Studio GB: la propensione a credere è congenita

Un imponente studio realizzato da ricercatori di Oxford e finanziato dalla Templeton Foundation, costata oltre due milioni di euro, ha constatato che i meccanismi cerebrali degli esseri umani li inclinano a credere in Dio. La ricerca confermerebbe quindi quanto già sostenuto da studiosi come Pascal Boyer (E l’uomo creò gli dei) e nel libro Nati per credere, scritto da Pievani, Girotto e Vallortigara: evidenze che non devono portare alla conclusione che Dio esiste, ma soltanto che gli esseri umani sono portati a credere vere le storie che ne rivendicano l’esistenza. Tant’è che la credenza è facilmente accettabile dai bambini. Ciononostante Roger Trigg, uno dei responsabili dello studio, dopo aver affermato che, da tale ‘scoperta’ sia gli atei che i credenti possono trovare argomenti per sostenere le proprie ragioni, ha dichiarato alla CNN che la teoria della progressiva secolarizzazione delle società avanzate è “senza speranza”.

Raffaele Carcano

Archiviato in: Generale, Notizie

58 commenti

Diocleziano

Possono credere quello che gli pare, ma non a spese mie.

bardhi

“progressiva secolarizzazione delle società” non significa la scomparsa della religione, del credente in dio o altro superstizioni, al limite potrebbe portare al equilibro naturale fra presone “geneticamente” credenti e quelli non credenti.

ale cattolico

Nessuno è condizioato nel credere da parenti, genitori,basta pensare all ateo,poi convertitosi al cattolicesimo bruno Cornacchiola.

fab

Dev’essere perché non si è condizionati dai parenti che i cattolici sono tanti sulla sponda nord del Mediterraneo e pochi su quella sud.

bardhi

Potresti aver ragione se ai bambini non li fosse inculcato la religione dei genitori sin nella culla, se ogni uno fosse lasciato libero a scegliere nel età della ragione la filosofia da seguire non avremmo avuto un mondo con un emisfero islamico e un cristiano ma un mondo multiconfessionale, non avremo avuto un arabia saudita con 100% musulmani ma pure buddisti, atei, cristiani ect ect.
Capisco che per il tuo neurone messo in croce è difficile capire o immaginare una cosa del genere ma è cosi.

Murdega

alecattolico,”Nessuno è condizioato nel credere da parenti, genitori,basta pensare all ateo,poi convertitosi al cattolicesimo bruno Cornacchiola”
Non ho capitò alcunchè !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Demos

Più in generale, è il contesto socio-culturale che produce i credenti delle diverse religioni. Ovvero, la religione non si sceglie. Se nasci in Iraq sarai musulmano, se nasci in Italia sarai cattolico, se nasci in India sarai musulmano o indù. L’ateismo si configura dunque come un processo di estraniazione dal proprio contesto culturale, scaturisce da una riflessione che guarda dall’esterno al proprio contesto.

sabre

l’uomo chiede di avere risposte. Quando un fenomeno non viene compreso Dio appare come una risposta, una difesa evolutiva….. C’è nell’uomo la propensione a credere alle proprie panzane fino a che riesce a darsi una risposta soddisfacente, a colmare le sue lacune: non per nulla dio viene man mano confinato in posti sempre meno accessibili per l’uomo e la sua scienza.

ser joe

Io credo che tu sia un idiota e ci sono le prove dei tuoi interventi

P.C.

“Chi crede sa che è nel vero, perchè ne ha le prove.” Però devi credere sulla parola che le abbia, visto che non te le fa mai vedere…

ser joe

Chi sa e sa di sapere è un genio. Chi non sa e studia per sapere è intelligente, Chi non sa ma crede di sapere è un’idiota. La terza è per ale cattalcolico.

