A Genk, in Belgio, la catena di negozi Hema non ha rinnovato il contratto a una dipendente che indossava il velo. La donna, che non è un’immigrata, non portava il foulard al momento dell’assunzione, avvenuta tramita un’agenzia di lavoro interinale. La società, scrive LaLibre, sostiene di aver ricevuto numerosi reclami in merito all’abbigliamento della donna, e di aver tentato inutilmente di farla recedere dal proposito.
Raffaele Carcano
ECCONE UN’ALTRA!! 👿
Che la ragazza di Rimini della notizia precedente, prenda contatto con questa ragazza Belga, e si faccia spiegare il perche’ non e’ neanche lontanamente discutibile, la concessione di certi privilegi o deroghe ai regolamenti in ambienti di lavoro, sulla base del proprio credo religioso!
Bene hanno fatto a non rinnovargli il contratto di lavoro…Oltretutto la Hema, aveva pure ricevuto lamentele e proteste per via del suo velo. Piu’ chiaro di così!!
Notare anche la furbizia: al colloquio la fede in allah l’aveva lasciata a casa presentandosi senza velo.
Un appunto: la ragazza non è stata licenziata. Era un’interinale cui non è stato rinnovato il contratto.
Esatto: è notevole la disonestà (o se vuoi la furbizia) di presentarsi senza velo all’inizio e poi col velo!
@ painkiller e Federico Tomizzo
capisco perfettamente che la ragazza sia andata al colloquio senza velo, visto che le donne col velo sono sistematicamente discriminate
invece quello che non capisco è in che modo un foulard in testa ostacoli l’adempimento dei doveri di commessa
giulio,
chiederesti consigli sul vino a una commessa musulmana? O su dell’ intimo “speciale” da regalare alla tua compagna?
L’articolo dice solo che la Hema ha ricevuto “reclami dai clienti”, non è più esplicito, anche se cita l’ipotesi di un caso di discriminazione basata su credenze o convinzioni.
Anche una donna gravida che dissimula la gravidanza per non subire discriminazione durante l’assunzione è furbizia. Il velo non impedìsce lo svolgimento delle sue mansioni, tanto basta.
Ammazza quanta solerzia nei confronti del dio denaro!
Mi sa che il nocciolo della questione è proprio questo: guai a mettere a repentaglio l’immagine dell’azienda, la certezza del profitto.
Per onorare il dio denaro, attraverso la necessità del contegno e dell’immagine consona alla morale ec onomica si sottomettono le più elementari libertà personali.
Beninteso anch’io sono d’accordo che il velo, come qualsiasi immagine religiosa imposta dalle Chiese, sia simbolo di sottomissione. Ma non è certamente con l’imposizione della legge e con l’umiliazione personale, della ragazza mussulmana in questo caso, che si combatte l’intolleranza religiiosa ed il clericalismo in generale.
La mia religione mi impone di girare nudo indossando solo il cappuccio penico, come gli Aborigeni della Nuova Guinea.
Esigo rispetto ed esigo di poter continuare a fare il mio lavoro di dirigente nell’abbigliamento più consono alle mie convinzioni religiose.
Auguri per una superba carriera! 🙂
Alcuni anni fa, durante una visita ufficiale in Nuova Guinea, cosi si è presentato alla Sua graziosa Maesta britannica, un arborigeno che intendeva in questo modo protestare per la colonisazzione inglese della sua isola…
vogliamo la foto!!! 😆
Sarà un mio limite ma non riesco veramente a capire l’importanza di avere o non avere un foulard in testa e ciò vale sia per chi vuole indossarlo a tutti i costi che per chi vuole farlo togliere a tutti i costi…
Non capisco perchè non potevano lasciarle portare il velo (se non integrale). In che modo un foulard in testa ostacola il lavoro di commessa?
Concordo con faber.
Spesso, in alcune catene di negozi, le commesse hanno una “divisa”, non conosco però la prassi della Hema.
io una volta in ospedale poichè da tempo non arrivava il ricambio dalla lavanderia e ciascuno si portava da casa la maglietta da indossare sotto il camice ne ho indossata una gialla con scritto no god – ateismo e libertà. il giorno dopo una circolare informava che non era consentito indossare magliette “colorate”
Non capisco perché una musulmana “sottomessa”, convinta al punto da fare da pubblicità ambulante a sta religione retrograda, voglia lavorare in un grande magazzino dove potrebbe dover maneggiare bottiglie di vino e biancheria intima “non halal”. A me darebbe fastidio, sapendo come la pensano solo per una maglietta o un abitino estivo un po’ scollato, passare da una cassiera (o commessa) da una velata con un due pezzi o un abito che so che per religione lei condanna: se ci fosse una suora in cassa mi guarderei bene da scegliere quella fila! Ci sono sicuramente negozi “halal” in Belgio, potrebbe cercare lavoro li’. Tra l’altro sarebbe interessante sapere che possibilità di impiego ci sono per un non musulmano presso una macelleria o un ristorante halal.
Forse ho capito male, tu non sceglieresti una cassa al supermercato se sapessi che c’è una suora, perchè questa penserebbe male del tuo modo di vestire?
E a te che te ne importa di quello che gira per la testa a una retrograda?
Si arrangi lei, deve pure lei imparare che non vive in un mondo di suore!
Tu chiederesti le misure di un tanga a una commessa ciellina? O su un libro sulla resistenza a un commesso con la croce celtica? O un preservativo a un cristiano rinato? Io no. E se fossi il datore di lavoro pretenderei una tenuta consona a un negozio, e non a una manifestazione: nella vita privata si puo’ essere revisionista o fondamentalista, oppure se si apre un’attivtà in proprio: un negozio halal è liberissimo di assumere donne velate, come un negozio di abbigliamento o libri clericali è liberissimo di farci lavorare una suora o una ciellina. Ma un grande magazzino non è il luogo per esprimere le proprie idee, politiche o religiose che siano. Il cliente deve avere l’impressione di essere ben accolto, per qualsiasi merce decida di acquistare. Hai mai parlato con una donna velata, e le hai mai chiesto cosa ne pensa di quelli che bevono un bicchiere di vino di fronte ai propri figli? Ti assicuro che la condanna è molto netta, è considerato alla stregua di qualcosa di sporco fatto di fronte ai figli.
Per noi atei tutte le religioni sono sgradevoli, l’islam in modo particolare, perchè concentra in sè più comportamenti arcaici, in netto contrasto con i “recenti” diritti umani. A ciò si aggiunge il fatto che il velo, nelle sue varie forme, sminuisce la figura della donna: anche questo in contrapposizione con la “recente” parità fra sessi. Inoltre, quella parte di atei filooccidentali hanno un motivo in più per detestare l’islam, religione tendenzialmente antioccidentale. Tutto questo, però, è ragionamento “di pancia”, e non di testa. Se gli atei/agnostici riconoscono il diritto alla libertà religiosa (che include la nostra libertà di non avere religione) cotale diritto ci deve piacere anche quando la religione relativa non ci aggrada. Nemmeno noi siamo spiccatamente simpatici a molti credenti, ma se vogliamo la libertà religiosa per vantaggio nostro, coerentemente dovremmo volere la libertà religiosa anche quando serve agli altri.
Secondo me le protagoniste di queste vicende sono solo delle cretine esibizioniste a caccia di notorietà.
Se vogliono indossare il velo che emigrino in Afghanistan o in Iran. 🙂