Riportiamo, per gentile concessione di Left, l’intervista di Simona Maggiorelli pubblicata su questo numero della rivista al filosofo della scienza Giulio Giorello, autore del recente Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo (Ultimissima del 17 settembre).
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«Viaggiando nelle sei contee dell’Ulster, la cosiddetta Irlanda del Nord, per raccontare la guerra sulle pagine del Corriere della Sera, una volta mi ritrovai a dover chiedere ospitalità per la notte presso una famiglia di campagna», racconta Giulio Giorello. «Stavo già sistemando il bagaglio – prosegue il filosofo – ed ecco la domanda: “cattolico o protestante”? Preso alla sprovvista, mi venne spontaneo dire: “Sono ateo”. Un attimo di silenzio perplesso e il mio interlocutore rilancia: “Sì, ma ateo protestante o ateo cattolico?”».
Un episodio di vita che il docente di Filosofia della scienza dell’università Statale di Milano ama ricordare parlando di inveterate abitudini a credere («per non fare la fatica di pensare»), di insopportabili sudditanze alla religione e di vecchi e nuovi roghi. Lo ha richiamato anche sabato scorso dal palco del festival Con-vivere di Carrara (dove Left l’ha incontrato) per spiegare “il caso Irlanda”. E usa ancora questo aneddoto rivelatore, a mo’ di grimaldello narrativo, nel nuovo libro Senza Dio, del buon uso dell’ateismo (Longanesi) che il professore presenterà il 19 settembre nell’ambito del festival Pordenonelegge.
E riavvolgendo il filo della propria biografia, ricorda Giorello nel saggio fresco di stampa, già sui banchi di scuola cominciava a fare sue posizioni agnostiche: grazie a pensatori come Bertrand Russell e al suo Perché non sono cristiano pubblicato in Italia da Longanesi nel 1959 e letto quasi di contrabbando perché «allora appariva come un testo tragressivo, peggio di Lolita di Nabokov».
Ma anche “grazie” a don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione, che Giorello aveva come insegnante di religione al liceo Berchet di Milano. Nel frattempo assorbiva enzimi di ateismo studiando l’evoluzionismo di Darwin. Ma anche filosofi ed economisti come John Stuart Mill. E perfino pensatori eccentrici come il francese Pierre Bayle. Nel Seicento sosteneva che nel mondo cosiddetto civile non c’era ancora «una società di atei» solo perché gli atei erano perseguitati dai fanatici religiosi tanto da dover vivere mascherati. «Anche per constatazioni del genere, dirmi agnostico non mi bastava più», chiosa oggi Giorello.
Professore, cinque anni fa per Raffaello Cortina ha scritto il pamphlet Di nessuna chiesa. Ora intitola Senza Dio il suo nuovo saggio. Non basta criticare l’istituzione, serve una critica del pensiero religioso?
Sì e nella situazione attuale preferisco dichiararmi francamente ateo. Purché ateismo non significhi passare la vita a cercare prove della non esistenza di Dio. In questo mi stacco da vari amici e colleghi come Christopher Hitchens (autore di Dio non è grande, Einaudi, 2007, ndr). Per me ateo è chi reclama per sé il diritto di vivere senza Dio o, se si preferisce, di vivere contro Dio, cioè contro uno dei tanti dèi che i fondamentalisti del libro sacro ci sbattono davanti come punto di riferimento pretendendo di irreggimentare anche la nostra vita. Perciò mi sento vicino a Bayle quando, contro l’opinione diffusa al suo tempo, sosteneva che fosse possibile una società di atei. E che non ci fosse bisogno di alcuna religione come cemento sociale.
Anche «una religione della libertà» è dannosa?
A mio avviso, non solo non c’è bisogno di una religione civile, tradizionale o meno. (Come il materialismo dialettico nel comunismo sovietico. Che poi fu il peggior servizio reso a Marx). Ma rivendico anche di non aver bisogno di una religione della libertà; voglio la libertà di non avere religione. Sono assai poco crociano. Parlare di religione della libertà è un po’ come dire Popolo della libertà. Sono allocuzioni come circolo quadrato. Da quando in qua si deve ragionare secondo il detto vox popoli vox dei? Ciò non vuol dire che non abbia fiducia nel sistema di consultazione e di rappresentanza popolare. Abbiamo talmente fiducia che vorremmo anche migliorarlo. Del resto Manzoni diceva già che il detto vox popoli vox dei copre ogni forma di demagogia e di tirannide. Insomma non c’è un popolo delle libertà, non c’è un Dio che elargisce la libertà, ce la prendiamo da soli. Non è un dono dall’alto, non dobbiamo ringraziare il cielo ma neanche pensare che la libertà sia una malattia. Non dobbiamo essere vaccinati. Perciò in questo libro un po’ idiosincratico che Left presenta scrivo che il mio ateismo è “metodologico”, libertario. è un esercizio della libera scelta. La filosofia non impone niente .
