Stefano Marullo*
Ci si chiederà cosa abbia da spartire Ernesto “Che” Guevara, intramontabile icona del Novecento, con le chiese cristiane, i cui epigoni sono per lo più impegnati sul fronte di un pacifismo dialogante? Molto di più di quanto non si creda, se finanche un teologo e un grande uomo d’azione come Giulio Girardi ha scritto su Guevara un libro dedica da cui trasuda una chiara ammirazione sul personaggio “visto da un cristiano”. Beh, si dirà, cosa ci si può aspettare da uno dei fondatori del movimento “Cristiani per il socialismo”? Eppure, la voce di Girardi non sembra affatto isolata a sentire talvolta esponenti anche di primo piano della gerarchia ecclesiastica che, pur con i dovuti distinguo, ammettono che nel “Che” vi era una sincera ricerca della giustizia. Mi pare di ricordare anche un futuro papa che si espresse così. Tant’è.
Per quel che interessa il presente ragionamento ho solo preso come riferimento una classica figura di rivoluzionario per introdurre il tema più vasto del rapporto tra Chiesa – chiese – e Rivoluzione, prendendo in prestito il titolo di un documento del giugno 1968 che recitava per l’appunto Chiesa e Rivoluzione in America Latina, elaborato da un gruppo di teologi, tra cui José Comblin, che per la prima volta in quell’area geografica interrogava i vescovi, in procinto di riunirsi a Medellin – dove nascerà la teologia della liberazione – sulla liceità della scelta rivoluzionaria. Il documento non ebbe fortuna, ma rimane una pietra miliare per la riflessione teologica attorno alla cosiddetta Teologia della Rivoluzione altrimenti chiamata Teologia della Violenza. Vale la pena ricordare che proprio l’America Latina oltre che laboratorio teorico fu in molti casi laboratorio pragmatico di talune scelte rivoluzionarie da parte di cristiani impegnati politicamente – che un falso storico vuole in combutta con i partiti di ispirazione marxista. Intellettuali laici come il boliviano Nestor Paz, sacerdoti cattolici come i colombiani Camilo Torres o Domingo Lain, arrivarono poi a scelte estreme entrando nella guerriglia armata ma senza alcun tentennamento circa la propria fedeltà al Vangelo. Già, il vangelo. Cercarvi un insegnamento univoco circa l’uso o il rifiuto della violenza è impresa ardua. Il Gesù dei vangeli adotta comportamenti “in situazione” talvolta in stridente opposizione; in fondo è lo stesso che raccomanda ai discepoli di essere al contempo candidi come colombe e furbi come serpenti. Quanto al Magistero cattolico, ci ha abituati a giravolte da 360 gradi, dove la coerenza è solo indirizzata al proprio personale profitto. I primi cristiani che fino al III secolo furono sicuramente antimilitaristi, pacifisti e obiettori di coscienza all’uso delle armi all’indomani della concessione della libertà di culto (313 d.C) da parte di Costantino I il Grande – un uomo corrotto e corruttore oltre che un assassino, che se non avesse beneficiato la Chiesa Atanasiana e cioé Cattolica, oggi sarebbe considerato dalla stessa alla stregua di Nerone o Caligola – gli stessi cristiani divennero più realisti del re, pardon dell’imperatore, e decretarono finanche la scomunica per i soldati che disertavano!
Facendo un salto di parecchi secoli, la linea “pacifista” si è affermata come prevalente del Magistero nel corso del Novecento. Non ci vuole molto a comprenderne le ragioni. La Chiesa Cattolica ereditava una ideologia dell’ordine che in nome dello status quo aveva tentato, nel corso dell’Ottocento, di metterla al riparo da qualsiasi orizzonte progressista che mettesse a repentaglio il suo potere e i suoi, ingiusti, profitti. Un quietismo tout court – riservo una risata beffarda a chi volesse vedere nella paternalistica Rerum Novarum qualche elemento, non dico rivoluzionario, ma solo riformatore – che oggi potrebbe essere inteso come vera e propria equidistanza neutralistica figlia del cinismo della realpolitik vaticana. Dico questo prendendo come spunto l’appello al dialogo tra le parti inviato da Benedetto XVI agli attori della cosiddetta “primavera araba” che sta investendo il Maghreb e il Medio Oriente, rivolta che nel caso libico è sfociata in vera e propria Rivoluzione. Ebbene, il predetto appello tradisce un sostanziale disinteresse di fondo rispetto a realtà nelle quali la Santa Sede ha ben pochi tornaconti da tutelare e suona come un volemose bene a costo zero.
