Anche in Italia si discute del divieto di indossare il burqa

L’introduzione del divieto di indossare il burqa in pubblico da parte del parlamento francese (cfr. Ultimissima di ieri) è stata  accolta favorevolmente dal centrodestra italiano, da Fini a Carfagna fino alla Lega, che ha presentato un progetto di legge specifico. Diviso il PD: si è dichiarato d’accordo Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, mentre il segretario Pier Luigi Bersani ha invece sostenuto che l’argomento non rappresenta una priorità. Delle donne del partito, Vittoria Franco si è detta contraria, Giovanna Melandri preferisce attendere, Barbara Pollastrini chiede una legge.

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100 commenti

Kaworu

in italia c’è già una legge per lo meno degli anni 70.

il resto è inutile spettacolo accaparra-voti

Painkiller

Appunto c’è già una legge che vieta a TUTTI i residenti sul suolo italico di girare col volto coperto in modo tale da rendersi irriconoscibili.
Per chi obbliga qualcuno ad indossare il burqa c’è la legge sulla riduzione in schiavitù.

Kaworu

siamo sempre sulle interpretazioni.

basterebbe se proprio devono, aggiornare quel che già c’è senza fare inutile demagogia in cui la lega sguazza bene.

Leonardo

@Kaworu
bhe, visto che si dovrebbe anche “aggiornare” la Costituzione, per limitare le libertà personali, penso che serva qualcosa di più di una disposizione sull’ordine pubblico, prevista per controllare i manifestanti in corteo.

Near

@ Leonardo.
La sentenza fa acqua da tutte le parti.
Dove sta scritto nel decreto del 1931 che le consuetudini religiose costituiscono deroga alle disposizioni di mascherare il volto ?
A detta degli stessi islamici poi il burqa non è un’imposizione della loro religione, che parla di coprire il capo e non l’intero volto, ma, anche se lo fosse, la sentenza è una libera interpretazione dei giudici, che dovrebbero limitarsi ad applicare quello che sta scritto nelle leggi, non ad interpretarle in modo “creativo”.
Con queste interpretazioni buoniste, anche una nuova e più dura (giustamente) legge potrebbe essere di fatto vanificata.

Leonardo

@Near
Dove c’è scritto nella sentenza che si parla di religioni ?
Alla legge italiana non importa nulla di ciò che dicono gli islamici, quindi che il burqa sia o meno un’imposizione religiosa è completamente irrilevante.

La sentenza non fa acqua, ma ci ricorda che la legge vieta i mascheramenti, non gli abiti. Ed il burqa è un abito.

Ciccio

cito dal link:

L’utilizzo del burqa in luogo pubblico non è impedito dall’art. 5, L. n. 152/1975 in quanto il velo non è diretto ad evitare il riconoscimento, ma costituisce attuazione di una tradizione di determinate popolazioni e culture.

ma se il burqa non serve a evitare il riconoscimento che cavolo se lo mettono a fare? allora se entro in banca per una rapina con una calza di nylon in testa posso giustificarmi dicendo che è la tradizionale calza di mia nonna che mi metto tutte le volte che esco di casa, sempre per tradizione ovviamente.

antonella

La legge c’è, bisogna farla rispettare. La libertà di ognuno di noi (a prescindere dalla scelta religiosa) è condizionata dalle leggi dello stato, non è vero che possiamo fare tutto ciò che vogliamo: viviamo in una comunità e quindi abbiamo delle regole… come conciliare il bisogno di queste donne di coprire tutto il loro corpo con le nostre regole? In democrazia la ragione è del gruppo più grande, la minoranza perde.

Near

Scusate, solo per curiosità.
Ieri sera su un canale regionale ho visto un ragazzotto della lega, tale Tosato, dire che in verità la legge contro l’occultamento del volto degli anni ’70 non vale nulla perchè a suo dire è inapplicabile e non prevede sanzioni.
Mi sembra molto strano, a voi risulta ?

winterfury

penso anch’io che vada un tantino rimodernata, ma come al solito i leghisti esagerano.

La questione è, più che altro, il riuscire a farla rispettare.

Near

@ Leonardo

Qui mi sembra si parli anche di religione.
“Per quanto attiene alla prima delle due disposizioni citata «è evidente che il burqa non costituisce una maschera, ma un tradizionale capo di abbigliamento di alcune popolazioni, tuttora utilizzato anche con aspetti di pratica religiosa».”

“La sentenza non fa acqua, ma ci ricorda che la legge vieta i mascheramenti, non gli abiti. Ed il burqa è un abito.”
Ma se copre anche il volto, come può non essere considerato un mascheramento ?
Solo perchè è legato ad una pratica tradizionale e religiosa allora non lo puoi chiamare maschera ?
Dov’è la razionalità di questo discorso ? Anche l’abito di arlecchino si chiama abito, ma è sempre un abito che implica l’utilizzo di una maschera.

#Aldo#

Dunque, si possono indossare abiti che rendono irriconoscibili? Come la mettiamo coi passamontagna, specie se fa freddo? Qualcuno, qui, che ci tenga a fare un esperimento per vedere come va a finire, pretendendo d’entrare in tre o quattro in una banca abbigliati con impermeabile, guanti e passamontagna? Ho il sospetto che chi ci provasse finirebbe per avere qualche problema…

Leonardo

La legge non è riferita alle banche, o agli uffici, ma a tutti i luoghi pubblici.
Hanno fatto l’esperimento di bardarsi e rendersi irriconoscibili per strada, ma nessuno ha avuto nulla da ridire.
Fra qualche mese ci sarà metà della popolazione col volto coperto da sciarpe, e la fronte da cappelli, ma non credo che ne conseguirà un’epidemia di rapine in banca.

Leonardo

Si, ha anche aspetti di pratica religiosa. Ma rimane permesso in Italia in quanto abito (tradizionale), non perchè ha aspetti di pratica religiosa. (il tradizionale è riferito all’abito, non alla pratica religiosa).
Coprire il volto non è di per se un mascheramento. L’esempio del casco integrale è uno dei più famosi (copre il volto, ma non è un mascheramento).
La legge permette infatti di coprire il volto quando c’è il giustificato motivo: “giustificato” non significa unicamente “per l’incolumità”, o “per il freddo”, ma appunto “giustificato”: l’indossare un vestito tradizionale è una valida giustificazione.
L’abito d’Arlecchino è, per l’appunto, una maschera. (Arlecchino è una maschera tradizionale italiana). Il passamontagna o il burqa no.

Sandra

A me il burqa ricorda molto Belfagor, forse tu sei giovane, era una specie di telefilm con questo tipo spaventoso tutto vestito di nero con una maschera sulla faccia. Belfagor ovvero il fantasma del Louvre, cercalo in rete. Possono sempre usarlo a carnevale.

Barbara

@Sandra,
Ma sai che appena l’avevi detto mi son resa conto che è l’esatta impressione che fa anche a me? E mi rimanda pure a quella donna alla stazione di Bombay con gli occhi letteralmente cavati per suscitare maggiore pietà a chiedere la carità.

Sandra

Leonardo, ma la logica, caspita come fai a trovare ridicoli e anacronistici e idioti potenzialmente pericolosi gli uni e non gli altri?