Ma usa le armi della critica corrosiva e dello sberleffo? Come Giordano Bruno. Oppure come Camus, «l’ateo ribelle».
L’arma del sarcasmo è legittima, quella del fuoco no. Il Corano, la Bibbia, e perfino le encicliche non sono testi da bruciare; sono documenti da leggere. Ma senza servilismo. E’ faticoso pensare, è molto più facile affidarsi a un pastore. Ecco, questa cosa della “pastorizia” mi innervosisce. Come diceva Mill, gli uomini e le donne non sono pecore. Mutatis mutandis, nel mio saggio non do risposte. Vorrei che la risposta venisse con persone desiderose di sforzarsi per la verità. Che è una ricerca continua, non un possesso. Mi piacerebbe venisse da un dialogo. Sto con Spinoza quando diceva che le religioni stabilite sono sistemi di menzogna, un grande «asilo dell’ignoranza».
Quello spinoziano, lei nota, era però «uno strano ateismo».
Era ambiguo. Se Dio è uguale alla natura, allora teniamoci la natura, disse de Sade ragionando in termini spinoziani. Qualcosa di analogo lo troviamo in Leopardi, che qualcuno tenta di far passare per spirito religioso: disinvolti tentativi cattolici. Potrebbero far santo anche Cromwell. Questi sono capaci di tutto.
Tanto da tentare, complice certa politica di destra, di far fuori Darwin dai programmi scolastici e, Oltreoceano, di imporre il “Disegno intelligente”. Al creazionismo però risponde la scienza con chiarezza parlando di processi di autoorganizzazione della materia vivente. Un’idea che trova sostenitori in Hawking e in Prigogine. Prendere atto che noi non nasciamo dal nulla e che la biologia nasce da altra biologia è la base dell’ateismo?
Sì. Io non sono d’accordo con quei filosofi che hanno liquidato le posizioni di Stephen Hawking come scientiste. penso, invece, che ponga un problema importante. Lei ha detto bene, la nostra biologia viene da altra biologia, la nostra fisica da altra fisica. «Creazione senza creatore», per dirla con Telmo Pievani. In Senza Dio riprendo una domanda: dove posa il mondo? Una storiella indiana dice che si trova sulla testa di una tartaruga. E questa dove posa? Sulla testa di un’altra tartaruga. E così via. Possiamo prospettare una sequenza infinita. Ma perché non chiuderla subito lì? Se uno vuole ancora parlare di Dio non deve cercarlo fra le particelle elementari o nella nostra biologia come tenta di fare Ratzinger pretendendo che il volto di Dio sia nel Dna o come faceva Pio XII quando parlava del «dito di Dio nel Big bang». Parliamo di uomini di primo piano della Chiesa come Ratzinger. Ma anche di intellettuali apparentemente dissidenti come il teologo Vito Mancuso, che alla fine trova sempre il dito di Dio da qualche parte. E chi legge l’evoluzionismo attribuendogli una forma di finalismo che Darwin non avrebbe mai giustificato. Basta leggere gli scritti di Darwin per rendersi conto che questa lettura provvidenzialistica non gli passava per la mente. Una teologia coraggiosa non dovrebbe cercare queste forme di compromesso, semmai dovrebbe avere il coraggio di “cercare Dio” dentro se stessi, nel proprio cuore, nella propria morale, nella propria vita. Aveva ragione Bruno: è inutile che cerchiamo Dio nei cieli adesso che sappiamo che la fisica dei cieli è la stessa di questa nostra terra, ma ricordiamoci «che egli è dentro di noi, più dentro di noi di quanto siamo noi a noi stessi». Lo scrisse ne La cena delle ceneri. Peccato che poi un libro così profondo sia finito in cenere nel senso tecnico del termine.
“E’ faticoso pensare, è molto più facile affidarsi a un pastore”
Tragicamente vero 🙁
Ma è anche presuntuoso escludere la categoria della possibilità.
Piu’ presuntuoso, dare per scontata, assodata, verita’ assoluta, quella stessa “possibilita'”, magari imporla con la forza per quasi 2000 anni! 😉
Se non ci sono seri e concreti motivi per credere in qualcosa si puo’ benissimo escluderne la possibilita’, non c’e’ nulla di presuntuoso.
