Ministro degli interni tedesco rimette in discussione l’integrazione dei musulmani

Nella sua prima conferenza stampa da ministro degli interni Hans-Peter Friedrich ha sostenuto venerdì che “l’islam non è parte della Germania”, riaprendo così l’acceso dibattito circa l’integrazione degli oltre 4 milioni di musulmani in Germania. Il ministro della giustizia della stessa coalizione al governo, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ha immediatamente replicato dicendo che “certamente l’islam fa parte della Germania” e ha aggiunto che “spera che il nuovo ministro segua la strada già intrapresa dal suo predecessore assumendosi seriamente la responsabilità di una politica di integrazione, sostenendo campagne che promuovano la coesione e non l’esclusione”. Le hanno fatto eco sia altri esponenti della coalizione di maggioranza sia dell’opposizione, giudicando il commento del neo ministro un errore di giudizio. Aiman Mazyek, presidente del Consiglio Centrale Islamico di Germania, ha dichiarato che i musulmani come gruppo sociale non possono più essere messi da parte, e ha aggiunto che si unisce a quanto affermato dal presidente tedesco Wulff nell’esortare il popolo tedesco a riconoscere l’islam come parte della nazione. Alcuni osservatori ritengono che la provocatoria affermazione del ministro dell’interno sia un tentativo di recuperare consensi nella parte di elettorato più conservatrice in vista delle elezioni regionali.
Il ministro Friedrich è stato nominato dopo che la consigliera Angela Merkel ha dovuto riorganizzare il proprio consiglio dei ministri a causa delle improvvise dimissioni del ministro della difesa Guttenberg, coinvolto in uno scandalo per aver copiato buona parte della sua tesi di dottorato.

Tommaso Marchioni

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28 commenti

moreno03

Io devo ancora capire che cosa sarebbero queste “politiche di integrazione”: concedergli dispense dalla legge in base alle loro credenze religiose?
Così come non ho capito per quale principio dovrei essere io farmi in quattro per integrare chi entra ospite in casa mia: semmai è lui che deve sforzarsi di integrarsi, e se non gli va bene la porta sa già dove si trova!

Federico Tonizzo

Esatto! Altrimenti non ci sarebbe una integrazione dell’immigrato, ma una colonizzazione dello stato ospitante da parte dell’immigrato.

Cosa cavolo significa “riconoscere l’islam come parte della nazione”??? E’ un confondere le persone con le religioni!!!
Una cosa è l’islam, una cosa è l’immigrato. L’immigrato, se rispetta le leggi del paese in cui arriva, può farne parte, ma la religione islamica, come neppure quelle cristiane e le altre, non deve pretendere di interferire con le leggi dello stato.

SenzaDio

E’ un dato di fatto che in Europa l’integrazione delle comunità islamiche è molto più difficoltosa rispetto a quella delle altre comunità di immigrati, come sempre in questi casi i benpensanti politicamente corretti riversano tutta la responsabilità sul paese ospitante, ma l’integrazione per funzionare deve essere portata avanti da entrambe le parti.
Comunque la difficoltà principale nell’integrazione dei musulmani non è tanto la religione in sè (che pure checchè se ne dica non è certo un inno alla tolleranza), ma lo scontro che si verifica tra diverse ed opposte visioni del mondo e della società, una secolare (tipica degli europei, compresi nella maggioranza dei casi quelli che si professano credenti) e un’altra religiosa, appartenente alla gran parte dei musulmani, che provengono perlopiù da paesi non secolarizzati dove non esiste la laicità e la separazione stato-religione.

MicheleB.

Una politica di integrazione non deve contenere elementi di assimilazione, gettizzazione od esclusione, bensì mirare alla fusione ed all’arricchimento culturale, mantenendo i principi cardine della comunità ospitante.

MicheleB.

Assimilazione è l’annullamento culturale delle comunità migranti, ovvero: far diventare “veri” tedeschi tutti gli altri. Assimilazione ed integrazione hanno in ambito politico gli stessi significati che in ambito alimentare.

#Aldo#

Michele, Ernesto chiedeva cos’ha che non va, non che cos’è. Mi associo al suo interrogativo: «Cos’ha che non va l’assimilazione?»

Federico Tonizzo

@ MicheleB.:
In cosa consisterebbero la fusione e l’arricchimento culturale?

matelda

Non si può integrare una concezione dello Stato laica con una teocratica. Non sono assimilabili, nè è augurabile che lo siano, due concezioni che sono agli antipodi, come l’Islam e una moderna società liberale. Qui non c’entra conservatorismo, razzismo, destra e sinistra, basta essere onesti e chiamare le cose con il loro nome. Secondo me l’ integrazione tra una società occidentale, basata sul laicismo, sul libero pensiero, e una concezione islamica porterebbe inevitabilmente la nostra civiltà a soccombere, forse per l’eccessiva apertura verso il “diverso”, forse per un eccesso di autocritica, o per la cattiva coscienza, ma la conseguenza sarebbe la perdita o l’offuscamento delle libertà conquistate così faticosamente.

MicheleB.

