Esegesi del miracolo (2)

Stefano Marullo*

Stefano Marullo

Nel precedente articolo si è sottolineato il carattere eminentemente catechetico, kerygmatico e  simbolico del miracolo. Funzionale all’annuncio, il miracolo ha valore semiologico e profetico, convalidazione dell’irruzione del divino nell’ordine degli eventi storici. Straordinario genere letterario, la cui lettura impegna la fede di quanti sanno leggere gli avvenimenti su un piano metastorico e finalistico.
L’intrinseca connessione tra prodigio e messaggio è esemplarmente descritto nell’episodio evangelico della guarigione del paralitico di Cafarnao (Mc 2,1-12); il miracolo qui sembra quasi incidentale, dimostrativo e secondario rispetto alla proclamazione di Gesù che può perdonare i peccati, rivelando, secondo l’intenzione dell’evangelista, una certa affinità con Dio.
I segni che ‘accompagneranno coloro che credono’ vengono tradizionalmente collocati in un ambito temporale che non andrebbe oltre il I sec. d.C., legati alla ‘pienezza dei tempi’ dell’incarnazione e alle esigenze della diffusione del vangelo; in seguito la Chiesa istituzionale soppianterà le comunità carismatiche del cristianesimo primitivo. Una visione cristocentrica contestata dal monaco Gioacchino da Fiore, mistico calabrese, per questo condannato dal IV concilio Lateranense del 1215, il quale nei suoi scritti intravede un’età dello Spirito Santo, posteriore alla venuta di Cristo, caratterizzata da un’era di pace e di concordia sulla terra, non scevra da segni prodigiosi – tra cui, notevole, la fine della corruzione nella gerarchia ecclesiastica.
La permanenza dei segni dati da Gesù ai suoi discepoli è stato argomento fortemente dibattuto in ambito teologico. La tradizione cattolica, diversamente dalle chiese della Riforma, ha sempre riconosciuto, a partire dall’Alto Medioevo, opere straordinarie attribuibili a coloro che hanno esercitato in maniera eroica la testimonianza  cristiana. Non si faccia confusione con la credenza medioevale dei cosiddetti Re taumaturghi (argomento reso celebre dal saggio dello storico francese Marc Bloch Le Rois thaumaturges), che dava ai sovrani il potere di guarire dai morbi, che era invece più legata all’ufficio ricoperto, dal momento che l’investitura per guidare un Regno cristiano non poteva che provenire da Dio. Ma la medesima tradizione cattolica, oltre i confini del  culto dei santi, che nella devozione popolare venivano invocati per proteggersi dalle calamità, se da una parte è stata sempre piuttosto prudente ad enfatizzare ed accreditare fenomeni soprannaturali e miracoli, proponendo se stessa ovvero la Chiesa Cattolica gerarchicamente ordinata, quale segno visibile di ciò che è invisibile, (cioè sacramento), per altro verso, dai primi secoli ad oggi, ha promosso l’istituzione di esorcisti, oggi presenti in tutte le diocesi del mondo, delegati direttamente dai vescovi ad esercitare il ministero di scacciare i demoni.
E’ interessante notare come, non di rado, coloro a cui vengono riconosciuti carismi di guarigione siano, al contempo, degli esorcisti. Questo è indicativo di una teologia arcaica, di stampo veterotestamentario (rimando al libro di Giobbe fustigato dal diavolo) – ma certo non assente persino nella mentalità del Gesù dei vangeli – nella quale si individua un nesso tra il peccato e le sue conseguenze (tra cui la malattia) – argomento presente in non poche religioni anche considerate nobilissime come il Buddismo – e il ruolo del Maligno, Principe di questo mondo per delega divina.
Tra i quattro guaritori – li chiamo così, per semplificare, andrebbe detto ‘presbiteri ai quali viene riconosciuto il carisma delle guarigioni’ – che ho avuto la ventura di vedere ‘in azione’, due erano anche esorcisti, ciò rivela il fatto che fossero accreditati dal punto di vista gerarchico.
Si tratta di un vescovo, mons. Milingo – balzato poi alle cronache per qualche innamoramento di troppo – e di un sacerdote, Matteo La Grua. Molto diversi, quanto a stile espressivo, esuberante il primo, mistico il secondo, entrambi però obbedivano alla medesima mentalità teologica. Dopo lunghissimi minuti di preghiere e celebrazioni varie, cominciava l’attesa preghiera di guarigione. Milingo si rivolgeva direttamente agli spiriti cattivi, una masnada di diavoli specializzati in rogne di ogni sorta; così c’era il diavolo della tosse, quello dell’ulcera, della depressione come del diabete. A loro ordinava, nel nome di Gesù Cristo, di lasciare il malcapitato che soffriva di quei mali. La Grua, più in maniera indiretta, ma neanche troppo, durante la preghiera di guarigione, dava un forte accento  alla liberazione spirituale che, a suo dire, spesso era causa di malesseri psichici e fisici. Una volta sembra si sia rivolto direttamente ad un cancro ordinandogli di seccarsi. Superfluo aggiungere che, durante questi riti, regolarmente alcune persone venivano soccorse, in preda a strani deliri, fenomeni quali apparente epilessia, sudorazione intensa e sintomatologie generalmente collegate a disturbi indotti, a parere dei presenti, da influssi diabolici; finché lo stesso Milingo o La Grua non interveniva per sedarli.