Naturalmente, sempre disponibili a cambiare idea in caso dovessero emergere nuove evidenze.
ma chi la esclude veramente sono i credenti
i credenti nel dio X non credono categoricamente alla possibilità del dio Y, nè di tutti gli altri 10.000 dei inventati dagli uomini (credono che solo uno, quello in cui credono esista)
insomma, sono atei dogmatici, con un dio-eccezione a cui credono
agli atei e agli agnostici, invece, l’idea di una divinità semplicemente risulta non credibile, al pari di qualsiasi entità soprannaturale (streghe volanti su scope, babbi natale, draghi invisibili, ecc.)
@Sfilatini
Se l’altra possibilità comprende:
* Tizi che si decretano VOLUTI da tal Gesù, PUR essendo chiaramente scritto nelle lettere di Paolo è vivente e che non ha bisogno di rappresentatnti
* Tali tizi parlano di interpretazione del loro testo sacro passando da FATTO a ALLEGORIA a seconda dell’esigenza (ove per “esigenza” s’intende “in caso di passi compromettenti”)
* I tizi di sopra, pur dicendosi scelti da Gesù-Dio (binomio errato secondo il loro fondatore Paolo, tralaltro) si rivelano i peggiori tizi per essere tali rappresentanti
* Sempre ‘sti quì per ovviare alla mancanza di ferratezza di logica dei lor discorsi usano e abusano della retorica e della mimica
* I loro disocrsi finiscono spesso nel ridicolo. O almeno così pare a chi li ascolta con lucidità [vd. punto sopra]
Be’, mi pare una possibilità minima minima minima. Direi inutile.
«Stavo già sistemando il bagaglio – prosegue il filosofo – ed ecco la domanda: “cattolico o protestante”? Preso alla sprovvista, mi venne spontaneo dire: “Sono ateo”. Un attimo di silenzio perplesso e il mio interlocutore rilancia: “Sì, ma ateo protestante o ateo cattolico?”».
LOL! Sicuramente la domanda gli l’ha posta un cattolico, ci scommeto le balls!
“come faceva Pio XII quando parlava del «dito di Dio nel Big bang».”
Questa non la sapevo, certo che ne sparano di cassate!
dito in c.lo immagino…
“Dito di dio nel Big Bang”
…Di sicuro quello medio! 😉
il dito di dio nel big wank
Di Giorello ho letto “Di nessuna chiesa”. Libro interessante, come interessante è l’intervista.
Conosco gli scritti e il pensiero di Giorgio Giorello e lo stimo; ho letto “Di nessuna Chiesa” e leggerò anche il suo nuovo libro.
Non concordo con quanto dice di altri atei; non mi sembra proprio che ad es. Hitchens perda tempo a cercare le prove dell’inesistenza di dio.
Per quanto riguarda Manzoni,lascerei perdere sue citazioni ( conoscendo il tipo d’uomo che era): sembra quasi che ogni italiano lo debba fare obbligatoriamente.
Sì ma… personalmente questi discorsi mi sanno un po’ di “il mio ateismo è migliore del tuo”, specialmente dato che qui nelle news sono apparsi, mi pare, solo saggi/interviste di intelletuali che preferiscono definirsi “atei” piuttosto che “agnostici”, spesso tralaltro giustificando questa loro presa di posizione con acrobatiche interpretazioni delle più recondite sfumature dei due termini.
Possibile che non ci sia nessun intervento interessante da leggere – a mo’ di “par condicio” se vogliamo – di qualcuno che preferisce definirsi “agnostico” piuttosto che “ateo” e che spieghi il suo punto di vista? Non voglio essere polemico, ma questo insistere sull’argomento mi pare una forzatura che a lungo andare potrebbe creare strappi nocivi.
Senza considerare che ci sono altri punti di vista interessanti, che esulano dalla classica dicotomia ateismo/agnosticismo, quali ad esempio ignosticismo e noncognitivismo teologico.
Non che voglia schierarmi da una parte piuttosto che dall’altra sia chiaro, anzi, a dire il vero la questione al momento mi pare abbastanza sterile. Ma quando sento la minima puzza di “faziosità” – sia anche nel sito dell’UAAR, e sia anche con criteri di “faziosità” ben “elevati” per così dire – non posso che alzare gli scudi insomma.
Spero nessuno si senta tirato in causa direttamente da questa mia posizione, è solo una riflessione estemporanea.
