come vogliono, dipende dai genitori e dal carattere dei figli, è anche un modo di mettere alla prova la propria indipendenza, affermare un’individualità. Sta ai genitori poi concedere qualche spazio, qualche libertà proporzionalmente alla capacità di gestirla, con un po’ di buon senso, il piercing no (e si spiega perché no) i pantaloni a vita bassa si’ (nel limite del decente, e si puo’ ancora spiegare perché), ma si sceglie insieme come famiglia, e nella famiglia si resta. Ma qui lo scenario è totalmente diverso, parliamo di una comunità religiosa a cui non si deve portare disonore, e una ragazza o donna musulmana non possono esprimersi attraverso l’abbigliamento. Non ci nascondiamo dietro a diritti, queste poverette sono i manifesti ambulanti dei maschi musulmani per marcare il loro territorio, per delimitare il loro gruppo: qui è roba nostra, qui siamo noi, e noi siamo diversi e migliori di voi perché noi insegniamo alle nostre donne l’ubbidienza e la modestia. Temo che si stia difendendo il diritto di questi “religiosi” di marcare il loro territorio usando le ragazze e le donne, mentre non c’è altro a parte prepotenza e ignoranza.
Non ti capisco, Barbara: stai scrivendo un decalogo su cosa sia lecito od illecito indossare ? Il pantalone a vita bassa si, il piercing ed il burqa no….
Per la minigonna, cosa stabilisci ? Sotto il ginocchio si, sopra forse, la minigonna no ?
Le adolescenti di famiglia musulmana devono avere gli stessi diritti (ed eventualmente, gli stessi doveri) di quelli di altre famiglie. Purtroppo il peso dell’omologazione e dell’educazione c’è comunque, è ridicolo pensare di rimuoverli per legge.
Alla dicottenne che desidera andare a ballare, e magari frequentare coetanei “scostumati”, dev’essere dato tutto l’appoggio possibile, perchè sia libera nelle sue scelte.
Ma questo appoggio, anche perchè sia credibile, dev’essere alla stessa identica maniera fornito a chi invece desidera comportarsi in maniera diversa, diametralmente opposta.
Il burqa è un manifesto del maschilismo ? Può essere. Cosa facciamo, stracciamo manifesti e libri, quando non ci piacciono ? E’ questo che proponi ?
E, d’altra parte, non sono forse manifesti del maschilismo, molto più pesanti, riviste, pubblicità, televisione, che non fanno altro che mercificare il corpo femminile ?
Sotto questo punto di vista è per te più scandaloso un burqa, o una donna nuda che ammicca da una rivista patinata ?
Ma, soprattutto, poniamoci la domanda: ci è lecito tappare la bocca a chi esprime idee o concetti per noi scandalosi ?
Penso dicessi a me. No il decalogo non c’entra. Le culture diverse non si assimilano, mai. Gli islamici non si assimileranno. Ti sembra che si siano assimilati i cattolici in italia? No, ed è per questo che l’italia è una democrazia assolutamente ridicola. Io non difenderei nessun diritto dei cattolici di imporre le loro assurdità, perché finirebbero (omofobia, obiettori, disciminazione femminile) per imporla a me: è matematico, loro parlano in nome di un essere assoluto, e non si puo’ ragionare alla pari con chi sale sul predellino della Verità. Adesso stiamo mettendo giu’ il tappeto rosso a questi, che non sono meglio di quegli altri. Quanto tempo abbiamo impiegato noi italiani a metterli un po’ da parte i gonnelloni? Rispetto ai tedeschi, un cinque secoli. Eh beh, le premesse sono tutt’altro che buone. O pensi che sarà diverso con i musulmani? Se tanto mi dà tanto, sarà anche peggio. Vogliamo rispettare la loro cultura? Vogliamo fare come i romani che rispettarono quella dei cristiani? Accomodiamoci pure, dal 313 della tolleranza si arriva al 380 della persecuzione degli altri: credi che questi “religiosi” saranno diversi dagli altri? In un Europa in pieno declino, io non lo credo.
A Leonardo
“Non ti capisco, Barbara: stai scrivendo un decalogo su cosa sia lecito od illecito indossare ? Il pantalone a vita bassa si, il piercing ed il burqa no….”
Per la minigonna, cosa stabilisci ? Sotto il ginocchio si, sopra forse, la minigonna no ?”
Guarda che ti ha risposto Sandra e non io. Comunque condivido il suo punto di vista. Guarda che sei tu che hai iniziato la tiritera della normativa dell’abbigliamento. Ti propongo di giudicare le cose inserendole un po’ più nel contesto del reale.
E a proposito, non è che una donna o è puttana o va in giro col burqua, se da noi il modello di donna che fanno passare è quello delle veline non è che automaticamente sia meglio quello del burqa.
Scusate, ho confuso i nomi.
@Barbara.
Nessuna tiritera: ponevo il problema dei minori, per i quali si deve stabilire se possono decidere in autonomia come vestirsi, oppure no.
quello che non mi piace è che ci sia un “terzo” (cioè un soggetto diverso dai genitori e dall’adolescente) che decida al posto loro (per l’appunto, il decalogo).
Se il modello delle veline è peggiore di quello del burqa, non capisco come mai non lo si voglia vietare, seguendo la medesima logica.
E la domanda rimane senza risposta: è giusto vietare i modelli che non ci piacciono ?
Dipende, Leonardo. Nel nord europa, paesi di accoglienza storica come l’olanda o la danimarca si sono scontrati con il fondamentalismo religioso, il multiculturalismo non ha funzionato, percio’ non ha senso ripercorrere una strada che sappiamo già fallimentare. Negli anni 80 in olanda la parola d’ordine era il rispetto assoluto per le differenze, nel favorire anche creazione di scuole e ospedali etnici, ma se vai a vedere le cifre di disoccupazione, di assegni di disoccupazione, di abbandono degli studi, persino di carcerati degli anni 90 vedrai che la percentuale degli immigrati è notevolmente maggiore rispetto ai nativi; dopo i casi di Fortuyn e van Gogh, la già operativa legge “Wet Inburgering Nieuwkomers” che prevedeva dal 1998 un corso obblgatorio di olandese e di educazione civica per gli immigrati, l’aspetto coercitivo venne rafforzato con la revisione del 2006 della legge sull’integrazione civica: gli immigranti si pagano il corso, per rafforzare l’idea di provvedere per sè, e sono sottoposti a un test statale alla sua conclusione. Non possiamo ignorare quanto una politica di accoglienza in un paese ben piu’ attrezzato del nostro non abbia funzionato.
Quando il 6% della popolazione ha modelli in contrasto con i tuoi ci sono problemi, e spesso non banali, di convivenza.
Ah, io vieterei anche le veline. Del resto, le vedi solo in Italia.
Davvero Sandra sei contraria al multiculturalismo ?
Ti rendi conto delle implicazioni, pesantissime, che questo comporta per una minoranza come quella formata da noi atei ?
Se passasse una linea di pensiero come quella da te proposta, quanto ci metterebbero i cattolici ad imporci corsi di rieducazione, per uniformarci ai valori ed alle credenze della maggioranza ?
Alla fin fine, io voglio che le donne che lo desiderano possano indossare il burqa per strada per il semplice motivo che io a mia volta, se lo desidero, voglio essere libero di bestemmiare per strada, se nessuno che m’imponga multe o corsi d’educazione civica.
Vedi, il valore della libertà d’espressione è quando riguarda cose o concetti che ci suonano sgraditi; non ha senso essere a favore della libertà d’espressione per chi è d’accordo con noi, o per chi esprime la stessa nostra cultura.
Non ho detto questo, essere per la libertà non vuol dire poter fare tutto quello che mi pare. La libertà non è assoluta, e non tutte le culture sono fatte per amalgamarsi, puo’ essere brutto da un punto di vista di categorie dell’ideale, ma è la realtà: l’assoluto e il relativo non possono stare insieme, e il relativo ha sempre la peggio. Un po’ come la battuta sul leone e l’agnello che dormono insieme, ma l’agnello riposa pochino…
Se vuoi dimostrarmi il contrario pero’ puoi fare una cosa: fatti filmare da un testimone neutrale mentre bestemmi, bevi una lattina di birra e magari sbocconcelli un hot dog passeggiando con una rivista per gay o una caricatura di maometto in un quartiere ad alta densità islamica di parigi o amsterdam, e poi ci fai vedere come va. Se ripeti e documenti l’esperimento dieci volte uscendone illeso, ti do ragione.