Assimilabile a Milingo, per la spettacolarità, forse più vicino ai predicatori evangelici americani (veri e propri fenomeni da baraccone ma seguitissimi nelle tv statunitensi) il sacerdote Dorio, che oltre al carisma della guarigione dichiarava di avere quello della conoscenza (o scienza, secondo il linguaggio paolino, ma conviene non usare questo termine in questo contesto) che permette di prevedere la/le persona/e che stanno per essere guarite. Questa l’impostazione, durante l’invocazione per le guarigioni, che riporto, quale testimone oculare: “A questo punto, cari fratelli, il Signore mi sta dicendo che sta per guarire una persona che ha grossi problemi alla schiena. Conterò fino a sette e giunto al sette, batterò le mie mani e quella persona sentirà un grande calore che la investirà, è il calore dello Spirito Santo. Quella persona è pregata di venire sul palco a testimoniare di essere guarita da Gesù!”. Puntualmente qualcuno (tra diverse centinaia di presenti) si presentava sul palco per dire di essere lei la persona guarita. Fatta salva la buona fede di chi si  ‘sente’ guarito, il problema è stabilire quanto duri la guarigione medesima. In più di un caso, nei giorni successivi, le persone che dichiaravano di essere state sanate, riprendevano ad accusare i soliti problemi. Il ruolo della suggestione, della folla (si veda G. Le Bon, Psychologie des foules, tradotto in italiano da Longanesi), la carica emotiva giocano un ruolo non indifferente.
Il religioso padre Emiliano Tardif, tra quelli incontrati, è forse quello che presenta più di un motivo di interesse. Come Dorio, dotato anche lui oltre che del carisma di guarigione anche di quello della conoscenza, la sua presenza raccoglieva folle a dir poco oceaniche. A Rimini, sul finire degli anni Ottanta, dove ebbi modo di vederlo, c’erano oltre 40.000 persone ad assistere al suo insegnamento. Quella volta c’era, finanche, Enzo Biagi con ‘Il fatto’ ad intervistarlo. Volto bonario, cadenza suadente  Tardif si abbandonava alla preghiera e alla predicazione per moltissimi minuti, intrecciando ricordi personali, catechesi, e preghiere di guarigione.
La sua esegesi del miracolo era molto poco elaborata e  si basava su una interpretazione letterale di quanto scritto nei vangeli e negli Atti. Tardif affermava che ‘Gesù Cristo è uguale ieri oggi e sempre’, la sua Chiesa è la stessa Chiesa del Nuovo Testamento. Se oggi i suoi apostoli, i vescovi, non riescono a compiere prodigi nel suo nome è solo per mancanza di fede. La Chiesa vive una perenne Pentecoste e i segni sono finalizzati all’evangelizzazione; un modo abbastanza sottile per dire che c’è sempre un ordine di priorità, la conversione interiore, e non la guarigione fisica o psichica, pure propedeutiche.
Va detto che molte testimonianze di guarigioni attribuite alla preghiera di Tardif erano de relato. E l’unica persona, a pochi metri da me, tra le decine che sono andate sul palco per dichiarare di essere guarite, era un vecchietto che aveva buttato il bastone, lui zoppicante per una malformazione alle ginocchia, che il giorno dopo aveva gli stessi problemi – e si faceva fatica a convincere che sarebbe stato meglio riprendere il bastone!
Tutto sembra comunque si giochi sul piano della fede. La fede compie il miracolo – ‘se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà’ (Mt 21, 21). Se la malattia e la morte, segni di un mondo antico segnato dal peccato, livellano ogni uomo, ricco o povero, giovane  o vecchio, la fede è il discrimine tra gli uni e gli altri; talvolta pare addirittura aggiungere ingiustizia ad ingiustizia: ‘A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha’ (Lc 19,26). Quando neanche la fede sembra sufficiente e finanche la lettura che si dà delle calamità può rivelarsi claudicante: ‘ Quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?’ (Lc 13,4).
E allora? La dimensione escatologica del miracolo individua una sorta di primizia di un mondo di là da venire che è appena cominciato; ma che i più, forse, percossi quotidianamente nel corpo e nello spirito, sono incapaci di attendere. Il Gesù dei vangeli ne è quasi consapevole:  ‘Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà  la fede sulla terra?’ (Lc 18,8). Kafka ha persino immaginato il Messia che arriva ‘il giorno dopo il proprio arrivo’, troppo tardi insomma.
Ha scritto assennatamente Sergio Quinzio: ‘Né Giobbe né Qohelet negano o dubitano che Dio esista, ma sono molto vicini a disperare che Dio salvi’. E’ qualcosa di più profondo, di radicale. Scandalo per i credenti, prima di tutto. (FINE)