No se guidi il processo di integrazione usando come binari i principi fondamentali dello Stato.
Non è una società quella che arriva, sono comunità migranti provenienti da varie società.
Sta a noi ed alle nostre istituzioni far si che non diventino una società a se stante, evitando sia di ghettizzarli sia che si autoghettizzino (ad esempio, come usano fare i cinesi).
Una pratica semplicissima è dare loro (come è naturale che sia) le stesse libertà e gli stessi diritti di cui godiamo noi (o dovremmo godere) e rigettare categoricamente ogni richiesta vi confligga. Cioè: niente burqa, pugnali sikh, poligamia o macellazioni domestiche durante la festa del sacrificio. E soprattutto senza pretendere di dialogare soltanto con le figure religiose, avallando così la loro intenzione di rappresentare tutta una comunità etnico-nazionale, perchè questo metodo (adottato dalle autorità britanniche da decenni) rafforza l’identità e l’unità religiosa (il che è peicolosissimo), a scapito delle identità etniche, le quali sono invece una ricchezza.
Sono cose già viste migliaia di volte, nel corso della storia, non c’è nulla da inventare.
I popoli si sono fusi insieme continuamente e le fusioni hanno avuto più o meno problemi a seconda della volontà dei vertici. Non sta avvenendo niente che non sia già avvenuto in passato.

#Aldo#

Un detto al quale ricorro spesso recita: «Le grane è sempre meglio evitarle che doverle risolvere». Vale anche per le grane che derivano dalla “accoglienza”. Vale in ogni dove, non solo in Germania.

Roberto Grendene

In una repubblica democratica interlocutori e depositari di diritti dovrebbero essere i cittadini, non “islam” “cattolicesimo” “testimoni di geova” e altre innumerevoli cose chiamate “comunità” senza mai aggiungere “non democratiche, omofobiche, esclusiviste, ecc.”

G.B.

I musulmani come persone hanno tutto il diritto all’integrazione, come “gruppo sociale”, al pari di cattolici, protestanti, ebrei, induisti ecc. ecc. più stanno fuori dalle p… meglio è.

#Aldo#

Sabine: «certamente l’islam fa parte della Germania».
Bella conquista. Visto che fino a tempi neppure lontanissimi non era così, chi è il responsabile della nuova situazione? Come fargli/farle pagare per il danno provocato?

«Aiman Mazyek […] ha dichiarato che i musulmani come gruppo sociale non possono più essere messi da parte»
Eccolo lì il problema, tutto riassunto in quel semplice «più». Occorreva metterli da parte prima. Quali forze hanno ritenuto il contrario, generando quel problema che non esisteva ed ora esiste? Si è davvero certi che abbiano democraticamente agito secondo il volere del “popolo sovrano”?

Federico Tonizzo

“Quali forze hanno ritenuto il contrario”: è stato l’interesse degli industriali, che volevano procurarsi manodopera a basso prezzo, a scapito dei loro concittadini (loro concittadini non più lavoratori, o lavoratori a salari abbassati per la concorrenza degli immigrati). E i politici hanno assecondato gli industriali.
Anzichè il benessere, è stata globalizzata la miseria! 👿

Brian di Nazareth

nell’esortare il popolo tedesco a riconoscere l’islam come parte della nazione

Ma dico io, questi musulmani hanno intenzioni di riconoscere il popolo tedesco come parte della Germania? Se vogliono vivere in quel paese, la sharia ed altri riti islamici in conflitto con la legge tedesca vanno messi da parte. Integrazione vuol dire che DEVONO capire questa semplice regola. Non possono pretendere né più diritti né meno doveri di qualsiasi tedesco/a. Chi non è disposto ad accettare questo principio è liberissimo di lasciare il paese.

fab

Vorrei far notare che la frase “qualcosa non è parte della Germania” è pericolosa.
Intanto, chissenefrega se si è parte di un’astrazione come la Germania, l’Italia o il Paraguay. Poi, chi stabilisce se qualcosa è parte o no? Chi impedisce che un bel dì qualcuno si svegli a dire che “l’ateismo non è parte della Germania”?
Non può essere questo un modo di argomentare. Anzi, sembra il solito modo di confondere le acque e di non affermare chiaro e tondo “la mentalità islamica genera problemi per il modo in cui è costruita la società tedesca”, che, se permettete, è molto diverso: soltanto con questo modo di ragionare è possibile identificare i problemi e tentare di risolverli; ad esempio, un problema è la diversa istruzione delle nuove generazioni, su cui si deve essere rigorosi: la scienza da studiare è quella occidentale, mentre non sarebbe male che lo studio della storia e della letteratura si aprisse maggiormente agli altri continenti.
Con le frasi patriottarde si va dritti allo scontro puro.

matelda

Il problema è proprio questo. I governanti europei devono porre rigide regole a tutti e non permettere che usanze religiose, costumi tribali o simili trovino comprensione per malintesa tolleranza verso culture diverse. E senza neanche limitare le libertà di cui abbiamo goduto finora. Non so se abbiano la fermezza di farlo senza lasciarsi condizionare dalla paura.

