Il primo composto organico a essere sintetizzato artificialmente (nel 1828 da Friedrich Wöhler) impiegando esclusivamente reagenti inorganici fu l’urea; sotto l’aspetto filosofico fu un duro colpo per i vitalisti, i quali affermavano che la chimica degli organismi viventi fosse fondamentalmente differente da quella della materia inanimata.
Il famoso esperimento di Stanley Miller del 1953 induceva a sostenere la possibilità che i composti organici (amminoacidi ed ammine) costituenti fondamentali della vita si fossero formati nelle condizioni ambientali esistite sulla Terra prima della comparsa della vita. L’esperimento fu variamente criticato, sicché Miller non pubblicò altri esperimenti successivi eseguiti con miscele di partenza modificate – in particolare con l’aggiunta di idrogeno solforato – per avvicinarsi alle condizioni ambientali che nel frattempo si era arrivati a ipotizzare come più plausibili, tenuto conto della composizione delle eruzioni gassose dei vulcani. Una nota sul sito de Le Scienze riferisce ora che dopo la morte di Miller il suo allievo Jeffrey Bada ha ripreso i campioni conservati dei risultati degli ultimi esperimenti di Miller e in due riprese li ha analizzati usando le tecniche attuali, enormemente più sensibili di quelle di cui poteva valersi Miller allora. Si è così trovato nei campioni un maggior numero di amminoacidi e ammine ed è stato stabilito che le abbondanze relative dei vari composti corrispondono a quelle che si riscontrano in meteoriti carbonacee, suggerendo che l’idrogeno solforato abbia avuto un ruolo importante nel sistema solare primitivo.
Ermanno Morgari
Riesaminati gli esperimenti Miller, con nuovi risultati
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L’idea che sottendeva gli esperimenti di Miller, e cioè che le proteine fossero alla base dell’origine della vita, è ormai superata. Seppure la catalisi (cioè l’accelerazione della velocità delle reazioni) sia sempre l’evento chiave, il ruolo di primi catalizzatori è ormai attribuito ai ribozimi scoperti da Cech nel 1980. Questa scoperta ha permesso di superare anche le due principali critiche all’origine della vita. Infatti, con il chiarimento della struttura del DNA (Watson e Crick 1953) risultò chiaro che per sintetizzare le proteine era necessario il DNA e per sintetizzare il DNA erano necessarie le proteine. Questo generava un insuperabile stallo! Inoltre la complessità delle proteine (lunghissime e formate da 20 amminoacidi) rendeva altamente improbabile la loro sintesi in termini utili. Con la scoperta dei ribozimi la comprensione dell’origine della vita, si può dire, è cosa fatta! Queste molecole, infatti, contemporaneamente svolgono sia la funzione del DNA che delle proteine; inoltre sono corte e semplici per cui la loro sintesi è altamente probabile.
Malgrado tutto questo, i risultati di Miller pubblicati ora portano un ulteriore tassello a conferma della “casualità” e della “necessità” dei fenomeni che hanno portato all’origine della vita.
Per coloro che fossero interessati a questo argomento suggerisco la lettura del mio libro “Dal big bang a dio. Il lungo viaggio della vita” liberamente scaricabile da internet a questo indirizzo http://www.biochimicaditutti.com/testo.pdf
Un grazie di cuore.
Libro INTERESSANTISSIMO
Gentile Bruna, grazie per aver reso disponibile il testo in internet. Se le capita di ripassare sul blog, mi farebbe piacere se potesse chiarirmi un concetto probabilmente elementare per i biochimici, ma per me non chiaro: quando parla di innata tendenza dell’universo ad una sorta di complicazione, ad una quasi tendenza ad una autorganizzazione (non so se ho capito bene, mi riferisco a p. 52), non significherebbe sostenere un qualche finalismo interno nella materia. Vi è una tendenza nella materia, una sorta di pressione, di attrazione, verso le forme di vita più complesse, sono a suo avviso premiate, oppure la loro comparsa resta puramente casuale? Da quello che ho letto e capito a pg 52, mi sembra che sostenga una certa corsia privilegiata per l’autorganizzazione, ma forse ho capito male, tenendo presente che della questione capisco ben poco. Se per caso intendesse questo, se per caso è dunque capace di distinguere anche una forma più complessa da una meno, non significherebbe questo sostenere anche una certa pressione anche verso la comparsa della forma complessa che è l’uomo?
Se per caso avesse il tempo di rispondere, lo faccio in termini semplicissimi, anche brevissimi ed essenziali (non voglio chattare ma rispettare la struttura del blog), come se parlasse ad un bambino delle medie, altrimenti non capisco.
Grazie.