In lombardia abbiamo un cardinale che è favorevole alle moschee, e una lega che è contro. Dobbiamo per forza sempre decidere per fare dispetto a uno o all’altra, o possiamo pensare noi al paese che vogliamo per noi? Siamo d’accordo che con i teocrati non si puo’ ragionare? Si’. Siamo d’accordo che hanno il diritto di pregare? Si’. Siamo d’accordo che lo stato non deve schierarsi nè rappresentare istanze religiose di qualsiasi tipo? Si’. Siamo d’accordo sulla costituzione? Si. Allora, niente piu’ obiezioni a sfondo religioso, la legge è legge, chi non la vuole si accomodi alla porta. Vuoi fare il ginecologo e non l’aborto? Fuori. Vuoi vestirti per manifestare la tua sottomissione al maschio? Fuori. La sharia è la tua legge superiore a quello dello stato? Fuori. Vuoi lavorare per il comune ma il tuo credo ti vieta di non discriminare un gay? Fuori. Non ti va che l’insegnante di tuo figlio sia gay? Fuori.

E’ di noi “diversamente religiosi” che ci dobbiamo preoccupare, e seriamente. E ancora di piu’ noi italiani, se non vogliamo che l’italia si stacchi dall’europa per avvicinarsi all’africa. Quanto tempo ancora dobbiamo far passare prima di limitare il potere di questa gente che non rispetta i diritti individuali di chi non la pensa come loro? E parlo sia di cattolici che di musulmani. Non dobbiamo preoccuparci per loro, hanno ideologie sperimentate per sopravvivere nei secoli e con la forza.

Cassandra testarda

Scordiamoci , se possibile, di quel che dice la Lega, della cui politica non condivido nulla. Ma se capita, per una volta, che mi trovi a sostenere una causa che anche la Lega sostiene, sia pur con accenti e motivazioni diverse dalle mie, non per questo mi colloco sull’altro fronte, se son convinta delle mie ragioni. E l’ho già scritto più volte, anch’io sono per vietare l’uso del burqa, con una nuova legge o con una modifica aggiornata della vecchia legge sulla pubblica sicurezza; lascio ai tecnici la definizione.
Burka e velo integrale che coprono il viso sono barriere che non solo limitano la esigenza di riconoscibilità di una persona, ma limitano anche la libertà di espressione e di comunicazione della donna che lo porta, e sostanzialmente la isolano dal contesto sociale , soprattutto in un paese occidentale dove tutte le altre donne vestono come vogliono e circolano a viso scoperto. Se giustamente si vuol difendere la laicità dalle invadenze dei prelati cattolici, dobbiamo essere molto attenti a non lasciare spazio alle invadenze dell’integralismo islamico che ci potrebbe creare non pochi problemi. E il burqa non è solo un elemento di costume o di folklore, ma è anche un simbolo di valenza religiosa usato e ostentato per segnalare la propria volontà di non integrarsi. Ed è soprattutto il frutto di una cultura arcaica, medievale, imposta dall’uomo che considera la donna sua proprietà esclusiva e fino al punto di annullarne la personalità. Fermo restando il principio della libertà di religione e di pensiero, uno Stato moderno e democratico ha il diritto e il dovere di salvaguardare anche la libertà e l’emancipazione della donna , eliminando gli ostacoli e le barriere, anche di stoffa, che la comprimono.

Magar, bieco illuminista,

Rischi seriamente di voler stabilire il diritto-dovere di uno stato “moderno e democratico” ad obbligare le donne ad emanciparsi, pena una multa. Cosa che mi parrebbe alquanto paternalistica…

Stefano Grassino

@ Leonardo

Scusa una domanda: tu da che parte stai? Sei per caso un talebano infiltrato? Se non lo sei ti chiedo scusa per la provocazione e vediamo di ragionare con un esempio. Mi piacerebbe andare in Iran perche mia moglie ama molto l’archeologia e quel paese è pieno di storia. Non ci sono mai andato perche lei non se la sente di mettersi il velo (obbligatorio per le turiste) e non ho mai accusato l’Iran di ingerenze nei miei sentimenti. E’ uno stato sovrano e libero di promulgare le leggi che vuole. Recandomi là sono io che devo rispettarle. Posso fare pressioni sul suo governo per fatti gravi (vedi lapidazioni) ma non posso eticamente condannarlo se crede sia giusto in casa sua far indossare il burka alle sue donne. Allo stesso modo, pretendo che le mie leggi vengano rispettate ma si sa come ragionano i religiosi di tutto il mondo; Gaetano Salvemini è stato chiaro:
“La realtà è che quando un clericale usa la parola libertà intende la libertà dei soli clericali (chiamata libertà della chiesa) e non le libertà di tutti. Domandano le libertà a noi laicisti in nome dei principi nostri, e negano le libertà altrui in nome dei principi loro”.

Ciccio

insomma, non sono totalmente d’accordo. Un cittadino iraniano (o di un qualsiasi altro stato) deve poter non sottostare ai dettami religiosi ed è odioso che uno stato ti imponga un abito o, per esempio, il divieto di mangiare durante i giorni di ramadam.

Per quel che ci riguarda, uno Stato realmente democratico, laico e liberale deve impedire al fanatismo religioso di proliferare nel proprio territorio. Non è possibile accettare una mentalità che considera le donne come oggetti, di proprietà del proprio marito e imponga loro abiti atti ad isolarla dalla società; suvvia, non nascondiamoci dietro ad un dito: il burqa è frutto di questa mentalità misogina, altro che libertà religiosa.
Il burqa è schiavitù. Così come non possiamo accettare da un punto di vista legale ed etico che una persono diventi schiava di un’altra, anche se ti dice che è per sua libera scelta, non possiamo accettare che donne indifese vengano insacchettate dentro questi presevativi sociali.

In ogni caso sarebbe buona cosa che si avviassero concrete azioni per aiutare le donne a sfuggire dalla schiavitù di burqa e niqab e renderle consapevoli dei loro diritti di libere cittadine. Ma da questo governo non mi aspetto nulla in questo senso, ma solo tanta, troppa, demagogia.

Stefano Grassino

Scusa ciccio, ma hai o no compreso che io parlo di casa loro e non della mia?
Solo un cittadino Iraniano ha il diritto di cambiare le leggi del suo paese, non quello di un’altra nazione. Il massimo che si può fare, secondo il diritto internazionale, è quello di aiutare i movimenti culturali o i partiti che condividiamo dal punto di vista ideologico; aiutarli politicamente ed economicamente ma null’altro. Come ho detto a Leonardo, qua in Italia, come io rispetto le loro leggi, pretendo che qui rispettino le mie. Se non gli piacciono se ne tornino da dove sono venuti. Mi hai capito adesso o parlo Arabo?

Magar, bieco illuminista,

@Ciccio
Possiamo accettare che una giovane donna si seppellisca in un convento di clausura?
Anche a lei non crediamo, se pure dice di averlo scelto liberamente?

Facendo a meno dell’elemento della mentalità misogina, possiamo considerare anche un altro esempio di situazione in cui accettiamo che una persona si faccia volontariamente del male: alcune pratiche sessuali BDSM.