«Possibile che non ci sia nessun intervento interessante da leggere – a mo’ di “par condicio” se vogliamo – di qualcuno che preferisce definirsi “agnostico” piuttosto che “ateo”»
mi sa che e’ proprio possibile che di libri di tal fatta ne esistano meno
personalmente non ho problemi a definirmi ateo e agnostico
Ma abbiamo proprio bisogno di etichette?
http://www.cronachelaiche.it/2010/09/se-fossimo-tutti-atei-quando-lovvio-non-e-scontato/
Si’ abbiamo bisogno di etichette. Qualunque minoranza che reclama i propri diritti deve definirsi in modo immediato.
forse dovresti leggere prima il libro di giorello, troveresti che queste critiche son infondate. Io lo consiglio vivamente
La mia “critica” se così vogliamo definirla (ma in fondo era più un’osservazione diciamo) non era certo rivolta al libro (che non ho letto e quindi non posso giudicare) quanto a come la notizia, o meglio questo tipo di notizie, vengono poste qui nel blog UAAR. Una questione di “tono” insomma 😉
La mia “critica” se così vogliamo definirla (ma in fondo era più un’osservazione diciamo) non era certo rivolta al libro (che non ho letto e quindi non posso giudicare) quanto a come la notizia, o meglio questo tipo di notizie, vengono poste qui nel blog UAAR. Una questione di “tono” insomma 😉
“Possibile che non ci sia nessun intervento interessante da leggere – a mo’ di “par condicio” se vogliamo – di qualcuno che preferisce definirsi “agnostico” piuttosto che “ateo” e che spieghi il suo punto di vista?”
Be’, per la verità se avessi frequentato questo blog più assiduamente ti saresti imbattuto in infinite discussioni a proposito delle nozioni di ‘ateo’, ‘agnostico’ e aggiungi ‘non credente’, ‘laico’ Non so se interessanti o meno per te, ma certamente molto articolate. Anzi, protratte fino allo sfinimento, e in ogni caso svariando tra le più disparate interpretazioni.
Per esempio – contrubuendo a questo tormentone – il 4 agosto scorso ho postato un’opinione dal titolo “Perchè per definire il non credente preferisco il termine ‘ateo'” (non conoscevo in anteprima il libro di Giorello, lo giuro!) seguito dai più svariati commenti. E (ma non certo solo in quella occasione) non sai quanti si sono dilungati per ‘spiegare il proprio punto di vista’? Che si autodefinissero ‘atei’ ‘agnostici’ o quant’altro. Certo l termini ‘ignosticismo’ o ‘noncognitivismo’ – almeno a mia conoscenza – non sono comparsi, ma al di là dei termini, anche queste ‘possibilità’ sono state esplorate.
Perciò muovi tutte le critiche che vuoi, sempre ben accette, ma non questa.
Seguo da molto tempo questo blog 😉 e ricordo anche il tuo post (anche se non leggo proprio tutti i commenti), ma non capisco come questo invalidi la mia osservazione, anzi: anche la tua posizione era per l’appunto del tipo “meglio ateo che agnostico” – con argomentazioni condivisibili o meno ma di certo coerenti e ben sviluppate. Poi va da sé che nei commenti c’erano le posizioni più disparate, questo nessuno lo nega. Ma un conto sono i commenti, un conto è il post per così dire.
Quello che voglio dire è che mi piacerebbe vedere ogni tanto – non tanto perché piacerebbe a ME, ma perché mi parrebbe più equilibrato per un’associazione che si chiama “Ass. Atei, Agnostici etc.” – un titolo del tipo “Perché preferisco definirmi agnostico piuttosto che ateo”. O, in mancanza di opinioni di questo tipo tra i redattori, almeno di non insistere troppo sull’argomento opposto.
Ribadisco a scanso d’equivoci che personalmente non sono a favore di una piuttosto che dell’altra visione.
Scusa, ma adesso sono io a non capire. Al di là dei titoli (che per altro, almeno nel mio caso, esprimeva una preferenza personale motivata, non certo una critica alle altre posizioni), sono stati (e presumo saranno) molti a sostenere e motivare la loro scelta agnostica.
Al di là di ciò considero comunque importante confrontarsi su queste posizioni che manifestano la complessità dell’essere atei o agnostici senza – almeno lo spero – le contorsioni dei teologi che devono pur sempre tener conto degli aspetti dogmatici. o comunque vincolanti, dei temi che trattano.
Recentemente ho avuto l’occasione di gestire – da ateo ‘patentato’ – un incontro con un pubblico eterogeneo, credenti e non credenti, e molte domande vertevano proprio sul significato di ‘ateo’ e ‘agnostico’.
“Nel Seicento (…) nel mondo cosiddetto civile non c’era ancora «una società di atei» solo perché gli atei erano perseguitati dai fanatici religiosi tanto da dover vivere mascherati. «Anche per constatazioni del genere, dirmi agnostico non mi bastava più», chiosa oggi Giorello.”