Uno dei problemi che sta dietro alla elaborazione di questi concetti è che essi, tutti, sono frutto della mente umana, che a sua volta è solo il risultato di processi che avvengono nel nostro cervello, che a sua volta si è evoluto a partire da strutture più semplici. Sia il concetto di ordine che quello di direzione o finalità, e forse di complessità, sono risultati della funzione di quest’organo, che è squisitamente autoreferenziale e ha la simpatica qualità di sovrastimarsi, dimenticando spesso la propria origine animale. Sono perciò non assoluti, ma hanno questo limite intrinseco. Perfino per l’aumento di complessità, che sembra un concetto assoluto indipendente dalla elaborazione umana, è difficile stabilire un valore del tipo efficienza o finalità o direzione: se si considera che almeno il 99% delle specie esistite si è estinto, l’efficienza risulta un po’ bassa, nonostante il tempo a disposizione. Potrebbe trattarsi solo di quello che resta visibile ai nostri sensi. Ma si ricade in quanto detto prima: anche queste elucubrazioni sono solo prodotti di un organo in corso di evoluzione non si sa in quale direzione.
interessanti le righe di pag. 55 e pag. 56 di “lettera di un bambino che vivrà 100 anni” di Edoardo Boncinelli: “il codice genetico è universale, cioè tutti gli esseri viventi su questo pianeta usano la stessa tabellina di conversione… Questo è uno degli argomenti più potenti in favore della teoria dell’evoluzione, e in particolare della discendenza di tutti gli organismi da un antenato comune…”
insomma più che da dio, tutti gli esseri viventi discendono da un essere primordiale, forse un virus. virus a immagine di dio???
tutto il resto è noia, o escatologia, o metafore infantili: religione.
Grazie Bruna! 😉
P.S: Presto il posto da vice presidente del CNR sarà vacante…Spero che lo diano ad una scienziata seria come te. 😉
mi accodo all proposta di Paul, sarebbe una vera liberazione del CNR.
grazie per il tuo commento Bruna Tadolini, sono interessato; il suo commento temo non sia riuscito a dire tutto quello che lei voleva dirci, forse anche perchè si entra in dati tecnici assai lunghi e articolati
Miller non l’ho mai considerato la soluzione dei problemi ma è inbubbio che si era avvicinato alla realtà della genesi della vita sulla Terra, lo stesso fatto che, non essendoci ancora l’ozono a proteggere la Terra dai traggi solari, lui aveva ipotizzato che le ceneri dei vulcani avessero fatto da prime incubatrici della vita e sono d’accordo, è molto probabile.
se vuoi dire qualcosa a proposito grazie.
Come ho detto in un qualche momento di questo confronto, i meccanismi che hanno portato alla vita non sono ancora ben chiariti.
Di certo essa è basata sulla catalisi. I catalizzatori accelerano la velocità delle reazioni avvicinando ed orientando nel modo giusto i reagenti. L’iniziale produzione dei catalizzatori organici utilizzò per forza dei catalizzatori inorganici. Quali siano stati è argomento di ricerca .. argille, ceneri … Ovviamente la sintesi dei composti organici basilari era avversata da fenomeni degradativi. Le condizioni erano ben diverse da quelle odierne per cui quelli che noi ora riteniamo agenti degradativi allora lo erano molto meno! Non lo erano i raggi ultravioletti che vengono filtrati “facilmente” dall’acqua in cui si sviluppava la vita. Essi sono diventati pericolosi quando la vita è salita sulle terre emerse e ce l’ha fatta a sopravvivere poiché nel frattempo le piante avevano prodotto abbastanza ossigeno da generare lo strato dell’ozono. Non lo era l’ossigeno (l’ossidante per eccellenza) poiché all’ora ce n’era ben poco! Nel libro questo aspetto è trattato (almeno mi sembra di ricordare che lo sia .. il libro l’ho scritto 15 anni fa e la memoria ….)
Grazie.
Mi piacerebbe sapere da Bruna Tadolini se è considerata valida la teoria di Marcello Barbieri esposta nel libro ‘la teoria semantica dell’ evoluzione’.
Non conosco bene tale teoria ma il ruolo svolto dall’RNA nell’origine, evoluzione e funzionamento della vita risulta, man mano passa il tempo e si accumulano le scoperte, sempre più importante. La codificazione è un concetto-strumento fondamentale soprattutto in un mondo, come quello organico, in cui non può essere l’”intelligenza” a guidare il verificarsi dei fenomeni. Purtroppo anche fra i biologi il concetto di codice è un illustre sconosciuto come è testimoniato dalla frequente confusione fra codice genetico e patrimonio genetico
In quel libro, del 1985, Barbieri sosteneva la possibilità di uscire dal circolo vizioso ‘gene nudo’ o ‘proteina nuda’ ipotizzando che fosse l’ RNA la prima molecola autoreplicante che ha dato inizio a tutto.
L’ argomento mi sembrava convincente, ma dopo 25 anni, tutto potrebbe essere cambiato.
Grazie comunque della risposta.
No, anzi.
Nell’1980 era stato scoperto il ruolo catalitico ed “autoreplicante” degli RNA ed era stato proposto un loro ruolo fondamentale nell’origine della vita. Da allora questa ipotesi si è andata sempre più rafforzando. Per quello che so io il prof. Barbieri, in questo contesto, aveva soprattutto sottolineato il “modo” con cui una molecola non intelligente è in grado di trasferire informazione: alcuni suoi pezzi agiscono come codici a barre. Da allora la ricerca ha dimostrato come questa modalità di trasmissione dell’informazione sia universale e su di essa si fonda il complesso macchinario biochimico che permette la vita.