Sandra

Magar, ma anche le musulmane sono liberissime si seppellirsi a casa con il burqa. Ha spiegato benissimo Cassandra il problema della comunicazione “limitano anche la libertà di espressione e di comunicazione della donna che lo porta, e sostanzialmente la isolano dal contesto sociale”: nessuno è obbligato a comunicare, non c’è legge che imponga di rivolgere la parola. Ma andare in giro in una gabbia di stoffa pone un vero problema: tu ti sentiresti libero di chiedere l’ora a una burqata come a una donna che ti mostra il viso? Io, fossi un uomo, girerei alla larga da una musulmana, non mi sentirei libero di interagire con una donna, nemmeno con le piu’ innocenti intenzioni. Farei male a trattarla al pari di un’appestata? Cosa fare allora, discriminarla in quanto marchiata come proprietà privata dei maschi della sua famiglia o prendere il rischio di trattarla normalmente con il rischio di offendere la sua cultura? Se non vogliono correre il rischio di parlare o essere guardate in faccia, sono libere di scegliere la clausura, esattamente come le monache.

Quanto a pratiche o modi vivendi autodistruttivi, finché sono individuali non ci si puo’ fare niente, diverso è il caso di sette che inducono a tali comportamenti.

Barbara

@Magar
A parte che il convento è già una cosa diversa dal cilicio di cui parlavi sul post della legge in Francia, e il burqa è ancora una cosa diversa dal cilicio. Se vuoi continuare a ragionare in termini di assoluti anarchici fai pure, oppure sei un Legionario di Cristo infiltrato?

Ciccio

Stefano forse non sono riuscito a spiegarmi bene.
Tu dici che solo gli Iraniani dovrebbero legiferare nel proprio paese, in particolare “E’ uno stato sovrano e libero di promulgare le leggi che vuole.” Bè secondo me questo è giusto fino a un certo punto. Cioè fino a che non si vanno a violare i diritti fondamentali delle persone. In Iran esiste una minoranza, soprattutto fra i giovani e fra chi ha un minimo di cultura, più aperta all’occidente, più laica e meno attaccata alle follie del loro Ayatholla. Questi sono però discriminati dalle loro leggi e non possono non sottomettersi ai dettami religiosi dei loro capi. Ecco, anche se non riescono a cambiare le loro per mancanza di numeri o influenza politica, non è certo una situazione giusta, anche se l’ha decisa la “maggioranza”. Non sto certo proponendo di “esportare la democrazia” anche da loro, non ho soluzioni al momento, era solo una constatazione che non ritengo giusto ed equo lo stato in cui si trovano, anche se la maggioranza di loro è favorevole al velo, alle lapidazioni, all’applicazioni di leggi islamiche ecc ecc.

Magar, bieco illuminista,

@Sandra
A una con il burqa viene voglia di non chiedere l’ora per la strada, di girarle alla larga, e di non interagire mai con lei? Allora me lo metto pure io! 😀

Non vedo dove sia il problema. Non c’è l’obbligo di essere socievoli, e in contatto con “il contesto sociale”, per fortuna.

E poi non capisco questa differenziazione tra “dentro casa” e “fuori casa” che fai tu e fanno molti altri con te. Pure alcuni che sostengono che equivalga (sempre e comunque) alla schiavitù sono disposti ad accettare tale schiavitù, purché entro le mura domestiche, mah…
Dal mio punto di vista, l’autodeterminazione relativa al mio corpo resta valida tanto dentro casa quanto per strada. Non è che il mio corpo diventi un bene demaniale non appena metto piede fuori dalla porta!

Sandra

“A una con il burqa viene voglia di non chiedere l’ora per la strada, di girarle alla larga, e di non interagire mai con lei? Allora me lo metto pure io! ”
Eh eh, furbacchione, non hai risposto alla domanda, te la rifaccio un po’ diversa: se dovendo chiedere l’ora, ci fossero solo una musulmana e una donna straniera, quanto è probabile che un uomo si rivolga alla musulmana? Scenario ancora piu’ difficile, sostituire donna con suora. Secondo me, molto piu’ facile che ora di sera qualcuno ci provi con la suora…

“E poi non capisco questa differenziazione tra “dentro casa” e “fuori casa””
Eppure è molto semplice, a casa tua hai diritto di buttare a terra una cartaccia, per strada no: in germania o in svizzera intendo, li’ ti guardano malissimo. In italia invece siamo tolleranti (che è poi l’alibi per far tutto quel che si vuole). A casa puoi girare nudo, ma dato che generalmente la vista di un sedre nudo risulta sgradevole, escludendo i pochissimi con un fisico statuario che farebbero la gioia di molti occhi, meglio coprirlo. Perchè fuori casa si deve rispetto agli altri e alla cosa pubblica. Parlo sempre pensando alla germania, of course. A singapore credo ti arrestino se sputi una cicca per terra.

“l’autodeterminazione relativa al mio corpo resta valida tanto dentro casa quanto per strada”
Cioè, se per esempio se tu decidessi di stare due settimane senza lavarti, il tuo capo dovrebbe accordarti questo diritto? E sempre in via d’esempio, un’insegnante potrebbe indossare a scuola magliette con scritte tipo “Ho scelto: mi piace essere sottomessa”?

Noi tutti adattiamo il nostro comportamento in modo sociale: in europa è educato trattenere i rutti, in cina per niente. L’europero rutterà in cina, e il cinese tratterrà in europa. Per rispetto alla cultura locale.

Magar, bieco illuminista,

Non capisco che rilevanza abbia se sia più probabile un contatto con una suora o con una tizia con il niqab. Affari tra privati cittadini, direi.

Per la strada, fuori dall’orario di lavoro, io non ho un “capo”. È ovvio che ogni datore di lavoro ha diritto di imporre (entro certi limiti) alcune regole di comportamento, sul posto di lavoro. L’insegnante invece può benissimo indossarla in serata, quella maglietta, girando per conto proprio.

Peraltro le cartacce, le cicche e i marciapiedi non fanno parte del mio corpo, e questi ultimi non sono una mia proprietà privata, quindi non vedo cosa c’entri l’autodeterminazione.
Quella della nudità è una questione complessa che va trattata separatamente. Approssimativamente, comunque, la sgradevolezza delle parti intime non dovrebbe essere rilevante (a quando l’obbligo di coprire le deformità o gli sfregi, altrimenti?).

Quanto alla “cultura locale”, beh, io, come dire, non la digerisco… burp! 😀

Sandra

“So it’s really quite simple. My right to see your face is the beginning of it, as is your right to see mine. Next but not least comes the right of women to show their faces, which easily trumps the right of their male relatives or their male imams to decide otherwise. The law must be decisively on the side of transparency. The French are striking a blow not just for liberty and equality and fraternity, but for sorority too.”
Christopher Hitchens

Magar, bieco illuminista,

Io non ci tengo, a vedere la faccia altrui. You have no right to see my face, and I have no right to see your face.

Leonardo

Da che parte sto ? Stefano, domandati tu da che parte stai.
Tua moglie non va in Iran, perchè sarebbe obbligata a coprirsi la testa da una legge liberticida, cui giustamente non vuole sottoporsi.
Magari un domani una turista afgana, fanatica osservante, non verrà venire in visita in Italia, perchè non vorrà sottomettersi a sua volta ad una legge ugualmente liberticida che la obbliga a scoprirsi.
Io sono contro ai talebani orientali ed ai talebani di casa nostra, sono contro tutti coloro che vorrebbero dettare legge su come ci si deve vestire, sono favorevole a permettere che ogni donna (sia occidentale che orientale) sia libera di vestirsi nella maniera in cui si sente più a suo agio. In altri termini, io sono un laico.
Rispondimi tu Stefano: pensi sia giusto che per legge si stabilisca quali abiti sono utilizzabili, e quali no ?

