Nuova recensione sul sito: “Senza Dio”, di Giulio Giorello

Una nuova recensione si aggiunge a quelle presenti nella sezione Biblioteca del sito UAAR: il libro presentato è questa volta Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo, scritto da Giulio Giorello (ed. Longanesi).

17 commenti

Bruno Gualerzi

La recensione di Carcano presenta un libro di grande interesse che invoglia alla lettura (cosa non sempre ovvia per una recensione), per cui qualsiasi commento sul libro sarebbe legittimo solo dopo, appunto, la sua lettura. D’altra parte la stessa recensione presente questioni che possono essere trattate anche al di fuori del testo indicato… e questo provo a fare.
La questione che più mi stimola – e che sembra essere in qualche modo centrale anche del libro di Giorello – è la questione del “come se do non esistesse”
Questa ipotesi, a mio modo di vedere, non è sostenibile, nel senso che… o si nega l’esistenza di dio relegandola nel deposito degli oggetti inutilizzabili e, al massimo, la si considera come un’esigenza destinata a non essere mai soddisfatta… oppure se solo si accetta l’ipotesi che dio esista, NON E’ PIU’ POSSIBILE VIVERE ‘COME SE NON ESISTESSE’.
Ciò dovrebbe valere soprattutto per i credenti, a dispetto di tutte le teologie negative, perchè ‘Dio’ non è un dato che, nella sua essenza, può essere diversamente interpretato e vissuto in relazione ai grandi quesiti esistenziali. In altre parole, non si può vivere, dare un senso alla propria vita dello stesso segno se si ritiene dio esistente oppure non esistente. Sarà un’ovvietà, ma pare che certi teologi amino spingersi il più in là possibile nel loro ‘parlare di dio’ fin quasi a negarlo per poi recuperarlo ripulito da tutte le più radicali obiezioni. Dopo un bagno dialettico che non lascia più tracce di dubbio avendoli affrontati tutti fino in fondo. A me questa operazione non convince per niente (è analoga al ricorso al dubbio di Cartesio che, invece di essere un dubbio sistematico diventa un dubbio metodico, cioè in fondo un finto dubbio), e quindi non mi convincono nemmeno le conseguenze che si ritiene di trarne.
Questo per quanto concerne i teologi.
E per gli atei? Qui bisognerebbe proprio aver letto il libro di Giorello, ma alcuni spunti li si possono trarre anche dalla recensione di Carcano… e comunque esprimo una mia peresonale opinione.
Per un ateo – come anticipavo – ‘vivere come se dio non esistesse’… se non, ripeto, come esigenza destinata a non essere mai soddisfatta… è un’ipotesi che non sta in piedi.
In breve. O nasconde una posizione agnostica di un agnosticismo che in realtà lascia aperte tutte le porte per l’accesso alla fede (non so se dio esiste o meno… ma non l’escludo. Se si presenterà sono pronto a riceverlo), per cui è un ‘vivere senza dio’ che in realtà pone dio appena fuori della porta aspettando, in fondo desiderando, che entri…
oppure si tratta di un agnosticismo, diciamo, radicale che poi coincide con l’ateismo, per cui non so se dio esiste o meno, ma non lo saprò mai e non ha senso quindi – pur sentendone l’esigenza per quel che potrebbe significare con riferimento alla condizione umana (il superamento dei suoi limiti) – nè che mi metta a cercarlo nè, tanto meno, che lo ponga come ipotesi, ciò che giustificherebbe il ‘come se’. Nessun ‘come se’ se questo ‘come’ non si darà mai come possibilità.
In sostanza credo si possa dire che – come sosteneva il vacchio ‘argomento ontologico’ però rovesciandolo in prospettiva atea – ‘Dio’, la sua esistenza, non è un’ipotesi come un’altra. La risposta al quesito diventa vincolante. positiva o negativa che sia. Quindi, ancora una volta, niente ‘come se’.