Wikipedia:
Esperimenti recenti hanno rilevato che le prime stime sulle dimensioni di una molecola di RNA capace di auto-replicarsi erano molto probabilmente fortemente sottostimate. Le forme attuali della teoria del mondo a RNA propongono che molecole più semplici, in grado di auto-replicarsi, abbiano preceduto l’RNA (che un altro “Mondo” si sarebbe evoluto producendo successivamente il Mondo a RNA).
Gli aggiornamenti che completano, precisano e talvolta superano i risultati di una scoperta hanno solo il piccolo svantaggio del senno di poi e ovviamente nulla tolgono ai meriti dello scopritore, come la dimostrazione della funzione del DNA di Avery, MacLeod e McCarty è stata concettualmente altrettanto importante quanto l’elegante doppia elica di Watson e Crick sette anni dopo. Indipendentemente dai dettagli, la dimostrazione di una naturale transizione dall’inorganico semplice all’organico complesso con i soli principi della chimica ha fatto cambiare molti modi di pensare anche ai filosofi e forse a qualche teologo onesto.
X Teologo cattolico
La selezione naturale seleziona gli individui che meglio sono in grado di sopravvivere e di riprodursi. E’ intuitivo che gli individui che casualmente hanno acquisito nuove capacità possono essere favoriti nella lotta per la sopravvivenza.
X Andrea
La definizione delle molecole e dei meccanismi biochimici che hanno permesso la comparsa della vita sarà ancora lunga ed interessante. Quello che è ormai chiaro è che, qualunque essi siano, sono comunque compatibili con l’ipotesi del caso e della necessità.
Sono pronto a scommettere che le percentuali piu’ elevate di atei/agnostici si rilevano tra i biologi. La biologia infatti e’ la scienza che mina piu’ a fondo le basi del Creazionismo e dell’Intelligent Design, dimostrandone l’assurdita’. La dimostrazione si basa semplicemente sul confronto tra argomenti scientifici e argomenti finalistici.
Nessun finalismo regge al confronto con il caso, ma neanche con la necessita’: un progetto intelligente infatti non puo’ coesistere con il caso, mentre un progettista intelligente e’ incompatibile con la necessita’ in quanto sarebbe necessario anche esso.
Non riusciro’ mai a capire le argomentazioni di chi crede.
“Nessun finalismo regge al confronto con il caso, ma neanche con la necessita’: un progetto intelligente infatti non puo’ coesistere con il caso, mentre un progettista intelligente e’ incompatibile con la necessita’ in quanto sarebbe necessario anche esso”
Bella!
@Alien, sono d’accordo sull’attrito che evidenzia tra finalismo e casualità. Non entro nel merito delle ipotesi di raccordo, non per altro difficilissime da prospettare, ma la mia domanda alla gentile @Bruna Tadolini, era proprio sollecitata dalla medesima questione: se accenna a qualche tendenza insita nella materia e nell’universo (a tutti i livelli, se parla di materia) alla complessità , all’organizzazione, sembra che si metta in crisi l’idea della casualità.
globalmente la tendenza dell’universo è intrinsecamente l’aumento di entropia, quindi esattamente il contrario dell’aumento di complessità. l’aumento di complessità è possibile solo localmente (quando esiste una fonte di energia esterna che consente di diminuire l’entropia del sistema al costo di un maggiore aumento di quella esterna) e solo a certe precise condizioni (l’abiogenesi era possibile solo a certe condizioni ambientali, a quelle odierne, ad esempio, non è possibile, nè sarebbe stata possibile al di fuori di un certo range di temperature ambientali, sostanze chimiche disponibili e risorse energetiche presenti).
in parole povere la tendenza dell’universo è tutto l’opposto dell’aumento di complessità, che è possibile solo ed unicamente a rarissime condizioni. una volta generatesi però sostanze in grado di copiare sè stesse e modificarsi casualmente, l’aumento di complessità e la resistenza di tali sostanze (purchè permanga sempre la fonte di energia esterna che permette la diminuzione di entropia locale del sistema) è una conseguenza ovvia (sebbene non scontata, ci sono comunque molte cose che possono andare storte lo stesso cancellando tutte le sostanze autoreplicanti. ma più passa il tempo (e quindi più le sostanze diventano resistenti) minore è questo numero, finchè non si raggiunge un certo limite di resistenza)
@ Bruna Tadolini
leggero con più calma quanto lei porta all’attenzione.
Tuttavia lei propone come verità ipotesi indimostrate ed indimostrabili su di un piano sperimentale.
Tanto per fare un esempio pone l’evento Big Bang come un fatto, quando si tratta invece di un’ ipotesi non verificabile sperimentalmente seppur sensata.
Lo stesso dicasi per quella che lei definisce “energia” e presumo lei si riferisca all’ipotesi del vuoto quantistico.
Cordialmente
@ enrico
Caro passerotto, mi permetto di ricordarti che tu hai dichiarato, un po’ di tempo fa:
a) Tutta l’evoluzione biochimica e biologica non ha alcun senso scientifico perché trascura i dettagli (sic) e tu da bravo chimico non la puoi accettare.
b) Il parto verginale della madonna si spiega benissimo sulla base dell’effetto tunnel previsto dalla meccanica quantistica, un po’ come con le particelle alpha quando vengono sparate fuori dai nuclei degli atomi e superano la barriera di potenziale che vi è associata (pensa che, quando l’ho raccontato al dipartimento di matematica dove lavoro, una mia collega anziana è stata colta da malore per il troppo ridere: per poco non abbiamo dovuto chiamare l’autoambulanza che la venisse a prendere).
c) Nel libro dell’Apocalisse è descritta in modo scientificamente dettagliato (di nuovo sic) la caduta di un asteroide sulla terra.