Stefano Grassino

Si, una legge deve esistere. Uno stato senza leggi non può stare in piedi. Se dico che quando entri in casa ti devi togliere le scarpe ed usare delle apposite pantofole che ti fornisco, lo devi fare perche questa è la legge del padrone di casa. Se non ti piace in casa mia non ci entri, chiaro? Se il governo Italiano emana una legge che proibisce il burka (come ritengo auspicabile) il burka si toglie o si cambia stato. Le leggi o le sentenze possono non piacere ma debbono essere rispettate.

Stefano Grassino

Aggiungo: da domani voglio girare nudo; anzi, la mia religione mi consente di masturbarmi di fronte ad una scuola elementare all’uscita degli alunni. Lecito secondo te?

Magar, bieco illuminista,

Anche il capitolo “attività sessuali in pubblico” andrebbe trattato a sé. Non ha niente a che fare con la libertà di vestirsi a proprio piacimento. La vista di un indumento non “molesta” un minorenne. I paragoni tra volto coperto e sesso sono veramente molto artificiosi.

Altra cosa che non capisco, perché parecchi commentatori, qui, battano il tasto sul fatto che “se c’è una legge va rispettata”. Certo, siamo tutti d’accordo, ma qui stiamo discutendo se la legge vada bene o male. Esattamente come facciamo quando il Vaticano propone qualche legge liberticida.

Rothko61

Anch’io.
Condanno il burka senza appello.
Non tanto perché spaventa i bambini per la strada (anche per quello) o per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ma soprattutto perché costituisce una gabbia per le donne che lo indossano. Anche per quelle che lo portano “volontariamente” (l’avverbio è virgolettato perché dubito che si possa indossare il burqa avendo ancora una volontà propria).

Stefano Grassino

Si ma facciamo alla svelta. Mettiamo dei paletti prima che sia troppo tardi. Purtroppo con la nostra classe politica e con il popolo italiano, l’impresa mi sembra ardua.

Rothko61

Non lo so. Se lo sono, significa che vogliono stare sempre più lontani dalla gente che dovrebbero rappresentare.

Paul Manoni

La risposta te l’ha data Bersani…
“l’argomento non rappresenta una priorità”
Caro Bersani…QUANDO MAI IL TUO PARTITO HA UNA LA PRIORITA’!?!?!?!

Bruno Gualerzi

Comunque sia, pro o contro il burqa, si tratterà sempre di una quastione affrontata ideologicamente. Cioè più strumentalmente che non sulla base di dati reali… che poi ognuno individua e interpreta ideologicamente, appunto.
Siccome personalmente non mi ritengo per niente immune da condizionamenti ideologici, faccio anch’io la mia brava scelta ideologica: ritengo il problema del burqa uno pseudo-problema, enfatizzato più o meno consapevolmente per distogliere l’attenzione da altre questioni. Più importanti, meno importanti, più urgenti meno urgenti? Io dico più importanti e più urgenti. Questo per me cosa comporta? Comporta inserire la questione del burqa… anche se è tutt’altro che agevole come molti interventi qui evidenziano… nell’elenco dei comportamenti contemplati e quindi regolamentati dalle norme vigenti. Controverse fin che si vuole, ma da rapportare ad un piccolo problema, nè urgente nè importante. Niente di più e niente di meno. Insomma, un piccolo problema che, se enfatizzato, diventa uno pseudo-problema.
I termini dell’ideologia che mi ha portato a questa scelta ho cercato di illustrarli nel post relativo al divieto del burqa in Francia. E a quello rimando.

ethan

Da uomo rifletto sul fatto che campo di battaglia di ideologie e campagne di liberazione è purtroppo il corpo delle donne : non vedo molta differenza però tra i carabinieri che controllavano in spiaggia che le bagnanti non fossero in topless o le guardie della morale iraniane che misurano la lunghezza delle gonne, o chi dice copriti con il velo che lo dice il profeta, togliti il velo che lo dice la illuminata civiltà occidentale.

ethan

Da uomo rifletto sul fatto che campo di battaglia di ideologie e campagne di liberazione è purtroppo il corpo delle donne : non vedo molta differenza però tra i carabinieri che controllavano in spiaggia che le bagnanti non fossero in topless o le guardie della morale iraniane che misurano la lunghezza delle gonne, o chi dice copriti con il velo che lo dice il profeta, togliti il velo che lo dice la illuminata civiltà occidentale.

Magar, bieco illuminista,

Libero burqa, libero passamontagna, libera maschera di carnevale.
Di invasioni della privacy in nome della sicurezza ne abbiamo già fin troppe.
Dell’identificabilità immediata del volto (in situazioni “neutre”: per la strada, ai giardini pubblici, etc.) facciamo tranquillamente a meno durante il carnevale, e non avvengono lo scatafascio, la rovina, l’apocalisse. Perché nel resto dell’anno dovrebbe essere diverso?

Le leggi degli anni di piombo (legge Reale, 1975) e le leggi di età fascista (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, 1931) andrebbero rottamate, essendo espressione di una visione alquanto “poliziesca” del rapporto tra stato e privati cittadini.

Leonardo

Prese alla lettera, tutte le considerazioni antiburqa valgono pari pari anche contro i trucchi.
Il trucco in faccia non permette una facile identificazione, ed è degradante per le donne.
Non capisco come mai gli zelanti poliziotti della morale non facciano partire una bella crociata antitrucco, dopo quella antiburqa.

Sandra

Infatti negli luoghi di lavoro del mondo occidentale è uno dei passatempi preferiti dalle donne. Dopo anni di lotta per la parità ci si puo’ finalmente rilassare e dedicarsi al sano caszeggio, spendendo tempo e risorse mentali per camuffare i propri connotati, fino a rendersi irriconoscibili persino ai propri colleghi: e a fine anno, premio aziendale per l’impiegata che ha saputo nascondere meglio la propria identità!!

Dai, non scherziamo. Comunque io non mi trucco, sono per la bellezza al naturale 😉

Leonardo

Sandra, mi sembra di capire che non debba essere una libera scelte delle donne, decidere se truccarsi o meno, coprirsi il volto o meno, ecc…

Sandra

Vediamo se riusciamo a fare un paragone con un altro tema di conflitto diritto privato/divieto pubblico. Riguarda l’egitto, una notizia di quest’estate, parola nascosta:

“Egyptians like to …. They’re the Arab world’s biggest …. . So it’s not surprising to hear these kinds of comments made to a BBC reporter today in Alexandria.
Intervistato 1: “This is not going to work for people like me. I’m a …. If I can’t … in public places then I shall go back to my village in Upper Egypt and … as much as I like.”
Intervistato 2:”I don’t know what kind of decision this is. It is a matter of personal freedom. They have nothing to do with this. We used to sit by the sea and … at a café. It’s a matter of personal freedom.”

Avrai indovinato penso, è il fumo. Conflitto di convivenza, dove un comportamento puo’ essere visto come un diritto da alcuni e una cosa sconveniente da altri. In egitto, dove il 40% degli uomini fuma, hanno provato a introdurre il divieto ad Alessandria. Nella maggior parte dei ristoranti europei i fumatori non sono liberi, in quelli egiziani si’.