FSMosconi

@ale troll

Credere perché ti è stato detto di farlo o credere perché si crede non è una prova al Paese mio…

Matelda

Il bisogno di credere è tale che il fatto che alcuni meccanismi naturali siano spiegati dalla scienza non inficia affatto la religione. Come il bisogno di credere non deriva affatto dalla presenza di misteri ancora irrisolti.
Ha ragione Sabre quando dice che il contrasto tra scienza e fede viene risolto confinando Dio sempre più lontano. In effetti se si pensa che nell’antichità Dio interveniva continuamente nell’esperienza umana, e il suo manifestarsi diretto era esperienza ritenuta fuori discussione. Il problema è un altro: pur confinato il posti sempre meno accessibili all’uomo, quasi nessuno mette in discussione la sua esistenza. Solo pochi illuminati sono arrivati alla conclusione che Dio è solo una proiezione della mente umana. Come far diventare questo concetto un assunto largamente condiviso?

Federico Tonizzo

@ Matelda:
“Come far diventare questo concetto un assunto largamente condiviso?”
Basta constatare che religioni e superstizioni e convinzioni errate in generale crescono rigogliose sul terreno dell’ignoranza.
Statisticamente c’è una correlazione inversa tra grado di istruzione scientifica e creduloneria:

Da:
http://www.uaar.it/news/2010/12/04/predica-alla-casa-pontificia-natale-risposta-cristiana-allo-scientismo-ateo/#comment-439692
“Bruno Moretti Turri risponde:
sabato 4 dicembre 2010 alle 20:39
“I credenti in superstizioni, scaramanzie, oroscopi & religioni sono:
il 99 % degli analfabeti
il 94 % dei V elementare
il 90 % dei III media
il 74 % dei diplomati
il 35 % dei laureati in materie scientifiche
il 15 % degli scienziati ad alto livello
lo 0 % dei premi Nobel italiani viventi”
Dalla trasmissione “White Rabbit” by Bruno Moretti Turri, Radio Varese, 1978.
N.B.: i dati sono relativi all’Italia del 1978. Oggi, a livello mondiale, gli scienziati ad alto livello che sono credenti, sono il 7% (fonte: Accademia Americana delle Scienze citata da Odifreddi).”

E’ per questo che la chiesa ha gioco più facile con le persone poco o niente istruite (o con i “poveri di spirito”).

francesco

Per condividere il concetto basterebbe dimostrarlo.
Non è per questo che serve la ragione?

Federico Tonizzo

@ francesco:
Infatti i “credenti” rinunciano alla ragione, almeno nell’argomento della religione.

Fabio

Secolarizzazione non e’ ateizzazione.
La secolarizzazione delle societa’ “avanzate” non mi pare una teoria,
ma un dato di fatto.
Pure in Italia, dove siamo parecchio indietro rispetto al resto dei paesi occidentali,
mi pare che abbiamo ottenuto una legge che permette l’aborto, una legge che permette
il divorzio, ampie fasce della societa’ che si esprimono a favore di eutanasia e riconoscimento giuridico dei legami omosessuali, anche se non abbiamo ancora ottenuto leggi al riguardo, credo sia questione di pochi anni…

francesco

Secolare vuol dire non religioso, cioè che non appartiene ad un ordine religioso.
Per es ratzinger è un secolare e non un religioso.
Credo che la gente che usa a sproposito sta parola, questo non lo sappia.

Bismarck

La secolarizzazione senza speranza? Il fatto che si creda in un essere superiore non mi sembra che significhi accettare le regole imposte da una religione, uno può anche costruirsi una divinità tutta sua, che è quello che mi pare stia accadendo.

bruno gualerzi

Dallo studio si potrebbe anche dedurre (ormai l’ho detto in tutte le salse) che la condizione umana (non la natura umana che non esiste perchè in continua evoluzione) – la consapevolezza della quale è anche consapevolezza della precarietà dell’esistenza di ognuno – comporta l’esigenza di superare in qualche modo questa precarietà. Quindi, da questo punto di vista l’esigenza di qualcosa o qualcuno che renda possibile questo superamento credo sia comune a qualsiasi appartenente alla specie umana. E’ poi dal modo con cui si fa fronte a questa esigenza che si può ‘sperare’, ‘auspicare’, ‘ipotizzare’… e infine CREDERE all’esistenza effettiva dii questo qualcosa o qualcuno
oppure rendersi conto che l’esigenza è destinata a rimanere tale.
Quindi lo studio non può non ritenere (e se non ne sono consapevoli… glielo faccio sapere io gratuitamente (^_^)) congenita la propensione a credere… ma come esigenza di credere, da cui giustamente poi si ricava che “sia gli atei che i credenti possono trovare argomenti per sostenere le proprie ragioni”. Dipende, come detto, dalla risposta all’esigenza.

fab

Ce ne facciamo assai di uno studio Templeton.
Fra l’altro, le condizioni al contorno dello studio sono sicuramente viziate, dato che è basato su una popolazione ancora troppo poco istruita per eliminare l’induzione a credere.

