Esegesi del miracolo (1)

Stefano Marullo*

Stefano Marullo

E’ consuetudine annoverare la miracolistica quale genere letterario tipico dell’agiografia. Talmente funzionale ad essa che – pure viene considerata letteratura minore – una sua eventuale troncatura condizionerebbe irreversibilmente la narrazione stessa riferita alla vita e alle opere del beato che si vuole magnificare; sarebbe, per intenderci, come togliere dalla Vitae Caesarum svetoniana ogni riferimento alle imprese belliche dei suoi protagonisti. Perché sorprendersi se lo stesso genere letterario possa oggi divenire un genere televisivo in programmi di intrattenimento e di pseudo-approfondimento dai titoli eloquenti – miracoli, i santi, vite straordinarie – propinati ad hoc per aumentare l’audience di quei format concepiti per cavalcare l’onda emotiva del pubblico? Il sensazionalismo che informa queste trasmissioni è coerente con l’etimologia che promana dal verbo latino mirari, che vuol dire, per l’appunto, stupire e meravigliare.
L’interpretazione del miracolo è però quasi sempre destinata a polarizzare le posizioni dei fedeli rispetto a quella degli scettici. Se gli increduli dicono ‘la scienza non può ancora spiegare’, fidando che quello che appare misterioso, come spesso avvenuto in passato, possa essere prima o poi chiarito, i credenti sostengono che ‘la scienza non potrà mai spiegare’ e ciò proverebbe il suo carattere soprannaturale.
A rigore si potrebbe finanche operare una distinzione concettuale tra miracolo e guarigione; non tutte le guarigioni, infatti, sono miracolose, nel senso che il processo di guarigione  in natura è statisticamente rilevabile. Con buona pace dei questuanti che vagano tra Lourdes e Medjugorje, la remissione spontanea di una malattia, anche seria, è nel novero delle possibilità e chi ne beneficia non ha bisogno di scomodare madonne o padri pii. Ma le guarigioni miracolose, quindi eclatanti, sono comunque un fatto raro. Beninteso, il miracolo è per statuto un evento contronatura perché ne sospende le leggi, forzando un processo contrario rispetto all’ordine consequenziale dei fatti. Vale la pena ricordarlo. Se Quasimodo, il gobbo di Notre Dame, poteva parlare di ‘miracoli ordinari’, fuori dalle fiabe un miracolo frequente sarebbe un formidabile ossimoro; la straordinarietà di un fatto si evince proprio dalla circostanza che l’evento non si ripeta con regolarità. Non a caso si ‘grida’ al miracolo, in quanto inatteso,  mentre una guarigione può essere invocata come scorciatoia per una malattia il cui termine sarebbe comunque raggiungibile con adeguate terapie e/o lunghi periodi di convalescenza. Attesa la coerenza interna di questo argomento, c’è più di un tassello utile a dirimere la recente tonitruante polemica intorno al miracolo della transustanziazione. Tecnicamente la ripetitività della formula consacrativa che ‘trasforma’ il pane ed il vino in ‘corpo e sangue’ di Cristo, configura più un potere delegato ai presbiteri, e oggettivamente, in forza di quanto detto, sarebbe improprio parlare di miracolo. Il valore semeiotico del miracolo ne verrebbe sminuito; in fondo l’ateo non deve interpretare nulla perché nulla vede e, parimenti, il credente pur nulla vedendo, crede in forza della fede. La presenza ‘reale’, come vuole la tradizione cattolica, di Cristo nell’eucaristia, appartiene a quello che Aristotele chiamerebbe l’ordine noetico, un piano affatto diverso da quello dei sensi e del ragionamento logico. Indagare sul ‘dna’ dell’ostia transunstanziata è una evidente  forzatura  o se volete una eccellente boutade. Al contempo, pretendere di parlare di miracolo dell’eucaristia, è una colossale mistificazione, sbagliato dal punto di vista semantico, prima di tutto – il miracolo ha un effetto shock, è plateale – laddove siamo nell’ambito di mysterium fidei, inaccessibile al non credente. Da qui a considerarlo un tabù ce ne passa; una società libera e laica, deve dover discettare su tutto, anche su quanto appare incomprensibile. Soprattutto l’onere della prova, perlomeno psicologica, dovrebbe ricadere su quanti sostengono qualsivoglia asserto. Rivelatrici, sotto questo aspetto, le parole di un cristiano evangelico che sosteneva ironicamente: ‘Se davvero i cattolici, come pretendono di proclamare, fossero veramente convinti che nell’ostia consacrata ci sia realmente il Corpo di Gesù Cristo, avremmo le chiese perennemente presidiate da un servizio scorta volontario che si alternerebbe giorno e notte per custodirne l’integrità e contenere folle immense e in preda al delirio, che vorrebbero contemplarne il mistero”. Se non altro, il dibattito sull’iniziativa audace del nostro socio di Ancona, di cui Ultimissime ha dato ampio spazio, ha il merito di ricordare ai cattolici – mi riferisco alla massa dei fedeli – quello che non sanno, quanto alle loro verità rivelate  e poco condivise.
