Spagna, ‘suor internet’ espulsa dall’ordine

Nel suo paese era diventata famosa come “suor internet”, perché ama usare la rete per dialogare con i fedeli, e contava 600 amici su Facebook. Per suor María Jesús Galán, 54 anni, bibliotecaria e archivista del Convento Santo Domingo El Real, è tuttavia infine arrivata l’espulsione dall’ordine, e ora si dovrà iscrivere alle liste di collocamento. Alla base della decisione, sostiene la religiosa, la gelosia delle consorelle, a maggioranza d’origine africana o asiatica: “mi rendevano la vita impossibile”. Ma, riportano ABC e Speroforum, pare che il problema sia stato soprattutto il fatto che molte di esse sono giunte in Europa solo per cercare migliori condizioni di vita e più facili possibilità di inviare soldi alle famiglie. L’arcivescovo di Toledo, scrive la Razon, precisa che la suora non è stata “propriamente” espulsa: di fronte “all’offerta” di un trasferimento avrebbe preferito secolarizzarsi.

Luciano Vanciu

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15 commenti

Kaworu

molte giungono in europa solo per migliorare le loro condizioni.
ma va? ben svegliata sorella, s’è accorta che le suore sue connazionali al di sotto dei 70 anni sono merce rara? meglio tardi che mai eh.

stessa cosa vale per i preti che tra l’altro sono anche più liberi.

Marco

L’articolo è un po’ impreciso.

Dopo aver letto un po’ di quotidiani in lingua spagnola per capire meglio la situazione si precisa che tra le cause scatenanti vi è propriamente l’uso del social network.

La religiosa faceva infatti parte per scelta di una comunità di clausura (evito volontariamente giudizi in merito), e la sua decisione – rimanendo felice della propria vocazione – è stata presa in alternativa alla proposta di trasferimento in una comunità (“secolare”, dunque con regole meno rigide sui rapporti dei religiosi con il mondo esterno).

“Sì dovrà iscrivere alle liste di collocamento” in quanto gli anni di vita monastica sembrano non contare ai fini occupazionali e, come logico, non dar diritto ad alcun sostegno per la disoccupazione. Data la professionalità acquisita con la digitalizzazione dell’archivio del convento – riporta un quotidiano – pare che abbia intenzione di cercare lavoro come archivista o contabile.

Nei vari articoli non sono chiari i rapporti con le consorelle che le avrebbero “reso la vita impossibile”. Pare che la suora non le ritenesse adatte alla vita monastica – in particolare a quella di clausura – in quanto presa più come sacrificio individuale per un posto sicuro e per poter mandare il proprio denaro ai familiari in paesi disagiati piuttosto che come vera e propria scelta di fede. Gesto coraggioso, ma prezzo alto che richiede grande determinazione e che alla lunga diventa problematico da sostenere. La comunità avrebbe deciso di sostenerle comunque, a scapito della suora.

Roberto Grendene

anche alla luce del tuo approfondimento, nella notizia proposta tutte queste imprecisioni non le vedo

“[vita monastica presa come] sacrificio individuale per un posto sicuro e per poter mandare il proprio denaro ai familiari in paesi disagiati piuttosto che come vera e propria scelta di fede. Gesto coraggioso”

“gesto coraggioso”??? O_o
lo si puo’ definire gesto ipocrita, falso, furbesco, aggiungendo che puo’ essere dettato da costrizione e indigenza
ma “gesto coraggioso” direi proprio di no

Marco

“lo si puo’ definire gesto ipocrita, falso, furbesco” Questo presume malafede però.

Io conosco un paio di altri mestieri che avrebbero potuto fare queste keniane – metti caso – appena arrivate in Italia… e non mi sento di condannarle per aver preferito una cosa in cui magari non credevano del tutto ma che sembrava decisamente più innocua. In fondo l'”ora et labora” ha anche vantaggi oltre che svantaggi.

Poi certo, non metto in dubbio che se non si è convinti si dovrebbe evitare di continuare a mentire anche a se stessi e cercare altro in giro. Questo per scagionare il “gesto” dall’ipocrisia e reinserirla casomai in seguito, nel mantenimento dello stato delle cose.