MicheleB.

Esatto, ora ci siamo: regole rigide a tutti. A TUTTI! NON tollerare: la tolleranza è un concetto ambiguo, quel che è ritenuto sbagliato non merita deroghe. Sta anche a noi lavorare affinchè i nostri governanti imbocchino una via invece di un’altra.

Brian di Nazareth

Appunto. Come diceva un tale Robert Jackson, “Non è la funzione del governo di tenere lontano i cittadini dall’errore, ma è compito dei cittadini non permettere che il governo cada in errore”.

MicheleB.

@ Aldo ed Ernesto.
Il guaio dell’assimilazione culturale è che necessita del preventivo sradicamento e subito dopo di una sorta di totale fagocitosi. Ma questo processo non può perfezionarsi, un kurdo o un turco difficilmente diverrà un perfetto ariano discendente dagli eroi di Teutoburgo; quel che si rischia, al contrario, è lo smarrimento identitario con il grave degrado culturale che ne consegue, come è successo in Nord America con le assimilazioni forzate dei nativi. Anzi: le assimilazioni sono sempre forzate, perchè la persone hanno assoluto bisogno di una propria identificazione culturale e si oppongono inevitabilmente alla distruzione della medesima (l’assimilazione, appunto).
Per cui: per evitare un radicamento di identità religiose, è indispensabile una dialettica istituzionale strutturata sul riconoscimento delle idntità etniche/nazionali, ma senza spingere/permettere formedi ghettizzazione che creano subculture chiuse e radicalizzate.
Io spero che si capisca di cosa sto parlando, lo spero per voi, perchè queste son cose che sono successe anche nel passato più recente, non dico astrusità accademiche, chiaro?
Non c’è molto da capire, nè da inventare; bastastudiare ciò che è gia accaduto.
E’ maledettamente semplice!!!

Brian di Nazareth

You will be assimilated. Resistance is futile. Chiamate il Capitano Picard!!!

#Aldo#

Secondo me il paragone con quel che è accaduto alle comunità che sono state colpite sul loro territorio (nativi nord americani, aborigeni australiani, e chissà quanti altri dei quali non sono al corrente) non è paragonabile al caso di coloro che lasciano i propri luoghi per recarsi altrove: chi parte (a meno che parta con la mentalità dell’invasore) ha una predisposizione d’animo ben diversa da chi si ritrova in casa degli invasori.

Ora, qui si tratta di decidere se abbiamo a che fare con degli invasori oppure no — chi arrivando in un luogo non accetta l’assimilazione con chi vi trova, chi avanza pretese a casa d’altri, chi si introduce senza invito o con l’invito pelosamente interessato di una ristretta elite, è a pieno titolo un invasore, come lo sono stati gli Spagnoli in Sud America, gli Inglesi in Nord America, gli Inglesi in Australia e così via. Il fatto che usino armi diverse da quelle di allora [1] cambia poco la sostanza delle cose.

[1] Boumedienne alle Nazioni Unite (1974): «Presto irromperemo nell’emisfero Nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria.»

Laverdure

Mi si permetta una piccola osservazione politicamente scorretta :
la cosiddetta “assimilazione ” di una cultura in un’altra e’ considerata dai benpensanti una
disgrazia,un”appiattimento” della cultura mondiale.
Eppure se ci pensate un momento e’ l’unica cosa che potra mai garantire ,per quanto e’ possibile,una vera pace.
Perche se e’ vero che i conflitti nascono da interessi economici,ambizioni di leader e simili,
le differenze di cultura offrono il miglior mezzo per istigare le masse a scagliarsi le une contro le altre.
Una popolazione mondiale dove siano venute a mancare simili differenze sarebbe senza dubbio molto piu’ stabile,e molto piu’ portata alla diffusione del benessere.
Ma questo pèer ora e ancora per molto e’ una pia utopia.

Brian di Nazareth

Forse non sarebbe una pia utopia se le risorse fossero infinite. Il problema è proprio questo: un numero sempre più alto di mammiferi saranno costretti a litigare per delle risorse vitali sempre più scarse. E allora ogni minima differenza culturale sarà un’ottima scusa per scatenare la guerra.

Beatrice

× la sig.ra Matelda che scrive
“Non si può integrare una concezione dello Stato laica con una teocratica. ”
Vorrei ricordare che la Germania non è uno stato laico in quanto attribuisce alla chiesa cattolica e alla chiesa luterana lo stato di “öffentlich rechtlich” cioè di istituti di diritto pubblico.
Lascio ai tedeschi il compito di giustificare come possano atei e mussulmani (e altri ovviamente) essere cittadini uguali agli altri visto che alcuni cittadini sono organizzati in un ente “öffentlich rechtlich” e altri cittadini invece no.

Giovanni Bosticco

Una cosa non capisco.
Se, per i musulmani, l’Islam è la mentalità
che risolve tutto, perché, con tutti i Paesi
islamici del Mondo, vangono a cercare in
Germania la soluzione ai loro problemi?
Perché quest’ultima ha risorse?
Ed il loro petrolio, cos’altro è?

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