Una nuova recensione è stata pubblicata nella Biblioteca del sito UAAR. Il volume analizzato è Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti, di Alain De Botton. Recensione a cura di Raffaele Carcano.
La redazione
Una nuova recensione è stata pubblicata nella Biblioteca del sito UAAR. Il volume analizzato è Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti, di Alain De Botton. Recensione a cura di Raffaele Carcano.
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Vorrei segnalare che il link non funziona; penso sia stato trascritto male.
Quello corretto dovrebbe essere http://www.uaar.it/ateismo/opere/alain-de-botton-del-buon-uso-della-religione
I link non funzionano.
Grazie della segnalazione, ora sono corretti.
grazie odis
alcuni filosofi atei anche quando cercano di mettere sotto la lente di ingrandimento per fare un semplice critica, finiscono di fare alla religione una pubblicità ingannevole e gratuita. Secondo me questo è la vera forza di una religione; di trare in ingano gli atei che diventano piu clericali di una certa religione che molti dei fedeli della stessa.
Tempo fa ho dibattuto di brutto con un sostenitore della CCAR, mio connazionale ateo con genitori musulmani, perche anche davanti le cifre della CEI insisteva che la CCAR usa tutti i proventi del 8×1000 in beneficenza, cioè dava del bugiardo alla CEI 🙂
Ho sempre pensato che sarebbe dirimente riuscire a dire come atei che la morte non ci fa paura e che la vita, questo soffio di fronte al Nulla Eterno, per questo non è meno preziosa.
Esorcizzare la morte in fondo è la vera genesi di ogni religione
“… la vita, questo soffio di fronte al Nulla Eterno …”
Qualcosa ci sfugge, non sappiamo come le cose iniziarono e come finiranno. C’è anche chi dice che le cose non iniziarono e non finiranno, che la materia è eterna. Insomma, noi spariremo (siamo un soffio di fronte al Nulla Eterno, un quasi-nulla), ma qualcosa persiste: la materia eterna con le sue leggi, o il tutto, che non mi sembra un nulla. Il concetto di Nulla Eterno (con la maiuscola!) mi sembra un falso concetto.
Noi siamo un quasi-nulla, ma il Tutto è, innegabilmente. Ammetto che ciò sia di scarsa consolazione al povero mortale.
Come conciliare la nostra coscienza di essere mortali con le conoscenze della scienza moderna che “ha spalancato le vie del firmamento” ? Abbandonate le puerilità delle religioni storiche come essere lo stesso felici di esserci, anche se per poco tempo?
Per un certo periodo «l’eternità del tutto» di Severino mi è piaciuta (il tutto comprende ognuno di noi, non solo: anche ogni gesto della nostra vita. Ogni stato fisico e psichico del mondo è per Severino un “eterno” – cioè un ente e non un non-ente o niente). Ma poi mi sono rotto di Severino e dei suoi sproloqui incomprensibili. Ho letto recentemente che lui e sua moglie, da poco scomparsa, hanno fatto dono alla Chiesa di una reliquia della Vera Croce in loro possesso: ma com’è possibile che un Severino possedesse e magari venerasse una tale reliquia? Roba da non credere o da matti! Ah, questi filosofi!
Mettendo insieme tutte le false reliquie della vera croce, si otterrebbero due ettari di leganme stagionato. Lasciamo stare la lucrosa industria delle reliquie e Severino.
Il “povero mortale” muore, a prescindere da quello in cui crede. Punto.
Per me non credente, la morte rappresenta un evento certo ed ineludibile ed in quanto tale lo accetto, sperando arrivi tardi e in modo “soft” 😉 .
Mi sembra più curioso constatare come invece abbiano terrore della morte soprattutto la maggior parte dei fedeli (per non parlare di preti e vescovi), che anziché gioire in prossimità del presunto incontro cui aspirano, se la fanno sotto e corrono da medici e specialisti. Brutta la vecchia con la falce, vero? 😉
La morte certo non conduce al nulla assoluto, visto che la decomposizione rientra nel ciclo della materia, e ovviamente anche la cremazione non ‘nulli f i c a’ certamente il corpo, come evidente all’esperienza ed al buon senso.
Che però per noi individui porti al nulla, nel senso che una volta morti della nostra soggettività non rimane niente, beh…a meno che non si creda -ma appunto è questione di credere, non di constatare- all’aldilà, anche questa è un’evidenza.
La saggezza per l’uomo – a mio modo di vedere – consiste nel felice approdo all’ultimo momento del futuro in armonia con la Natura.