Tutto questo per dire che la libertà assoluta non esiste. Di piu’, non conviene.
L’abbigliamento è un codice di comunicazione, con un vestito un orecchino una pettinatura tu comunichi agli altri parte di quello che sei. Una musulmana comunica una cultura di sottomissione che da noi è inaccettabile e in contrasto con la costituzione. Se a una donna piace farsi sottomettere e menare dal marito, affari suoi, ma lo faccia tra le pareti domestiche senza sbandierarlo in pubblico: non è nella nostra cultura. Come non lo é girare a sedre scoperto, cosa accettata cultiralmente in amazzonia. Non sarei per niente d’accordo nell’avere una comunità di persone dell’amazzonia che rivendicano il loro diritto di girare nudi!!

Leonardo

Allora Sandra, sviluppiamo il primo punto: la libertà assoluta non esiste.
Certo, se io amo fare a pugni, non ho la libertà di picchiare il primo che passa, perchè questo cozzerebbe col suo diritto all’incolumità. Quando ci sono diritti in contrasto fra di loro, bisogna trovare un ragionevole equilibrio (e questo è il compito della politica).
Il mio diritto di fumare è incompatibile con quello alla salute del prossimo; anche in questo caso bisognerà trovare degli equilibri.
Ma certe libertà personali non ledono minimamente il diritto altrui; se io voglio tagliarmi una gamba, non faccio male a nessuno, se non a me stesso, quindi non si vede alcun limite ragionevole a questo mio desiderio.
Lo stesso per le libertà di pensiero e d’espressione: non ha alcun senso limitarle.
Quindi chi ti fuma in faccia ti arreca un danno: nasce un conflitto fra le vostre due libertà, ed in qualche modo questo dev’essere risolto.
Invece chi ti nasconde il volto non limita alcuna tua libertà o diritto: non esiste il diritto di conoscere chi si ha di fronte, o quello di guardare negli occhi la gente.

Trovo anche interessante il secondo punto, cui hai appena accennato: quello del pudore. Infatti trovo delle analogie fortissime tra chi vuole vietare il nudismo e chi vuole vietare il burqa. Così come chi vuole vietare le minigonne, piuttosto che i capelli lunghi per gli uomini, o la cravatta, o i pantaloni per le donne.
In tutti questi casi si tratta di pretese bigotte e reazionarie. Quali pretese ? La pretesa d’imporre agli altri il proprio credo, il proprio pudore, il proprio stile di vita.
Questa crociata contro il burqa mi ricorda da matti gl’inseguimenti dei pretori sulle spiagge a caccia di nudisti. Passasse una legge simile da noi, probabilmente dovremmo formare le nostre forze dell’ordine presso la polizia religiosa iraniana, per imparare come si pattuglia per strada a caccia di donne che violano il “buon costume”.
I regimi etici e clericali differiscono fra di loro per l’oggetto delle loro persecuzioni, ma la sostanza è la stessa: in nome di un’ideologia, violano libertà individuali, quando il loro unico limite dovrebbe essere posto sulla libertà altrui.

Magar, bieco illuminista,

Io sì. Non mi impiccio dei sederi altrui.
(Comunque nudità e fumo passivo sono cose diverse. Anche nudità e volto coperto.)

Ah, la cultura che comunico e sbandiero in pubblico è un fatto mio, e nessuno ha diritto di mettere il bavaglio alle mie opinioni, in nome della “nostra cultura”.
Di questo passo finiremo per vietare qualunque espressione di idee minoritarie…

Sandra

..we have no assurance that Muslim women put on the burqa or don the veil as a matter of their own choice. A huge amount of evidence goes the other way. Mothers, wives, and daughters have been threatened with acid in the face, or honor-killing, or vicious beating, if they do not adopt the humiliating outer clothing that is mandated by their menfolk. This is why, in many Muslim societies, such as Tunisia and Turkey, the shrouded look is illegal in government buildings, schools, and universities. Why should Europeans and Americans, seeking perhaps to accommodate Muslim immigrants, adopt the standard only of the most backward and primitive Muslim states? The burqa and the veil, surely, are the most aggressive sign of a refusal to integrate or accommodate.

Christopher Hitchens.

Magar, bieco illuminista,

No, Hitchens non può giudicare la totalità di un gruppo sociale basandosi solo su alcuni casi clamorosi (senza nemmeno, peraltro, accertarne la rilevanza statistica), e varare poi leggi che colpiscono tutti indistintamente come se fossero colpevoli. Ancora una volta, significa mettere il gruppo davanti all’individuo. Hitchens non conosce tutte le donne che rivendicano il burqa, sulla maggior parte di loro non ha un briciolo di “evidence”.
Sarebbe come stabilire l’equazione “prete = pedofilo”, che nemmeno il più incallito mangiapreti farebbe (se non per battuta, ovviamente).

E in ogni caso l’onere della prova spetta a chi, come Hitchens qui, accusa Tizio di compiere un abuso su Caio. Condannare invece un imputato per assenza di prove della sua innocenza (“we have no assurance that Muslim women put on the burqa or don the veil as a matter of their own choice”), è cosa che non s’ha da fare, neppure se l’imputato sta antipatico (a me il marito tradizionalista di una niqabata sta antipatico, ad esempio)…

Ah, in realtà gli “standard only of the most backward and primitive Muslim states”, di fatto, sono ben peggiori: non libertà di velo integrale, ma un tacito obbligo. In Arabia Saudita si parla di pressioni della polizia religiosa sulle donne che non lo indossano.

Magar, bieco illuminista,

P.S. Io indosserei volentieri even more aggressive sign of a refusal to integrate or accomodate, e non per motivi religiosi. Chi vuole proibire i “segni di rifiuto” non ha ben compreso il concetto di stato liberale, temo.

Clair de Lune

Quante donne in Italia indossano il burqa?
Sarà perchè vivo in una piccola città di provincia, ma personalmente non ne ho mai visti.
Enfatizzare un falso problema è pura demagogia. Pro domo lega.
Sia ben chiaro, io sono contrario all’uso del burqa in Italia e nel mondo, occidentale od orientale che sia.
Come sono contrario a qualsiasi imposizione di natura religiosa.
Per fare un esempio: esiste una tradizione di natura religiosa che impone la circoncisione ai bambini di fede ebraica.
Mi domando e domando: perchè la si accetta senza batter ciglio?
E’ forse meno cruenta del burqa?

Fri

“Mi domando e domando: perchè la si accetta senza batter ciglio?”

in Italia forse, ma nel mondo, soprattutto negli Stati Uniti dove la circoncisione maschile e’ estremamente diffusa non (solo) per motivi religiosi, ci sono diversi movimenti che si battono per l’abolizione della circoncisione (a proposito, anche i musulmani sono circoncisi, e anche alcune confessioni cristiane)

winterfury

la circoncisione è una cretinata, sono cose non paragonabili (si è meno cruenta del burqua)

Clair de Lune

Meno cruenta?
Spiegami allora il significato del termine. Grazie.

SilviaBO

Come fai a dire che è una cretinata, te l’hanno fatta? E’ una mutilazione genitale, che oltre al dolore orribile (spesso è fatta senza anestesia) in alcuni casi provoca infezioni e aderenze che non consentono rapporti normali.
Sarà senz’altro meno grave dell’infibulazione, ma non è proprio per niente una cretinata.

winterfury

si parlava della circoncisione dei bambini ebrei, che suppongo (essendo l’ebraeismo diffuso quasi esclusivamente in stati civilizzati) non sia fatta senza anestesia.
Di conseguenza sono chiacchiere al vento.