Adesso salti fuori con il dichiarare che il big bang è solo un’ipotesi. Poi vieni a tirare in ballo addirittura il “vuoto quantistico” (ma in parrocchia non ti hanno ancora spiegato che, in meccanica quantistica, a causa del principio di indeterminazione il vuoto non può esistere?).
Ascolta le parole di un amico: PIANTALA CON LE CANNE! piantala davvero! Alla tua età non le reggi più, credimi.
Tanti cari ed affettuosi saluti al sacrestano, a suor Maria Addolorata, a suor Maria Genuflessa ed a suor Maria Rallegrata.
@ giordanobruno
Mi spiace giordanobruno ma alcuna delle affermazioni che tu poni alla mia attenzione sono state scritte da me.
@ enrico e giordanobruno
probabilmente non si tratta dello stesso enrico.
Confermo a questo enrico che un altro ha scritto (con nick assolutamente uguale) quanto ha affermato giordanobruno.
@ giordanobruno
Caro giordanobruno, se lei avesse letto con attenzione lo stile degli interventi che lei riporta avrebbe dovuto cogliere una certa differenza rispetto a quelli postati precedentemente.
Infatti vi sono stati forumisti, ad onor del vero, che avevano colto tale situazione.
Dunque per tranquillizzare lei ma soprattutto la sua anziana collega sappia che certamente tali post non sono stati scritti da me e con ogni probabilità nemmeno da un cattolico.
Invece resto perplesso, spece per l’informazione che lei mi fornisce, ossia che lavora in un dipartimento di matematica, del fatto che lei non abbia colto il senso dell’intervento, ossia che sperimentalmente non è noto quanto accadde nei primi istanti dopo l’evento Big Bang nè, a meno di non presentare ipotesi metafisiche, che cosa abbia portato a tale evento.
Dunque presentare qualcosa che assomiglia molto ad una teoria del tutto e che sembra far intendere che ormai tutto è chiaro è noto mi sembra poco scientifico.
@ enrico
Esimio professore, ignoro se Ella sia il nostro caro enrico-il-chimico, il quale deliziava con i suoi commenti questo blog alcuni mesi orsono. Tuttavia mi permetto di farLe rispettosamente osservare che non solo il nick ma anche il modus cogitandi è lo stesso: pedanteria a senso unico, unita alla più totale assenza di elasticità mentale.
Inoltre:
a) Nel suo dotto commento Ella ha scritto che il big bang è soltanto un’ipotesi. Adesso, io sono un matematico ed un ingegnere nucleare, ma non un cosmologo, e non ho pertanto l’autorevolezza scientifica per confutare quanto da Lei asserito; tuttavia, dopo tutto quello che è avvenuto in cosmologia in questi ultimi vent’anni, simili affermazioni mi sembrano quanto meno stravaganti: non ha ancora sentito parlare della radiazione cosmica di fondo o della costante di Hubble?
b) Ella ha tirato in ballo l’energia del vuoto quantistico. Adesso, anche il mio gatto sa benissimo che, in fisica, esiste l’energia del vuoto proprio perché NON può esistere il vuoto quantistico: parlare di energia del vuoto quantistico, giusto per usare le Sue parole, sarebbe come parlare di temperatura del ghiaccio bollente, quando tutti sanno che il ghiaccio non può bollire nemmeno in corrispondenza del punto triplo dell’acqua. Eh, la pedanteria a senso unico di voi cattolici!
c) Come il nostro caro enrico-il-chimico, neanche Ella può accettare l’evoluzione biochimica e l’evoluzione biologica, dal momento che gli scienziati non hanno ancora chiarito tutti i dettagli relativi ad essa. Secondo Lei, allora, per capire che l’acqua del mare è salata, uno deve trangugiare tutta l’acqua che è contenuta negli oceani? Ancora: eh, la pedanteria a senso unico di chi è convinto che Padre Pio fosse davvero capace di bilocarsi!
I miei saluti più cortesi.
@ giordanobruno
Molto semplicemente giordanobruno le ho spiegato che tali interventi non sono stati scritti nè da me nè da quell’ “enrico” che mesi fa ( prima del 13/14 luglio 2010) scriveva qui, ma semplicemente da un “enrico” e dubito fosse credente……..
Non capisco quello che lei scrive riguardo alla temperatura del “ghiaccio bollente”.
Il ghiaccio non bolle poichè l’ebollizione è il pasaggio di fase dallo stato liquido allo stato gassoso quando la tdV eguaglia la pressione.
Dunque un solido non può bollire.
Fin qui ci stava come giochetto.
Ma è il fatto che lei mi parli del punto triplo che non capisco cosa c’entri.
Perchè mi fa venire il sospetto che allora lei volesse intendere altro, ossia che il ghiaccio non passi allo stato gassoso, ossia sublimi, ed in questo caso se lei intendeva questo osservi il diagramma di fase dell’acqua e consideri cosa accade a determinate condizioni di P e T.