Comunque non hai risposto nel merito dell’esempio olandese: era un paese tollerante verso l’islam? Ha funzionato? Per quale motivo?
Anch’io come te voglio essere libera di continuare a vestirmi come mi va, senza essere considerata una provocazione.
Il problema della libertà d’espressione per il burqa è un falso problema, perché non è mai indossato per libera scelta. Invece se vuoi bestemmiare è un tuo diritto, perché non è frutto di indottrinamento. Ti va bene così?
@Barbara
“non è mai indossato per libera scelta”
Questa è una sorta di presunzione di colpevolezza.
Che contrasta pure con il senso comune.
Ci sono donne che scelgono liberamente di mortificare la propria carne con il cilicio.
Ci sono donne che scelgono liberamente di rintanarsi vita natural durante tra le mura di un convento di clausura.
Non vedo perché non ci possano essere donne che scelgono liberamente di seppellirsi sotto un velo quasi-totale, quando escono di casa.
E ci sono testimonianze di donne che sembrano autenticamente convinte della bontà di tale scelta.
@Sandra
Dubito anche di poter andare in Curva Nord all’Olimpico di Roma e gridare “Forza Totti” uscendone illeso, ma non per questo abbiamo proibito le sciarpe biancocelesti…
Negare la libertà altrui non è una risposta corretta a chi vuole negare la libertà altrui. È una risposta che sa tanto di taglione, fosse anche solo per scopi “rieducativi” (del tipo “così imparano che regole valgono, qui”).
@Sandra
Comunque il “multiculturalismo” tradizionale olandese (sarebbe meglio chiamarlo “multicomunitarismo”: derivava dalla tradizionale separazione della società olandese in “pilastri” cultural-religiosi – con tanto di scuole e televisioni pubbliche separate per cattolici, protestanti, socialisti, liberali, etc.), in voga fino agli anni ’80, era effettivamente un modello sgangherato e antiquato, essenzialmente sostenuto dai democristiani locali, e avversato invece dagli osservatori di estrazione liberale e socialista.
Ecco, non si capisce perché sostituire il modello dei “tanti comunitarismi” con quello del “comunitarismo unico”. E se invece che pensare all’amalgama di culture pensassimo al rispetto di ogni cittadino in quanto individuo autonomo?
A me del senso comune importa poco, o qui il discorso costituzionale che non è rispetto della maggioranza decade? Se il consiglio di stato francese annullerà la legge rispetterò la decisione ma fino ad allora sono contenta di questa legge.
Eh sì, e combattiamo pure perché vadano tutte a fustigarsi in convento e stavolta pure col burqa addosso.
Ma venite giù dal monte dei 3000 pure voi.
@Barbara
“Il burqa non è mai indossato per libera scelta”.
Quindi per te la donna è *sempre* vittima. Ti sembra giusta allora una legge che imponga multe pecuniarie e corsi d’educazione alle *vittime* ?
Di solito si punisce il colpevole, non la vittima.
Magar, come al solito su questo argomento…
Tu dici: “E se invece che pensare all’amalgama di culture pensassimo al rispetto di ogni cittadino in quanto individuo autonomo?”
E’ proprio questo il punto: il musulmano, il tifoso, il cattolico, il leghista … non sono individui autonomi! Sono elementi di un gruppo, pensano come il gruppo. Non hanno pensiero autonomamente formato, qualcosa è giusto o sbagliato se lo è per il loro credo. Il burqa è una vistosa cintura di castità, un marchio, e anche chi non l’indossa viene a sua volta marchiato: e qui la MIA libertà finisce.
E fino a che sono pochi, passi. Ma poi? Si deve arrivare come in svezia dove in alcune classi non si puo’ piu’ parlare di olocausto perchè gli islamici si offendono? E l’evoluzionismo, dovremo toglierlo dai programmi scolastici perché è scritto nel loro libro che il mondo è stato creato e dire il contrario li offende? E un regista puo’ fare un film oppure deve aver paura di offenderli? Ma perché poi, in nome di cosa? Io non mi sento offesa da chi prega, ma per un musulmano l’ateismo è peccato, e noi non siamo la gente del libro, come cristiani o ebrei, stiamo ancora sotto: proprio noi atei dobbiamo aiutare quelli che si accorderanno con i cattolici? Il rispetto vale fino a che è reciproco, oltre mi sento autorizzata a tutelare i miei interessi, tutelare la libertà di prepotenti ignoranti mi sembra un atto masochista. Abbiamo sottovalutato i ciellini, vogliamo fare lo stesso con i musulmani?
Il paragone con lo stadio scusa è malposto, io non ci vado mai e sto benissimo, cosi’ come non andrei a un raduno di cl con la maglietta dell’uaar o a uno della lega con una scritta No al crocefisso. Io sto parlando di agire normalmente e liberamente per strada, facendo una cosa normalissima come bersi una birretta e leggere una rivista che mi puo’ legittimamente interessare: dovresti rispondere su questo, argomentando in modo il piu’ possibile convincente in merito a come sicuramente, nella tua visione di un futuro prossimo, l’islam e il pensiero libero potranno convivere senza traumi per i liberi pensatori: perché la differenza è che quando i liberi pensatori incontrano un religioso è solo quest’ultimo che si sente profondamente offeso e pensa a vendicarsi. E’ sempre stato cosi’, ma se hai elementi per dimostrarmi o convincermi del contrario, ascolto volentieri.
Sull’olanda, so che le scuole sono tutte finanziate dallo stato, anche quelle confessionali, mentre per le televisioni mi sembra di ricordare che vadano a finanziamento tramite sottoscrizione, cioè ognuno paga per i canali che vuole vedere. Sullo stato sociale, un olandese mi aveva spiegato che negli anni 70 avevano scoperto i giacimenti di gas e si erano rilassati sulle finanze pensando di poter campare di rendita, quando poi si sono accorti che i giacimenti non erano cosi’ sostanziosi, avevano stretto velocemente il rubinetto. Non era una questione ideologica, o almeno, gli olandesi sono troppo attaccati ai soldi per farsi abbindolare da questioni destra sinistra ecc, era una semplice questione di risorse presentata per quella che era, senza rivestimenti di principio. Cosi’ come il principio dell’uguaglianza scolastica, adottata seguendo lo schema della scuola media uguale per tutti, era stata in fretta abbandonata per tornare alla piu’ pratica suddivisione in livelli (come in Germania). E’ meno “bello” ma piu’ efficiente. Come dire, inutile far finta di andar tutti d’accordo e di essere tutti uguali, prendiamone atto e troviamo soluzioni.
Ma ripongo la questione: alla luce del fallimento di politiche di accoglienza/integrazione come si sono viste nei paesi del nord europa, come immaginate che si svilupperà la famiglia dell’immigrato islamico che segue la sharia? Per sua figlia, se vorrà ribellarsi al padre, sarà piu’ facile farlo in un paese dove il burqa è tollerato o dove è malvisto se non vietato?
@Barbara
“combattiamo pure perché vadano tutte a fustigarsi in convento”
No, combattiamo perché ognuno faccia quello che gli pare con la propria vita, il proprio corpo e la propria coscienza. Compreso fustigarsi, se vuole.
Finché se lo fa a casa sua, ma coi mussulmani non funziona così.
Beh, se iniziamo a negare la qualifica di “individuo autonomo” a tutti quelli che ci stanno antipatici, abbiamo bell’e finito di atteggiarci a “liberali”. Per quanto sia vero che in mezzo a un “branco” spesso si sragioni, e si mandi alle ortiche la propria razionalità, ogni individuo ha comunque il diritto-dovere di essere trattato dallo stato come un cittadino padrone di se stesso, responsabile individualmente delle proprie azioni.
La “marchiatura negativa” (e quindi l’invasione della tua libertà) la vedi tu, soggettivamente. Oggettivamente, ci sono solo tizi vestiti in un modo e tizi vestiti in un altro, e nessun membro di alcun gruppo ha diritto di aggredire quelli dell’altra parte. Facciamo rispettare le leggi che esprimono questo divieto (e che ci sono già, codice penale alla mano).