Fantastichiamo molto sul grado d’intelligenza umana e sul presunto valore da attribuirgli grazie alla peculiarità della presunta unicità. E soprattuttto sul fatto che grazie ad essa l’uomo pensa e sa far “filosofia” e “dottrina religiosa”. Ma sono proprio queste forme di pensiero che invece lo rendono meno intelligente, casomai più fantastico, più infelice, più illuso, ma certo meno pratico, meno in cosciente relazione informatica con la Realtà. Solo la coscienza di sentirsi in unità col Tutto Universale rende ragione dell’intelligenza umana e solo un uomo senza pregiudizi ed in pace con la Natura può, forse, esplicare in pienezza l’Ethos individuale affrontando l’ultimo come uno degli infiniti momenti della vita.
Rhioko 61. Santa Teresa d’Avila: “Muoio perchè non muoio” ( nel senso di desiderare ardentemente l’unione con Dio nell’aldilà ). Nelle vite dei santi ( quelle non semplicemente devozionali e con un assetto critico ) sono documentati casi di tranquilla accettazione della morte . Qualcosa del genere nel bellissimo film “Qualcosa di don Orione” ( il grande benefattore ), ultima, toccante interpretazione di Enrico Maria Salerno. Un certo Francesco d’Assisi poetò di “sorella morte”. Come fa lei ad essere così sicuro che manchino casi del genere anche in gente non conosciuta dai mass media? Anni fa seppi di una anzianissima signora che mentre il gelo le saliva nel corpo dava direttive per l’esposizione della sua salma e la predisposizione dei funerali. Per il resto, lo spirito è forte ma la carne è debole. Lei pretende che i fedeli praticanti siano dei marziani?
Marziani no, ma almeno imparare ad usare il tasto rispondi.
Parlavo in generale, caro Florenskij. Le eccezioni ci sono, eccome. Si immagini: ci sono anche fedeli che si suicidano (anche se non con lo scopo di affrettarsi…).
Se lei fosse appassionato di storia, saprebbe anche che tra i protocristiani, fino al II secolo, molti bramavano di essere martirizzati, anche quando nessuno intendeva darli in pasto alle belve.
Dal terzo secolo in poi, resta ben poco del messaggio cristiano iniziale. Ma questa è altra storia.
Resta comunque che la stragrande maggioranza dei credenti fatica molto ad attendere con serenità la morte.
I casi che lei cita mi lasciano abbastanza indifferenti. Non ho una grande considerazione né dei suoi santi, né di chi li ha santificati.
Santa Teresa… la conosco… è quella scolpita dal Bernini e dipinta da Rubens nell’atto di avere un orgasmo… una simpatica invasata. Ora ricordo… Arrivederla.
Non credo in Dio, né in un aldilà comunque arredato (con sale di tortura o vergini arrapate). E tuttavia qualcosa m’intriga. Noi moriamo sì, della nostra soggettività non resta nulla (Batrakos), ma la terra continua a girare e le galassie ad evolvere, come l’intero universo e magari altri universi: una realtà innegabile e fantastica che ci sovrasta (evito la parola trascende), che ci crea e distrugge secondo la Legge o le leggi, apparentemente cieche, anche se creano effetti molto speciali che fanno dire ai credenti: c’è un disegno intelligente dietro, impossibile che la complessità di un occhio salti così fuori dal nulla.
Lo stesso mi piacerebbe saperne di più. Non amo la parola mistero, ma qualcosa di enigmatico è questa vita, “cosa arcana e stupenda” (Leopardi).
Lasciamo perdere i fedeli; ma quanto ai preti e ai vescovi, come fa a sapere la percentuale di quelli che se la fanno sotto? Certo neanch’io sono così ottimista: se c’è la crisi della fede, e pure molto vasta… Aggiungo che l’angoscia può assalire anche le persone più sane e più sante; in più per i veri credenti si aggiunge ( e si aggiungeva ancor più un tempo ) l’angoscia per il giudizio di Dio. Profonda l’angoscia del prete in “Diario di un parroco di campagna” di Bernanos. Quanto alla storia… è una materia di cui sono appassionato e che ho insegnato tutta la vita. Avendo recentemente letto un’altra “Storia della Chiesa”, ho ben presente che alcuni cristiani ( certo non la maggioranza ) erano in stato di entusiasmo o di esaltazione tale da cercare il martirio; questo atteggiamento però era condannato dai capi della Chiesa anche perchè molti di questi entusiasti al momento buono ( quando si trattava di affrontare una morte terribile, ad esempio sbranati dalle belve – non è solo cinema ) appunto… se la facevano sotto peggio degli altri e abiuravano.