Anche il resto di quanto scrive comunque non è molto chiaro.
l’ignoranza di enrico è proverbiale, il Big Bang è una teoria, non un ipotesi, almeno su questo speravo che lei avesse capito la differenza, ma purtroppo è messo male epistemologicament eparlando.
La cascata entropica le fa male caro enrico, la sua non è nememno una complessità e il vuoto quantistico è più che un ipotesi, è il suo stesso cervello.
Le sue osservazioni vanno d’acordo con De Mattei, voi due vi trovereste bene a fare convegni sul nulla e sui castighi della bontà di dio.
A proposito di ‘caso’, vorrei capire bene visto che ci sono esperti cosa si intenda per ‘caso’.
Generalmente, quando si parla fuor di scienza, il concetto di caso viene associato:
1) All’ignoranza (nel senso di momentanea non conoscenza) delle cause di un fenomeno, per cui chiamo caso una causa o più cause a me ignote
2) All’incrociarsi di eventi tra loro indipendenti da un punto di vista causale ma entrambi aventi una causa (la cosidetta causalità indiretta). Un esempio è la celebre satira dei pastafariani per cui l’aumento della temperatura globale dipende dalla diminuzione dei pirati: in realtà sono fenomeni non legati causalmente tra loro ma concomitanti, i quali però hanno entrambi una serie di cause che li spiegano (l’aumento della temperatura ha cause fisiche e scientifiche, la diminuzione dei pirati cause storiche ed economiche).
In entrambi i casi le casualità non tolgono il nesso causale.
Vorrei sapere, quando uno scienziato parla di ‘caso’ che esclude ogni causalità, quale definizione di caso contempli, almeno capisco bene come si usa questo concetto.
Ringrazio anticipatamente chi porrà interesse nel rispondere.
quando le stesse medesime caratteristiche di partenza conducono a due risultati diversi (come avviene in quantistica) significa che il risultato è casuale, non determinato dai dati di partenza.
Beh, non mi pare sia così semplice: a rigor di logica significherebbe che il risulatato non è necessariamente sempre conseguente da quelle premesse ma potrebbe essere influenzato da fattori esterni alle premesse di partenza.
le particelle non è che abbiano molte caratteristiche disponibili: posizione, velocità, massa, carica e spin. altro non c’è. sarà anche vero che le prime due caratteristiche non si possono sapere in contemporanea, ma nel studiare le relazioni causa-effetto la cosa si può anche aggirare tramite gli studi statistici…..
mi correggo: più correttamente velocità e massa andrebbero pure riunite nella stessa grandezza, la quantità di moto, in quanto profondamente legate.
ha ragione nightshade. quando si usa casualità, a meno di differenti specificazioni, si intende quella oggettiva, non il frutto di una ignoranza soggettva.
Eintein si era dimostrato particolarmente contrariato da questa tesi, se non ricordo male. Quello è comuque l’uso scientifico del termine.
Epperò esiste il grande dilemma: che ciò che è casuale nel micromolecolare da comunque vita a rapporti causali nel macro, e appunto è talmente difficile avere mezzi di osservazione riguardo alle particelle per cui molto ancora c’è da scoprire.
Einstein sul discorso di Heisenberg secondo me prese una grossa cantonata (‘dio non gioca a dadi’ mi pare che disse), proprio perchè confondeva la definizione scientifica di caso con la definizione logica mescolando indebitamente i piani proprio perchè il richiamo al divino lo portava a concepire un finalismo che mal si confaceva ad unos scienziato e che semmai andava discusso in ambito speculativo.
E tuttavia il problema del caso, a livello concettuale, resta molto forte proprio perchè è difficilmente pensabile che ciò che nel micro non sia soggetto ad alcuna causalità, nel macro sia invece analizzabile sotto quell’ottica.
La causalità non è nella natura ma semplicemente nella mente umana? Eppure la causalità ha rispondenza oggettiva, altrimenti se non ci fosse il nesso causale non bollirebbe l’acqua ogni qualvolta la esponessimo per un certo tempo ad una fonte di calore.
Ma va benissimo, come dice seppur piccata Tadolini sotto, che in scienza finchè non si scopra il nesso causale si usi il termine ‘caso’, ma appunto il concetto di ‘caso’pone un sacco di problemi e non mi riferisco alla scienza ma alla sua ipostatizzazione che spesso viene usata.
Ah…indeterminatezza non è equivalente a casualità, a proposito di Heisenberg e dell’ipostatizzazione del caso che spesso mi capita di leggere
Dizionario d’Italiano.
Caso s.m. Evento accidentale, imprevisto.
Tadolini,
Beh, allora rientra in una delle due definizioni, per cui ciò che oggi chiamiamo caso potrebbe benissimo essere una ‘legge’, cioè una costante naturale, o sbaglio?
Questo voglio dire: noi oggi diciamo che il gene muta casualmente…è del tutto da escludersi che un domani troveremmo una legge, o un motivo, con cui spiegare come e quando possono avvenire quelle che oggi chiamiamo mutazioni casuali oppure che ci sappia definire quello che oggi chiamiamo il movimento causale delle particelle subatomiche?
Era lì il punto sotteso al problema del caso, se quello che noi chiamiamo caso un domani non possa essere in qualche modo spiegato.
