Erdogan il sultano dell’islam light

Stefano Marullo*
Fotina Marullo 2

Nel famigerato scacchiere mediorientale si è affacciato prepotente un nuovo attore: Recep Tayyip Erdogan, primo ministro turco. L’attivismo della Turchia di Erdogan si può tangibilmente misurare negli ultimi tempi da una serie di episodi le cui ripercussioni sono destinate a stravolgere i labili equilibri della regione. L’ultimo in ordine di tempo, il monito all’UE rispetto alla prossima presidenza di Cipro, terza isola per grandezza del Mediterraneo, a maggioranza greca ma di fatto divisa in due a seguito dell’invasione, il 20 luglio 1974, nella parte nord orientale delle truppe turche che la ribattezzarono Repubblica turca di Cipro del Nord. Ebbene, Cipro prenderà la presidenza di turno dell’Unione Europea da luglio a dicembre 2012, e Ankara ha annunciato che se entro quella data non sarà trovata una soluzione alla questione della divisione dell’isola, la Turchia “sospenderà le sue relazioni con l’Unione Europea”.

Sempre riguardo a Cipro, c’è la questione dello sfruttamento di giacimenti di gas nelle coste meridionali che interessano Israele e il governo greco-cipriota ma che Erdogan non è intenzionato a permettere per tutelare gli interessi del Libano, di cui vuole farsi vindice, e che rivendica la comproprietà di quei pozzi per la loro ubicazione. Questa inedita tutela del Libano da parte della Turchia è da mettere in relazione con l’apertura di contatti tra Erdogan con Hezbollah ed Hamas. Con Israele, poi, è ancora aperta la partita delle “scuse” e dei risarcimenti che Ankara pretenderebbe per l’attacco alla flottiglia umanitaria diretta a Gaza da parte dei militari di Tel Aviv che causò la morte di nove attivisti turchi.

Come se non bastasse, l’effervescente Erdogan negli ultimi giorni si è fatto paladino del riconoscimento dello Stato palestinese, boutade che pare studiata per indispettire l’ex alleato israeliano. E riguardo alla difficile situazione interna del vicino siriano va riconosciuto che la Turchia è stato l’unico paese a fare la voce grossa con il sanguinario Bashar al Assad. Inutile nascondersi dietro ad un dito: Erdogan è uno stratega che punta a fare del suo Paese una nuova potenza crocevia tra est ed ovest, ma con la sua maggioranza sunnita vuole anche accreditarsi in Occidente come in Oriente come leader musulmano moderato, colmando il vuoto creato dalla crisi dei tradizionali leader moderati della regione alle prese con gravi problemi interni, e approfittando della situazione d’incertezza che coinvolge molti paesi dell’area maghrebina e mediorientale che fanno i conti con la “primavera araba”.

E non si può certo dire che al primo ministro turco manchino le carte vincenti per giocare la partita. Un peso specifico notevole con oltre 75 milioni di abitanti a schiacciante maggioranza islamica. Economicamente forte, la Turchia viaggia su un prodotto interno lordo intorno all’otto per cento annuo. Militarmente poi, alleata degli Usa, è l’avamposto della Nato in Medio Oriente, ed è armata fino ai denti (probabilmente non ha nulla da invidiare ad Israele); ne sanno qualcosa i ribelli curdi del PKK del nord dell’Iraq nei confronti dei quali Ankara prepara una controffensiva di terra che potrebbe spazzarli via. Sul versante interno Erdogan, popolarissimo nei sondaggi e ormai al suo terzo mandato, è considerato “l’uomo forte” che ha messo a tacere, a modo suo, le turbolenze dei militari con una vera e propria epurazione di massa e l’arresto di almeno 200 ufficiali (di cui almeno venti generali) accusati di preparare un colpo di stato (il cosiddetto Piano Balyoz) per rovesciare il Governo. Non si sa quando ci sia di vero in queste accuse, certo è che Erdogan ha voluto mandare un messaggio chiaro alle elites militari riguardo a chi guida il timone. Senza dimenticare che in Turchia, da sempre, i militari sono garanti della laicità dello stato (nel 1997 fecero dimettere Necmettin Erbakan e misero fuorilegge il Partito del Benessere, di chiara matrice islamica) mentre Erdogan, tra molte contraddizioni, si presenta come leader islamico, certo, ma in versione light. Formalmente il primo ministro turco è capo di un partito conservatore, l’Akp, di ispirazione islamica ma che non mette in discussione principi laici come la democrazia parlamentare e la libertà religiosa; inoltre sta lavorando ad una nuova costituzione ancora più “liberale” e sta cercando un accordo per porre fine ai problemi con la minoranza interna curda dopo decenni di scontri.