Ecco una delle ragioni per cui preferire il termine ‘ateo’: la sua ‘storia’. Una storia fatta di persecuzioni, di discriminazioni, di emarginazioni… spesso anche da parte di chi per altro verso aveva inteso opporsi all’oscurantismo imperante (v. certi illuministi deisti e – direi soprattutto – uno dei padri del liberalismo, quel John Locke che escludeva dalla tolleranza, oltre ai papisti, proprio gli atei). Dichiararsi atei significa perciò anche rifarsi a questa storia e rendere omaggio alle vittime di questo passato.
D’altra parte ancora oggi, nell’opinione più diffusa tra tanti credenti, il non credente viene definito sprezzantemente ateo, mentre si è più indulgenti con chi si dichiara agnostico.
(Per quanto mi riguarda esiste poi un’altra ragione – espressa più volte anche qui – per preferire il termine ateo)
Tecnicamente parlando tutta l’umanità è agnostica, nessuno può avere il 100% di certezza in un senso o nell’altro. Personalmente mi definisco ateo per le ragioni da te esposte e per il semplice fatto che, stanti le attuali conoscenze e le “prove” fallaci addotte dalle varie religioni, ritengo che le probabilità dell’esistenza di divinità siano di fatto prossime allo zero assoluto.
Nella percezione comune l’agnostico è colui che al porsi la domanda “dio\gli dei esiste\esistono?” risponde aprioristicamente “è impossibile determinarlo”, senza una riflessione sulle probabilità (*)…. quindi dal credente è percepito come qualcuno di manipolabile per essere tirato dalla propria parte. Preferisco il termine ateo perchè mi consente anche di levarmi dai piedi un discreto numero di evangelizzatori solerti.
(*) ripeto che mi riferisco alla visione che comunemente le masse hanno dell’agnostico.
la divinità cosa è allora per te?, caro Painkiller?
Metti il caso che vi siano altri esseri evoluti, non per questo sono dei, come semplicemente non lo siamo noi per lo scimpanzé o per altri esseri viventi.
Si idealizza dio a cui si attribuiscono poteri e imperscrutabilità, volontà onnipotente e onnipresente, ma altrettanto lo si è costruito teologicamente in modo che dica agli uomini quello che le autorità religiose gli han messo in bocca; è una delle cose che lo stesso Gesù rimproverava agli scribi, ai farisei, ai sadducei, quello di far pesare sui fedeli centinaia di precetti che loro invece non toccavano nemmeno con un dito, insomma, si mette in bocca a dio quello che si vuol far pesare moralisticamente ai fedeli, ma le autorità rimangono nella contraddizione in quanto loro non si sentono obbligati moralmente.
A dio si è fatto dire di tutto e lo si è anche soggettivizzato, non è rimasto sulla carta dottrinale, è diventato su misura “ad personam” per lanciare il messaggio che dio è una idea innata nell’uomo e che la dottrina ne interpreta correttamente la presenza e fa da guida al soggetivismo mistico perchè non cada in una babele di linguaggi mistici non riconducibili al discernimento della dottrina.
Ma di dottrine su dio ve ne sono tante e tutte con differenziazioni, quindi, già le religioni attuali su dio hanno di fatto un comportamento reciprocamente contraddittorio, i fedeli, davanti a questa babilonia di dottrine su dio, si son procurati un surrogato interpretativo di tali dottrine personalizzandolo e adattandolo alle prorie esigenze, quindi, c’è Tizio che prega per la conversione di Caio, ma questo prega per la conversione di Tizio e vi è anche Sempronio che prega per la conversione di tutti e due, ditemi voi chi dio dovrebbe ascoltare?
Un po’ come le preghiere a Lourdes per ottenere il miracolo e i fedeli che si fanno concorrenza a vicenda, tipo: Ehi dio ti sei distratto con quel cieco? magari è un falso invalido che è stato beccato dall’Inps e vuole tornare in Italia con una scusa sopranaturale, dai guarda a me piuttosto e sbrigati!
Si può essere agnostici con dio ma non si può ignorare che è semplicemente un’antica politica di controllo delle coscienze, che poi con il tempo si sono emancipate e hanno smesso di farsi controllare, hanno capito che gli dei sono letteratura alla fine, e insegnavano qualcosa che sta nell’uomo ma che l’uomo ignora di se stesso, non parlo di trascendenza, ma di talenti, potenzialità, intelligenza, l’onore, l’audacia nelle scelte giuste ed inevitabili, la resistenza alle circostanze avverse.
quello che preoccupa oggi la chiesa è il perdere il controllo dlele coscienze, il vederle personalizzare il proprio dio, e
Painkiller: un conto è la probabilità, e prima ancora la possibilità, un altro conto è la prova, il riscontro diretto.