Approfitto per una domanda, nel caso rida pure della mia ingenuità scienti f ica o crassa ignoranza.
Se le mutazioni fossero casuali (con tutti i problemi del ‘caso’, per sorriderci su) a me parrebbe che dovrebbero interessare un numero talmente sparuto della popolazione e in situazioni così lontane per cui la costante (e anche quella della selezione a ben pensarci è una spiegazione causale) della selezione tramite la sopravvivenza e la riproduzione difficilmente potrebbe attivarsi: se fosse un caso inspiegabile il passaggio al sapiens sapiens esso sarebbe avvenuto, sempre parlando da ignorante, in un campione così ristretto di gente per cui anche l’accoppiamento e la riproduzione, dunque la trasmissione genetica, diventava difficile
correggo…il movimento casuale (non causale) delle particelle subatomiche: qua tra casuale e causale è un attimo sbagliarsi!
Gli eventi che noi ORA definiamo casuali corrispondono a quella definizione. Se in futuro essi saranno prevedibili non saranno più casuali! Se e quando ciò si verificherà, la scienza aggiornerà le proprie teorie in base alle nuove conoscenze.
Io, per aiutare gli affetti da “crassa ignoranza” come lei, ho scritto un libro ….. lei si aiuti leggendolo
Beh Tadolini,
non c’è bisogno di essere così caustici, visto che dalla sua risposta non mi pare che il sottoscritto abbia detto grandi oscenità.
Appunto, nella sua risposta mi conferma che noi chiamiamo casuale una cosa fintantochè non ne troviamo una spiegazione, cioè un nesso causale.
Quindi il libro posso pure leggerlo quando avrò tempo (l’ho già scaricato se per quello), ma non mi sembra nella sua risposta dare così torto a ciò che sostenevo, fosse pure detto da un ignorante. Altrimenti può sempre spiegarlo in termini semplici.
Non capisco peraltro che cosa la indispettisca, cosa evidente leggendola, visto che non ho messo in discussione nulla della concezione evoluzionista, nè mi sogno di farlo.
O ragionare un po’ in termini di logica pura sul rapporto causalità e casualità è qualcosa di male?
Se ne deduce che un evento è casuale quando chi lo osserva non ne comprende l’origine?
X Batrakos
Mi dispiace che abbia intepretato come caustico un messaggio solamente sintetico! L’invito a leggere il libro era motivato dalla vastità e dalla complessità dell’argomento da lei sollevato che non può certo ricevere una risposta esauriente in questo contesto.
Tadolini, nessun problema, anzi grazie mille per la gentile precisazione e per il libro di cui stavo appena leggevo il discorso della differenziazione.
Sul concetto di caso credo che il libro non possa dirmi molto, essendo un concetto fondamentalmente filosofico e appunto ho presentato la domanda per capire se c’è una terza definizione, per uscire dall’empassem oltre alle due, ma questo non è nemmeno materia di scienziati che hanno piena legittimità ad usarlo, nei termini di cui abbiamo discusso.
Sul libro, lo leggerò.
Se magari, prima della chiusura thread, potesse indicarmi le pagine in cui si tratta il problema che avevo domandato sopra e ora ripetuto sotto ad Alien mi farebbe molto piacere per dipanare una mia ignoranza, anche se alla fine non risolve il problema del ‘caso’ su cui perlatro logici e filosofi si accapigliano da millenni.
X Batrakos
penso che a questo link possa trovare le risposte al suo quesito (se l’ho capito bene ..) http://www.invertebrati.info/download_file/gdp.pdf
Grazie Bruna, ho iniziato a guardarlo or ora.
Ma il problema che io mi pongo, legato alla storia più che altro, credo sia più semplice dello studio sulla chimica delle mutazioni.
Io mi domando semplicemente: se la mutazione avviene per puro caso, cioè in modo assolutamente arbitrario anche se poi abbiamo visto che è concetto molto discusso, come, ponendo l’esempio dell’arrivo del sapiens sapiens che mi è più semplice, questa casualità possa avvenire in campioni di popolazione diffusa, geograficamente e temporalmente vicina; se la mutazione fosse arbitraria per logica dovrebbe succedere sporadicamente ad un individuo o a pochissimi per cui egli non potrebbe riprodursi.
Se anche potesse, per chimica, riprodursi accoppiandosi con specie a lui simili per poter avere una prole i sapiens sapiens dovrebbero essere comunque un certo numero per potere avere una prole sufficiente per moltiplicare la nuova specie e questo implicherebbe probabilmente non il solo caso ma una correlazione di qualche tipo con l’ambiente tale da spiegare una costanza, anche se al momento non lo capiamo.
Io devo staccare e potrò passare all’incirca alle 6,30 poi non so se potrò fino a chiusura thread: se lei, quando può, mi dice che nel suo testo e in quello linkato c’è la spiegazione lo studierò bene; il suo libro lo leggerò comunque perchè è scritto davvero in maniera facile nonostante l’argomento.
Sono pochi gli scienziati che divulgano gratuitamente un testo, i miei complimenti!
Mi perdoni ma, da quello che scrive (… egli non potrebbe riprodursi.…riprodursi accoppiandosi con specie a lui simili…), risulta chiaramente che le mancano dei concetti fondamentali!