Questo tra l’altro “risolve” a livello teorico il problema della convivenza con i liberi pensatori. Se qualcuno pensa di zittire un sindacalista sgradito tirandogli un fumogeno sul palco, la soluzione non è proibire le critiche pacifiche a quel sindacalista (“così anche i violenti impareranno”), la soluzione è imporre il rispetto del codice penale ai facinorosi.
No, a me non stanno antipatici: negli anni ho frequentato alcuni musulmani, di paesi diversi, e mi sono fatta un’idea personale. La risposta a qualsiasi questione che per me implica un’opinione propria è “per la mia religione è cosi'”. Esempio? X è omosessuale? risposta, io non ho niente contro di lui, ma per la mia religione è peccato. Cena con qualche bottiglia di vino in tavola? Io non ho niente in contrario, ma per la mia religione è peccato… Evoluzionismo? Per carità. Rapporti prematrimoniali? Anatema. Figlia che potrebbe uscire con un non musulmano? Triplo anatema. Ragazze in minigonna? Il marito è obbligato a vederle e per lui come musulmano, non che abbia niente in contrario ma sai per la nostra religione è una provocazione. Figlio che potrebbe lavorare un mese in un ristorante? No, perché non puo’ maneggiare una bottiglia o cuocere una salsiccia perché è peccato …. Allora, dimmi tu, ti sembra un modo di pensare autonomo? Il velo, pensi sia libero? Ma sai che se non metti il velo vai all’inferno, e il marito non mi puo’ permettere questo, perché nella nostra religione noi crediamo che saremo uniti nell’aldilà solo se non commettiamo peccato ecc. ecc. Tutto quello che ho scritto l’ho sentito di persona da persone “moderate” e con istruzione superiore (diplomati o laureati) in contesto di conversazioni rilassate. Ma quello che proprio mi ha lasciata di sasso è stata l’espressione “nudo come un ebreo”.
La marchiatura negativa l’hanno subita parecchie ragazze svedesi, e puo’ essere di consolazione forse il codice penale all’osservatore esterno, ma non alle ragazze in questione. Le ragazze al nord sono abituate a uscire da sole la sera e vestirsi come pare loro, in contrasto con chi crede di essere nel giusto diritto divino di considerarle impure: il loro codice di comportamento è per loro superiore, e si scontra con il nostro.
Giusto, facciamo rispettare le leggi. Da noi le donne hanno uguali diritti degli uomini. Le nostre leggi, la nostra cultura è per la parità. Noi possiamo baciarci in pubblico. A Dubai è reato. In Amazzonia è normale girare nudi. Da noi no. In Olanda puoi vendere canapa, a Singapore rischi la pena di morte. Sbagliato, giusto? Non esiste un giusto in assoluto, cambia. Da noi il sedre si copre, in arabia si copre la faccia, in amazzonia si scoprono entrambi. Ci si puo’ vestire da Belfagor solo a Carnevale. Chi vuole entrare in un paese deve accettarne le regole, come in un condominio. Da noi la legge non è la sharia. Da noi gli atei sono cittadini con uguali diritti, per il corano sono nella scala sotto a ebrei e cristiani. Da noi si puo’ avere una moglie e un’amante, ma non due mogli. Per i musulmani è peccato/reato il primo, per noi è reato il secondo, dipende da dove vivi.
I nostri figli hanno l’obbligo di andare a scuola, noi di pagare le tasse. Anche noi rispettiamo le regole del paese in cui viviamo, e se dovessimo andare in Iran, dovremmo giustamente imparare lingua e legge, e decidere se volerci adattare o no.
Non ho capito l’esempio del sindacalista, io non ho parlato di azioni violente. L’educazione civica non sta sullo stesso piano del lancio di oggetti. E poi dici bene, sul piano teorico. Appunto, solo li’ puo’ funzionare, invece deve funzionare qualcosa sul piano pratico. E c’è solo l’educazione e il voler sottoporsi alle regole comuni. Non c’è altro modo di convivere.
Hai parlato di azioni violente che potrebbero capitare nei quartieri ad alta densità islamica, e stai parlando adesso di azioni violente che potrebbero venire commesse sulle ragazze svedesi “impure”.
E io ho ribadito il concetto che, per fronteggiare la violenza ideologica, non serve far guerra alle idee “pacifiche”, bensì bloccare le azioni criminali. Vale tanto per i crimini commessi contro la “civiltà occidentale impura”, quanto per i crimini commessi contro il “sindacato traditore”.
“Non esiste un giusto in assoluto, cambia”
Ammappa che relativismo! E io che pensavo che (noi moderni occidentali impuri e decadenti) cercassimo di sottoporre a giudizio critico le nostre tradizioni, anche giuridiche, e di rimetterle in discussione, se necessario. Invece scopro che da noi si fa così, e in Arabia si fa colà, punto e basta. Non affanniamoci a cercare di capire cosa sia giusto e cosa sbagliato.
@Sandra
Risposta in attesa.
Rimane il fatto che noi, grazie anche ai “biechi illuministi”, siamo riusciti ad affrancarci (solo un pò, il grosso è ancora da fare) dai preti in “camicia da notte” e anche l’Italia, nonostante abbia il Vaticano dentro le istituzioni, si avvia lentamente e con fatica verso una maggiore indipendenza da religioni ed organizzazioni ad esse connesse.
Questo processo costa, è lungo e difficoltoso, molte persone ci hanno perso anche la vita. Gettare via tutto per compiacere ai seguaci di Maometto mi da molto fastidio. …Sì, molto, molto fastidio !!
“Non affanniamoci a cercare di capire cosa sia giusto e cosa sbagliato.”
Infatti, non serve perché non per tutti è lo stesso. Esempio facile a 50 km a nord di Milano: spiega agli svizzeri che il segreto bancario non è giusto, per loro lo è al punto che c’è persino chi pensa di ancorarlo alla costituzione. E’ la loro cultura, le proteste di germania e stati uniti, e di tutti quelli che vogliono chiarezza fiscale, non serviranno a niente fino a che si resterà nella “linea di principio”. Ma davvero pensi che il mondo funzioni in termini di giusto e sbagliato nel mondo delle idee?
Io ho parlato di azioni violente che sono fatti di cronaca, non per fare ipotesi. Ah, allora la sharia per te è una legge di pace, deduco dalla tua frase. Beh, se questa è la premessa, è ovvio che non arriveremo mai a conclusioni condivise. Credevo che pensassi anche tu che non esiste religione “per la pace”.
Qui la legge non è la sharia, la sharia è legge in arabia. Io non mi sogno di andare colà a parlare di diritti delle donne, ma qui valgono e non ci penso nemmeno a rinunciare a un millimetro per fare spazio a retrogradi religiosi. Andassi in arabia, metterei il mio burqa e imparerei l’arabo, logico.
Il posto dove culture opposte coesistono in armonia è il paradiso, e come sai non esiste.
“Io non mi sogno di andare [in Arabia] a parlare di diritti delle donne”.
Ne avresti (avremmo) tutto il diritto, invece!
Non capisco da dove sbuchi fuori adesso la sharia. Qui si sta parlando di vietare o meno il burqa, non di renderlo obbligatorio o meno.
Forse vuoi dire qualcosa del tipo: “le donne che rivendicano il burqa lo fanno per sostenere la bontà della sharia”.
Al di là del fatto che ciò può non essere vero per tutte loro, resta il fatto che non abbiamo alcuna autorità per mettere a tacere un’opinione a noi sgradita, se espressa in maniera pacifica (questo intendevo per “pacifiche”): vuoi forse mettere fuorilegge pure i gruppuscoli legittimisti, che invocano il ritorno alla monarchia assoluta, e l’abolizione della democrazia? Io no.
Per chi lo indossa multa di poche centinaia di euro, 150 credo, max 300, per chi lo IMPONE ad altri multa FINO A 30.000 euro e carcere.
In Italia esiste già una legge che punisce severamente chi impone una cosa come il burqa (art. 610 cp).
Multe e corsi di rieducazione per chi decide liberamente di vestirsi come gli pare mi ricordano invece gli inseguimenti in spiaggia negli anni 70 dei nudisti da parte delle forze dell’ordine, e le interpretazioni del comune senso del pudore dei pretori di quell’epoca.
Speriamo di non ricaderci più.
Io i corsi di rieducazione non li ho proprio sentiti inseriti nella legge.