El Topo

Ora che sappiamo trattarsi di un disturbo mentale il prossimo passo potrebbe essere la ricerca di una cura, una terapia in grado di far riaquisire la salute mentale ai poveri credenti malati e raggirati dai furboni che amministrano e somministrano la supposta parola di Dio.
Fui cattolico pure io nei tempi che furono e ne sono uscito attraversando tutti i gradi di distacco progressivo fino al Dio personale con incursioni nelle filosofie orientali e rasentando gli oroscopi, ma alla fine ho avuto l’unica esperienza veramente mistica della mia vita eliminando qualsiasi scoria di trascendentalismo e metafisica di sorta e ho finalmente visto il cielo (che lo scroto divino prima mi nascondeva alla vista). Ciò significa che faccio parte dei propensi al divino ma significa anche che la propensione non comporta una statica e deterministica riduzione ad un essere adorante il soprannaturale ma va vista in termini statistici e magari con vari gradi di gravità, ossia non si può inferire granchè da questi studi a parte il fatto che credere potrebbe essere un problema psichico da affrontare e trattare per evitare ai portatori di tale handicap di trovarsi vittima di raggiri da parte di furboni di vario genere quali preti, chiromanti e fattucchiere di ogni sorta.

Giorgio Pozzo

Io non la farei così semplice. Non conosco lo studio Templeton, ma il libro di cui a riferimento spiega chiaramente che la mente umana tende a cercare una finalità in tutte le cose. Il finalismo, e non la fede vera e propria in un dio, è ciò di cui si parla.
La scienza si basa sull’assunto, non evidente a molti, che in natura non esista alcun finalismo, mentre l’Intelligent Design si basa sull’ipotesi opposta. Questa ipotesi finalistica risulta più intuitiva nella mente dei bambini (di qui le conclusioni per le quali siamo portati a “credere”), i quali cercano il fine delle cose più che le spiegazioni, e più semplice da accettare per gli adulti, i quali preferiscono guardare la televisione piuttosto che ragionare.

La mia conclusione è semplicemente che la mente finalistica di un bambino, se non educata alla scienza e soprattutto all’Evoluzione, da adulto svilupperà quella pigrizia mentale caratteristica del credente, il quale accetta senza spirito critico le pseudospiegazioni del Creazionismo.
Aggiungeteci, se volete, una crescita all’ombra dell’indottrinamento religioso, e avrete i deprimenti risultati che vediamo in giro.

Federico Tonizzo

Da:
http://www.uaar.it/news/2010/12/04/predica-alla-casa-pontificia-natale-risposta-cristiana-allo-scientismo-ateo/#comment-439692
“Bruno Moretti Turri risponde:
sabato 4 dicembre 2010 alle 20:39
“I credenti in superstizioni, scaramanzie, oroscopi & religioni sono:
il 99 % degli analfabeti
il 94 % dei V elementare
il 90 % dei III media
il 74 % dei diplomati
il 35 % dei laureati in materie scientifiche
il 15 % degli scienziati ad alto livello
lo 0 % dei premi Nobel italiani viventi”
Dalla trasmissione “White Rabbit” by Bruno Moretti Turri, Radio Varese, 1978.
N.B.: i dati sono relativi all’Italia del 1978. Oggi, a livello mondiale, gli scienziati ad alto livello che sono credenti, sono il 7% (fonte: Accademia Americana delle Scienze citata da Odifreddi).”