(si, sono circonciso per ragioni di salute, ed è una cretinata, sicuramente non è paragonabile all’imposizione del burqua, ma assolutamente no)

Paul Manoni

Condivido le posizioni di Fini.
Contro il Burqua, perche’ “La dignita’ della donna, e’ un valore espresso nella nostra Costituzione”. Chiaro limpido e cristallino.
Per coloro che sostengono che bastava la legge degli anni ’70, vorrei ricordare che si tratta di una legge obsoleta, che sostanzialmente non viene piu’ nemmeno applicata.

Zerco

Fini sembra aver ragione, ma in realtà ha torto, perché dice in sostanza “la legge approvata in Francia è doverosa perché rispetta un valore presente nella nostra (italiana) carta costituzionale”.
Quando si parla di leggi la forma “è” sostanza.
Questi parlano perché hanno la bocca, senza conoscere le leggi e le norme, e Fini è uno dei primi. Detta una cosa del genere (assolutamente sconquassata) possono sostenere qualsiasi cosa, e fare leggi senza alcuna base di diritto.
Il pericolo del burqa non è che una poveretta a Olgiate Molgora o a Pollena Trocchia vada in giro con un drappo di lana blu sulla faccia, è che la politica abbia mano libera di disporre delle leggi distorcendo o ignorando la costituzione.

Paul Manoni

“Il pericolo del burqa non è che una poveretta a Olgiate Molgora o a Pollena Trocchia”

Ho la sensazione che tu definisca “poveretta” quella donna, proprio perche’ la sua condizione di incappucciata, viola per noi e per il sesno comune italiano, la dignita’ dela donna a cui Fini fa’ riferimento. 😉
Magari oggi, il problema e’ esclusivo di Olgiate Molgora o Pollena Trocchia, ma in considerazione che potrebbe essere un fenomeno in forte espansione, direi che cominciare sin da subito ad arginarlo, e’ cosa buona e giusta.
A dimenticavo…Parlare di diritti in questo caso e per me, e’ assolutamente fuoriluogo. Dubito che quelle donne sotto quel “coso”, conoscano davvero la parola “Diritto”. 😉
Ciao

Soqquadro

Scusate, ma dovrò rifare l’esame di statistica. Faccio un test qui: quanti di quelli che stanno difendendo a spada tratta il diritto di burqa sono maschi? Ops!!!
Quante delle donne sono a favore del DIVIETO di burqa?
Il burqa è imposto agli uomini o alle donne? Ops!!!!
Uhm… mi sa che la prossima volta lo passo 😀

(Qualcuno magari fa anche un conticino sulla vita pratica e sociale delle donne che devono indossare il Burqa, in tutti i Paesi in cui è imposto?)

Magar, bieco illuminista,

Quelle che ne rivendicano l’utilizzo sono donne. Anche se non partecipano a questa discussione, essendo anni luce distanti dagli atei razionalisti.

Zerco

Giusto,Soqquadro!
Ci dimentichiamo di coloro (donne) che VOGLIONO indossare il burqa. Saranno poche (a mio parere in Italia non superano la cinquantina) ma esistono anche loro, e probabilmente considererebbero il divieto una privazione di diritti. E, finora, la legge glielo CONSENTE (non è che “non lo vieta”, lo consente proprio).
Quando sono stato in Iran ho parlato anche con alcune ragazze di 24-25 anni di cultura MOLTO elevata (laureande o laureate in chimica, ricercatrici universitarie, “fluent english”) ho parlato espressamente loro sul chador. Tutte queste mi hanno dichiarato che in caso di abrogazione del suo obbligo l’avrebbero indossato LO STESSO, per scelta libera di ossequio alla tradizione.
Questi discorsi sono sempre complessi, oltre ai diritti universali o legali coinvolgono anche scelte di coscienza personale.
Il fatto che il burqa o il niqab nascondano il volto è un semplice pretesto per condurre una lotta contro un certo “mondo” nell’ambito dello “scontro di civiltà” che è stato escogitato, propalato, dichiarato, sostenuto e accettato in un’altra parte di mondo.
Questo è un fatto (purtroppo, evidente solo a pochi).

Paolo1984

Il chador non è il burka e neanche il niqab. Comunque non metto in dubbio che una donna sia libera di seguire la sua tradizione religiosa anche in forma rigorosa, la questione è se i figli di quella donna saranno liberi di non seguirla senza rischiare la pelle.
Ho dialogato sul web, per l’esattezza sul blog di Giuliana Sgrena con donne islamiche (alcune erano italiane convertite) che difendevano il diritto di indossare il velo integrale in nome della libertà di scelta, ho chiesto se come loro sono state libere di indossarlo avrebbero lasciato liberi i loro figli di fare scelte diverse, se la loro figlia sarebbe stata libera di scegliere di non indossarlo oppure di diventare atea, o di sposare un non-musulmano senza rischiare di essere cacciata di casa o peggio vedi i casi di Hina Saleem e Sanaa Dafani, e sono solo i casi che conociamo perchè accaduti nel nostro Paese.
Non mi hanno risposto

silviaR

sono al computer di passaggio ed ho solo dato una scorsa agli interventi, ma voglio lo stesso dire la mia, anche se ripeterò qualcosa di giò detto.
La Legge Reale, purtroppo per la nostra comune sicurezza, ma meno male per la nostra comune libertà, NON vieta di andare in giro mascherati, ma soltanto di andare in giro in pubbliche manifestazioni (ovunque si svolgano), mascherati. Ivi, ridicolmente compresi, spettacoli e feste… in maschera. Possibile mai che venga strettamente applicata? Quindi è come tutte le leggi italiane applicabile a discrezione…
e comunque vale solo per le MANIFESTAZIONI…
per quanto riguarda il burqa, non sò, ma se voglio sentirmi libera di andare in giro nuda, ho come l’impressione di dover lasciare la libertà alle altre di andare in giro tappate… a parer mio si torna sempre lì: la vera e unica “libertà” che va imposta è quella di conoscere tutti i modi in cui si può essere, per avere la possibilità di scegliere. Questo sì, anche a costo del trauma e dello scandalo.
Ma se poi la scelta ultima di colui che “educhiamo alla scelta” contrasterà anche pesantemente con le nostre idee… basta che lasci NOI professarle e viverle… dopodichè faccia un pò lui/lei.
Perenne lotta di equilibrii…

Paolo1984

Ma vedi Silvia il punto è che se la mia religione o un’interpretazione particolarmente rigorosa di essa m’imponesse di girare per strada completamente nudo non potrei farlo.

Alessandra

Rimango contrarissima al burqa per tutte le ragioni portate finora.
Può dispiacermi questo coincidere coi leghisti, dei quali combatto l’arrembante e opportunistica mania del crocifisso, ma gli altri, i buoni musulmani che non ti guardano neanche in faccia perchè sei un essere immondo col vestito corto, fanno venire i brividi.

Soqquadro

Ragazzi, ma allora che ne facciamo di quarant’anni di dibattiti sulla coercizione sociale del patriarcato???