Ben diversa la posizione di un illustre predecessore di papa Ratzinger, quel Pio XI che nel 1937 attraverso l’enciclica Firmissimam constantiam si rivolgeva ai cattolici messicani in rivolta armata contro un governo persecutore della Chiesa per benedirne il diritto alla rivoluzione violenta. Posizione estrema, si dirà, di fronte ad eventi eccezionali. E se Giovanni XXIII sceglierà la via riformistica e il Concilio Vaticano II ignorerà a piè pari la questione della Rivoluzione, pronunciandosi unicamente per un vago diritto alla legittima difesa in caso di guerra tra Nazioni – si veda Gaudium et Spes 79ss – il ‘mite’ Paolo VI nella Populorum progressio contempla casi limite in cui si può ammettere l’insurrezione rivoluzionaria.
Un anno dopo quella enciclica, precisamente il 27 luglio 1968, seicentosessantatre sacerdoti latino-americani scrivevano ai propri vescovi dichiarando tra l’altro: “Non si può condannare un popolo oppresso, quando si vede obbligato ad adoperare la forza per liberarsi senza commettere una nuova ingiustizia verso di lui. Se questa condanna venisse dalla Chiesa latino-americana questa apparirebbe, una volta di più, oppio dei popoli al servizio di coloro che, durante secoli, hanno praticato la violenza dello sfruttamento e l’oppressione provocando la fame, l’ignoranza e la miseria. D’altra parte sarebbe impossibile comprendere una chiesa che si contraddice nel condannare la violenza di coloro che desiderano liberarsi dall’oppressione di un sistema ingiusto, mentre rende omaggio ad eroi di una indipendenza politica che fu ottenuta con mezzi violenti”. A fare loro eco, una dichiarazione di 17 vescovi del Terzo Mondo che nel corso di un’assemblea precisava: “Non tutte le rivoluzioni sono necessariamente buone. Ma la storia dimostra che certe rivoluzioni furono necessarie, e si sono liberate dal loro momentaneo aspetto antireligioso, producendo buoni frutti. Nessuno contesta più la Rivoluzione Francese che ha permesso l’affermazione dei diritti dell’uomo”.
Tali posizioni avanguardiste sono rimaste per lo più lettera morta. In fondo la teologia cristiana è stata sempre incline, da Paolo di Tarso in poi, a presentare l’ordine politico-sociale preesistente come stabilito da Dio. La Chiesa atanasiano-cattolica giustificherà nel corso dei secoli, non innocentemente, usanze come la schiavitù o la disparità uomo-donna, in nome delle statuizioni divine, nelle sue espressioni più tradizionaliste sovente trionfatrici vedrà nelle rivoluzioni una minaccia non solo all’ordine etico-politico ma anche religioso. Non deve dunque destare stupore come i contributi più rilevanti per l’elaborazione di una Teologia della Rivoluzione siano venuti dal mondo non-cattolico e in particolare da quello russo-ortodosso – si veda la Conferenza mondiale ‘Chiesa e Società’ di Ginevra, anno 1966 – e dai teologi protestanti – Shaull, Mead, Tinbergen giusto per fare qualche nome.
In tutte le chiese cristiane, meno marcatamente in quella cattolico-romana, va ribadito, la scelta rivoluzionaria nasce sempre da situazioni-limite di ingiustizia generalizzata. La preferenza è accordata alla nonviolenza, ove ve ne sia la possibilità, senza escludere la via violenta a priori, memori delle parole di J.F. Kennedy: “Coloro che rendono impossibile la rivoluzione pacifica, rendono inevitabile la rivoluzione violenta”. Bene dunque Martin Luther King, senza chiudere le porte a Malcom X.
* Laureato in Storia, ha compiuti studi di filosofia e teologia. E’ membro dell’Attivo del Circolo UAAR di Padova.
Di queste posizioni mi sono abbondantemente nutrito in gioventù, dal 68 fino alla rivoluzione sandinista. Ma ora, che ne è della teologia della liberazione, all’interno della Chiesa Cattolica, dopo 30 anni di zelante e accanita repressione gestita da Ratzinga (detto allora il cardinale Panzer in America latina) ? Ora nella chiesa cattolica comandano Opus Dei, Comunione e Fatturazione, Legionari di Cristo (sic, al peggio non c’è limite) e clerico-fascisti vari. Qualche prete e perfino vescovo “diverso” parla ancora (non sono cosi stupidi da reprimerlo di brutto), ma come vox clamans in deserto. Quindi mi chiedo qual è il senso di questo post.