Torniamo al miracolo e al suo carattere intrinsecamente eclatante. La teologia biblica non ammette ambiguità sotto questo aspetto. L’Antico Testamento non lesina  segni soprannaturali: nella Genesi Sara in vecchiaia dà alla luce Isacco , ma è soprattutto  il libro dell’Esodo, la fuga  dall’Egitto e la peregrinazione nel deserto che è accompagnato da prodigi; così le piaghe d’Egitto, il passaggio del Mar Rosso con le acque che si ‘aprono’, il miracolo delle quaglie, l’acqua scaturita dalla roccia fino ai grandi avvenimenti del Sinai; ed ancora nei libri di Giosué – con  il famoso miracolo del sole – e dei Giudici, o i libri dei Re riguardo ai fatti miracolosi che investono il profeta Elia ed Eliseo fino a Daniele salvato dalla fossa dei leoni (Daniele 6,17-25). La narrazione biblica dà ampio risalto a tutti questi segni di fronte ai quali i ‘nemici’ ammutoliscono e i timorati di Dio ne glorificano la potenza. Parimenti profeti e condottieri con le loro gesta inconsuete danno prova di essere prediletti da quel Dio che irrompe nella storia. Il miracolo ha valore catechetico e valenza escatologica. Il valore storico di questi avvenimenti è pressoché nullo  – per quanto di tanto in tanto escano libri come La Bibbia aveva ragione che lasciano il tempo che trovano – ma assumono un chiaro significato nella storia salvifica i cui segni può interpretare, con l’aiuto della grazia, solo il credente. Per dirla tutta, le fonti storiche sul cd ‘popolo eletto’, parlano di una nazione perennemente in guerra civile, che conosce non poche deportazioni fino alla definitiva capitolazione di fronte al giogo romano, notevolmente al di sotto dal punto di vista degli standard politico-militari o economico-sociali rispetto ai popoli vicini.
Ma veniamo al Nuovo Testamento. I miracoli di Gesù, che pure si è provato di incanalare in una cornice storica, non sfuggono a questa tradizione. I vangeli canonici – per non parlare degli apocrifi –  ne sono pregni. Il teologo René Latourelle si è sforzato di sostenere che la quantità impressionante dei miracoli evangelici sono un forte indizio sulla loro autenticità storica, poiché smussarne il peso o addirittura negarli vorrebbe dire stravolgere il messaggio evangelico medesimo.
E’ un argomento decisamente fuorviante. Con una reductio ad absurdum si potrebbe parimenti sostenere che siccome un mentitore professionale ha  coronato la sua vita di menzogne colossali, negare la validità di queste vorrebbe significare cancellare la vita stessa del narratore! Dirò di più, è altamente probabile che il Gesù storico non abbia compiuto alcun miracolo. Gli scritti più antichi del Nuovo Testamento, riferiti a Paolo di Tarso, non ne fanno la minima menzione. Il vangelo più antico, Marco, da cui dipendono sia Matteo che Luca, è notorio che faccia riferimento in massima parte alla cosiddetta fonte dei Logia – altrimenti chiamata fonte Q – ovvero una quantità di discorsi attribuiti a Gesù. E lo stesso vangelo di Tommaso, il cui valore storico-filologico è stato recentemente rivalutato, più antico rispetto al vangelo di Marco, raccoglie i ‘discorsi’ di Gesù senza alcun riferimento ad episodi biografici, o miracoli di sorta. Se, come credo, è vera la tesi secondo la quale gli scritti neotestamentari sono soprattutto concepiti perché il cristianesimo venisse recepito dal mondo romano, si capisce bene che una teologia del miracolo riferibile a Gesù non possa che avere un’elaborazione tardiva – si veda Giovanni – in cui il profeta di Nazareth diventa il Cristo; bisognerà aspettare ancora molti anni, il concilio di Efeso del 431 d.C. e quello di Calcedonia del 451 d.C. per una prima definizione dogmatica della sua divinità. Ma tutta la letteratura precedente, coeva e successiva agli scritti evangelici, è ricca di riferimenti a prodigi compiuti da dei guaritori presso santuari e sacrari – le nostre Lourdes – : Erodoto racconta del miracolo di Elena al tempio di Terapne nel quale un bimbo brutto viene reso subitaneamente bello, Esculapio oltre a guarire dai morbi era in grado di resuscitare i morti, per non parlare dei cicli di racconti che riguardano i prodigi della dea Vesta e più tardi quelli attribuiti a Iside o Serapide. Non mancano anche personaggi storici, predicatori erranti a cui sono attribuiti poteri taumaturgici. Per tutti, Apollonio di Tiana, sapiente neopitagorico, vissuto al tempo di Nerone e Domiziano – di quest’ultimo sembra previde anche la morte -.
Insomma i vangeli non inventano nulla, quanto a miracoli e prodigi riferibili a Gesù, piuttosto utilizzano un genere letterario in voga per accreditare gli attributi divini di Cristo. Vale ancora il paradigma di Bultmann secondo cui non sono identificabili il Gesù storico e il Gesù della fede.
Riguardo a Paolo si potrebbe eccepire che se è vero che egli non parli affatto di episodi soprannaturali riguardanti la storia di Gesù di Nazaret, d’altro canto si prodiga con insistenza nel parlare del ‘miracolo dei miracoli’ e cioè la Resurrezione. Si potrebbe dire molto sulle imprecisioni paoline riguardo a questo evento capitale e sulla sovrapposizione dei piani della rivelazione privata e della esperienza storica e pubblica dell’evento medesimo. Mi limiterò a segnalarvi un eccellente libro uscito qualche anno fa, del teologo Andrės Torres Queiruga, La risurrezione senza miracolo, mirabile nel delineare la possibilità che l’evento principe della religione cristiana, possa essere stato vissuto dagli Apostoli come esperienza unicamente interiore, e non per questo meno gravida di valore . (continua)

