Baby Loup, l’asilo nido di Chanteloup-les-Vignes, è particolarmente noto in Francia: è l’unico ad aprire sette giorni su sette e 24 ore su 24, permettendo così a molte donne di poter lavorare anche in orari particolari senza troppe preoccupazioni per la custodia dei figli. L’asilo è tuttavia salito agli onori delle cronache francesi per la vicenda di Fatima Afif, sua ex direttrice aggiunta, licenziata nel 2008 per essersi rifiutata di non indossare il velo, come esige il regolamento (inizialmente non lo portava). La donna ha presentato ricorso alla Halde (l’Alta autorità per la lotta contro le discriminazioni) che le ha dato ragione, motivando la decisione con il fatto che Baby Loup è, giuridicamente, uan struttura privata. Una parte dei genitori, ricordando come l’asilo si sostenga soprattutto grazie a fondi pubblici, ha chiesto un riesame alla Halde. Atiff si è ora rivolta anche al tribunale del lavoro chiedendo 80.000 euro di risarcimento: la decisione è attesa per novembre. Elizabeth Badinter, madrina di baby Loup, considerata l’intellettuale francese più stimata dai francesi, intervistata da RTL ha denunciato la violazione della legge sulla laicità del 1905. La vicenda ha dunque rinfocolato il dibattito sul “fattore religioso” sui luoghi di lavoro, a cominciare dallo stesso Baby Loup: un dipendente cattolico ha chiesto di non lavorare a Pasqua. Ma è la stessa questione del velo a tornare in auge: a Bobigny, nel corso di un processo, una donna integralmente velata è stata invitata a lasciare l’aula. L’episodio ha avuto luogo soltanto qualche giorno dopo l’approvazione da parte del Consiglio costituzionale della legge che vieta di indossare il velo integrale in pubblico.
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