Mi trovi d’accordo…..
Della serie: una corrente del partito nazista vorrebbe diffondere nella società la democrazia, però si ostina a prendere ordini da Hitler.
Quindi mi chiedo qual è il senso di questo post.@Nathan. Il senso potrebbe essere che nel modo cristiano ci sono più anime,e che accanto alla chiesa fedele ancella del potere costituito, c’è sempre stata in tono minore e spesso sotto traccia una chiesa “rivoluzionaria” nel senso di portatrice di un messaggio radicalmente egualitario. Va dato merito alla teologia della liberazione che in Brasile resiste ancora, di essere a fianco dei contadini senza terra piuttosto che dalla parte dei grandi latifondisti, qualcosa è rimasto nel movimento dei noglobal, si tratta però per ora in un clima che vede il tragico trionfo dell’ultracapitalismo neoliberista di posizioni messe nell’angolo, su questo hai perfettamente ragione.
Da quel poco che so il CHE era diventato troppo ingombrante per Castro,che lo invio ‘ in Bolivia principalmente per toglierselo dai piedi.
E probabilmente la sua eliminazione da parte della CIA non fece piangere molto il Fidel,per il quale un eroe morto era molto piu’ utile come simbolo di propaganda,e non creava problemi.
Non c’e che dire,il parallelo con molti personaggi della storia della Chiesa,santi e non,passati e recenti,salta subito all’occhio.
“Da quel poco che so il CHE era diventato troppo ingombrante per Castro,che lo invio ‘ in Bolivia principalmente per toglierselo dai piedi.”
Sai molto male 🙂
Allora so molto male anch’io e sa molto male anche Hilda Guevara che, in un’intervista a Gianluca Bevilacqua (La Stampa 16 Marzo 1993) dice che le divergenze economiche con Fidel spinsero il Che ad andare in Bolivia dieci mesi dopo aver rinunciato ad ogni incarico nel governo.
Non credo che Castro “lo inviò” in Bolivia ma non credo neanche che fece il possibile per trattenerlo a Cuba
non ci sono dubbi che una piccola parte della chiesa sia stata sempre contro corrente, una parte così piccola però che nei secoli è stata perseguitata senza pietà ed i suoi ideatori e adepti massacrati in gran numero.
in ogni caso i “rivoluzionari” sono quasi sempre preti puntualmente scomunicati o richiamati all’ordine costituito dal vescovo locale o dal vaticano stesso, in rarissimi casi personalità di spicco tra questi il vescovo Romero puntualmente assassinato a Tegucigalpa dagli squadroni fascisti del dittatorello locale foraggiati dagli states…e dal 1980 si aspetta ancora la sua santifiçazione.
Guarda che Romero era vescovo in Salvador, e fu assassinato nella cattedrale di SAN SALVADOR, capitale quasi omonima allo stato. Tegucigalpa è la capitale del confinante Honduras.
Resta il fatto che fu completamente abbandonato nella sua battaglia per gli elementari diritti umani dal Vaticano (si racconta che usci piangendo da un udienza con GPII).
Molti pensano, anche se ovviamente non esiste documentazione scritta di simile scellerato accordo, che Reagan e Woitjla fecero un patto negli anni 80 per cui il Vaticano si impegnava a stroncare la teologia della liberazione in Amerrica Latina, epurare teologi, preti e vescovi di quella tendenza e nominare in tutte le posizioni disponibili i personaggi reazionari graditi agli USA e alle dittature clienti latinoamericane; in cambio gli USA tenevano informato il Vaticano della evoluzione polacca ed avrebbero dato tutto il possibile supporto economico e politico ai movimenti polacchi contro il regime filosovietico. Non che il Vaticano non lavorasse in quel senso per contoi suo, vedasi fallimento Calvi e storie successive…
errata corrige 😉 capita di sbagliare.
dubito che i cristiani fossero prima di Costantino pacifisti. Come dice giustamente il post essi combatterono per Costantino, però il post parla di “conversione” dal pacifismo al militarismo. Il fatto che sotto Costantino abbiano preso le armi significa che non erano veri pacifisti in precedenza, ma che non gli andava di lottare per imperatori pagani, la cosa cambia se a volere la guerra è un imperatore cristiano.