* Laureato in Storia, ha compiuto studi di teologia e filosofia. Attualmente è cassiere del Circolo UAAR di Padova

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.
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12 commenti

Mario 47

Quando una quarantina d’anni fa i cinesi magnificavano la nuotata di 23 km o quanti fossero di Mao in un qualche fiume – cosa per altro non miracolosa, ci sono svariate persone al mondo in grado di farlo – qualche italiano ci ha creduto o ha pensato ad una montatura propagandistica?

E se, come nel caso di Paolo nei riguardi del miracolo della resurrezione, la cosa fosse comunicata dopo qualche decennio dall’evento, a protagonista scomparso e naturalmente non rintracciabile, quanti ci crederebbero?

Quanti padri e mariti e fratelli di fronte ad una familiare incinta saranno disposti a credere che non ha avuto rapporti sessuali, è tuttora vergine ed il nascituro è stato concepito da un dio per interposto spirito santo?

Perchè le cose che accettiamo supinamente nei riguardi della religione cattolica, anche se non credenti, ci suonano assurde, ridicole, oltraggiose quando riferite ad altre religioni?

Perchè se nostro figlio a 10 anni continua a credere a Babbo Natale sentiamo un certo disagio e ci premuriamo di fargli capire la realtà, mentre ci va benissimo, anche se noi non ci crediamo, che rersti convinto dei misteri della fede?