Io in dio non ci credo perché non c’é uno straccio di prova inoppugnabile della sua esistenza (anzi, guardando certi credenti ho la certezza assoluta che non esista…), quindi -per me- non esiste. Punto. Stop.
Dopodiché, tutto è ‘possibile’, certo…
Eppoi ricordiamo che l’onere della prova della esistenza di qualunque cosa sta a chi l’afferma, non è chi non ci crede perché non la vede che deve dimostrarlo!
@ Painkiller
Nella percezione comune l’agnostico è colui che al porsi la domanda “dio\gli dei esiste\esistono?” risponde aprioristicamente “è impossibile determinarlo”
Sarà la percezione comune ma non è così, l’agnostico o lo scettico non afferma “è impossibile determinarlo”, ma piuttosto dice “non è stato ancora determinato” e c’è una bella differenza, perchè la prima affermazione è una posizione dogmatica che non è assolutamente e necessariamente dell’agnostico. In altri casi ho letto che l’agnostico è indifferente al problema, altra cosa non vera, l’agnostico può interessarsi alle questioni religiose molto più di un ateo o di uno stesso credente che lo fa in modo superficiale.
Una storiella simile l’ho sentita molti anni fa da Franco Lombardi, docente di filosofia morale alla Sapienza di Roma. Si trovava negli USA e, invitato ad una cena, gli era stato chiesto di che religione fosse per inserirlo nel gruppo adatto. Poiché aveva risposto di non averne, si era svolto il seguente dialogo: – Ma lei non è italiano? – Sì, certo- E gli italiani non sono cattolici?- Molti lo sono…- E lei non vuole incontrare cattolici? – Sì, e anche protestanti, ebrei, battisti ecc.- Ma lei non è italiano?…..Il tutto ripetuto 3 o 4 volte. Inutile dire che alla cena si era trovato circondato da cattolici!
Nell’aneddoto risalta quella propensione al gregge che tanto favorisce la credenza…
Davvero una intervista interessante, ma quando dice: Purché ateismo non significhi passare la vita a cercare prove della non esistenza di Dio. In questo mi stacco da vari amici e colleghi come Christopher Hitchens (autore di Dio non è grande, Einaudi, 2007, ndr). Per me ateo è chi reclama per sé il diritto di vivere senza Dio o, se si preferisce, di vivere contro Dio, cioè contro uno dei tanti dèi che i fondamentalisti del libro sacro ci sbattono davanti come punto di riferimento pretendendo di irreggimentare anche la nostra vita.
Io non vedo granché di differenza con Hitchens, anzi, la pensa esattamente come lui, con formalità diverse, ovvio, mica sono fatti su in serie gli atei, sono infividui diversi tra loro, persino sorridendo alla domanda: ma atei protestanti o atei cattolici? ci muoio dal ridere.
Io odio fare paragoni tar atei, tra quelli che hanno smontanto la pretesa di dimostrabilità dell’esistenza di dio e quelli come me e Giulio Giorello a cui ciò non interessa affatto, infatti Giulio Giorello è agnostico in un certo senso, sospende il giudizio su dio e sui testi sacri:
…L’arma del sarcasmo è legittima, quella del fuoco no. Il Corano, la Bibbia, e perfino le encicliche non sono testi da bruciare; sono documenti da leggere.
Io direi, sono documenti che si possono anche sarcasticamente commentare, ma a leggerli con il nostro criticismo moderno non è proprio il massimo dell’espressione umoristica dell’Ateo, a volte a leggere certi passi in cui dio ordina guerre e giustizialismi non è che si riesca a riderci sopra molto facilmente, il nostro umore in tal caso diventa agnostico, sospende battute e risate.
[Ot.: on]
Pazzesco: ho visto su Pontifex e…. guardate voi stessi: non c’è un solo titolo che… voglio dire… sono senza parole!!!! 😯 😯 😯
http://www.pontifex.roma.it/
” 😯 ”
-Salmi e salmoni pirateschi 😯 , 😯
[Ot.: off]
Sono al delirio quella gente li di Pontifex, anche io personalmente penso che alla ccar Internet faccia più male che bene, si sono tutti esaltati alla follia.
Ma la polizia postale dov’e’ quando serve davvero!?!?!
Pontifez andrebbe chiuso per istigazione alla violenza ed alla discriminazione!!