@Barbara
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-09-15/bando-totale-burqa-francia-080107.shtml?uuid=AYHiB3PC
” In alternativa o in aggiunta, secondo i casi, dovranno anche seguire corsi di educazione civica «dove imparare i valori fondamentali della repubblica francese»”
Insomma, chi non la pensa come Sarkozy dev’essere rieducato.
L’articolo non l’ho letto, ma se si chiama educazione civica non si chiama corso di rieducazione, la stessa educazione civica che qualcuno ha invocato ieri al posto della lettura della Bibbia a scuola! Quant’è piccolo il mondo!
Visto che parliamo di maggiorenni, rimandarli/le a scuola per ritornare a reimparare l’educazione significa, per l’appunto, rieducarli/le.
Educazione non è rieducazione! E non è solo Sarkozy, mi sembra che anche in scandinavia ci siano corsi di educazione civica: che poi sono dei terribili corsi dove ti insegnano cose tipo i diritti, parità, libertà di espressione, di essere omosessuale, ecc. A meno che secondo te basti la sharia per regolare la vita democratica, mi sembra che questa iniziativa sia assolutamente positiva. Per esempio, avevo letto che una buona percentuale di donne egiziane pensa che sia giusto se un uomo picchia la moglie: imparare che in Francia è reato, le potrebbe aiutare a cambiare visione sulle cose.
Concordo con Leonardo, obbligare (come alternativa ad una multa) una persona maggiorenne a seguire corsi di educazione civica, solo per essersi vestita in una certa maniera piuttosto che in un’altra, è una forma di “rieducazione”. Motivata da un reato senza vittime.
Diverso sarebbe se questi corsi fossero a libera scelta.
Quando un corso d’educazione viene imposto ad una persona a causa di ciò che dice o di ciò che fa, si chiama rieducazione.
Quanto al contenuto di questi corsi, concordo pienamente con te: sarebbe opportuno però che a dei corsi che insegnano la libertà d’espressione non partecipassero solo le “cattive” musulmane, ma anche tutti coloro che vorrebbero imporre con la forza i propri usi e costumi al prossimo.
Perché il burqa è un vestito neutro? Usi e costumi, sììì, di qualche tribù del deserto! Andateci se vi piace tanto.
Chi ha detto che si possano indossare solo vestiti neutri?
Una maglietta con la faccia di Che Guevara è un vestito neutro?
non capisco che cos avete contro una rieducazione di un immigrato, che può addirittura essere uscito dal suo pese di origine completamente analfabeta.
perottenere il permesso di soggiorno propongo
1) – corso obbligatorio di lingua italiana
2) – corso obbligatorio di educazione civica con esame finale
per tutti gli immigrati extraeuropei, compresi gli statunitensi, gli australiani, i canadesi, e i giapponesi.
Un pò come l’esame della patente.
(utopia certo, troppa spesa)
Uhm abbastanza d’accordo. Odio l’Islam ( e il cristianesimo) perciò sono favorevole a ostacolare la loro religione, però le donne col burqua sono solo 2000 in Francia, a me sembra quasi una deriva da destra nazionalista, vedi cosa fanno con i ROM.
Concordo con te e con Leonardo
Anch’io odio l’islam ed il cristianesimo.
Da laico però non mi sogno certo d’ostacolarli per via legislativa!
Io eviterei di guardare le cose da un punto di vista troppo politicizzato o ideologizzato, anche se ciò toglie sicurezza, e giudicherei di volta in volta le iniziative di un governo.
W la Francia! Grande e coraggiosa e sempre, ancora una volta, faro di civiltà!!
Se i ‘fari di civiltà’ saranno tutti di questa natura… presto saremo al buio!
Ai fari d’Alessandria: come si fa allora con quelle ragazze studentesse che dicono di portare il velo perché dà loro sicurezza (perché cresciute in quella cultura) e non sanno prendere una posizione di fronte alle immagine di una lapidazione con la donna sotterrata e con fuori solo la testa perché non sta a lei dirlo? Perché tocca solo all’Imam giudicare! ?. Magari sapere che vive in uno Stato che vieta quella cultura potrebbe darle qualche strumento di autodeterminazione, non trovate?
No al contrario avvertiranno lo stato ancora più come “estraneo” e finiranno per auto-escludersi da quella lotta per l’emancipazione di cui c’è tanto bisogno. A mio avviso non bisogna fare le leggi in base ad un principio ideologico ma in base al risultato che si vuole ottenere nella società. E non penso che il divieto imposto in Francia vada nella direzione di aiutare le donne ad emanciparsi dalla sottomissione maschilista e religiosa dell’islam. E’ un pò come per le droghe leggere. Posto che si tratta di un fenomeno negativo, arrestare chi ne fa uso aiuta a combatterlo? Non penso proprio.
@ Barbara
La risposta – che condivido in pieno – te l’ha data faber.
Una cultura plurisecolare (di questa come di altre religioni) non si sgretola con legislazioni apposite (basta applicare quelle vigenti), le quali non fanno che rafforzarla. O si riesce a farne intendere l’assurdità, o non resta che prepararsi allo scontro finale.
Se in Italia ci sono leggi contro la copertura del volto che si applichino quelle, se in Francia han fatto una legge apposita evidentemente non c’erano. Certo che se poi si vogliono equiparare i corsi di educazione civica alla rieducazione dei Gulag siamo a posto. Allo scontro finale ci arriveremo se l’Europa non metterà dei paletti.
Barbara, ma chi ha mai parlato di gulag ?
In Italia ci sono leggi che vengono fatte applicare, e nessuna di questa vieta il burqa.
Speriamo che leghisti, fascisti, e codazzo al seguito non riescano mai ad imporre una lgge come quella.
Oggi tocca ai rom, domani alle donne islamiche, sicuramente il turno di noi atei è subito dopo.
Ma non si stava parlando della Francia? Ti consiglio vivamente un corso di disidiologizzazione! Auguri.
Un invito a seguire l’esempio della Francia viene dal ministro Mara Carfagna, le cui foto nude decorano ancora molte carrozzerie e abitacoli di autoarticolati su tutto il territorio nazionale.
Io sono d’accordo per vietare il Burqa (cioè la copertura integrale). Per ragioni di ordine pubblico e socialità.
Poi se uno si vuole mettere il velo o andare in giro in mutande affari suoi. Ma la faccia la devo vedere. E non è la stessa cosa che avere la barba. Non per niente in Italia non posso andare a piedi col casco da moto, almeno in teoria. E credo facciano dei grossi problemi se provi ad entrare in un negozio con un qualcosa che ti nasconde la faccia. E lo trovo giusto.
L’unico periodo in cui si puó fare, in modo relativo, è durante carnevale a Venezia.
Il fatto invece di voler “rieducare” le donne che lo portano lo trovo arrogante e fascista. Casomai dovevano esprimersi diversamente. Qualcosa come: le interessate verranno contattate dai servizi sociali per un controllo della situazione familiare. Punto. Poi i servizi vedranno se c’è bisogno di un intervento.
La pena per l’impositore invece mi sembra il minimo.
Non è vero che in italia non puoi girare a piedi col casco, e mi vengono in mente almeno due casi.
Ad esempio, se piove, quando mi fermo con la moto tengo comunque il casco, per non bagnarmi la testa. Ed il postino che gira in motorino dalle mie parti non si leva mai il casco quando scende per infilare la posta nella mia buca delle lettere.
Nessuno ha mai avuto da ridire (perchè non viene violata alcuna legge).
Concordo invece con te per l’opportunità d’interessare servizi sociali (ed, eventualmente, polizia), nel caso di persone che indossino il burqa: è opportuno indagare che si tratti di libera scelta (perchè comunque è una scelta “bizzarra”), e potrebbe essere spia di violenze familiari.
La pena per l’impositore è invece bassa (1 anno, in Francia): da noi, per la violenza privata si arriva fino a 4 anni.
il postino da me non si leva mai il casco ma ha quello aperto (come si chiama?), da motorino, per intenderci. non quello integrale con la visiera un po’ specchiata e/o scura che copre tutto il viso.
e anch’io sapevo che, dagli anni di piombo, è vietato andare in giro a volto coperto o guidare un’auto che abbia i vetri oscurati in maniera tale da non far riconoscere nemmeno il guidatore; però non ho idea della legge di riferimento, se qualcuno la conosce può postarla?
Mi chiedo solo che fine faranno le donne sposate con integralisti che impongono loro il velo totale: chi controllerà ora che non vengano letteralmene rinchiuse e imprigionate in casa?