Al dil à degli annunci e della propaganda, c’è da augurarsi davvero che il processo di revisione costituzionale porti davvero qualche progresso in particolare nel campo dei diritti umani e civili, riguardo ai quali la Turchia è ancora assai carente, come testimonia il Rapporto 2011 di Amnesty international. Torture e maltrattamenti sono praticate nelle, già tristemente note, carceri turche. Ai dipendenti pubblici è negato il diritto allo sciopero e non è stata ancora riconosciuta l’obiezione di coscienza al servizio militare mentre le leggi antiterrorismo sono usate per limitare la libertà d’espressione (nel mirino in particolare giornalisti, avvocati di organizzazioni per i diritti umani, attivisti politici curdi). Si registrano discriminazioni massicce ai danni di gay, lesbiche, transgender e bisessuali e la violenza domestica contro le donne è una vera piaga (in generale poi se siete donne sole o avete un orientamento sessuale non etero la Turchia non è il posto migliore dove andare in vacanza). In compenso è stata abolita la pena di morte per tutti i reati.

La verità è che l’humus culturale turco è ancora fortemente imbrigliato d’islam tradizionale e la borghesia benestante è di quella estrazione religiosa. Ma il sultano Erdogan, che ha ormai archiviato ogni residuo di kemalismo dalla sua azione politica, continua a stupire e nel suo recente trionfale viaggio al Cairo ha fortemente deluso le aspettative dei Fratelli Musulmani, in cerca di leadership (tutti i gruppi fondamentalisti sono ormai orfani di Al Qaeda e sentire parlare di “democrazia” alle nuove classi dirigenti è per loro la più cogente sconfitta), quando il primo ministro ha detto “auspico la nascita di uno stato laico in Egitto”. Quanto ai suoi viaggi in Tunisia e Libia, questi la dicono lunga sui suoi reali obiettivi politici ed economici nel nord Africa.

Siamo al solito dilemma: esiste davvero poi un islam moderato o si tratta sempre di islam mascherato? O è solo realpolitik? In fondo tutti, leader estremisti e moderati, da Saddam a Gheddafi, da Hussein di Giordania fino ad Ahmadinejad, da Mubarak a Ben Alì, hanno sempre ostentato deferenza al Corano. Tutti costoro hanno capito anche in quella parte di mondo che la religione è sempre “oppio dei popoli” e soprattutto un ottimo espediente per restare al potere. Ma che la Turchia si allontani dall’Europa per inseguire le velleità del califfo Erdogan, con buona pace dei suoi discorsi sulla “laicità”, non ci pare un’ottima notizia. Da Atatūrk a “mamma li turk”, il salto è notevole. Un’altra volta poi qualcuno ci spiegherà come si possa conciliare la democrazia con il Corano.

* Laureato in Storia, ha compiuti studi di filosofia e teologia. È membro dell’Attivo del Circolo UAAR di Padova.

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.
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17 commenti

Michele Gaismayr, lo scresimato

Il medio Oriente, per la bellezza dei luoghi, la cultura, le tradizioni, l’archeologia, potrebbe essere un paradiso.
Grazie ai tre monoteismi è un inferno.