Provi a pensare: se Bernini, architetto e scultore principe nella Roma del ‘600 potè scolpire la santa in una positura del genere, avrà avuto il via libera dalle autorità ecclesiastiche ( del tempo di Galileo ) dopo la supervisione del bozzetto. Evidentemente pensavano che la scena sarebbe stata interpretata in senso puramente mistico, oppure, modernamente, che ci fossero delle connessioni tra mistica ed erotismo: diciamo un erotismo mistico. Un concetto ben collegabile allo spirito del Barocco, comunque promosso da personaggi non totalmente ciechi. Santa Teresa è un personaggio molto importante nella storia della tendenza introspettiva, per di più con analisi psicologiche particolarmente raffinate; in questa direzione è stata stata studiata recentemente dalla psicanalista ( atea ) Julia Kristeva ( volume massiccio ). Don Orione, piccolissimo di statura, fu un vero gigante della carità. Se preferisce ignorarlo, è una scelta sua; però fu lui a raccogliere Ignazio Silone bambino, facendolo accomodare insieme con altri… in un’auto del re! San Francesco non era affatto così svagato e svanito, oppure contestatore arrabbiato come lo si vuol dipingere.
Quanto al fatto che dopo Costantino il Cristianesimo abbia perduto i suoi connotati iniziali, penso che si tratti di un giudizio molto sommario: su questo basta leggere delle agiografie serie ( ce ne sono anche di quelle parecchio critiche). In brevei: lei crede proprio che il personaggio nobilissimo di padre Cristoforo non trovi corrispondenza in ( parecchi ) personaggi realmente vissuti? E quello di Lucia? Può non piacere, ma è sociologicamente autentico.
Il fenomeno della santità è stato studiato da fior di storici seri, non necessariamente credenti, come fenomeno psicosociologico molto importante nel Medioevo, durante la Controriforma e anche nell’800. Lei che sa di pittura, ricorda “La preghiera” di Millet?
Conosco molto bene la preghiera di Millet, il cui vero titolo è “L’Angelus”.
Al di là del successo avuto dal dipinto, si tratta di un quadro modesto nel panorama europeo e, oltretutto, pare che Millet abbia “gabbato” il committente. In pratica, avrebbe riadattato un dipinto già fatto, aggiungendo alcuni particolari e cambiandone il significato originario. In origine, in primo piano vi era la tomba di un bambino (è stato verificato con una radiografia richiesta da Salvador Dalì) e la preghiera non era per lodare dio (o ringraziarlo per il raccolto delle patate), bensì in memoria del figlio scomparso. Comunque, preferisco di gran lunga le rivisitazioni di quel quadro operate da Dalì (la donna che muta in mantide e divora il marito. Geniale).
Non ho capito cosa cerca di dirmi, citando i suoi santi e il suo amato don Orione. Se rilegge il mio primo post, quello con le faccine sorridenti, era molto meno serioso. Non posso farle i nomi dei preti e dei vescovi che si sottopongono a terapie al limite dell’accanimento e che conosco (per ragioni di privacy), né indicarle statistiche (perché non le so e credo non ve ne siano). Ma i gonnelloni che si aggrappano a questa vita, pur convinti o speranti che poi ce ne sia una di migliore, ci sono. E sono tanti.
Credo che lei non abbia inteso che io li capisco, non li colpevolizzo. Credo che con l’approssimarsi della fine, molti di loro si pongano delle domande a cui credevano di aver dato risposte… E’ un momento in cui tornano “normali”.
Un certo Francesco d’Assisi poetò di “sorella morte” e morì, a quanto si dice, sulla nuda terra sillabando: levavi oculos meos in montes unde veniet auxilium mihi.
Il mio sguardo verso i monti ai quali la Natura mi rapisce.
E’ stato il “santo” del Deus sive Natura; di Dio cioè la Natura. Come tanti, tanti che la memoria umana non numera.
“l’angoscia per il giudizio di Dio.” Queste parole scrive Florenskij, racattandole dalla più terroristica e contradditoria delle dottrine su dio.
Falso: dio è Amore, dice la sua rivelazione. E se dio è amore, vuol dire che l’Amore non è dio perchè possederebbe una qualità superiore. Quindi la superiore qualità annulla ogni altra dottrina fantastica su dio. L’amore, non dio. Pertanto i più blasfemi, i più empi e quelli che più lo hanno rinnegato e negato godranno dell’Amore più pieno e assoluto perchè trattasi del giudizio dell’Amore. Checchè ne dicano impostori ed amministratori del peccato e delle paure umane materia del loro truce lavoro safrofita. Certo, ho scritto così per forza trattandosi di b.lle.
Tuuta la Natura geme e grida nel dolore e nessun dio che Amore non è ascolta. Resta solo la Pietas umana. Solo l’uomo nella Natura. Ed è Tutto.