Misteri della fede, appunto.

mario

Laverdure

Un miracolo viene correttamente definito “evento contrario alle leggi di natura “.
Ma per poter avere la certezza che questa condizione sia verificata occorrerebbe avere la certezza di conoscere con precisione assoluta tutte le leggi di natura,che invece e’ proprio
quello che la scienza VERA non pretende assolutamente di fare,essendo basata esclusivamente su teorie che, per quanto confermate da numerosi test ,restano sempre aperte
a nuove revisioni.
In un passato non molto lontano un bolide infuocato che cadesse dal cielo con un boato terrificante e distruggesse un’intera citta lasciando un enorme cratere sarebbe stato universalmente considerato un miracolo,oggi anche un bambino ne intuirebbe immediatamente la vera natura :ricordate “Deep impact” e “Armageddon” ?
Questo per dire quanto ambigua sia la stessa definizione di “miracolo”.

statolaico

bella riflessione, faccio solo una puntualizzazione sulla frase “Ma le guarigioni miracolose, quindi eclatanti, sono comunque un fatto raro”… ecco, più che raro direi inesistente. Eclatante sarebbe un arto che ricresce, una retina compromessa che si rigenera… mai avvenuto niente di così eclatante (e mai avverrà, certamente). Saluti.

Laverdure

Non era forse Emile Zola che faceva notare :”A Lourdes,nella vetrine delle reliquie dei
“miracolati” ho visto stampelle e bastoni,ma nessuna gamba di legno !”

POPPER

Caro Stefano Marullo straquoto in pieno il tuo articolo, mi è piaciuto moltissimo leggerlo e mi ci trovo con il mio scetticismo agnostico e il mio ragionare in modo razionale, oltre al fatto che proprio ai miracoli non credo in alcun modo.

tu scrivi…
L’interpretazione del miracolo è però quasi sempre destinata a polarizzare le posizioni dei fedeli rispetto a quella degli scettici. Se gli increduli dicono ‘la scienza non può ancora spiegare’, fidando che quello che appare misterioso, come spesso avvenuto in passato, possa essere prima o poi chiarito, i credenti sostengono che ‘la scienza non potrà mai spiegare’ e ciò proverebbe il suo carattere soprannaturale.

io rispondo:
Se la fede è la “conditio sine qua non” per avallare come miracolo un fenomeno inspiegabile per la scienza, allora perchè non affrontare in senso psicologico la questione, non buttiamola tutta sull’epistemologia, falsificazione ecc…ecc… perchè secondo me la fede è un atteggiamento psicologico e non solo teologico, magari si è imparato la bibbia a memoria, ma questo lo possono fare anche gli atei, ma alla fine gli atei ci ragionano sopra mentre i credenti credono e basta, non si mettono a discutere psicologicamente se ha più ragione il card Ravasi o il teologo Hans Kung.

é proprio dell’aspetto psicologico che non si vuole parlare perchè si teme di entrare in un ambito proibito alle discussioni filosofiche e teologiche, tuttavia sia la filsoofia che la teolgoia hanno una ascendente sulla psicologia dei credenti, che possono anche fregarsene altamente del teologo e preferiscono l’appoccio carismatico.enfatico.emozinale, ed è li che il presunto miracolo fa colpo sulla sensibilità psicologica.

POPPER

aggiungo:

Inspiegabile per la scienza non vuol dire che sia un miracolo ed io, da buon agnostico, posso sopenpendere il mio giudizio sul miracolo perchè è legato alla teologia e alla psicologia di chi ha fede, ma per me non può essere scientificamente impossibile un giorno spiegarlo e non è interesse della scienza fare delle crociate contro i miracoli.

Semmai vi sono stati fenomeni inspiegabili allora è interesse della scienza cercare di spiegarli, indipendentemente da ciò che credono i cattolici, che noi uarrini lasciamo loro credere quel che vogliono, anche se è nostra prerogativa far loro delle domande ragionevoli sul perchè costringano la Scienza ad avallare i loro miracoli, sapendo che solo il papa può avvallare un miracolo e non la scienza, ed essa presenta solo degli studi e ricerche effettuate ma non potrà mai dire: per me è ispiegabile, quindi caro papa puoi anche avvallare il miracolo e farlo credere a tutti.