Diverso invece il discorso – che cosituisce secondo la recensione il vero tema di fondo del libro – a proposito del significato che può assumere l’ipotesi del ‘come se’ con riferimento alle possibilità di confronto e di dialogo tra credenti e non credenti.

gero

Per un credente è possibile vivere come se Dio non esistesse? Voglio provare a dire la mia. La fede è una relazione con Dio, una relazione amorosa, sì un innamoramento. Al di là di tutte le cose che si sentono in questi interventi, questa è la fede cristiana. Non è dettata dalla paura nè da altro. E’ un innamoramento. E’ possibile vivere come se uno non fosse innamorato? No di certo. Gli si vede dagli occhi. Porta in sè una gioia incontenibile. E la fede è tutto questo. Il credente non può vivere come se non fosse innamorato di Dio. Però come una persona innamorata, pur non riuscendo a nascondere il suo amore, non per questo si lascia condizionare nel suo rapporto con gli altri, così il credente può vivere una vita di relazioni con gli altri come se Dio non esistesse. Ma a questo punto, se nella sua vita personale il credente ha come fondamento morale il suo innamoramento con Dio, nel rapportarsi agli altri quale sarà il fondamento morale? Un fondamento laico, quindi? Indubbiamente la ragione. Quella ragione che ci permette di comprendere la natura dell’uomo. E sta qui il grande lavoro che sta facendo il Papa: aiutare soprattutto i credenti a scoprire i fondamenti “ragionevoli e razionali” del vivere umano. E partendo da questi si può dialogare con tutti. Certo, chi ha come fondamento del vivere il capriccio o le sue voglie non riuscirà a dialogare con nessuno. Qualche volta si dice che il Papa sragiona. Il Papa parla ai credenti, parla di fede, ed è un discorso nostro. Ma il Papa spesso nei suoi interventi parla di scelte che hanno come fondamento la ragione: ogni uomo di buona volontà farebbe bene ad ascoltarlo.

Nightshade90

certo che si può vivere come se non si fosse innamorati: una caso plateale è se ti innamori della moglie o della ragazza del tuo miglore amico: fai finta di niente e non lo dai a vedere (non apertamente almeno). capita pure spesso.

quanto al papa, in nessuno dei suoi discorsi ho mai visto frasi compatibili con il termine “ragione”. comprese “il nazismo regime che voleva escludere dio dalla società”, “crisi della cultura odierna che *addirittura* non dà più per scontate cose come ‘esistenza di un dio creatore” e “appello a cani e proci tra i poteri LAICI E SECOLARI (cioè a politici e governi) affinchè facciano scudo contro il relativismo (che può essere solo ed esclusivamente un problema delle chiese, non certo dei poteri secolari, a meno che non si voglia di nuovo istituire il confessionalismo)”

Felipe-bis

“Certo, chi ha come fondamento del vivere il capriccio o le sue voglie non riuscirà a dialogare con nessuno”

Bla bla bla, ma sei schiavo dei soliti luoghi comuni sui non credenti. Aggiornati, dimostra che riesci a dialogare con noi senza la solita puzzetta sotto al naso!

faber

La vera domanda che pone il tuo intervento è: come puoi separare la morale personale da quella sociale? Può una persona che basa la propria vita quotidiana su una morale con una base profondamente irrazionale stabilire un doppio binario e rapportarsi agli altri come se la propria credenza non esistesse? Si tratta di un passaggio estremamente controverso e impervio soprattutto nel momento in cui non è così immediata la separazione tra morale personale e morale sociale. Penso che il fine vita sia un esempio palese. Perchè i credenti non riescono a separare la propria morale personale (credo che la mia vita sia a disposizione solo di dio) da quella sociale (gli altri devono essere liberi di pensarla diversamente)? La risposta che mi do è che per quanto sia possibile separare le due morali (chiamamole pubblica e privata) non è altrettanto semplice modificare il proprio sistema di analisi della questione etica (razionale o irrazionale). Non è semplice (è impossibile?) credere a morti che resuscitano e donne che partoriscono per conto di dio e al tempo stesso diventare gli esseri più razionali del mondo quando si tratta di relazionarsi con gli altri. Non commento per decenza le tue parole sul b16

fab

Tanti si innamorano (si illudono di innamorarsi?) per paura di stare soli.
Paura e amore non si distinguono con l’accetta.

@ tutti
Richiesta egoistica: non è che ce la fareste ad essere un po’ più sintetici?

ruggero romani

certo che jaufrè rudel.innamoratosi di melisenda di tiro solo avendone sentito parlare,è un vero esempio per voi credenti!!!

bradipo

mah… innamoramento… considerato come provano a inculcartelo in tutti i modi sin da piccolo direi piuttosto un matrimonio combinato, in molti casi di convenienza.

FSMosconi

@gero

Mi stai dimostrando che per te dio (minuscola voluta) è essenzialmente un padre innalzato e un equalizzatore sociale. Oltre che hai dei pregiudizi spaventosi verso gli “infedeli”…

FSMosconi

@gero

Mi stai dimostrando che per te dio (minuscola voluta) è essenzialmente un padre innalzato e un equalizzatore sociale. Oltre che hai dei pregiudizi spaventosi verso gli “infedeli”…

Bruno Gualerzi

“E sta qui il grande lavoro che sta facendo il Papa: aiutare soprattutto i credenti a scoprire i fondamenti “ragionevoli e razionali” del vivere umano.”