Per definizione l’evoluzione avviene selezionando gli individui più adatti a vivere ed a riprodursi in un certo ambiente. Perciò, semplificando all’osso, l’Homo sapiens sapiens si è evoluto perché i suoi antenati hanno subito mutazione che hanno permesso loro di CONTINUARE a riprodursi con gli individui della STESSA (per definizione l’accoppiamento fra due specie non può dare progenie o progenie fertile). Il mutante ha perciò avuto una progenie della sua stessa specie. Se la mutazione era vantaggiosa, la sua progenie diventa più vasta di quella degli altri individui della specie. Questa “vastità” fa aumentare in termini relativi la frequenza del nuovo gene nella popolazione. Questo “arricchimento” è più facile in piccole comunità in cui è frequente l’inbreeding. L’isolamento favorisce l’arricchimento in geni mutati della popolazione. Se questi geni sono molti, le caratteristiche della popolazione cambiano molto fino a renderla tanto “diversa” da divenire incapace di accoppiarsi con gli individui della stessa specie che vivono in altre zone. Così, ripeto semplificando all’osso, nasce una nuova specie!
Fra le informazioni contenute nel libro ed il link che le ho indicato sicuramente potrà chiarirsi le idee.
Non sono un biologo, ma, leggendo Monod, mi sembra di capire che le mutazioni genetiche siano perfettamente casuali, mentre le reazioni biochimiche sono perfettamente necessarie.
Ergo, l’evoluzione dei sistemi viventi si spiega in prima approssimazione come successione di mutazioni che devono fare i conti con le ferree regole della chimica.
Per quanto riguarda invece il concetto di causalita’, mi sembra una antropomorfizzazione che dovrebbe essere abbandonata. Le leggi fisiche non descrivono una causa e il suo effetto, ma casomai un modello matematico che approssima l’evoluzione nel tempo di un fenomeno. Quella che sembra essere causalita’ ai nostri occhi dovrebbe invece essere considerata come influenza di un certo parametro fisico su altri parametri fisici.
Mi scuso innanzitutto per la rapidità delle risposte, ma fra poco dovrò staccare e forse fino a chiusura thread non potrò più intervenire, quindi ci tenevo bene a spiegare ciò che intendo per non passare per un religioso o un creazionista…sono semplicemente una mente un po’ problematica o magari bacata…
Alien,
Possiamo cambiare i termini della questione, ma in termini macromolecolari a parità di condizioni e da identiche situazioni conseguono risultati uguali; per cui non vedo perchè non si debba dire che il calore causi l’ebollizione dell’acqua.
Chiaro che la causalità è una categoria umana (ma anche il caso, essendo sempre soggettivo o una concomitanza di eventi, è un antropomorfismo se ci pensi), ma c’è: senza la causalità sarebbe impossibile, ad esempio, una diagnosi medica, per cui a determinati sintomi il medico associa una malattia che sa poter causare quei fenomeni oppure seleziona tra un rage di malattie che possono causarli su cui fare successivi approfondimenti per stabilire quale sia la malattia.
Nemmeno si potrebbe associare un farmaco ad una malattia se non sapessimo che quel principio attivo causi reazioni chimiche tali da poter rimettere la patologia.
Ecco, la chimica, come dici tu con la spiegazione di Monod, è retta da leggi, e in quanto leggi l’opposto del caso, e, come detto sopra, noi chiamiamo casuale una mutazione ma un giorno potremo anche arrivare a capire che ci siano ‘leggi’, sempre nel senso di costanti, che regolano quella che oggi ci sembra una casualità, e sul problema concettuale e antropomorfizzante del caso -almeno quanto la causalità- rimando a sopra (16,37).
Peraltro, ripeto, c’è un problema: un fenomeno che avviene a caso a me pare difficile che si estenda, come avviene nella mutazione genetica, ad un campione di popolazione diffuso, geograficamente e temporalmente vicino: condizioni necessarie affinchè avvenga la selezione con riproduzione e trasmissione dei geni e di nuovo qua la selezione per adattamento è di nuovo una costante… ma su questo sarebbe bene avere una spiegazione da chi di biologia evolutiva si intende.
Ecco, sia chiaro io non contesto l’evoluzione dell’organico dall’inorganico nè il concetto scientifico di casualità, ove e fintantochè non succeda di trovare un nesso.
Quello che mi sembra semplicistico è quando sento dire che il caso spiega tutto, quando è lo stesso concetto di caso a presentare molti dubbi.
Anche la definizione del vocabolario riportata sopra di caso è sostanzialmente una tautologia (caso è ciò che è imprevisto o accidentale è come dire caso è ciò che è casuale) tanto è complesso questo concetto su cui spesso si sorvola molto quando lo si cita, e questo era il senso del mio intervento.