Ecco, in vaticano hanno piegato la scienza ai loro miracoli per dar loro una parvenza di razionalità.

lucia

Solo gli esseri umani sanno fare miracoli sia nell’agire che nel sopportare. Nel sopportare, chi non abbia altra risorsa , se vuole vivere da eroe può trovare in una religione l’aiuto morale che gli serve (ma allora diventa religione fai da te: orrore!).
Molte straordinarie cose vengono fatte da esseri umani che non pretendono di farle credere miracoli. Quello che la religione chiama miracolo, ove anche corrisponda ad un fatto accaduto, assume la caratteristica che solo una religione sa e vuole attribuirgli: diventa un evento sacro indecifrabile e insondabile. Di fronte ad esso, ma più a chi lo racconta, ci si deve porre in una condizione di piena fiducia, di sottomissione e soggezione: in una condizione che oggi neppure ad un minorenne ci sentiremmo di imporre o suggerire.
E siccome la realtà, gran portatrice di dubbi, é pur sempre la realtà, non resta che sentenziare che colui che ci racconta i miracoli lui per primo, lui soprattutto, non ci crede: come hanno ben diagnosticato e suggerito, da sempre ma nelle segrete carte (vedasi qualche Gesuita del Seicento), quelli che entro la religione ci stavano scientemente per amore del potere che quella lobby, riverita e forte, indubitabilmente dà.
Augh e amen.

Florenskij

@Dott. Stefano Marullo.

Ho trovato il suo intervento ricco di spunti da approfondire. Per commentare ( più che per rispondere in un duello polemico, qui fuori luogo ) sarebbe necessaria una lunga trattazione, che le risparmio.

1) Lei riconduce i miracoli evangelici a un genere letterario in voga anche nel mondo pagano, a cui i Cristiani avrebbero attinto per convalidare a posteriori il messaggio di Gesù. Premesso che proprio su suo suggerimento andrò a guardare la “Vita di Apollonio di Tiana” di Filostrato, posso dire che le narrazioni miracolistiche dei Vangeli mi offrono una sembianza di autenticità perchè hanno un aspetto direi “caravaggesco”: il “meraviglioso” è connesso con il mondo quotidiano, concreto e “terragno”, come nel caso del paralitico fatto scendere da un buco nel tetto: non c’è nulla che somigli all’atmosfera delle fiabe orientali, sul genere “Mille e una notte”. Unica eccezione ( forse ) l’episodio della moneta per pagare la tassa ritrovata da Pietro in bocca a un pesce.

2) Libri come “La Bibbia aveva ragione”: per lei lasciano il tempo che trovano. Io direi: fino a un certo punto, in quanto offrono al racconto biblico un minimo ( sottolineo: minimo ) di aggancio storico, tanto da evitare l’equiparazione, usuale in questo blog, con la credenza in Babbo Natale. ( che poco o nulla c’entra col Cristianesimo, essendo una invenzione pubblicitaria americana ).

3)”madonne” e “padri pii”, al plurale e con l’iniziale minuscola, come per sminuirne l’importanza. Io direi che al discorso sulla credibilità del miracolo dovrebbe contribuire molto l’esame di eventi “miracolosi” contemporanei, con testimoni viventi e documentazioni tangibili. Se ci si prende la briga di esaminare veramente la letteratura abbastanza seria ( non quella “da santini” ) si vengono a scoprire fatti che danno da pensare, o perlomeno da indagare ulteriormente, come quello di Gemma Di Giorgi ( vivente ) “miracolata” ( ? ) da Padre Pio, che vede senza pupille. Idem per fatti attestati relativi a Natuzza Evolo, defunta da pochi anni, con testimoni vivi e vegeti, che hanno fatto mettere nero su bianco.
Quanto alle “madonne”, c’è lo spettacoloso “miracolo” (? ) del sole a Fatima (1917) attestato da decine di migliaia di persone. Il prof. Odifreddi, come al solito sorridente, ha spiegato tutto con un “fulmine globulare”: è possibile, ma come spiegare che una bambina di dodici anni aveva preavvisato di un segno straordinario in tale giorno e tale ora? Un fulmine su ordinazione? Qui non basta dire, pittorescamente che tra la folla “giravano le canne”!