Secondo me dopo due mesi di rottura di dover portare i bimbi all’asilo e farsi la spesa, molti “religiosi” concederanno alle loro spose la libertà di scegliere di non indossare il burqa. Cosi’ la musulmana liberata potrà felicemente uscire per fare la serva anche fuori casa.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/09/14/visualizza_new.html_1763248228.html
Chissa’ fino a che punto possano essere collegati gli allarmi bomba anticipati da telefonate anonime, e la decisione Francese sui veli integrali…???
Buffa coincidenza, non pensate?!?! 😉
… con il capo dell’antiterrorismo francese che dice di prestare attenzione al “francese convertito che si radicalizza e decide di agire da solo”!
Ogni volta le coincidenze sono sempre di più.
APPUTNO! 😉
…Solo che non volevo svelare la “trama” del “film” rivelando “l’assassino”.
Ho lasciato che ognuno si facesse un’idea dell’articolo, senza influenzarne l’opinione. 😉
Dice il proverbio: occhio non vede, cuore non duole.
Io vado spesso in Francia. Sono sempre stato molto tranquillo, ma adesso, dopo il divieto del burqa e gli allarmi bomba alla torre Eiffel, secondo il capo dell’antiterrorismo Bernard Squarcini e ad altri “consulenti” devo stare attento nell’ordine a:
1) francese convertito che si radicalizza e decide di agire da solo;
2) Al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), che dispiega un commando per perpetrare un attentato in Francia,
3) i francesi che partono per l’Afghanistan o lo Yemen e che tornano agguerriti, per proseguire la loro lotta sul territorio francese
4) l’ira dei fondamentalisti islamici in genere.
Tutto intorno a me può essere una minaccia, in Francia, e adesso non ha neanche il velo che mi mette in guardia.
Meno male che c’è Squarcini e i suoi consulenti che pensano alla mia incolumità, ma per sentirmi al sicuro preferisco andare in Siria.
Adieu, la France!
Il divieto di portare il velo è prima di tutto basato su un motivo di sicurezza e cioè le persone nei luoghi pubblici devono poter essere identificate.
Ma serve a ribadire altri concetti importanti : gli stranieri che vengono in Francia devono rispettare prima di tutto le leggi del paese ospite, se sono francesi è chiaro che devono condividere i valori comuni che sono alla base della Costituzione. Ma c’è un valore anche più importante per noi laici che la Francia, unica in Europa, vuole affermare, la religione è un fatto privato, che attiene esclusivamente alla coscienza dei singoli, diversamente da quanto avviene nei paesi islamici e anche nei paesi cattolici. E questo principio penso che sia più importante per noi laici del poter girare in mutande .
D’accordo, ma il laico deve sapere che un governo non può imporre ragionevolmente di rispettare dei principi che esso stesso viola. Non ho letto la Costituzione francese, ma se il consiglio di stato si è espresso contro la legge vuol dire che qualche dubbio di legittimità c’è.
Se con questa legge la Francia vuole affermare che la religione è un fatto privato non può fare riferimento al velo integrale come simbolo religioso, altrimenti la sua proibizione in pubblico (e quindi la sua ostensione) non diventa più, automaticamente, un fatto privato.
Se nel testo della legge (almeno nella sua traduzione in italiano sui giornali, che è sempre imprecisa) il riferimento è specificamente al “velo integrale”, il rischio di violare la costituzione laica è fortissimo.
Purtroppo le nostre classi politiche europee (quella italiana per prima) sono arrivate al punto di affermare posizioni e compiere atti, anche legislativi, che violano le costituzioni.
Lo vediamo tutti i giorni.
Su questi atti vengono espressi pareri di legittimità dagli organismi competenti, ma nella gran parte dei casi non vengono sospesi o sanzionati perché la classe politica ha buon gioco a rifarsi all'”interesse nazionale” e alla “volontà degli elettori”.
Stiamo attenti!!! O meglio EN GARDE!
Esatto, la religione è un fatto privato, come i vestiti che s’indossano.
E lo Stato deve disinteressarsene.
l’identificabilita’ delle persone, fattore di sicurezza e’ un fatto pubblicissimo,
Benissimo ha fatto la Francia a garantire la identificabilita’ con una norma chiara che non vieta i veli ma solo il veli integrali burqa e niqab.
Oltre a cio’ sono vere prigioni ambulanti ed evidente fattore discriminante per le donne.
Infine E’ evidente la condizione di sudditanza psicologica perfino per chi dica di “volerlo”.
Non riesco a non essere un pò d’accordo col divieto di Burqa. Capisco tutte le ragioni, ma è più forte di me. Trovo rassicurante che si faccia capire che la Francia NON CONDIVIDE i valori musulmani estremisti (nella fattispecie, coprire le donne).
Forse si poteva evitare il bando….
Comunque dubito che ci saranno risposte terroristiche di alcun tipo.
A livello personale nessuno, qui, è d’accordo con chi vuole coprire il volto delle donne, ma quando si esprime uno Stato (e lo stato si esprime con le leggi) la questione dell'”essere d’accordo” cambia del tutto impostazione.
Se uno stato vuol fare capire di non condividere un comportamento privato generale (= che tende a diventare diffuso o prevalente tanto da ledere l’interesse collettivo) lo proibisce. Tutto bene.
Ma uno stato NON PUO’ dimostrare di non condividere un comportamento privato particolare con una legge che lo vieta, perché quella diventa una LEGGE SPECIALE.
Le leggi speciali sono la cosa più rischiosa, dal punto di vista della legittimità costituzionale, ma anche da quello dell’interesse collettivo.
Perché se si comincia così si può arrivare arriva al “rendition act” e, perché no?, alle leggi razziali.
Aggiungo. E ancor più pericoloso è che una legge voglia definire ciò che è un “valore” e, in questo ambito, ciò che è “estremista”.
Questo è proprio quello che fanno le teocrazie.
Stiamo forse adeguando la nostra legislazione a quella Khomeinista? Fatemelo sapere, perché allora mi trasferisco a Teheran (anzi, meglio, a Isfahan, che stupenda…): io, in quanto agnostico, preferisco sempre gli originali alle copie.
Non mi pare che ci sia il rischilo di una “slippery slope” nella laicissima Francia. Vedremo che succede
Gli stati che che condividono o non condividono i valori religiosi si chiamano CONFESSIONALI.
Io voglio (vorrei) vivere in uno stato laico, non in uno stato confessionale.
Aggiornamento
ANSA: ROMA – “Quel che ha deciso il parlamento francese credo sia non solo giusto ma opportuno e doveroso in ragione di un valore che è quello della nostra carta Costituzionale relativo alla dignità della donna che non può essere sottoposta a violenze o comportamenti indotti da gerarchie diverse da quelle della legge”. Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini.
Un piccolo esempio di quanto sono digiuni di diritto i nostri “vertici”:
1) un esponente istituzionale italiano non ha nessuna autorità per definire “opportuno” un atto di un parlamento straniero
2) tale esponente può ancor meno definire detto atto francese doveroso in ragione della carta costituzionale italiana
3) la costituzione non sancisce valori
4) la dignità della donna non può essere sottoposta a comportamenti indotti da gerarchie diverse da quelle della legge? Allora se la legge di un altro stato prevede altre gerarchie, questa legge è opportuna e doverosa.
In una sola frase… quante castronerie!
Khamenei è molto più razionale.
Potremmo magari ipotizzare che stesse ragionando sul fare una legge analoga in Italia, che dici?
Ciao.
Ah, certo. Sono mesi che ci pensano, i nostri paladini della civiltà, e rosicano da morire pensando ai francesi che l’hanno fatta.
“Ahinoi, perché loro sì e noi no?” caragnano, rigirandosi nel letto, mordendo il cuscino e rischiando di svegliare la escort.
Il fatto che in Italia c’è già la legge generica che sanziona chi va in giro col volto coperto. Se ne fanno un’altra contro il velo islamico vanno fuori dalla costituzione (glielo ha detto qualcuno, loro non l’hanno capito).
sanziona chi va in giro col volto coperto senza motivo.
e il burqa, come da sentenza della corte di stato, ha un valido motivo e quindi
non e’ sanzionabile.
(costume tradizionale con implicazioni religiose).
ciao.fabio.