Soqquadro

Veramente…. I giacimenti di gas riguardano Cipro Sud, in quanto sono nelle acque a Sud, non a Nord. La posizione di Erdogan a riguardo interessa “la tutela” del Libano solo in minima parte, in gran parte la richiesta è portata avanti come Repubblica Turca di Cipro Nord, ma, essendo Ankara l’unica a riconoscerla (e condiderato che i giacimenti sono dalla parte opposta dell’isola, sotto sovranità cipriota e non turca, riconosciuta o meno) cerca di farlo un po’ meno sfacciamente.
Riguardo alla “questione curda”, ho qualche timore sulle modalità di soluzione, considerato che non si parla nè di negoziati, nè di tentativi di accordo di qualunque genere, dato che le dichiarazioni di Erdogan in merito sono del tenore “Annegheremo in curdi nel loro stesso sangue” (giugno, riportato da Wall Street Italia e dailyblog) e le azioni conseguenti (dalle stesse dichiarazioni turche sulla stampa) sono state bombardamenti sul Kurdistan iraqeno (l’ultimo a fine agosto che ha causato tra gli 80 e i 90 morti, non sappiamo se civili o combattenti), per la lotta al terrorismo del PKK. La rottura con Israele era nell’aria da almeno un anno prima delle vicende della flotilla, già dalle precedenti esercitazioni aeree congiunte in cui la Turchia aveva negato la consueta partecipazione agli israeliani per richiedere al loro posto piloti siriani, secondo wikileaks, che magari possiamo anche prendere come pettegolezzi da cortile, ma è sempre bene tenerlo presente, era da imputarsi ad un “odio religioso”. In questo contesto e con questa evoluzione politica, la laicità turca potrebbe presto apparire solo un pallido ricordo. Pessima notizia per l’Europa, i Paesi c.d. Occidentali ma, in primis, per gli stessi cittadini turchi.

stefano marullo

Hai ragione Soqquadro. Corretto. Grazie della precisazione.

Chiericoperduto

L’AKP di Erdogan è un partito conservatore di ispirazione islamica ma non quanto lo fosse di più la Democrazia Cristiana nei confronti del cristianesimo.
Si appoggia all’islam quanto basta per avere il sostegno delle masse, sia all’interno che nei paesi arabi limitrofi, per il resto Erdogan capisce l’importanza della laicità per la stabilità di un paese.
Più concretamente Erdogan è uno stratega, consapevole della grande crescita economica della Turchia, di poter essere la potenza regionale emergente e quindi di poter fare la voce grossa con un Europa debole in preda alla crisi economico-finanziaria.
@Michele
per lo sbattezzo lo so, ma come si fa a scresimarsi??

Simone

Lei è proprio perduto. Ci capisce molto di Turchia. Allah korusun!

bruno gualerzi

“Un’altra volta poi qualcuno ci spiegherà come si possa conciliare la democrazia con il Corano.”

Di sicuro non ‘esportandola’ nel modo in cui è stato fatto e si sta facendo!

Rothko61

Concordo in pieno. La democrazia è il frutto di una lenta e faticata conquista, ammesso che ci si arrivi.
In fondo, anche a leggere la Bibbia sembra vi siano pochi spazi per la democrazia…

Batrakos

Credo, per quel poco che so, che le premesse di quel che sta succedendo oggi siano insite nella gestione politica dello stesso Ataturk (cosa non perfettamente identica al kemalismo come dottrina), fortemente militare (sproporzionato, in una concezione democratica, è il peso dato loro, ma del resto Kemal era lui stesso un militare) e fondata su un culto della personalità che ha poco da invidiare ad altri lidi, autoritarismo eccessivo che sarà addirittura ampliato alla sua morte.
La storia ci mostra che le soluzioni eccessivamente autoritarie rimuovono il problema su tempi brevissimi, ma non lo risolvono in modo da non farlo riemergere.
Forse il carattere poco laico di molta borghesia turca, stando a quel che dice Stefano Marullo, si può anche spiegare con queste ragioni.

il parroco di Funo

divertitevi a sbeffeggiarci finché ne avete il tempo.

tra un po’ la musica cambierà.

Southsun

@ parroco.

Guarda che vi sbeffeggiate da soli davanti al mondo intero: vedi la vicenda della statua girata.

Il vantaggio del bosco.

Rimpiango la Turchia cristiana, quando c’era l’Imperatore.
Quella era una civiltà splendente, dopo, con gli ottomani, si è vissuti in una decadenza senza fine.

Gérard

” La Democrazia è come un treno : scendo quando arrivo dove voglio arrivare ”

Erdogan

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