* Laureato in Storia, ha compiuto studi di teologia e filosofia. Attualmente è cassiere del Circolo UAAR di Padova

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.
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25 commenti

rolling stone

non c’è alcuna sintesi.
E’ solo sfoggio di cultura fine a sè stesso

SilviaBO

Non è una novità che gli umanisti amino esprimere in 10 pagine, con paroloni e frasi circonvolute, concetti semplici che si potrebbero enunciare più chiaramente in 10 righe.

hexengut

beh, dai, dipende dagli umanisti…; alcuni, a volte, fanno bella letteratura; altri son costretti dal tema, per non banalizzarlo troppo, a servirsi d’incisi e circonvoluzioni; altri, mi ci metto pur’io, hanno semplicemente l’impostazione metodologica di un’esposizione dettagliata; altri vanno a caccia di farfalle e manco le pigliano…; ma non mi sembra il caso di ghettizzarci tutti…

stefano

sui miracoli ricordo questa frase di Giordano Bruno “et malìe, miracoli, prodigj, per grande parte invenzioni delli homini de chiesa e de’ precedenti pagani, o illusioni di sognatori, possono quello che non può Natura”…

hexengut

necessiterebbe qualche maggior distinguo fra tre modalità profondamente diverse e di diverse tradizione e valenza: miracolistica vera e propria (taumaturgica o meno che sia), rituale esorcistico (preciso per caratteristiche, conduzione e finalità) ed esibizioni praticate con le stesse tecniche di suggestione impiegate da maghi da palcoscenico e da sedicenti medium e veggenti. E andrebbe altresì aggiunta la credenza nella valenza taumaturgica, e talvolta anche esorcistica, di talune reliquie. E che poi, soprattutto la prima e la terza modalità, possano essere compresenti, ad esempio nelle cosiddette apparizioni mariane, è ancora ulteriore discorso.

Guidus

Insomma, lo devo dire: uno coi capelli grigi che si pettina con la cresta in mezzo, come i dodicenni, mi lascia sospettoso… 🙂

Dario Colombera

I miracoli non dimostrano niente, quando sono una truffa, o sono frutto della suggestione, dell’assunzione di sostanze alchemiche, di mantra o semplicemente derivano da una fortunata combinazione genetica (Vedi Patanjali). Quando poi sono il sottoprodtto di una pratica interiore, ancora non dimostano molto, perchè si impara prima a far miracoli che a correggerre i propri errori culturali e caratteriali.

Guidozy

Ragazzi, così non andiamo da nessuna parte: catechetico, kerygmatico, semiologico e profetico. Vogliamo anche noi parlare di “evengelizzazione”? Allora immaginatevi un povero cristo che si avvicina ai valori atei e comincia dal sito più promettente, quello dell’UAAR appunto. Cosa trova? Un articolo come questo. Cosa fa? Chiude e non ci torna più. Bel risultato. Non potremmo confinare materiale di questo tipo in una sezione ad hoc, tipo “Filosofia pura per visitatori più che competenti”? Gli articoli fini a se stessi, sfoggio di cultura, senza capo né coda, una tesi apparente o una possibilità di sintesi, non mettiamoli in prima pagina, fanno danni.