Ognuno è libero di pensarla come vuole. Per quello che mi riguarda a casa mia comando io e chi viene da fuori si deve adattare alle mie leggi. In questo sito ci sono troppe persone che fanno tripli salti mortali all’indietro per scansare il problema: le religioni sono una pestilenza che si espande con la guerra santa. Il velo come il crocifisso sono i loro simboli di battaglia. Con gli intolleranti e soprattutto quelli religiosi che sono i peggiori non possono esistere i pedagoghi, gli psicologi, i dialogatori, i liberi pensatori ma solo coloro disposti a tirargli tanti calci nel sedere. Scusate il linguaggio ma quanno ce vò, ce vò.
Dai pure tutti i (simbolici) calci nel sedere che vuoi a chi commette atti di violenza, o a chi incita esplicitamente a compierne.
Questo però non ha a che fare con i simboli, che sono pure e semplici espressioni di idee (belle o brutte che siano).
Stefano, non so a casa tua, ma a casa mia vige prima di tutto una legge: chi non danneggia gli altri, di se stesso è libero di fare ciò che crede.
Queste sono le nostre leggi, questi sono i nostri valori.
Il burqa e’ gia’ statu usato in Francia per compiere rapie ed altri crimini. dunque danneggia altri, dunque e’ bene che sia stato vietato.
Il velo non integrale e’ in liberissimo uso.
Legge sanissima. Non vedo perché non si possa girare col passamontagna e col burla si. L’idea che un’azione fatta per credenza religiosa (vale a dire per superstizione) meriti piu’ rispetto della stessa azione fatta per opinione o gusto individuale e’ una boiata figlia dei complessi di colpa della sinistra ex marxista
Bravissimo ed i complessi di colpa marxisti ( o pauperisti) comunque filoterzomondisti , sono proprio una derivazione dei concetto di peccato originale inventato da quel criminale di Sant Agostino vescovo di Ippona e padre della Chiesa.
Dovrebbero copiare le suore così non correrebbero alcun rischio legale!
Chi… avvelena anche te, digli di smettere!
Comunque dall’Indonesia, la più grande comunità musulmana, dice il servizio, l’imam o chi per lui dice: non siamo d’accordo con la legge francese, ma qui da noi le donne per tradizione culturale non portano burqa.
Il mullah del Cairo dice: il burqa non è prescritto dal Corano e mi stupisco sempre nel vedere le donne musulmane in Europa coperte che non rendono una buona immagine alla nostra religione.
Invece noi qui abbiamo i difensori dei principi assoluti teoretici che vogliono proprio farglielo indossare!
“Invece noi qui abbiamo i difensori dei principi assoluti teoretici che vogliono proprio farglielo indossare!”
Qui nessuno difende un’usanza che più che altro offende la donna (francamente non mi sento in pericolo se ne incontro qualcuna: i terroristi hanno ben altri mezzi e modi per le loro ‘imprese’). Semplicemente si sostiene da parte di alcuni (me compreso) che non è con i divieti e le punizioni che si può far breccia in questa cultura… invece – proprio per quanto riporti tu – credo sia più produttivo, pewr esempio, far sapere a quelle donne che il Corano non prescrive il burqa e sostenere quelle che si ribellano. Che non saranno certo incentivate a farlo se le si fa solo oggetto di divieti.
Si può essere o meno d’accordo su questo… ma non vedo cosa c’entrino ‘i principi assoluti teoretici’?
ROTFL TRAGICO!
Gli stati europei per giustificarsi dovrebbero adesso ricorrere alle fatwe od interpretazioni dell’Islam egiziane od indonesiane?
E questo ce lo scrive un presunto laico razionalista ?
Ma non vi accorgete che siamo GIA’ scivolati in un modo di pensare dipendente dall’islam?
Comunque e’ evidente e anzi lapalissiano, se non vogliamo sopravvivere come cultura laica (se troviamo tutte le scuse piu’ idiote culturally correct per non farlo) non sopravviveremo.
Amen.
“Ma non vi accorgete che siamo GIA’ scivolati in un modo di pensare dipendente dall’islam?”
Ma non ti accorgi che se c’è qualcuno ormai dipendente dal modo di pensare dell’islam sei proprio tu e quanti ragionano come te? Condizionati, ossessionati, al punto che non vedete ormai altra via d’uscita se non la repressione… senza rendervi conto che così facendo create le premesse per uno scontro sempre più generalizzato con un mondo reso sempre più fanatico da questo tipo di opposizione. Non a caso sono le forze più retrive (o no?) – in Italia la lega e in Francia una destra estremista che condizione il governo – a esigere questa chiusura miope, populista, alla fine autolesionista.
Miopia che tra l’altro vi induce a trattare come idioti (ah, l’accusa senza appello di essere – orrore! – ‘culturally correct’), a far dire loro cose che non hanno mai detto, quanti non si fanno guidare solo da viscerali istinti e cercano di ragionare.
E come mai il burqa non è nemmeno prescritto dal Corano e qui lo devono indossare? Forse che l’Islam è altro?
Personalmente non ho paura del terrorismo per delle donne che indossano il burqa. Ho solo paura che quella cultura inizi dal vestito e piano piano, magari anche con le nuove generazioni, si diffonda in altri campi, come è ovvio che accada.
Non credo che si ottenga tutto col buonismo. Perché non vai a fare il S.Francesco della situazione?
Riguardo alle parole messe in bocca, è stato detto: perché vi stanno antipatici, perché colpevolizziamo le donne, perché le donne sono sempre vittime, e altre castronerie da tipica ideologia.
Riguardo ai principi assoluti teoretici, chiedi alla testa di Leonardo e Magar che magari te lo spiegano meglio.
Perché ce l’avete tanto coi 4 pastori del deserto della Bibbia e poi tollerate che i 4 pastori del Corano prendano piede in Europa?
“Non credo che si ottenga tutto col buonismo. Perché non vai a fare il S.Francesco della situazione?”
Figurati se dopo il culturally correct non saltava fuori il buonismo.
Cara Barbara, l’argomento del ‘S. Francesco’ è il classico argomento di chi accusa gli altri di ideologismo, di astrattismo, e poi rinuncia alle possibilità CONCRETE, politiche, culturali, che una società laica e civile ha (per l’Italia – e adesso anche per la Francia – sarebbe meglio dire ‘dovrebbe avere’) a disposizione per affrontare e risolvere situazioni che tanto più si incancreniscono quanto più si alimenta… ma sì, il ‘cattivismo’.
In quanto ai ‘pericoli striscianti’ in Europa più che quello rappresentato dai ‘4 pastori del Corano’, mi fa paura l’ondata xenofoba, razzista, intollerante che va sempre più montando, innescando un micidiale circolo vizioso per cui all’aumento dell’intolleranza fa seguito un aumento del fanatismo religioso cui farà seguito un aumento dell’intolleranza cui farà seguito ecc…. fino a quando non sarà più possibile fare marcia indietro. E, a quel punto, vinca il migliore (cioè il peggiore).
Barbara, stai travisando: o hai capito male, o metti in bocca le parole sbagliate ai tuoi interlocutori apposta solo come strumento retorico.
Nessuno, in questo forum, vuole “farglielo indossare”. Semplicemente c’è chi difende il diritto delle persone a vestirsi come vogliono, indipendentemente da quello che dicono Fini, Bossi, o qualche mullah del Cairo.
Scusami, ma tu sei fuori dalla realtà, nella tua bella difesa di un principio, proprio come un bravo mullah.
“farglielo indossare” era una sorta di paradosso, magari Gualerzi può essere più preciso sulla denominazione di questi artifici in ambito filosofico.
Mettere in bocca come strumento retorico, tipo le tue o di Magar: ci stanno antipatici i musulmani, si colpevolizza la donna, ecc.?
@Barbara
non so di Magar, ma io non ti ho messo in bocca un bel nulla.