Daniele

in natura non esista alcun finalismo
——-
ed io che credevo fosse la sopravvivenza della specie

bruno gualerzi

Questi studi a mio parere si basano tutti su un circolo vizioso.
Si analizza il cervello per trovarvi… cosa in base a cosa? Nel caso specifico in base alla predisposizione a credere o a non credere. Ma ‘credere’ cosa di preciso significa? Non si tratta prima di tutto di un fatto culturale, per cui si finisce poi per trovare ciò che si cerca collocandolo in una zona del cervello, analizzandone i meccanismi, i chimismi… ma in vista, meglio, alla ricerca, di qualcosa di predefinito in base al significato che gli si attribuisce? E chi glielo attribuisce? La cultura, il linguaggio… per cui alla fine il valore della ricerca è puramente di livello quantitativo, perchè la quialità, come detto, è predefinita. Se per ‘credere’ si intendesse qualcosa di diverso dovuto ad una diversa cultura, lo si troverebbe in un’altra parte del cervello.
Certo il significato culturale del credere a sua volta può derivare da una particolare anatomia e fisiologia del cervello… ma è chiaro a questo punto che siamo di fronte al classico circolo vizioso impossibile da spezzare. La cultura condiziona il cervello, il cervello condiziona la cultura… rieccco la questione dell’uovo e della gallina.
Guarda caso, onestamente, i ricercatori devono ammettere, ad esempio, che ““sia gli atei che i credenti possono trovare argomenti per sostenere le proprie ragioni” Cioè si ritorna alla ‘interpretazione’ qualitativa…

Bismarck

Concordo in pieno è rilancio, se la secolarizzazione secondo questo studioso non ha speranze allora perchè è cominciata? Perchè le chiese sono sempre più vuote? Se andiamo a vedere e raffrontare la società italiana (ma anche le altre occidentali) di cinquant’anni fa con quella di oggi non mi sembra che abbiano gli stessi valori formati dalla religione.
Questo tipo di studi, anche quelli a nostro favore (non questo ovviamete, ma altri) mi hanno sempre destato molta diffidenza.
Sono risultati da prendere con le molle e hanno svariati elementi interpretativi che, anche se arricchiscono il dibattito, non portano significativamente qualcosa di nuovo.

francesco

Questa mi sembra una buona pista da seguire.

Cosa vuol dire credere?
Una persona può dirsi atea non perchè Dio esiste (nè per il motivo opposto) ma perchè crede che non esiste.
Così come un credente può dirsi tale non perchè Dio esiste, ma perchè il credente crede che Dio esiste.
Quindi sia l’ateo che il credente costruisce la propria identità con lo stesso materiale che si chiama ‘credere’.

Questo significa che il credere non significa sposare una certezza ma fare una scelta.
Di fatto il credere di per sè nega logicamente la certezza perchè se io fossi certo di una cosa non avrei bisogno di crederci.
Quindi uno che crede non è al di là del dubbio ma è uno che fa’ un investimento su qualcosa che pensa gli sia utile per vivere meglio.

E’ proprio questo il senso del credere, anche nella bibbia.
Anzi, più il credere si allontana dalla certezza, più vale.
Per questo GC nei vangeli dice: ‘Beato chi crede senza avere visto’.

FSMosconi

Ora la domanda dovrebbe essere più specifica: credere in che cosa? All’Uomo Nero/Ba-Bau? Alla Befana? Il tutto accomunato con figure come Angeli, Arcangeli, Profeti etc.? O c’è una distinzione tra la due cose?

Federico Tonizzo

Già: qualunque dio va bene, per chi ci vuole credere…
Tragico! 🙁

Pietro

Io personalmente sono un po’ dubbioso riguardo a queste conclusioni. Per esempio: in che modo si e’ sperimentata questa cosa? L’individuazione e l’isolamento del “gene della fede”? Sempre personalmente credo che certi tipi di atteggiamenti abbiano piu’ probabilmente a che fare con la psichiatria, che in fin dei conti si occupa di disagi che hanno i medesimi sintomi (deliri, allucinazioni et similia), quando non si tratta di ottusa e becera ignoranza.
A tal proposito Repubblica ha pubblicato recentemente un articolo interessante.
http://www.repubblica.it/salute/medicina/2011/04/13/news/staminali_ultima_frontiera_ricreata_mente_schizofrenica-14898649/index.html?ref=search
C’e’ poi da dire che non mi occupo di genetica e che di psichiatria ho solo una infarinatura generale, quindi il mio non e’ altro che semplice e sano scetticismo.