Fedemone

Sinceramente se uno si fermasse a pensarci bene, i miracoli sono un’arma teologica a doppio taglio, molto pericolosa.
Il male esiste nel mondo e la sua accettazione e spiegazione è una delle massime difficoltà delle religione, argomento che ha fatto perdere la fede a molti (il terremoto di Lisbona per Voltaire, o la shoah per molti ebrei). Ma anche qui, molti continuano a credere nonstante la mancanza di un intervento divino.
Ma un miracolo E’ un intervento divino! Perché questo divario? Se un miracolo salva una persona, di fatto condanna tutti gli altri.

In realtà se uno deve avere fede , questa non deve avere prove né sostegni. Perché come dice Yeshayahu Leibowitz, non esiste una provvidenza particolare, e quelal generale è la creazione del mnondo così com’è, con tutti i suoi orrori

stefano marullo

Cari miei peperini (come altro potrei chiamarvi?),
abbozzo una risposta unica atteso il florilegio di contumelie che questa seconda parte di articolo ha suscitato con, quasi, unanime levata di scudi. Per un momento preso da questa nuova moda (dagli al commentatore) stavo quasi per attaccare me stesso! Escludendo il metodo Milingo (esorcizzarvi tutti) provo a rispondere.
In primo luogo non nascondo di farlo un po’ controvoglia; il rischio è quello che venga interpretata come una (auto) difesa d’ufficio, che è ben lungi dalle mie intenzioni. Considerando poi il fatto che io ritengo sacrosanto che il lettore abbia tutto il diritto di esprimersi su quanto sta leggendo. Le critiche non mi hanno mai scomposto, sono sempre ben accette e sono un’occasione per migliorare e migliorarsi.
Detto questo, concedetemi di avere qualche difficoltà a replicare a critiche poco o nulla argomentate nel merito, basate su processo alle intenzioni di chi scrive; un dibattito sulla mia capigliatura (dì la verità, Guidus, tu soffri di calvizie, la tua è tutta invidia..) non so quanto possa essere interessante,
un commento come quello di Losna (Boh??????????????????) posso considerarlo un ‘giudizio sintetico a priori’ ma non mi suscita molte controdeduzioni; Guidozy mi rimprovera di usare termini come ‘catechetico, kerygmatico, semiologico e profetico’, che fino a ieri pensavo appartenessero alla lingua italiana e non all’ostrogoto. Sapete, pretendere che si parli di teologia senza usare termini teologici è impresa davvero improba (credo che sia vero almeno quanto parlare di medicina senza usare una terminologia medica), d’altronde la prolissità dell’articolo, su cui concordo, voleva fugare qualsiasi ambiguità e chiarire proprio nello svolgersi del ragionamento, termini magari poco adusi al linguaggio corrente. Poi, Guidozy, vorresti ‘confinarmi’ in una sorta di ‘riserva indiana’ perché parlo di teologia? O vorresti istituire una Congregazione per la Retta Dottrina Atea? Sei poi sicuro che il mio articolo sia contrario ai cd ‘valori atei’ o non ne siano una conferma? O che il blog dell’UAAR sia solo letto da atei ed agnostici?
La sintesi, sollecitata da qualcuno, credo debba farla il lettore. Le citazioni e le fonti che non lesino, non hanno mai, per quanto mi riguarda, carattere ostentativo o autoreferenziale, ma sono un segno di attenzione per coloro che stanno leggendo e che magari vogliono approfondire un dato argomento. Talvolta le ritengo addirittura doverose.
E’ poi davvero curioso che mentre luca t. o SilviaBO mi chiedono una ‘sintesi’ per altro verso hexengut accentua un mancato distinguo (mi chiede quindi una maggiore ‘analisi’?) tra ‘miracolistica, rituale esorcistico ed esibizioni praticate con le stesse tecniche di suggestione dei maghi’ (quest’ultima la trovo un po’ fortina: la gente partecipa per lo più con sincero spirito di preghiera a questi incontri: non si paga per partecipare allo spettacolino di magia; Tardif, La Grua o Milingo, non sono stati ‘sedicenti maghi’ ma vescovi, o sacerdoti molto rispettati negli ambienti ecclesiastici specialmente nelle loro comunità di origine).
A hexengut, che mi fa una critica di merito (finalmente!) rispondo volentieri. Non c’è distinzione nei segni che Gesù affida ai discepoli per confermare la propria missione tra scacciare i demòni e imporre le mani ai malati per farli guarire (cfr. Mc 16, 18) e gli Apostoli e lo stesso Paolo (vedi At 19,11-12) indifferentemente operano sia nell’uno che nell’altro senso; d’altra parte la teologia neotestamentaria (ma anche quella patristica) vedeva un nesso tra malattia e presenza demoniaca.
Interessante gli spunti di Fedemone che mi pare abbia colto il senso di quanto io abbia scritto nell’ultima parte dell’articolo, riferendomi al ‘discrimine’ che il miracolo opera tra due persone colpite dalla stessa malattia e in cui la fede sembra condizione necessaria (ma spesso non sufficiente) per spiegare la selettività della scelta.
Termino ricordando a Rolling Stone che le regole grammaticali, almeno quelle, non sono un’opinione! “Se stesso” essendo pronome e non una congiunzione non abbisogna di accento come hai scritto tu (e al limite richiede l’accento acuto, che va dal basso verso l’alto, da sinistra a destra).
Cari saluti a tutti