@Barbara
Non ho messo in bocca a nessuno l'”antipatia per gli islamici”. Le categorie citate da Sandra erano “il musulmano, il tifoso, il cattolico, il leghista”: beh, a me il leghista sta parecchio antipatico, l’integralista islamico o cattolico pure, e l’ultrà manesco ti lascio immaginare…
Il problema non è perchè lo indossano o meno (se lo dice il sacro libro, lo sciamano o l’imam) questi sono cavoli loro. Il problema è che i comportamenti individuali e di gruppo sono sottoposti alle leggi e, di conseguenza, messun mussulmano ha diritto a tagliare la gola alla figlia perchè troppo vivace, nessun ebreo ortodosso a far chiudere le pizzerie il sabato, nessun testimone di geova ad impedire le trasfusioni ai figli, nessun vescovo a neascondere il prete pedofilo alla giustizia etc. Passasse la linea che gli usi e costumi (credenze) delle comunità prevalgono sulla legge, in sicilia dovremmo rimettere in auge il delitto d’onore etc. E poichè è a tutti vietato girare a volto coperto…
Io mi commuovo sempre a vedere quanto si battono i MASCHI per la “libertà” delle donne di indossare il burqa…
(Fosse imposto agli uomini dalle donne in qualunque cultura misantropa, sarebbe vietato già da decenni)
Bravo. La scrittrice pakistana Taslima Nasreen a proposito del corano dichiaro’:
“L’islam non è una religione di pace, e discrimina le donne. Era chiaro, in effetti, che quelle parole erano state scritte da un uomo, o da un gruppo di uomini per i loro interessi sociali e politici”
In realtà si difende il diritto di CHIUNQUE.
Oggi alcuni vogliono vietare il burqa, domani magari altri vorranno imporlo.
Dev’essere invece ben chiaro a tutti che nessuno impone nulla a nessun altro.
“Il posto dove culture opposte coesistono in armonia è il paradiso, e come sai non esiste.”
Io so coesistere benissimo (magari non “in armonia”, ma chissenefrega) con i leghisti o con i ciellini. Non sento il bisogno di eradicare il pensiero (?) padano-celtico o quello di don Giussani, di negare ai suoi seguaci il diritto a manifestare le proprie idee (per quanto aberranti, a mio avviso), di esprimerle attraverso i simboli, o di multare chi pone tali simboli sulla propria persona.
Bisogna lottare, naturalmente, affinché la controparte non invada gli spazi altrui, ficcando il crocefisso o il “sole delle alpi” nelle aule scolastiche, ma ciò non significa compiere qualche forma di “controinvasione preventiva”.
Uff, inserito nel posto sbagliato, scusate.
@Magar
ho comunque apprezzato 🙂
sottoscrivo ogni parola.
Ah, mi è venuto in mente un problema PRATICO che dovrò affrontare, terra a terra, così ci capiamo meglio:
Mohammed mi ha chiesto di fargli un corso di italiano, stavo già pensando al libro da acquistare, poi mi è venuto in mente di sentire prima la moglie, italiana, un po’ più che conoscente, che il matrimonio tra quei due non so bene che pieghe stia prendendo, poi mi viene in mente di quando lui le fa: se esci con i legging non entri più in casa, chiaramente lei lo manda a ca. gare, ma in nome del diritto di portare un burqa fino a quando lei potrà continuare a mandarlo a ca. gare perché porta i leggings e a rientrare in casa tranquillamente?
Al tempo l’ardua sentenza, sempre se non sarà troppo tardi per i leggings.
Benissimo il tuo esempio, nel cui merito specifico ovviamente non voglio entrare perchè ne sei tu la sola legittima interprete, e quindi farò un discorso generale (ma non per questo teorico, astratto!) in merito a casi analoghi… anche se qui il fatto che la moglie sia italiana sposta un pò la questione.
Comunque credo si tratti di sostenere le donne che si trovano in queste situazioni (di conflitto con la famiglia per motivi religiosi) facendo intervenire i centri in difesa della donna pagati (poco) dalla collettività; che esistono (non sono ‘un’idea’, ho una mia amica che vi lavora) per farle conoscere le eventuali vie legali cui adire aiutandole anche in questo. Lo so benissimo che è estremamente difficile indurre queste donne (non italiane) a rivolgersi spontaneamente a questi centri… ma se non ne conoscono nemmeno l’esistenza si sentiranne sempre più sole.
Naturalmente questo discorso vale poi per le donne di qualsiasi appartenenza, ma anche per qualsiasi extracomunitario che cerchi di emanciparsi da vincoli assurdi. E naturalmente, se si entra in questo ordine di idee, sono percorribili anche altre strade. Ma bisogna entrare in questo ordine di idee.
Per tornare al tuo caso, non afferro il nesso tra ‘libertà di burqa’ e impedimento alla donna – che evidentemente non lo porta – di rientrare in casa. Non credo che, col divieto, la situazione di quella coppia migliorerebbe. Sempre se ho capito bene.
Bruno, tutte queste belle cose di cui parli come strumento di emancipazione in Olanda esistevano, e NON hanno funzionato. Non puoi insegnare la tua cultura a gente che ha già la sua e la ritiene superiore, come è giusto che sia: non c’è una cultura superiore, c’è la cultura adatta. C’è solo un mezzo, cioè imporla come prerequisito alla residenza. Davvero non capisco, come logicamente si sia d’accordo sul controsenso del voler imporre a forza la democrazia in un paese che non l’ha maturata e nello stesso tempo adottare un atteggiamento da “predicatori tra i selvaggi”, paziente, disposto a porgere l’altra guancia (femminile nella fattispecie), insomma a me sembra molto cattolico. Tollerante. Ma mi chiedo, a noi italiani ha fatto poi cosi’ bene la tolleranza? I tedeschi, i nordici in generale, tollerano la corruzione, la mafia, il papa capo della chiesa, l’evasione fiscale, la mala sanità, l’assenteismo, le false invalidità, un governo di incapaci, obiettori di coscienza ovunque ? Certo che no, perché sarebbe contro il loro interesse. Chi vuole entrare in germania deve fare il corso, in olanda se lo deve pure pagare. E che c’è di male? Io in germania ho fatto il corso di tedesco per stranieri del comune oltre a quello dell’azienda, non mi sono sentita sminuita per questo, è logico, del resto nessuno mi aveva obbligato a lavorare là. Bisogna proprio che noi insistiamo con questa politica di porgere l’altra guancia-tolleranza à tout prix? A vantaggio di chi? Per sentirsi meglio con la propria coscienza?
Non bisogna affatto tornare nell’ordine di idee di tollerare cio’ che è retrogrado, non ci gioverà: è come preparare la corda che servirà a musulmani e cattolici per farci la festa. Io vorrei che l’italia diventasse piu’ progressista e meno tollerante come l’Olanda, piuttosto che piu’ tollerante e meno progressista come l’egitto. Abbiamo anche noi una cultura, e perbacco difendiamola, e non è né leghista né originata in medioriente, che sia cattolica o islamica. O vogliamo accogliere tutti i musulmani che gli altri paesi respingeranno? Dobbiamo scegliere con chi rapportarci nei prossimi anni, a chi assomigliare. La nostra “tolleranza” ci sta allontando dall’europa del nord.
Sull’esempio fatto da Barbara, credo di capire che con il divieto di burqa, il marito non potrebbe proporlo, essendo illegale. Mentre se fosse “tollerato in attesa di miglioramento” il marito dovrebbe farsene una ragione, o in caso contrario scegliere di tornare al suo paese e sposare una donna culturalmente educata a indossarlo.
Ormai qui non se ne esce più. Tolleranza, buonismo, porgere l’altra guancia, filo-islamismo, calata di braghe, e chi più ne ha più ne metta, quando nessuno sostiene questo. Si ritiene che, o si riesce a dar vita ad un processo di integrazione, oppure l’alternativa sarà solo lo scontro frontale. Non si può insegnare la democrazia a chi non ne vuol sapere? Estremamente difficile, inutile negarlo, ma imporla con la forza (v. Iraq e Afghanistan) di sicuro si ottiene di rafforzare gli integralismi… e anche l’integralismo di quelli che lo dovrebbero combattere. Non conosco nel dettaglio la situazione olandese, ma, a stare alla crescita esponenziale dei movimenti xenofobi (che non credo siano indice di ‘progresso’), temo stia avvenendo proprio questo. Come credo anche in Belgio.
Fare rispettare le leggi vigenti, solo all’interno delle quali devono essere esrcitati culti e tradizioni, senza alcun cedimento o tolleranza in tal senso: questo occorrerebbe. Ma per questo occorrerebbe una società civile matura, mentre il quadro che fai della situazione italiana è assolutamente veritiero… per cui è questa situazione che bisogna prima di tutto combattere, non accanirsi sul burqa, classico capro espiatorio per non vedere ben altre nefandezze.