Francesco

“Studio GB: la propensione a credere è congenita”

Che grande scoperta, perche’ secondo voi i credenti si erano sforzati la mente per credere?
Ma mi faccia il piacere.

Giorgio Pozzo

Tutti i vostri commenti, finora, mi fanno credere (no, meglio dire pensare) ad un fraintendimento della questione. Secondo me, la tendenza innata non e’ quella di credere , cioe’ avere fede cieca in qualche cosa, ma quella di vedere una finalita’, un disegno, in tutte le cose.
E qui si parla di bambini, che non hanno ancora avuto alcun condizionamento culturale o indottrinamento. Il bambino, essere curioso per natura, domanda il perche’ di tutto; e fin qui ci siamo. Pero’, nella maggior parte dei casi, il suo perche’ fa parte di una domanda finalistica: “a che cosa serve?”. Il bambino vede una forchetta, un bicchiere, una nuvola, un sasso, e non si chiede come l’oggetto si sia formato, a quali leggi fisiche o chimiche risponda, ma si chiede a che cosa serve. Ecco perche’ la nostra mente, sviluppandosi, tende a vedere un disegno anche per nuvole e sassi, e non solamente forchette e bicchieri. Di qui, l’accettazione dell’Intelligent Design (nome altisonante per Creazionismo) e’ un breve passo.

L’Evoluzione invece, non ha alcun finalismo: le specie sono diventate quello che sono a furia di mutamenti casuali selezionati dall’ambiente: e questo risulta piu’ difficoltoso da capire, e accettare, del Creazionismo. Ecco perche’ il credente e’ (e non puo’ essere altro che) un adulto: egli/ella, crescendo, non ha effettuato quello sforzo mentale aggiuntivo che la spiegazione scientifica richiede rispetto alla spiegazione finalistica.

Almeno, questa e’ la mia (ma non solo) interpretazione.

bruno gualerzi

Il tuo commento, più che valido, è però anche la dimostrazione che c’è un elemento (in questo caso il ‘credere’) la cui valenza è tutta da interpretare, quiindi studi di questa natura andrebbero impostati diversamente… o anche considerati abbastanza inutili.

Painkiller

Se venissero scoperti geni che causano l’omossessualità o l’ateismo la ccar diventerebbe immediatamente favorevole alla manipolazione genetica.

Federico Tonizzo

Ma se venissero trovati geni che causano la pedofilia, farebbe di tutto per non far divulgare la scoperta oppure ne sarebbe felice e ne trarrebbe “legittimazione”?

Paul Manoni

“Credere” in fondo significa affidarsi all’inconosciuto o all’indimostrato, e quindi un salto nel vuoto, se si ha la pessima idea, secondo me, di basare la propria vita su questo.
Al di là di questo studio sul “credere congenito umano” quindi, bisognerebbe fare un salto ulteriore, per verificare fino a che punto questo credere possa essere utile all’umanità nella sua totalità.
Se e’ vero che il “credere” (a dio, all’unicorno rosa o alla teiera di Russell e’ la setssa cosa, visto le svariate forme di credenza su questo pianeta), e’ indifferente, perche’ comunque a qualcosa si dovrebbe credere a prescindere, in quanto e’ congenito nell’uomo, e’ anche vero che nessuna di queste credenze puo’ dirsi vera, veritiera, dimostrata, e quindi utile all’essere umano.
Poniamo per esempio che il bambino faccia proprie le esperienze dei suoi antenati, abituati a credere da sempre.
In primo luogo, se queste tradizioni o abitudini sono da lui recepite come vere, dovrà comunque verificare con la sua esperienza se sono benefiche o utili per se e volendo anche per gli altri che lo circondano, per eventualmente “modificarle” in meglio nel tempo.
Seconda cosa, se anche risultassero benefiche per lui, dovrebbe comunque adattarle al suo contesto di vita, mettendole comunque in discussione.
Terza cosa, se queste credenze risultassero benefiche per lui e riuscisse anche ad adattarle alla sua vita, il bambino, ormai divenuto adulto, dovrebbe chiedersi se un’accettazione acritica di tali credenze (il famoso “Chi crede sa che è nel vero” di ale cattolico), possa essere comunque una pratica moralmente accettabile, in assenza totale di prove a dimostrarne la validità.
Ne risulta che a prescindere dalle credenze congenite dell’individuo, lo stesso e’ necessariamente portato ad approfondire queste credenze, perche’ l’assunzione delle precedenti esperienze e credenze da altri, senza una verifica personale, non ha mai portato a fare un solo passo in avanti all’uomo…L’approfondimento, la ricerca e la messa in discussione delle precenti dottrine o credenze, si.