rolling stone

uahhuu, che grave mancanza la mia!
E’ vero: “se stesso” si scrive senza alcun accento (neppure – come aggiungi tu -«al limite l’accento acuto, che va dal basso verso l’alto, da sinistra a destra»).
Ma si tratta di una norma redazionale, non di una regola grammaticale.

I tuoi scritti, caro Marullo, mi ricordano regolarmente una frase del grande Gesualdo Bufalino: «Certi scritti dopo tre righe mostrano già un radiatore che fuma».

stefano

il filosofo che dovrebbe far scuola per chiarezza espositiva e capacità di sintesi è Bertrand Russell, leggetevi la sua monumentale “storia della filosofia occidentale” un libro di 800 pagine che abbraccia tutto lo scibile umano dai sumeri all’utilitarismo senza annoiare mai, facile da assimilare sia dallo studente delle scuole medie come da un professorone della Sorbona.

luca t.

Il testo è interessante, come dicevo, ma nel caso di digressioni così ricche di riferimenti, penso sia sempre buona cosa premettere una breve sintesi sul succo del discorso: è, se vuoi, una captatio benevolentiae, un modo per attirare l’attenzione ed ingraziarsi il lettore, un atto di trasparenza per chiarire subito il senso del discorso, un espediente giornalistico per convogliare nel testo vero e proprio coloro che sono interessati e che possono apprezzare, evitando lo sbuffo dei pigri e dei frettolosi tra i quali anch’io ricado spesso.
Non te la prendere!

hexengut

no, caro Marullo, forse non mi sono spiegato bene: i maggiori distinguo richiesti riguardavano le modalità miracolistiche odierne e non le scritture evangeliche e patristiche, anche se, a mio avviso (ma sono uno storico [dott., prof., per togliere una curiosità al colto Florenskij…] e un accanito, vecchio lettore, non un teologo), taluni episodi quali le nozze di Cana o quello rivoluzionario dell’emoroissa vanno ben al di là, come lettura, di Mc, 16,18 (sempre che anche quest’ultimo lo s’intenda letteralmente). Quanto all’attuale partecipazione, attiva e non, della folla a taluni eventi, perché scandalizzarsi (“un po’ fortina”) di fronte all’incontestabile applicazione di tecniche (così come esistono quelle loquendi o scribendi) adatte all’uopo, non necessariamente e non i tutti casi a fini truffaldini? neppure quelle di un onesto prestigiatore possono esser definite tali ma tali diventano quando forniscono il destro a speculazioni e a lucro, come purtroppo nella stragrande maggioranza dei fenomeni di massa miracolistici, oggi come ieri. Ovviamente il tutto è riferito agli attori principali di siffatte manifestazioni; per quel che concerne la credulità o la suggestionabilità della maggior parte degli astanti, l’inevitabile coinvolgimento di parametri socioantropologici e psichiatrici dilaterebbe eccessivamente il discorso; e non è il caso, dal momento che la verbosità umanistica non appare gradita…

stefano marullo

Capisco quello che vuoi dire. Non vorrei che dimenticassimo, le implicazioni esistenziail che riguardano le persone che credono-sperano nella guarigione. Film come ‘Lourdes’ collgoo gregiamente questo aspetto. Per questo parlare di teologia non è astrattismo ma ha delle ricadute non indifferenti nella vita degli individui che non possiamo dileggiare se vogliamo essere un minimo onesti intellettualmente. Altra cosa è parlare del monofisismo e della Trinità (o della Sacra Trimurti)..