Il senso dell’attributo di casualità alle mutazioni si riferisce al fatto che esse non avvengono in base ad una particolare pressione selettiva ma semplicemente sono frutto di processi biochimici che, per quanto ovviamente regolati dalle regole della termodinamica e della chimica, non subiscono l’influenza di fattori che potrebbero essere considerati finalistici (vedi esperimenti di Joshua e Lederberg). Tanto più che molte di queste mutazioni risultano essere del tutto neutrali rispetto alla fitness dell’organismo. Si aggiunga che esistono delle posizioni teoriche (riconducibile alla Teoria Neutrale dell’evoluzione) che sostengono che l’accumulo di determinate forme genetiche (e dunque fenotipiche) rispetto ad altre possa avvenire anche in assenza di fenomeni selettivi in quella che viene definita evoluzione non darwiniana che si basa esclusivamente su fenomeni di deriva genica casuale.
Faber, una cosa: dire che la casualità non implica il finalismo è verissimo, ma a rigor di logica nemmeno la causalità lo implica, quindi se una stessa proprietà è presente in due situazioni non può essere quella a definirne una rispetto all’altra.
Ad esempio: la fonte di calore è causa dell’ebollizione dell’acqua ma non fa solo quello nè esiste per quello (altro se io accendo il gas per scaldare il fuoco, lì c’è finalismo ma il finalismo lo mette l’uomo).
nightshade90 : le particelle non è che abbiano molte caratteristiche disponibili: posizione, velocità, massa, carica e spin. altro non c’è…
Chiedo perdono, sono il classico ignorantone, ma nella teoria delle stringhe (che credo rappresenti al momento la base delle più accreditate teorie del tutto) le particelle elementari non sono la manifestazione di un “qualcosa” che si dipana nelle dieci dimensioni, e che la maggior parte di queste dimensioni sono per noi (attualmente) imperscrutabili?
Se fosse così, non potrebbe aversi coincidenza tra l’intesa “casualità oggettiva” e la casualità=attuale impossibilità di individuazione delle cause?
Chiedo scusa, sarà l’orario e la birra…
la teoria delle stringhe è solo una teoria, tra l’altro molto discussa, ma comunque non mette le altre dimensioni su un piano imperscrutabile: dal punto di vista matematico sono scrutabilissime al pari delle 3 spaziali e qualla temporale che conosciamo bene. e con esse quindi i loro effetti nel piano dimensionale osservabile (quando i loro effetti sono sufficientemente macroscopici da apparire in tale piano). la teoria delle stringhe non porta certo acqua al mulino del determinismo (cioè di una casualità apparente e non reale) (almeno per quanto ne sò: sono solo al secondo anno di fisica, certe cose in modo approfondito le devo ancora affrontare….. 😉 )
tra l’altro il punto debole (o uno di essi) della teoria delle stringhe però è che appunto praticamente impossibile da verificare….
e non preoccuparti se sai poco di certi argomenti: è chiedendo e facendo domande che si impara, ed io sono sempre felice di discutere di certi argomenti (su cui, comunque, neanche la mia conoscenza è anche solo lontanamente completa).
gli unici veri ignoranti sono solo coloro che fanno i tuttologi sugli argomnenti che non conoscono, non certo coloro che discutono per imparare 😉
Zenk iù veri mucci for esplicationes & comprension: devo barcamenarmi con una lontana maturità scientifica e con la consultazione de Le Scienze…
Bye!
Grazie a tutti per le risposte, in particolare quella di faber
Tadolini,
quello dlle specie diverse l’ho detto, le confesso, per inssicurezza poichè parlando con una scienziata si ha sempre paura di dire qualcosa di superato anche ove a noi sembra scontato (so bene che un asino e un pettirosso non possono riprodursi per rsiponderle con un esempio parossistico).
Per il resto, però, mi perdoni lei, ma mi sa che è lei a non aver capito la domanda,poichè mi continua a parlare di quel che succede, a mutazione avvenuta, nelle modalità di conservazione e trasmissione, mentre la mia domanda era incentrata sulla mutazione stessa e su ciò che il caso pone come problema (e infatti, essendo la sua risposta incentrata su altro, la mia domanda è rimasta purtroppo inelusa), non sulla trasmissione del patrimonio genetico; vedrà che rileggendo è chiarissimo.
Mi sembra altresì, anche leggendo Faber, che casuale è termine identico a quello che si usa normalmente coi problemi che genera.
Allora, ripeto, quando si dice Il Caso come fosse un ente, una sostanza rimane il problema grossissimo di cosa sia il caso, che se viene definito come ciò che è accidentale è una tautologia quindi non definisce nulla.
Tadolini, in ultimo.
Il mio discorso poneva però, se legge Alien, un altro problema: da una parte c’è il caso (ammesso cosa ciò voglia dire a parte la definizione tautologica da lei fornita tramite il dizionario), dall’altrà la necessità delle costanti che lei introduce; e anche qua mi sembra ci sia un problema anche perchè dicendo che sopravvive quel che si adatta meglio introduce di nuovo un principio causale e capirà da sola il problema.
In secundis, ok quel che lei mi ha spiegato, ma ripeto lei parte dalla mutazione.
Bene anche con tutte le condizioni favorevoli, se la mutazione è causale dovrebbe interessare pochissimi individui e molto difficilmente in tempi e spazi vicini per cui comunque il problema che ho posto ritorna.
La conservazione e trasmissioni viene dopo quel problema, a rigor di logica.
Per cui mi scuso ancora se per dovuto rispetto sono parso ignorante anche più di quel che sono, ma la logica un minimo la conosco e il problema mi pare essere tale e quale all’inizio della domanda.