Nerone è passato male alla storia perché gli “storici” erano di parte senatoria, Nerone infatti diminuì il potere dei senatori facendo una politica a favore delle classi più povere. Ho messo “storici” tra parantesi perché considerare uno storico Svetonio (che è quello che tratta peggio Caligola e Nerone) è un insulto per gli storici. Leggetevi le “vite dei Cesari” di Svetonio e poi ditemi se si possono prendere seriamente i suoi scritti, sembra di leggere “novella 2000”. Nerone fu molto amato dal popolo e odiato dai senatori, ci fu da parte del popolo quasi un culto di Nerone, ancora nel XII secolo la gente continuava a visitare la sua tomba. Papa Pasquale II decise di radere al suolo la tomba dei Domizi dove era sepolto Nerone, proprio per cancellare la sua memoria.
Non so ben dire sull’epoca pre costantiniana, per cui resto fedele alla massima di Wittgenstein e su ciò di cui non so dire bene non dico.
Su Nerone secondo me hai perfettamente ragione: c’è tutta una pagina di storia antica da ristudiare, perchè per secoli sono stati considerati per buoni martirologi e cifre enormi sui martiri cristiani, cioè una ricostruzione storica di parte e apologetica in cui i nemici della cristianità venivano demonizzati in ogni modo e Nerone ne è l’esempio.
E, al di là degli studi specialistici, a livello popolare credo che tutto il vecchio filone hollywoodiano di film sui martiri cristiani abbia contribuito fortemente a diffondere l’approccio apologetico sulla storia di quel periodo.
Bell’articolo, Stefano.
“esponenti anche di primo piano della gerarchia ecclesiastica che, pur con i dovuti distinguo, ammettono che nel “Che” vi era una sincera ricerca della giustizia”
E grazie, allora perche’ la chiesa ha aiutato i suoi nemici ad ucciderlo. 😆
A scuola ci hanno insegnato che l’incendio di Roma del 64 d.C. è stato causato dalla follia di Nerone, considerato secondo certi storici, l’istigatore della condanna a morte di migliaia di cristiani….
Purtroppo nel 2001, lo storico tedesco Gerhard Baudy, ben conosciuto per la sua integrità e imparzialità storica, non è di questo parere !! Analizzando numerose interpretazioni storiche (teorie) proposte nei secoli scorsi, arrivo’ alla concusione che Roma non è stata incendiata da Nerone ma bensi da “fondamentalisti” (fundamentalisten) cristiani, decisi a punire la « città del vizio » !!
Il dibattito su questa tematica è tutt’altro che chiuso……..
Non ho una grande cultura storica, comunque non mi sembra cosi` improbabile, tutto sommato l’abitudine a cambiare realta` e fatti per adattarli ai loro comodi ce l’hanno tutt’ora. Della loro versione non ci si puo` certo fidare.
discussione molto interessante. quindi il cristianesimo e la chiesa cattolica in particolare in realtà sono tutt’altro che amanti della pace! purtroppo la storia che si studia a scuola non rispecchia questi principi. come pure molto interessanti le conclusioni a cui giunge lo storico tedesco sull’incendio di roma nel 64 d.c.
mi auguro che in futuro i libri di storia siano più obiettivi!!!
A me fa ridere il solo fatto che si possa anche solo lontanamente equiparare l’area “””””progressista””””” della chiesa (oggi al suo interno minoritaria), ai valori progressisti. E, comunque, senza il bisogno di volare col pensiero sino a Cuba, Garibaldi si rivolta nella tomba a Caprera. Bell’articolo, ho letto con piacere.
A me sembra che la chiesa, nel corso della sua storia, abbia fatto tutto e il contrario di tutto, a seconda della convenienza del momento. Per cui non c’è da stupirsi se a tratti è stata rivoluzionaria e a tratti conservatrice. L’obiettivo era sempre lo stesso: sopravvivere e mantenere potere e privilegi a qualunque costo e con qualunque mezzo.
Pertinenti ed interessanti i vostri commenti. Vorrei fare qualche, spero utile, puntualizzazione, cercando di rispondere alle vostre sollecitazioni.