Barbara

Niente burqa in Italia, mi danno già abbastanza fastidio le sottane locali.

Zerco

A paolo 1984

Quando si parla di minori e di trasmissione di valori e conoscenze tra le generazioni, il limite tra educazione e costrizione in molti casi è difficile da distinguere. In che misura tu educhi tuo figlio e in che misura lo costringi a fare qualcosa? Se lasciassi libero tuo figlio di scegliere, lui andrebbe a scuola?
Il discrimine tra educazione e costrizione in una società organizzata è appunto reso visibile dalle leggi che esso si pone per regolare la propria vita associata, ma in una società tradizionale (e la famiglia è il residuo della società tradizionale, regolata solo in parte dal diritto positivo) è affidato ai valori, quindi è – con buona pace di B16 e degli Zaia Boys – RELATIVO alla cultura e alle circostanze storiche.
Ecco perché quelle donne non ti hanno risposto, non certo perché il marito ha staccato la spina del computer.
Ma a quel punto il compito di uno stato di diritto, nell’ambito delle prerogative che il singolo o la famiglia o la cultura gli concede, è vedere se la sua costrizione (e le leggi lo sono) fa più o meno danni della costrizione famigliare o tradizionale.
A mio parere nel nostro stato di diritto costringere una donna per legge a non mettere il velo fa più danni di una madre che impone alla figlia di metterlo.
Ma anche questo (evviva!) è relativo…

Paolo1984

Non credo affatto che il marito abbia staccato la spina, credo che non abbiano risposto perchè avrebbero dovuto ammettere che le loro figlie non avrebbero potuto fare liberamente le loro scelte religiose così come le hanno fatte (o dicono di averle fatte) le madri.
Ti dirò, secondo me la libertà assoluta ce l’hanno solo gli animali selvatici, ogni nostra scelta può essere libera nel senso che nessuno ci punta una pistola alla tempia (e questo è già tanto), ma è condizionata da una serie infinita di fattori sociali, culturali, economici, religiosi, dall’educazione ricevuta, dagli studi che abbiamo fatto o non fatto, i libri che abbiamo letto o non letto.
Ogni genitore ha il diritto di educare i propri figli secondo i propri valori, ma se io e mia moglie educhiamo nostra figlia all’ateismo e lei crescendo decide di farsi suora noi ci restiamo male ma non la uccidiamo, nè la sfregiamo con l’acido perchè ha “disonorato la famiglia”.
Non ho mai sentito di un padre che d’accordo con gli altri parenti sgozza la figlia adolescente perchè non voleva mettersi la minigonna o voleva arrivare vergine al matrimonio mentre invece..
Non voglio dire che “noi siamo meglio di loro” la nostra società come tutte le altre ha i suoi problemi e le sue contraddizioni, voglio solo rilevare le differenze fra un mondo in cui bene o male, con mille resistenze e problemi, si è affermata la secolarizzazione dei costumi e la separazione fra politica e religione, e altre società in cui tali valori stentano ad affermarsi

Zerco

Tu non hai “mai sentito” di un padre che, d’accordo con gli altri parenti, sgozza la figlia adolescente perché non voleva mettersi la minigonna, ma non sei certo che questo non sia successo. Sei certo invece di genitori pachistani o algerini che ammazzano la figlia per una condotta a loro dire troppo “disinibita” sia perché questo è un caso meno estremo del precedente (in termini ipotetici e statistici, beninteso), sia perché questo fa notizia, a supporto di una globale campagna di svilimento e demonizzazione di una cosiddetta “cultura” che ogni giorno ci porta dei contributi nuovi e di grande creatività massmediologica (uno che li raccoglie in quantità con grande sagacia e attenzione è Miguel Martinez, invito pertanto a consultare il suo kelebekerblog).
Neanche secondo me il caso estremo da te citato è mai successo, per il semplice fatto che la nostra cultura occidentale, di stampo postindustriale, si basa sull’elisione progressiva delle competenze educative, formative e normative della famiglia e del gruppo umano “originario” (molti testi, anche troppi, ne parlano, ma basta solo citare “il disagio della civiltà” di Freud).
Il potere cogente del capofamiglia e della famiglia (che nella società islamica è patriarcale e che non ha solamente origine dalla tutela sessuale riproduttiva) dà – per ora – statisticamente più probabilità che si creino atti di violenza al suo interno per tutelare l’integrità del nucleo sociale originario.
Questa statistica, almeno nelle famiglie islamiche o di cultura non industriale, è destinata a ridursi quanto più dette famiglie si omologheranno alle “regole” del mondo che li ospita, e lo stanno facendo molto più rapidamente di quanto pensi non solo la Santanché, ma anche tu.
Il rischio “minigonna” è opposto: che l’atto di violenza (sempre di responsabilità del singolo, anche nel caso del pakistano) si scateni all’interno della famiglia perché uno dei componenti adotta comportamenti deviati rispetto a quello “prevalente”, “diffuso”, “comune”.
E’ ipotizzabile anche che quanto più i casi Hina siano destinati a ridursi, tanto più i casi estremi ipotizzati al principio siano destinati a crescere.
Ribadisco che l’educazione dei figli ha sempre un risvolto di costrizione, indipendentemente dal contesto culturale e che il tuo indurre (benevolo, beninteso) tua figlia ad andare a scuola, a ginnastica, a pianoforte, è una costrizione razionale; quello di un ciellino ad andare a messa, a catechismo, a scolino, dal confessore, alla conferenza di Doninelli è una costrizione di beatitudine, quella a indossare il velo e non stringere la mano agli uomini è una costrizione tradizionale. Nessuna di queste, al momento, contiene in sé i rischi di danneggiare la società nel suo complesso. Il danno è lasciato al comportamento dei singoli e nella nostra società il comportamento deviato del tipo Hina è statisticamente basso e non costituisce una tendenza generale su cui intervenire con quelle leggi repressive che la Santanché implora.
E’ questione di sfumature e, in definitiva, di una scommessa che si fa sul proprio figlio\a in ragione della soddisfazione dei propri desideri e di una previsione di adattamento efficiente al contesto sociale, religione compresa che, se trasmessa in famiglia (rimanendo lì) non ha potenziale distruttivo della società laica (non “secolarizzata” per favore, cerca di non usare terminologia clericale anche se ti è stata inculcata senza la tua volontà…).
Per quanto riguarda la libertà degli animali selvatici: mi spiace contestarti anche qui, la natura e l’ambiente sono talmente forti che questi poveretti sono i meno liberi di tutti, non possono neanche scegliere cosa mangiare!

Soqquadro

PS: mi hanno raccontato questa cosa avvenuta in non so quale trasmissione televisiva (io non ho la tv), la riporto per come la so:
servizio sulle donne islamiche e la loro vita. In studio c’erano:
una signora pakistana dal viso devastato dall’acido che le aveva gettato addosso il marito,
una ragazza italiana convertita all’Islam e tutta chiusa in veli, cuffie e caffetani che si era convertita alla religione di Allah dopo aver conosciuto quello che è diventato suo marito e Daniela Santanche’ (che sta sulle palle a tutti, ma lei c’era)
Bene, quando tutto il pubblico in piedi si e’ messo ad applaudire la signora pakistana condannando la violenza sulle donne, la ragazza italiana con veli, cuffie e caffetano e’ rimasta seduta guardandosi bene dall’applaudire. Daniela Santanche’, presente in studio, le si e’ rivoltata contro dicendole “Alzati in piedi, dai solidarieta’ a questa donna!”
Niente da fare, la ragazza si e’ messa a balbettare “ma…se e’ stata ridotta cosi’….forse….avra’ fatto qualcosa….” (ehm… NdS)
E la Santanche’ ( che puo essere antipatica ma che di certo non le manda a dire) :”dillo che hai paura, dillo che se sei solidale poi a casa ricevi una caterva di botte”. Silenzio.