INTERNATELI!!!!
totale mancanza di senso critico, autoesaltazione, esasperazione dei peggiori parametri di riferimento, follia violenta: pericolosi
Ma scherzi!!!
Guarda che bisogna dar loro l’iscrizione in automatico
quando leggo l’intervento di un benemerito arcivescovo su un film (La Passione) che neanche ha visto mi viene da pensare che bisogna pubblicizzare questo sito a tutti!!!!:
“Esiste il rischio scomunica?”la scomunica viene irrogata dai singoli vescovi ordinari. Ma chi ha partecipato a questo film e chi lo vede non per motivi professionali, ma per deliberata scelta, si mette fuori della comunione della chiesa”.
Per quale motivo non fanno mai pellicole del genere su ebrei o arabi? “per gli arabi la risposta sta nelle loro risposte violente e nessuno osa mettersi contro di loro. Per gli ebrei le cose stanno un poco diversamente”.
Ovvero? “dunque. Non tutti gli ebrei odiano la Chiesa cattolica, ma una parte fa capo a potenti lobbies vicine alla massoneria che invece contrasta e vuole annientare la chiesa. Pertanto in alcune opere blasfeme esiste lo zampino della massoneria che si allea con lobbies ebraiche deviate”.
SOCI SUBITO SOCI SUBITO SOCI SUBITO!!!!!
Anche «una religione della libertà» è dannosa?
Rispone Giorello.
A mio avviso, non solo non c’è bisogno di una religione civile, tradizionale o meno. (Come il materialismo dialettico nel comunismo sovietico. Che poi fu il peggior servizio reso a Marx). Ma rivendico anche di non aver bisogno di una religione della libertà; voglio la libertà di non avere religione.
La mia domanda è invece questa: quali limiti ha la libertà di culto?
Alcuni diranno che esistono dei limiti costituzionali, posso anche accettarlo, ma allora, perchè una religione in particolare vanta dirittti superando gli stessi limiti posti dalla Costituzione? Le ragioni vanno ricercate proprio nell’ordinamento giuridico competente, in cui si miscelano motivazioni di “patrimonio nazionale” e “simboli religiosi che rappresentano i valori italiani”, quindi, mai che ci sia una volta si riconoscano i valori del Risorgimento vissuti dai laicisti, atei, agnostici, razionalisti, anticlericali, ecc…ecc..
La responsabilità della laicità positiva interpretata da molti come conciliazione (forzata e revisionista della storia risorgimentale) tra stato e chiesa cattolica, le cui conseguenze si son viste proprio il XX settembre ascapito delle libertà costituzionali negate all’UAAR.
La laicità negativa è a mio avviso quella più rappresentattiva del principio di laicità dello stato, quella che non ammette bizzantinismi clerico-politici e che richiama le istituzione alla neutralità ed equidistanza da tutte le forme di espressione pubblica e privata del diritto di culto, equidistanza che di fatto dovrebbe impedire ogni confessionalità politicizzata dello Stato e che i servizi resi al pubblico e al privato non siano discriminanti, ma in Italia sappiamo in che stato siamo, quindi, la mentalità dei cattolici (vox populi, vox Dei) è un falso ideologico, è una visione teocratica della democrazia, una visione che impone i propri valori come identità nazionale escludendo altri valori che non siano legati alla fede.
Essere atei in Italia è lottare per la propria sopravvivenza, oltre che per i propri diritti costituzionali.
A parte questa intervista non ho letto il libro appena uscito di Giorello. Mi ritrovo sostanzialmente nel suo pensiero e devo dire che mi ha piacevolmente sorpreso: in un paese dove le posizioni si fanno più reazionarie e cerchiobottiste, Giorello pare seguire una inversa direzione (ne ricordo infatti gli elitari distinguo). Resta, buttato lì, il suo anatema contro un “ateismo dogmatico” che non si sa bene cosa voglia dire. Non chiedo consensi, ma proprio non riesco a comprendere questa italica sprezzanza verso qualunque forma di “organizzazione civica” (fatte salve naturalmente le espressioni, principalmente confessionali, di potentati e clientele).
Ne abbiamo parlato e ne parleremo all’infinito: qui ognuno ha la propria testa, la propria storia, un personale atteggiamento verso il mondo, ma è chiara la necessità di portarsi su un piano di condivisione “organizzativa” per esprimere questa visione in un consesso sociale. Ecco, quando Giorello si definisce lontano da una mentalità crociana (e finalmente qualcuno lo dice…), ci ritorna subito dopo asserendo il suo umanistico(nella sua italica accezione) fastidio nei confronti di coloro che, molto semplicemente, vogliono utilizzare gli strumenti di democrazia e libertà: organizzarsi, parlare, associarsi. Seguendo il suo ragionamento bisognerebbe rifuggire da un “editorialismo dogmatico” che, in quanto organizzatosi, inquina lo stupendo estetismo di un unico ed individuale libro: eppure egli dirige una intera collana.