B.lle comprese.
l’unico buon uso della religione è non averci nulla a che fare
Rothko61. Ieri sera non avevo il tempo e la possibilità di controllare su un libro di storia dell’arte il titolo del quadro. L’ho citato più come documento sociologico che come opera d’arte: nell’800 esistevano veramente contadini pii come nel quadro, comunque sia la sua “storia”; esattamente come gli odierni pii musulmani ( vedasi il film “L’albero degli zoccoli” ). Ho cercato il quadro di Rubens ( amante della donne molto abbondanti ) ma ho trovato solo un disegno con la freccia verso lo sterno e nessuna positura erotica. Se mi sapesse dire…
Otzi. Parlando del timore del giudizio di Dio ho introdotto un argomento che arrecava un danno alla mia argomentazione: questo perchè si tratta di un fenomeno psicosociologico molto rilevante, facilmente, anzi quasi certamente interpretabile come negativo. In un certo senso mi sono dato la zappa sui piedi. Questo perchè sono “fanatico” ed “invasato”. Che cosa volevo dire con gli esempi di santa Teresa d’Avila e don Orione? Che ci sono ANCHE casi documentati di morti cristiane serene, con accettazione della fine terrena. Vuole che mi ridia la zappa sui piedi? La veneratissima santa Teresa di Lisieux prima della morte ebbe un’angosciosissima crisi di fede.Questo in relazione alla sua acida derisione con l’immagine dello scheletro armato di falce.
La sua “non considerazione” dei “miei” santi deriva da conoscenza per studio, come fa chi è razionalista e dotato di spirito critico, oppure da fastidio preconcetto? Il sottoscritto ha letto e leggerà tutti i libri che gli capitano a tiro su eretici e Inquisizione, come ha letto Russell e Dawkins.
@ Sergio. Un piccolissimo argomento. Con la nostra tecnologia siamo in grado di travasare l’informazione contenuta in un vecchio 33 giri in un CD nuovissimo. Se Dio è Dio ( il concentrato supremo di tutte le informazioni ) e la cosiddetta anima umana è informazione, non può conservare tutto ciò che abbiamo fatto “registrare” nella vita terrena e “travasarci” in un’altra dimensione? Argomenti di questo genere ( la permanenza come memoria in altri e il “teletrasporto” ) sono stati trattati nel libro “Anelli dell’Io” da Douglas Hofstadter, studioso della mente, dichiarantesi ateo, amicissimo dell’ateo Daniel Dennett, su posizioni tipo UAAR. Questo ancora per il fanatismo e l’invasamento.
florenkij
guarda che con la storia di anima= informazione rischi di darti la zappa sui piedi:
se è così, allora dell’anima si può fare tante copie quante se ne vuole, quindi non è unica.
inoltre mettiamo che la copia della tua anima venga fatta PRIMA della morte: si ha la tua COPIA in paradiso, ma tu continui ad essere sulla terra. e muori. senza aldilà per te. che è riservato solo alla tua copia.
a meno che tu non sostenga che tu coincida con la copia (o infinite copie) della tua anima e che quindi, se la copia è fatta prima della morte, tu sia ciascuna delle esistenza delle varie versioni di te, sebbene tali versioni abbiano esperienze diverse e ricordi che si differenziano tra loro a partire dal momento della duplica, allora tu non sei la tua copia. tanto più che la copia, per essere perfetta, dovrebbe fare le stesse identiche scelte che farebbe l’originale. ma se è possibile fare una copia che fa le stesse identiche scelte, significa che tali scelte sono in quelche modo prevedibili, “determinate” di partenza. quindi il libero arbitrio và a farsi benedire. se invece la copia non è tenuta a fare le stesse scelte, allora tu e la tua copia potreste fare scelte diverse. ma allora non sareste coincidenti tra voi, ma bensì due entità differenti.
e in tal caso a te è riservato il nulla che gli atei sostengono essere il destino di tutti, mentre è un’altra persona, la tua copia, a potersi godere il premio (o doversi subire il castigo) per quello che un’altra persona, cioè tu, ha fatto in vita.
@ Florenkij
SE la scienza dovesse accertare che è possibile fare copie delle informazioni del suo cervello ALLORA sapremmo che è possibile fare copie delle informazioni del suo cervello. SE la scienza dice che NON è possibile fare copie delle informazioni del suo cervello dire che la scienza potrebbe scoprirlo per giustificare in questo modo l’operato assolutamente sconosciuto di un dio altrettanto sconosciuto NON SPIEGA NIENTE. Non aggiunge uno iota di informazione sul fatto.
Il tutto fermo restando quando nightshade fa notare.
La scienza utilizza ipotesi per testarle, non per fantasticare.
” e la cosiddetta anima umana è informazione, non può conservare tutto ciò che abbiamo fatto “registrare” nella vita terrena e “travasarci” in un’altra dimensione?”
Gli studi di neurobiologia dicono il contrario.
Alla mente che è un prodotto del cervello, serve un corpo.
Il cervello è nato per il corpo e non viceversa.
Parola di Pineas Gage.
Ottima recensione.
non capisco perché non si ricordino mai università, biblioteche, scuole e musei come esempi di architettura non religiosa…