Ed è proprio qui, caro gero, il nocciolo della questione, quello che – al di là dei legami personali sempre mantenibili – rende impossibile, quando si arriva al dunque, un dialogo autentico tra i credenti come li intende il papa e i non credenti. Questo tentativo di conciliare fede e ragione, e proprio in relazione alla condizione umana, è – adesso non voglio parlare di buona o mala fede – veramente maldestro, obbligato ad arrampicarsi sugli specchi fingendo che certe questioni cruciali, quali ad esempio il libero arbitrio o la teodicea, abbiano una base razionale. Onestà intelletuale vorrebbe invece che ci si riferisse solo alla fede senza tirare in balloe la ragione.
Per altre questioni ovviamente si può – e in certe situazione è bene che ci sia – convergenza tra le posizioni di credenti e non credenti, ma non per quelle fondamentali che qualificano come tali gli uni e gli altri.
E per favore lascia perdere il ‘vivere il capriccio e le sue voglie’ come carattere distintivo del non credente, così come la questione dell’innamoramento, o comunque dell’amore per i propri simili. Per un ateo l’amore per i propri simili, come l’amora per la vita, è molto più pieno e consapevole in quanto è un sentimento diretto, che non necessità di alcun ricorso a dio per essere vissuto al meglio.

Maurizio_ds

Quoto in pieno. Come ho già scritto in un altro thread, essere credenti e moderni è semplicemente impossibile. Chi dice di riuscirci se lo inventa, e mente.

POPPER

Sarà uno dei libri per il prossimo mese, adesso mi sono appena arrivati i due libri “A Dio spiacendo” di Shalom e “Dio e l’impresa scientifica” di Claude Allégre.

spapicchio

Quello che costituisce il problema principale non è tanto il credere od il non credere ed in cosa, bensì l’attaccamento dei romani cattolici clericali, della gerarchia romana cattolica, della chiesa romana cattolica, dei partiti politici cattolici che affericono all’ideologia cattolica, al denaro, al potere, all’oro, alle ricchezze, alle cariche istituzionali, alla politica, ai finanziamenti pubblici, ai privilegi continui e senza fine, all’immunità giuridica, al menefreghismo rispetto alla Costituzione italiana ed alle istituzioni dello stato, così come alla irriconoscenza della laicità dello stato italiano che i romani cattolici dimostrano e pretendono di imporre, l’arroganza delle loro posizioni dottrinali romane cattoliche spacciate per cristiane, la loro superbia ed il loro senso di superiorità ingiustificato, la mancanza di evangelizzazione, di educazione civica e di solidarietà con chi non la pensa come loro, l’omissività strumentale, l’alterigia e la protervia che la gerarchia cattolica provvede ad infondere ai fedeli romani cattolici clericali, il disprezzo generico ed il rifiuto delle regole basilari di convivenza e confronto leale con la società civile e con i suoi valori costituzionali democratici e repubblicani come movente per tutte le attività che intraprendono, pur contemporanenamente pretendendo impunemente ingenti finanziamenti pubblici dallo stato, causando arretramento civile e democratico per l’aggravamento del deficit del debito pubblico, il mantenimento dell’ignoranza popolare, la conservazione dello status quo, il soffocamento del progresso della conoscenza, l’imposizione di vincoli morali confessionali di tipo medioevale al posto delle leggi necessarie per la giustizia. Questi sono i problemi gravi che il cattolicesimo romano rappresenta, soprattutto in Italia. Tutto il resto sono bazzeccole, baggianate, la coscienza personale teologica uno se la coltiva quando ha le condizioni per farlo, e comunque sono problemi che sono già stati risolti, sia a livello filosofico sia teologico, cioè di pensiero. Anche perché aderendo al cattolicesimo romano in modo integrale, assolutistico, non mi risulta ci sia da ricavarne una libertà di pensiero, ma piuttosto la riduzione di ogni attività intellettuale ad una sorta di legame mentale paralizzante con una organizzazione gerarchica che impone comportamenti conformi e tradizionalisti, in modo complessivamente totalitario perché cieco ed acritico. Poi per quanto ne so, divinità ed impresa scientifica vanno tenute separate in quanto non interagenti.

Paul Manoni

Visto queste ennesime considerazioni, direi che e’ proprio ora di comprarlo questo libro.
Evito ogni tipo di commento, fino a lettura terminata. 😉

Commenti chiusi.