Tanto di cappello invece alla trasparente definizione di ateo, che altro non è, condivido, che vivere senza necessità di un qualunque dio; però, visto che questa imposta necessità esiste intorno a noi, è difficile fare finta di niente come se fossimo dei fantastici intellettuali torreavoriosi.
Siamo tutti atei! 🙂
Solo, come diceva qualcuno, noi atei siamo atei nei confronti di un dio in più dei credenti…
Ma perché impegnarsi su posizioni precise, dibattendo l’inesistenza o l’inconoscibilità d’un ente chiamato Dio? Perché esprimersi tramite concetti astratti e indefiniti come questi? Ben più produttivo e sodisfacente limitarsi a render conto del funzionamento del nostro sistema corporeo nello svolgimento dell’attività di elaborare reazioni efficaci alla propria storia, perché tutto allora si semplificha e si chiarisce: la nostra mente, avendo costruito la logica in cui inquadra le proprie elaborazioni, costruisce anche quei concetti, quei complessi di simboli, che si adattano meglio alla spiegazione delle relazioni fra i suoi stessi elaborati nel confronto con gli stimoli che assume come dati percettivi. Innata sarà da riconoscere allora la struttura nervosa con cui si viene al mondo, selezionata evolutivamente in modo da permetterne l’agire in ambito sociale e predisposta a dar rilievo a certe concatenazioni di esperienze sensoriali. Un’indagine sul funzionamento della mente considerata nella sua totalità, quindi non solo di produzione e comunicazione simbolica, ma anche di esperienza di sensazioni ed emozioni prelinguistiche, porta a riconoscere degli a priori non banalmente analitici, bensì così profondamente innervati da risultare forse non esaurientemente descrivibili tramite il linguaggio, ma a capire la vacuità ontologica di questioni rappresentate da parole come Realtà, Dio, anima, leggi di natura ecc., tutte arbitrarie ipostatizzazioni costruite come riassunto di elaborazioni estremamente complesse di concetti e sentimenti.
Con questa convinzione è chiaro che mi sento vicino a chi rifiuta ogni forma di religione, soprattutto nella difesa politica dalle ingerenze indebite delle chiese.
Saluti
“la nostra mente, avendo costruito la logica in cui inquadra le proprie elaborazioni, costruisce anche quei concetti, quei complessi di simboli, che si adattano meglio alla spiegazione delle relazioni fra i suoi stessi elaborati nel confronto con gli stimoli che assume come dati percettivi.”
Quando vengono apposte ai nostri sensi delle informazioni false, in un contesto sociale politico culturale che ha fatto in modo che ci siano tutte le condizioni ed i presupposti affinché la nostra mente recepisca queste falsità e ne rimanga stabilmente ingannata, per far sì che ci siano dei comportamneti di fidelizzazione, di affezione (religiosa, sentimentale, politica, elettorale,…) conseguenti a questi imput preparatori per un comportamenteo politico successivo, di voto alle urne, eccetera: cosa è, quale tipo di sollecito o avvertimento o comunicazione è quella che può consentire al soggetto di accorgersi del falso, anche se in forma enzimatica, stimolante, che gli viene dato o proposto od ordinato, anche con astuzia e malizia attraenti, come succede per i romani catolici in Italia? Come fà uno a riconoscere e individuare il falso?
“Ma anche di intellettuali apparentemente dissidenti come il teologo Vito Mancuso, che alla fine trova sempre il dito di Dio da qualche parte.”
Mi astengo dall’utilizzare il ghiotto spunto che questa frase offre:-)))
Trattasi di virtuoso comportamento retto.
… un eretto comportamento retto!
http://www.youtube.com/watch?v=nT4MJz_pp6o
RICHARD DAWKINS RISPONDE AL RATZINGER.
bene 🙂
lo leggerò sicuramente 🙂
Io quando ho letto e sentito delle posizioni post teologiche ma sempre fedeli romane cattoliche, diciamo, di Vito Mancuso, mi è venuto da ridere, sinceramente e senza indugio alcuno 🙂 siamo al conformismo più tirato e ilare… veramente, sono rimasto sorpreso e poi mi è venuto da ridere perché non ci credevo, pensavo impossibile arrivare a tanto mimetismo social religioso. Non so quale sia meglio tra lui e l’on. Bondi.