4) Attualmente, mi sembra – ma lascio il giudizio in sospeso – per la composizione dei Vangeli sembra ritornare l’idea della data “bassa”. Si è perfino creduto di ritrovare una parodia della sparizione del cadavere nell’episodio della vedova nel “Satyricon” di Petronio.

5) Jean Guitton, il filosofo che, nato cattolico voleva esaminare le prove di credibilità come se non fosse stato mai tale, nella sua “Filosophie de la Resurrection” propende per una visione del miracolo
come potenziamento strepitoso dei meccanismi naturali, più che come sospensione delle leggi di natura. A fare da cornice, l’idea che tutto l’universo sia, per chi sa vedere, un miracolo, e che i miracoli in senso stretto siano la prefigurazione del mondo paradisiaco.

6) In una prospettiva junghiana non ci si deve meravigliare delle analogie Maria – Magna Mater Gesù Cristo – Osiride : si tratta di archetipi coessenziali alla natura umana. L’avvenimento effettivo può essere prefigurato dal mito.

7) Se si deve “credere” come Bultmann o come, temo, quel teologo Torres Queiruga ( l'”evento” è un’esperienza soggettiva ) mi sembra molto più dignitoso dichiararsi agnostici o atei del tutto.

Florenskij

Mi correggo su 4): data “alta”, cioè più indietro nel tempo e più vicina agli avvenimenti. Chi sa mi istruisca sulla terminologia.

Diocleziano

Credo vada bene come hai detto qui: si usa infatti anche ‘alto medioevo’ e ‘basso medioevo’ rispettivamente nel senso di più lontano e più vicino nel tempo.

spapicchio

@ stefano marullo

questa tua ultimissima e` un’altro chiaro riferimento alla cultura (o sottocultura) cattolica, della quale parli in modo esclusivo e copioso;

grazie comunque della considerazione e della lettura dei miei post, ma la mia “convinzione” che i tuoi scritti siano intensamente, profondamente ed estesamente influenzati e condizionati dalla frequentazione delle chiese cattoliche romane e degli argomenti cattolici romani e` basata sulle parole scritte nelle tue righe che trovo qui sul sito dell’UAAR, che stimo molto, perche` riporta in modo degnissimo le opinioni senza censurarle o manipolarle;

percio` io la riterrei piu` una osservazione di una chiara evidenza oggettiva, che una convinzione, perche` si riferisce a delle trascrizioni oggettive, su un modo di comunicare notizie, anche se molto pertinenti e particolareggiate, che mi risulta timoroso di specificare il nome della chiesa alla quale ci si riferisce, ossia la romana cattolica, un po’ come Manzoni faceva con l’Innominato (Don Rodriguez), forse per paura di ritorsioni da parte di questi potenti feudatari che erano consacrati dalla chiesa cattolica romana “mutatis mutandis” gia` allora (il pontefice di allora era Urbano VIII, ma mi risulta che siamo in una situazione simile oggi in Italia, con la differenza che allora c’erano gli spagnoli del Sacro Romano Impero Cattolico a dominare l’Italia, mentre oggi sono gli italiani stessi che si affidano anima e corpo alla giurisdizione ed alla ingerenza romana cattolica dello stato Vaticano, il che e` abbastanza incredibile, perche` cosi` facendo si privano della liberta` di coscienza, che gli spetterebbe di diritto, oltre ad erodere altre liberta` costituzionali, conquistate anche a caro prezzo).