Per quanto riguarda il gesto… una via di mezzo fra il coraggioso e il superficiale c’è?

Roberto Grendene

@ Marco

“ipocrisia spinta da necessità”, quello che avevo detto all’inizio (ma vedo che hai tagliato dalle mie parole l’aggiunta che avevo fatto, ossia la “costrizione e l’indigenza”)

era “coraggioso” che proprio stonava, ma vedo che sei d’accordo

Macchianera

Ben gli sta.

Aderendo a quell’ordine ne deve accettare tutte le imposizioni, senza se e senza ma.

😉

FSMosconi

Come tarparsi le ali anzi: le pinne, per rimanere per lo meno a galla per almeno qualche altro decennio. Furbi, neh? 😉 😀

bismarck

Gratta gratta ecco spiegato l’arcano dell’aumento delle vocazioni nei paesi poveri, voler sfuggire all’indigenza (cosa che per altro si sapeva già – almeno, per chi come noi, usa la logica).
Questo la dice lunga anche sulla spiritualità dei paesi del terzo mondo (non esprimo giudizi morali su quei poveretti, visto la vita che fanno, me la prendo solo con chi ne approfitta).
Ecco la vera ed unica vocazione della ccar campare sulle disgrazie altrui, povertà e malattia.
Niete di nuovo sotto il sole, altro che buona novella.
Queste vicende, cinicamente parlando, sono i segnali del lento ma inesorabile declino della superstizione.

Southsun

Ho appena ricevuto una busta nera come la pece con una scritta bianca: In Uganda c’è fame nera.

Bisognerebbe dirlo a quel porco di Museveni e ai suoi cristianissimissimi sostenitori, più porci di lui, entusiasti per la sua ‘azione politica’ improntata alla ‘vera fede’.

Specialmente i folli evangelici americani ne sono entusiasti, offrendogli totale appoggio.

Il popolo, però, “entusiasticamente” muore di fame, e noi laici occidentali riceviamo letterine funeree a casa che ci invitano a metter mano al portafoglio…………

POPPER

sulla vocazione religiosa nel terzo mondo ci sono molte domande ancora senza risposta, soprattutto se le vocazioni sono importate dall’Occidente cattolico per sottolineare un messaggio chiaro:

Le vocazioni religiose femminili non devono essere intelligenti, devono obbedire e stare zitte!

il controllo della povertà e delle vocazioni religiose, binomio facilmente comprensibile, è nelle mani della ccar ed essa non chiede come requisiti particolari doti razionali, agnostiche e di intrapprendenza individuale da parte delle singole religiose, al contrario, nel caso di questa suora, si evince che non è richiesto nemeno l’uso del pc e di internet, tuttavia, il papa ha parlato bene dei social Network cattolici e aveva espresso compiacmento per i preti e i religiosi che intrattenevano i giovani e rispondevano alle loro domande e perplessità, ma come, direte voi? Come fa Radio Maria? più o meno sono a quel livello di intransigenza teologica e talebana.

Mi dipsiace per la suora punita, ma quando si è consacrata sapeva che in convento non è richiesto di pensare con la propria testa, ma si deve tacere e obbedire, le sue consorelle, importate dal terzo mondo, alla maniera di Esaù, preferiscono il piatto fisso di lenticchie piuttosto che maturare una vera vocazione.

Ffrank

“ecco spiegato.. l’aumento delle vocazioni nei paesi poveri, voler sfuggire all’indigenza”
Mbe ? Pensi forse che da noi nel passato la situazione fosse diversa ?
E’ il benessere che ha fatto estinguere le cosiddette “vocazioni”. Quei rari soggetti che si fan prete ancora oggi farebbero bene a farsi vedere “da uno bravo” perche celano dei disturbi che possono essere anche gravi.

Paul Manoni

Dopo quella che cucina, quella che ti vende i libri di ricette e quella che tifa per la Lazio, ditemi voi se nel 2011, poteva mancare una suora scassa ciondoli su internet!! 😆

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