Mi sembrava fosse chiaro nell’articolo, ma mi preme ribadirlo, che la Teologia della Rivoluzione (TR) non c’entra nulla con la Teologia della Liberazione (TL), seppur si possa senz’altro trovare una certa interdipendenza tra le due teologie. Intanto per motivi prettamente cronologici ma anche geografici. La TR nasce in Europa in ambienti non-cattolici, mentre la TL nasce in America Latina in ambienti cattolici. Tutti i teologi della liberazione che ho conosciuto hanno sempre negato qualsiasi affinità con la TR. Le gerarchie ecclesiastiche, anche in manifesta malafede, hanno sempre tentato di assimilare tutte le teologie “politiche”. Si è detto che la TL avesse finanche fondamenti nel marxismo, mentre è solo l’analisi sociologica marxista che interessava i teologi liberazionisti. Non ce n’è uno, uno solo, con buona pace dei suoi detrattori, che abbia mai aderito al marxismo.
Che la TL sia stata inutile, quanto a risultati concreti, visto il trionfo della chiesa ratzingeriana (debolissima in verità, spesso gli impotenti diventano prepotenti) non ne sarei tanto convinto. Qualcuno ha citato il Brasile. Più che i campesinos, le esperienze ormai acquisite delle Comunità Ecclessiali di Base sono la traccia più concreta di quanto abbia inciso la TL. E forse, indirettamente, una certa “virata” progressista, politicamente parlando, in tutta l’America Latina, la si deve a quella cultura, di cui si è fatta interprete la TL.
Si è anche parlato di documenti più o meno riservati, per un complotto contro la TL da parte di Reagan con compiacenza vaticana. Ebbene non è fantapolitica ma questi documenti esistono e sono acclarati a partire dal rapporto Rockfeller elaborato nel 1969 dalla Rand Corporation su incarico del Dipartimento di Stato USA a proposito delle linee generali della politica statunitense in America Latina nei confronti della Chiesa Cattolica. Per passare al rapporto Linowitz del 1976 voluto da Jimmy Carter ed arrivare al Comitato di Santa Fé voluto nel 1980 ispiratore della politica estera dell’amministrazione Reagan da cui nascerà l’Istituto per la Religione e la Democrazia per il coordinamento ideologico di contrasto alle “derive rivoluzionarie di alcune chiese latinoamericane”. L’azione di supporto ai regimi repressivi contro tali derive da parte dell’amministrazione americana a Roma (Vaticano) era supportata da documenti contro la TL. Non è una coincidenza.
Interessante il “dibattito” sulla storiografia. Sarò franco. Non credo esistano storici imparziali, credo che ci possano essere storici di grande integrità morale, quello sì. E comunque la si voglia vedere, la storiografia (operazione umana soggetta ad errore) che ci è arrivata è sempre (o quasi) quella dei “vincitori”. La damnatio memoriae riguardo ai soccombenti è implicita. Forse Nerone non era peggiore di altri imperatori “cristiani”, sicuramente Diocleziano era moralmente migliore di Costantino mentre Giustiniano e Giustino II perseguitarono i “pagani” con tale fanatismo che neanche Decio, Settimio Severo, Nerone e Diocleziano tutti insieme fecero di peggio con i cristiani. Svetonio era senza dubbio uno storico, certo non all’altezza di Tacito, ma la sua storiografia, derubricata nei manuali come “minore”, ebbe il merito di “demitizzare” i grandi, facendoli apparire nelle loro quotidiane bassezze, inaugurando un vero e proprio genere letterario che avrà molta fortuna.
A chi chiede il senso di questo articolo, rimando alla mia considerazione sull’atteggiamento attuale della Chiesa Cattolica riguardo alla primavera araba, tra pacifismo a costo zero ed ignavia. Se in Siria venissero bruciate le chiese e minacciati i cristiani probabilmente assisteremmo a ben altri atteggiamenti da parte di Ratzinger e Co. Quando le truppe del neonato Stato Italiano invasero lo Stato delle Chiesa, Pio IX non esitò a chiedere l’intervento delle nazioni “cattoliche” che fortunatamente, grazie alle capacità diplomatiche dei Piemontesi, si astennero.
Su Guevara-Castro credo che migliore testimonianza non può essere che quella della donna da cui il “Che” ebbe quattro figli, Aleida March, provate a leggere “Evocación: la mia vita a fianco del Che”, un libro intenso di un amore assoluto al proprio uomo e alla rivoluzione cubana (nonostante Fidel).
Bene avere invitato a leggere “Storia criminale del Cristianesimo”. Precisare però che si tratta di 10 volumi! Armatevi di pazienza