Giorgio Pozzo

Certamente, l’accezione che qui si sta dando al verbo credere è piuttosto ristretta. Stiamo considerando tale parola nel senso di avere fede nel soprannaturale, prendere per buono l’indimostrato, e indimostrabile, trascendente. Non stiamo considerando i vari altri significati del verbo, come avere fiducia in qualcuno, qualcosa, avere un’opinione a riguardo di qualcuno, qualcosa, e via dicendo.
Questo è quindi un ambito piuttosto ristretto del significato; ma, come fa notare Bruno, e io aggiungerei curiosamente, l’applicazione di questo significato ad un certo oggetto è cosa che ricade in un ambito larghissimo, enorme. Avere fede significa concentrarsi su qualcosa di talmente ristretto da farlo diventare effimero, evanescente, anzi nulla.

Infatti, il soprannaturale, oggetto della fede, assume una varietà incommensurabile di aspetti, categorie, attributi, anche e allegramente contradditori tra loro.
Fede e scienza, checchè ne dica il papa, sono perfettamente antitetici: il primo ha per oggetto qualcosa di talmente indefinito e inconoscibile da essere totalmente soggettivo e contradditorio; la seconda ha per oggetto qualcosa che deve essere definito, conoscibile, in quanto oggettivo e coerente. Il primo oggetto qualcuno lo chiama Dio, il secondo è il mondo.

francesco

Negli ultimi anni ho letto varie volte notizie su ricerche fatte in più parti del mondo (soprattutto in paesi anglosassoni) sulle correlazioni tra pratica di una religione e longevità. Di solito queste ricerche sono fatte in istituzioni di tipo accademico e non confessionale ed i risultati trovati sono sempre concordi nel mostrare che chi ha ‘fede’ in media vive più a lungo ed è in grado di riprendersi prima da situazioni stessanti, tipo gravi malattie o morte di un parente prossimo.

A me questo non meraviglia perchè penso che ognuno di noi possa verificare che il credere in qualcosa aiuti a superare le difficoltà.
Partendo dalla cose semplici, se credi in quello che fai riesci a farlo meglio. E viceversa se non credi è molto più probabile non farcela.
Questa è una constatazione.
Quando facevo l’università (ingegneria, anni 70) ho visto che quelli che riuscivano ad andare avanti non erano i più dotati intellettualmente ma i più determinati, quelli che erano più disposti a credere che si sarebbero laureati nonsostante le evidenze contrarie date dalle difficoltà ed i fallimenti subiti durante il cammino.

Se guardiamo alla storia della scienza e delle scoperte in generale vediamo la stessa cosa. Ci sono tantissimi esempi che lo dimostrano. Ne faccio uno solo che tutti conoscono, e cioè la storia di cristoforo colombo.

Colombo era irragionevolmente convinto che si potesse andare in oriente prendendo la via del mare verso occidente. Sottopose quindi la sua proposta alla regina di spagna per farsi finanziare l’impresa. Isabella chiese quindi un parere agli esperti dell’epoca (i ‘saggi’ dell’università di salamanca) per verificarne la bontà. I saggi esaminarono la proposta e la bocciarono perchè secondo i loro calcoli, che erano diversi da quelli presentati da colombo, il percorso per arrivare alle indie per quella via sarebbe stato più lungo di quello seguito fino ad allora.
Colombo aveva torto perchè i suoi calcoli erano sbagliati. Del resto le dimensioni della terra erano note con buona approssimazione fin dai tempi di eratostene (3° sec AC) che era riuscito a fare questo calcolo per mezzo del noto esperimento con i pozzi. Nonostante l’evidenza contraria colombo però ci credeva ed alla fine, anche grazie ai soldi rubati agli ebrei che erano appena stati depredati ed espulsi dalla spagna il viaggio venne finanziato.
In questo modo venne scoperto un nuovo continente, con grande soddisfazione per l’occidente e un po’ meno per chi si è trovato prima invaso e subito dopo sterminato.