Quando pero`, Stefano, mi scrivi questa frase qui: “…le chiese ‘protestanti’ (non è un peggiorativo, c’è persino un programma che si chiama Protestantesimo) storicamente non si sono comportate molto diversamente da quella cattolica; se hanno fatto meno morti forse perchè hanno avuto meno potere.” mi torna a sembrare una idea un commento chiaramente influenzato da una sottocultura cattolica, molto presente anche in certe istituzioni accademiche italiane, dove si continua a ritenere la chiesa cattolica il riferimento universale della cristianita`;

e ti ribadisco, allora, che di nuovo questo mi risulta un errore grossolano e un pregiudizio piuttosto grave che va a inficiare tutta la visione storica e l’interpretazione intellettuale dei fatti storici facilmente verificabili dalla storiografia, come il processo di formazione dello stato moderno, la riforma protestante in europa, l’evangelizzazione delle colonie anglosassoni, tutte le conquiste civili come il suffragio universale, la sconfitta dell’alleanza tra trono e altare (ora riproposta da Lega Nord e PDL, parti del PD e partitini cattolici di centro-destra) la concessione delle carte costituzionali laiche, il suffragio universale, l’istruzione pubblica obbligatoria, l’abrogazione del baronato e dei vincoli feudali, e via dicendo.

Dunque non penso si tratti di elogiare questo o quell’altro soggetto, bensi` di riconoscere finalmente quali progressi sul piano civile e costituzionale ha comportato la Riforma Protestante con la Evangelizzazione di vasti strati popolari avvenuta nei paesi che ora sono i piu` sviluppati nella capacita` di riconoscimento dei diritti umani fondamentali e nella applicazione effettiva dello stato di diritto nonconfessionale, e di conseguenza anche come organizzazione ed amministrazione laica ed atea dello stato, visto che la popolazione e` in grado di amministrarsi e di autodeterminarsi senza ricorrere a teocrazia od al regime confessionale di una sola chiesa, a causa delle arcaiche forme di sudditanza per affermarsi tramite appoggi e confidenza non nelle leggi dello stato ma nelle pratiche implicite, occulte, confessionali e traverse della chiesa cattolica romana con il suo sistema di potere antidemocratico ed antirepubblicano.

Da quanto scrivi io noto un condizionamento ed un sostanziale riconoscimento di una autorita` religiosa che non si vuole nemmeno nominare, per quanto la si teme;

riporto un importante intervento di testibus_plenis il quale attestava tempo fa:

“Ci tengo ad evidenziare che in Europa il primo fautore per importanza (sopravvissuto) della laicità dello Stato è stato Martin Luther, il quale ha dovuto e voluto promuovere quest’impostazione civile dello stato per tutelare se stesso e tutti i cittadini dell’impero dalla dittatura delle coscienze (attuata dallo Stato Vaticano).

Infatti, nella sua attività riformatrice ha perorato la causa di tutti gli individui desiderosi di scegliere come e cosa credere, ed in particolare rivendicò il diritto/dovere per ognuno di andare alle fonti della verità.

La libertà di coscienza dà fastidio ai tanti che vorrebbero dominare e porsi come autoreferenza nella società, ma è il fermento principe della cresecita dei popoli.

Senza di essa (libertà di coscienza) saremmo ancora al baronato ed al latifondo… ed infatti l’Italia ancora oggi non ha superato bene il trauma di tale devastante novità”.

E` questa consapevolezza di fondo dei fatti storici decisivi della nostra condizione attuale che a mio modo di vedere manca pericolosamente nei tuoi scritti, Stefano.

Non e` una questione di appartenenza a chiese, ma e` una questione di consapevolezza e comprensione della storia dell’Europa, del mondo e dell’umanita` intera, ovvero i processi di formazione dello stato moderno, stato che in questo momento in Italia appare fortemente indebolito nelle sue istituzioni democratiche a favore di un regime monoconfessionale arcaico neofeudale.

Per farsi un’idea della differenza tra chiese cristiane Evangeliche e chiesa cattolica romana e` molto utile leggersi questo periodico collegato sotto, dove si possono chiarire molti dubbi o pregiudizi cattolici, in particolare qui e` spiegata in modo esauriente la questione dei carismatici, riportata anche dall’UAAR, che sono un movimento organicamente romano cattolico piuttosto conservatore, da non confondere con i Pentecostali, che sono propaggine delle chiese Evangeliche:

http://www.ilcristiano.it/

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