Guidozy

Caro Marullo, ovviamente a una provocazione, la tua, non potevi aspettarti nient’altro che altre provocazioni. Qual è la mia, senza dubbio. Io sono il primo a sostenere che per spiegare il teorema di Pitagora occorre usare parole come cateto e ipotenusa e chi apprende deve conoscere la geometria di base, certamente. Non va però dimenticata la famosa domanda “… e allora?” (maldestra traduzione dall’inglese “…so what?”) o meglio “che mi vuoi dire?”. Non voglio la famosa riserva indiana o le quote rosa degli eruditi, vorrei solo evitare di sbattere un mostro, nel senso positivo del termine, come te, in prima pagina col rischio di far fuggire chi si avvicina al nostro sito e se la batte a gambe levate al grido di “questi so’ pazzi”. Anche la Settimana Enigmistica, e qui denuncio la mia cultura da edicola, “confina” il Bartezzaghi nelle pagine interne, dedicate appunto ai “solutori più che abili”. In prima pagina c’è una roba alla portata di tutti. Comunque ho capito che per decodificare il sito degli atei devo attrezzarmi con un glossario teologico. Per la cronaca non ho ancora trovato uno tra i miei conoscenti che mi abbia spiegato “kerygmatico”… Lo so, potrei guardare su google. Un caro saluto.

statolaico

Bella riflessione, lessi anche l’altra, qualche giorno fa. Che dire? Personalmente apprezzo molto il modo di scrivere di Stefano, non mi sembra “sfoggio” di alcunchè anche perchè il senso è chiaro, non ci sono ridondanze, è una riflessione argomentata che necessita di una corposità atta a dispiegarla e dire che si potevano usare dieci righe per dire le stesse cose è una cattiveria gratuita dal momento che semplicemente non è vero. Saluti.

Florenskij

Dal mio punto di vista di “ospite di diverso avviso” l’intervento del dott. ( anche prof.? ) Marullo è quanto di meglio sia apparso su questo blog. C’è chi pensa di liquidare certi problemi con una o due parole sprezzanti ( “fuffa”, “Babbo Natale” ), senza rendersi conto che ogni problematica va affrontata con le categorie e il linguaggio che si rendono necessari. Il dott. Marullo ha offerto un saggio di “scienza delle religioni”( nel senso delle “scienze umane”) come in Gerardus Van der Leeuw ( “Fenomenologia della religione” ). Alla stessa stregua un importante antropologo laico, Luigi Lombardi Satriani, una ventina ( o forse più ) di anni fa andò a studiare Natuzza Evolo, una mistica stigmatizzata calabrese, la cui fama va crescendo in modo esponenziale. Non fu nè espulso dall’università nè dileggiato con versacci fragorosi. A qualcuno dicono qualcosa i nomi di Ernesto De Martino, Diego Carpitella, Alfonso Di Nola? ( Ovviamente escludo il sig. ( dott? ) Hexengut. ).
Quanto a Bertrand Russell storico del pensiero occidentale, con tutta la considerazione dovuta ai buoni divulgatori, ho l’impressione che stia alla filosofia come Montanelli sta alla storia.
Avvisando che andrò a rileggere quanto è disponibile sui personaggi citati dal dott. Marullo ( ad esempio padre Matteo La Grua, maestro del “patetico” e “ridicolo” esorcista padre Amorth – uomo peraltro equilibratissimo e con una laurea in legge ), gli pongo una domenda.

Secondo lei le guarigioni “prodigiose” di Gesù ( non parliamo di miracoli ) ci sono state effettivamente, magari grazie a poteri di suggestione o paranormali ancora non adeguatamente compresi, CICAP o non CICAP, oppure si tratta solo di racconti leggendari? Mi piacerebbe anche sapere se conosce Joseph Goerres.

stefano marullo

Sulle “guarigioni prodigiose” del Gesù dei Vangeli mi pare di avere già detto nella prima parte dell’articolo.
Non sono professore. Che di Bibbia e Vangeli possano per secoli aver parlato solo i ‘titolati’ è stato solo un danno per la chiesa cattolica; per lo più oggi abbiamo una massa di ‘sacramentalizzati’ e pochi ‘evangelizzati’; va detto poi che molte cose i teologi ‘non possono dirle’ anche se le pensano, pena la carriera.
Su Natuzza Evolo (ma anche Valtorta, Gemma Galgani ecc.) e i cosiddetti ‘mistici’ ci sarebbe molto da dire. Un buon libro, già recensito da ‘L’Ateo’, è ‘Sesso, diavolo e santità’, di Renato Pierri.
Il dramma di padre Amorth, in effetti, è che lui è molto serio. Questo non lo esime da dire bufalate che non stanno né in cielo né in terra.
Non conosco Goerres

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