Colombo sarà convinto fino alla morte di avere avuto ragione, pur avendo avuto torto, ma avrà comunque fatto una grande scoperta e soprattutto avrà relizzato un suo desiderio.

Di storie simili ce ne sono tante. Quante scoperte ed invenzioni sono state fatte in questo modo.

Questo per dire che il credere serve e spesso porta più frutti della ragione.
L’ideale sarebbe se i 2 operassero di concerto ma anche in questo caso dovrebbe essere il credere a dirigere i passi.

francesco

Ho dimenticato la parte più importante. La ovvia conclusione.

Dato che la propensione a credere è congenita e che i geni si propagano secondo il meccanismo darwiniano della selezione del più adatto a vivere in un certo ambiente, il fatto che questo carattere sia oggi prevalente rispetto alla suo contrario dimostra che abbia rispetto a quest’ultimo un vantaggio competitivo.

Vedi cosa vuol dire nemesi storica?

E’ proprio darwin che dimostra la superiorità evolutiva della fede.

bradipo

Semmai sarebbe utilità, non superiorità… e non è nemmeno detto che tale caratteristica sia utile solo a chi la possiede, talvolta è più utile ad altri.
Ad esempio, pur vivendo nello stesso ambiente un agnello non è definibile come superiore a un lupo ma il suo essere erbivoro è utile sia a lui che al lupo.
Un branco di lupi non-credenti, inoltre, avrebbe un notevole interesse a far sì che gli agnelli credenti mantengano le loro caratteristiche atti a renderli vittime sfruttabili incapaci di reagire e cercherebbero di mantenere l’ambiente in condizioni adatte al loro proliferarsi… e far credere che credere sia una caratteristica necessaria potrebbe essere una di quelle tattiche.

Questo per dire… l’ovvia conclusione non è affatto ovvia, solo semplicistica.

francesco

Nel linguaggio darwinistico dell’evoluzione superiorità ed utilità (o adattabilità) sono la stessa cosa

francesco

@bradipo
Per quanto riguarda la seconda parte della tua obiezione (il ruolo dei lupi non credenti), la teoria di darwin postula che siano tutte le specie ad adattarsi in modo competitivo rispetto all’ambiente e quindi il meccanismo va applicato sia ai lupi non credenti che alle pecore. Quindi indipendentemente da quello che fanno i lupi anche le pecore perseguono il proprio vantaggio.
A meno che tu voglia proporre una altra ipotesi secondo cui è l’ecosistema nel suo complesso che si autoregola, secondo meccanismi in cui il ruolo dei lupi non credenti è privilegiato rispetto a quello delle pecore, ma questa non sarebbe più la teoria di darwin.

francesco

@bradipo

avresti potuto però fare un altra obiezione e cioè che le leggi di darwin valgono per la selezione naturale mentre l’uomo agisce in un ambiente regolato dalle leggi della selezione artificiale (anche se questo è vero solo in parte) grazie al suo controllo sull’ambiente e soprattutto sui rapporti sociali. Questo avrebbe forse riaperto il discorso.

francesco

@bradipo

ho capito di cosa parlavi, ma quanto detto vale lo stesso.

bradipo

uff… no, non penso abbia capito ma è colpa mia l’incapacità di spiegarmi in breve.
Altrimenti capiresti l’assurdo di parlare di superiorità, nemesi e “è sensato credere perché lo fanno in tanti”, credere in che poi?
Tu stai solo dicendo che nella mente dei credenti la propensione a credere sopravvive perché trova l’ambiente adatto e nella mente dei non credenti la fede non è adatta a sopravvivere e nell’ambiente più esterno c’è un maggior numero di “capocce” in cui la fede attecchisce.
Ora… qual è l’ambiente mentale in cui le credenze sono state più fiorenti? Perché oggi fanno marcia indietro? Quale elemento si è introdotto e diffuso in maniera tale da aver consentito il moltiplicarsi attuale di non credenti? Cosa c’è oggi maggiormente che prima non c’era?
Più cultura?
Eh, mi sa.

francesco

La cultura di massa è più che altro un consumo ed in quanto tale è una pseudocultura. Oggi c’è sicuramente più informazione ma questo è dovuto soprattutto alle innovazioni tecnologiche. Per renderti conto del fatto che più informazione non significa affatto più cultura, basta accendere la tv o vedere quali sono i giornali che la maggior parte delle persone in questo paese legge oppure vedere le cose a cui la gente si appassiona, come per es guardare degli adulti che prendono a calci una palla o altre cose di questo tenore. Che io sappia nessuna altra epoca è stata caratterizzata da questi abissi di miseria mentale.