In Olanda esisteva, come detto in precedenza, una situazione in cui fino ad alcuni anni fa lo stato incoraggiava, di fatto, la separazione delle comunità religioso-culturali interne alla società, riconoscendo di fatto più valore alle identità di gruppo che all’identità individuale. In particolare, con gli immigrati, puntava a far loro mantenere i contatti con il paese di provenienza, nella convinzione (speranza?) che dopo aver fatto un po’ di soldi lì se ne sarebbero tornati “a casa”. Questo non ha funzionato.
Non il rispetto dell’individuo.
Magar, completiamo il quadro. Gran parte dei sussidi di disoccupazione era a favore degli immigrati disoccupati:
“In 1999, only one-third (33.7 per cent) of non-EU foreigners were gainfully employed in the Netherlands, with the remainder either not on the labour market at all (like many Muslim women) or dependent on social benefits. In fact, migration into the Netherlands, as into many other countries of continental Europe, which since the late 1970s has been mostly through asylum and family reunification, is often a direct march into welfare state dependency.”
In altri paesi essere senza lavoro equivaleva all’espulsione (svizzera). In cosa mancavano di rispetto? Per l’istituzione di scuole confessionali? Ma quelle c’erano al di là degli immigrati, e si sceglie la scuola anche per prestazioni, che sia montessoriana, jena, cattolica, protestante, riformata… sempre nel pratico approccio olandese, che condivido, che sia inutile forzare persone troppo diverse a convivenze probelmatiche se non impossibili.
Li obbligavano a telefonare a casa o a prendere lezioni della loro lingua, con il subdolo intento che tornassero a casa? E’ la tua opinione, legittima intendiamoci, ma anche fosse, che c’è di strano? Uno stato o un’azienda richiama forza lavoro a seconda delle necessità, è un impegno di lavoro. Mi spieghi perché lavorare in un paese per un certo periodo dovrebbe corrispondere all’acquisizione automatica di diritti estranei al contratto lavorativo? Non mi dirai che il lavoro è un diritto, non scherziamo. Io ho lavorato all’estero come straniera e come tale me ne sono tornata a casa, ma non mi sono mai fatta questione di “rispetto” della mia persona. In Germania, e immagino nel nord europa per esteso, si vive e lavora bene come straniero a condizione di adattarti al loro modo di vivere e lavorare, ma se non ti sai adattare è un tuo problema, e non puoi farlo ricadere su una società. La società nordica è forse piu’ controllata e anche opprimente nel senso che non sei libero di fare tutto quello che vuoi, ma molto piu’ efficiente. Non si puo’ giocare al gioco degli altri imponendo regole proprie.
No, semplicemente avevano fatto male i conti, credevano che si trattasse di immigrazione temporanea (“lavoratori ospiti”, Gastarbeiter, come li chiamano in Germania), e invece si sono ritrovati con gente insediatasi permanentemente. Però l’integrazione di lungo periodo non era stata preparata, preferendo l’approccio delle “tante culture” separate. Alla fine si sono manifestati problemi di carattere sociale e culturale, che si sono tradotti, alla lunga (1999, appunto), in problemi di carattere economico, costringendo i governi a rivedere l’approccio in corsa.
Bruno, la butti subito in tragedia, quasi da libro Cuore!
Mohammed non mena la mia “amica”, non la tiene schiava né le impone alcun burqa, le vorrebbe solo imporre di non uscire coi leggings. Siccome qua si decantava tanto la libertà costituzionale del vestirsi come ci pare (e questo sì teorico perché non si tiene conto che il burqa non è mai una scelta), ho voluto sottolineare che tale libertà non è reciprocamente accettata dagli immigrati musulmani, e Mohammed inizia a voler proibire i leggings e poi cos’altro vorrà impedire se potrà farlo?
E’ un po’ quel che si dice qui sui clericali: in nome della libertà degli altri pretendono la loro per poi vietare quella degli altri in nome della loro.
Va bene, chiedo scusa, del resto avevo detto che non ero sicuro di aver ben capito. Per il resto (e qui non capisco cosa c’entri il libro Cuore… ah, per via del buonismo) ormai il nostro è un dialogo tra sordi.
In quanto poi al ‘buttare in tragedia’, mi sa che siano più ‘tragici’ quanti prevedono un’Europa islamizzata.
Ma no, non vedi che mi capisci benissimo! 🙂
Speriamo proprio tu abbia ragione! 🙂
Mah, l’ultima signora italiana (appena 20enne) piantata dal marito resosi irreperibile in Tunisia senza un cent., con un bimbo piccolo e una seconda in arrivo ha chiesto aiuto ad uno di questi centri. Risultato: dato che la signora è fragile, (vorrei vedere chi non lo sarebbe in questa situazione) ed ha appena cominciato a lavorare con uno stipendio misero, la bambina appena nata le è stata portata via d’ufficio e dichiarata adottabile contro il suo volere. Non mi stupisco quindi che una signora x non italiana, magari con anche ovvie difficltà linguistiche, abbia paura di rivolgersi alle istituzioni (ammesso e non concesso che conosca l’esistenza dei centri di aiuto e quali sono i suoi diritti)
Neanch’io vedo il nesso tra divieto di burqa e libertà di portare i leggings.
Se la tua conoscente può mandarlo a quel paese, la cosa è indipendente dalle eventuali multe appioppate ad altre donne che si volevano invece mettere il burqa.
La legge tutelerà sempre il suo diritto a mettersi i leggings. Basta applicarla.
Non c’è nessuno che si metterebbe il burqa se non ha subito lavaggi di cervello o se non ha problemi psicologici. E’ ora di mettere dei paletti.
Non c’è nessuno che si metterebbe il cilicio/ che si chiuderebbe in clausura se non ha subito lavaggi di cervello o se non ha problemi psicologici. È ora di mettere dei paletti.
O no?
Sorry, se ci sono problemi di infermità mentale voglio vedere il certificato di un medico. Altrimenti è troppo facile bollare come “pazzo” chiunque…
Fai esaminare la Binetti, poi ne riparliamo.
Vuoi pure cavare a forza le monache fuori dai conventi e strappare ope legis il cilicio alla Binetti, dando per scontato che sia pazza, e che quindi abbia bisogno della balia statale?
Se è così, mi sistemo comodamente dall’altro lato della barricata.
(Commento inserito per sbaglio più sopra, era invece autonomo.)
“Il posto dove culture opposte coesistono in armonia è il paradiso, e come sai non esiste.”
Io so coesistere benissimo (magari non “in armonia”, ma chissenefrega) con i leghisti o con i ciellini. Non sento il bisogno di eradicare il pensiero (?) padano-celtico o quello di don Giussani, di negare ai suoi seguaci il diritto a manifestare le proprie idee (per quanto aberranti, a mio avviso), di esprimerle attraverso i simboli, o di multare chi pone tali simboli sulla propria persona.
Bisogna lottare, naturalmente, affinché la controparte non invada gli spazi altrui, ficcando il crocefisso o il “sole delle alpi” nelle aule scolastiche, ma ciò non significa compiere qualche forma di “controinvasione preventiva”.
E lo dici a una lombarda come me, di tolleranza ai ciellini? Quanto mai li abbiamo tollerati, quanto mai. Neanche noi sentivamo il bisogno di eradicare il loro pensiero, pensa che li trovavamo ridicoli con i loro librettini, che arrivavano a lezione dopo “le ore”, il problema è che sono loro che hanno eradicato il nostro diritto di scegliere secondo il nostro pensiero. Vai in una scuola pubblica o n un ospedale lombardo.
Io con i leghisti potrei teoricamente anche convivere, ma dopo una “discussione” in montagna con tre bossiani, quando uno di loro ha estratto il coltello ma in modo dialettico…, ho deciso che è meglio non manifestare piu’ le mie idee con loro. Cosa dici, sono intollerante? Si’, ho un forte istinto di sopravvivenza.
Se hai intenzione di proibire anche i crocefissi al collo o i fazzoletti verdi nel taschino, accomodati pure, avrò lo sgradevole compito di manifestare solidarietà a legaioli e sanfedisti (d’altronde mi tocca già farlo con le bischere burqielle)…
Per sopravvivere non ti serve censurare le idee sgradevoli, ti basta pretendere leggi civili, costituzione e trattati internazionali alla mano, e la loro applicazione.
E denunciare alla polizia gli episodi di minacce a mano armata…