Quante chiedono il burqa, perchè se non lo chiedono loro poi passano dei guai? E quante lo chiedono invece perchè così vengono indottrinate dall’infanzia? Io una cosa mi domando da sempre, e non ho mai avuto risposta: perchè il burqa non lo portano gli uomini (a meno che non debbano sfuggire a posti di blocco o rapinare gioiellerie, come succede da Londra ad Amman)? E perchè gli uomini non lo vogliono portare?

Zerco

Battuta (absit iniuria verbis… ma quando si parla della Santanché…)

Vedere una sfigurata dal chirurgo plastico porgere solidarietà a una sfigurata dal marito fa pensare che l’unico elemento di differenza tra le due sia l’anestesista.

Paolo1984

Zerco, la Santanchè è una cretina su questo non ci piove, ma l ‘episodio raccontato da Soqquadro è emblematico. E la tua battuta non fa ridere nemmeno un po’
Il burqa gli uomini non lo portano semplicemente perchè la sensualità femminile è considerata più “socialmente pericolosa” di quella maschile ed è considerata tale perchè solo le donne rimangono incinte e il marito non vuole ritrovarsi in braccio un figlio non suo. L’unico modo per garantirsi la certezza della paternità era ingabbiare la sensualità in particolare quella femminile da qui mito della sposa vergine, ripudio o lapidazione per adulterio, infibulazione, veli vari ecc. (ovviamente non c’era la garanzia al 100), per questo motivo è nato il patriarcato e non olo quello islamico.
Viene detto che il velo serve a “proteggere” le donne e certo molte donne musulmane ci credono e forse si sentono davvero “protette”, ma il suo significato simbolico è ben altro (secondo me): serve a rassicurare gli uomini della famiglia (padri, fratelli maggiori e mariti) che il corpo della donna appartiene solo a loro.

Zerco

A Paolo 1984
Qual è la base documentaria di questa dissertazione su velo, sessualità e patriarcato?
Antropologicamente d’effetto, ma è molto semplicistica.
Qual è la fonte?
Grazie

PS la battuta non era male. E l’episodio di Soqquadro sì, era emblematico per la paura delle donne “velate” e pure per il fatto che anche una deficiente fanatica esibizionista può avere ragione una volta nella vita.
Ma è solo per caso

Paolo1984

Sulle ragioni per cui si è affermato il patriarcato ci sono molteplici teorie, quella della necessità della certezza della paternità è una di queste, quella che a mio personale giudizio sembra la più convincente. Non c’è nemmeno accordo tra gli studiosi se prima della definitiva affermazione del patriarcato ci sia stato un matriarcato, su questo ci sono gli studi dell’archeologa lituana Marija Gimbutas, Carlo Sini mi pare tenne un corso universitario su questi temi, anche Engels mi pare abbia parlato di società pre-patriarcali nel suo Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”.
Sul fatto che la sessuofobia tipica di tutte e tre le religioni monoteiste e non solo dell’islam, non sia fatta per “proteggere” le donne, anche se così viene fatto credere, ma per proteggere una certa concezione di famiglia e di società (che può piacere o meno, a me non piace)bè mi sembra un dato di per sè evidente.

Paolo1984

Volevo anche dire che ritengo molto grave lasciare temi come questi alla Lega o alla Santanchè. Purtroppo a sinistra l’unica che se ne occupa con impegno e passione è Giuliana Sgrena

Zerco

Vero, ma senti come va il mondo…
Dopo il caso Sgrena-Calipari in Iraq mi sono trovato a discuterne (che alla fine diventa litigare) con donne di “sponda” Santanché, non a quel livello, ma con idee di quel tipo, cioè di “scontro di civiltà”. Sai come quelle hanno finito per definire la Sgrena? “Una puttana”!
Non è una battuta, stavolta, è vero.

Paolo1984

Sono a conoscenza delle polemiche suscitate dal caso Calipari e di tutti gli insulti che uomini e donne di centrodestra hanno rivolto a Giuliana Sgrena.
Che ci vuoi fare…è il prezzo della libertà di parola dover sopportare opinioni del genere.

Clair de Lune

Ripeto e richiedo: il burqa è un gravissimo problema sociale?
Più del precariato, le morti sul lavoro e l’attuale crisi economica?
Tale da richiedere interventi urgenti o disegni di legge in materia?
In caso affermativo me ne si spieghi le ragioni.
Grazie.

Paolo1984

E’ ovvio che in Italia ci sono questioni ben più urgenti del burka tra cui quelle che hai indicato.
ciò non significa che non se ne possa parlare tanto più sul sito dell’UAAR che di queste questioni legate alle religioni si occupa.

Paolo1984

X Zerco, in realtà il non ho mai sentito era dialettico, mi pare più che evidente che una cosa del genere -un padre che sgozza la figlia “rea” di non scoprire le gambe o di non voler fare sesso prima del matrimonio- non è mai successa, la cosa peggiore che rischia questa ragazza in una società laica è che i suoi coetanei la considerino una bigotta.
tu pensi che man mano che gli immigrati islamici presenti nella nostra società si integreranno i casi come quello di hina e sanaa scompariranno (lo spero) e che già ora sono minoritari, è vero..non so dire se i delitti d’onore (diffusi una vota anche nel nostro Sud) siano in diminuzione nel Paese d’origine del padre di Hina comunque so benissimo che ogni educazione implica costrizione, ma se mio figlio non vuole più andare a pianoforte e preferisce entrare in un gruppo metal non lo ripudio e non lo caccio da casa nè faccio di peggio per questo. questo è il punto. insisto solo gli animali selvatici sono liberi perchè non hanno altro condizionamento che quello del loro istinto e delle condizioni climatiche del loro habitat. Comunque è solo un’opinione mia.

Paolo1984

preferisce entrare in un gruppo metal o anche di canto gregoriano.

ci rimarrei male ma è sempre mio figlio.

Paolo1984

Cioè ci rimarrei male nel caso del gregoriano. il gruppo metal potrebbe pure starmi bene se è di qualità.
Vabbè la finisco qui

Zerco

Il fatto è che più una società è semplice, meno ci sono opportunità di scelta e tale scelta (o la sua costrizione) viene fatta su cose vitali (matrimonio, sessualità, vita…). Più una società è complessa più le scelte (o le imposizioni di scelte) si fanno su cose non necessarie.
Comunque sulla musica, facciamo jazz e mettiamo a posto tutto.
Ciao
Z

Anacleto

‘Pier Luigi Bersani ha invece sostenuto che l’argomento non rappresenta una priorità’
Capisco il dramma umano del vecchio Bersani: mai una volta che possa esprimere un pensierino chiaro, altrimenti il traballante PD si disintegra.
Capisco il dramma umano del vecchio Bersani, ma capisco anche che non sarà con lui e con il suo partito che potremo contrastare l’ eurabia.

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