Se poi ti riferisci al fatto che la chiesa cattolica abbia sistematicamente promosso l’ignoranza questo è vero ed è anche facilmente e storicamente dimostrabile e sarebbe un bene per tutti, compresi i suoi adepti, che sia messa in condizioni di non nuocere ulteriormente.

Quindi il fatto che i ‘credenti’ (espressione secondo me fuorviante) abbiano perso terreno è secondo me anche vero ed è un bene che sia così. Ma ciò è dovuto al fatto che la chiesa si èabusivamente appropriata di un eredità che non le appartiene, che non è neanche in grado di capire, che costantemente infanga con le sue azioni e che pertanto non può assolutamente rappresentare.

In linea di principio il credere non rappresenta un handicap mentale. Anzi secondo me è il contrario. Se tu riuscissi a separare la parola ‘credere’ dalla storia e dai delitti delle istituzioni di potere a cui questa parola viene automaticamente ed acriticamente associata, potresti vederla in una luce diversa ed allora sarebbe anche più facile ragionarci su.

MetaLocX

ha dichiarato alla CNN che la teoria della progressiva secolarizzazione delle società avanzate è “senza speranza”.

Lo dice lui. Io sostengo che in questo caso la componente ambientale/culturale è più importante dell’inclinazione genetica. La nostra esistenza da sola basta a dimostrare che la genetica non ci incatena a credere per forza.

Federico Tonizzo

Darwinianamente, il “più adatto” sopravvive e si moltiplica più del “meno adatto”.
Nel caso in questione, si potrebbe dire che da un lato la sopravvivenza dei credenti non sia troppo svantaggiosa da compromettere l’esistenza dei non credenti, dall’altro si può pensare che alcuni di coloro che non sono credenti usi la credulità altrui per suoi scopi egoistici (non è il nostro caso; è invece il caso di “sedicenti credenti” che sfruttano i “veri credenti”).

Peraltro, personalmente non penso affatto che la propensione a credere sia “congenita”, ma ritengo che sia correlata statisticamente all’ignoranza, soprattutto quella scientifica; ricitio infatti il solito ritornello da http://www.uaar.it/news/2010/12/04/predica-alla-casa-pontificia-natale-risposta-cristiana-allo-scientismo-ateo/#comment-439692
“Bruno Moretti Turri risponde:
sabato 4 dicembre 2010 alle 20:39
“I credenti in superstizioni, scaramanzie, oroscopi & religioni sono:
il 99 % degli analfabeti
il 94 % dei V elementare
il 90 % dei III media
il 74 % dei diplomati
il 35 % dei laureati in materie scientifiche
il 15 % degli scienziati ad alto livello
lo 0 % dei premi Nobel italiani viventi”
Dalla trasmissione “White Rabbit” by Bruno Moretti Turri, Radio Varese, 1978.
N.B.: i dati sono relativi all’Italia del 1978. Oggi, a livello mondiale, gli scienziati ad alto livello che sono credenti, sono il 7% (fonte: Accademia Americana delle Scienze citata da Odifreddi).”

In altre parole: l’istruzione è la cura, trovata dalla CIVILTA’, contro quell’ignoranza che è il substrato su cui cresce rigogliosamente la religione.

Federico Tonizzo

Preciso meglio: quello che è congenito è senza alcun dubbio l’ignoranza (che facilmente può generare le credenze religiose), ma l’istruzione, che effettivamente non è congenita, è la cura contro l’ignoranza, e di conseguenza è anche la cura contro la religione che è un effetto collaterale dell’ignoranza.
Scusate la banalità…

Commenti chiusi.