Nei giorni scorsi è uscito in libreria Voltaire – Due casi di Parricidio a cura di Paolo Fontana, pubblicato da Manifestolibri (93 pagine, 14,00 euro).
Proponiamo la recensione di Stefano Marullo nella sezione Biblioteca del nostro sito.
La Redazione
Quando si valuta Voltaire, bisogna tener conto di due punti, i quali solitamente sono omessi (e in epoca in cui molti pensatori sono analizzati fino al pelo nell’uovo ciò è male): la sua importanza tra i padri fondatori del modeno razzismo biologico e la sua coerente difesa della schiavitù (credo che investisse anche economicamente sulla tratta, ma non sono in grado di dire se ciò è storicamente fondato) in perfetto british style.
Aggiungo per onestà che molti pensatori dell’epoca erano tendenzialmente razzisti, ma un conto è esprimerlo in lettere private ed en passant, un altro proclamarlo a chiare lettere tra i capisaldi in un’opera ufficiale e importante, come appunto fece Voltaire nel ‘Trattato di Metafisica’, perchè vuol dire che il razzismo non è incidentale ma fondante del proprio pensiero.
Aggiungo anche che, anche se molti non lo sanno, lo stesso Marx mostrò cenni razzisti soprattutto verso gli ebrei (ed era lui stesso ebreo, ricordo ancora una lettera in cui si esprime su un suo conoscente che doveva sposarsi dove dice che ‘riassume in sè la bruttezza dell’ebreo e del negro’) e considerò ‘positiva’ la schiavitù, ma si faccia attenzione che in Marx il concetto di ‘positivo’ non ha valenza etica, è discorso che riguarda l’inevitabilità della schiavitù per l’accumulazione primitiva del capitale.
E infatti la schiavitù fu propria di tantissimi secoli di storia umana preindustriale e precapitalista e fu del tutto -non solo nei propri confini statali ma anche nelle colonie, cosa diversa- abolita -piccola eccezione per la Rivoluzione francese, la quale però la mantenne ad Haiti, per poi vederla reintrodurre da Napoleone in tutti i territori d’oltremare- soltanto con il passaggio dalla società contadina a quella industriale, dove era necessario il salario e la condizione formale di ‘uomo libero’ perchè altrimenti non vi sarebbe stata la possibilità di ampliamento di mercato.
Voltaire considerava effettivamente i neri una sotto razza, nelle Lettere Inglesi muovendo da Aristotele arriva chiaramente a sostenere l’estraneità della razza nera dalla specie umana, il che è tutto dire…brrrrr.
Anche i padri fondatori americani non mettevano molto in dubbio la schiavitu’… il fatto e’ che col loro modo di ragionare, col tempo si sono superate queste convinzioni. E’ come rimproverare gli errori della scienza: ma essa contiene anche il metodo per correggerli.
L’affare Calas è stata nuovamente ripropposta al grande pubblico francese attraverso un film abbastanza recente, film che fu programmato dalla rete tv ARTE .
Mi riccordo la famosa frase che scrisse Voltaire in merito a questa facenda quando l’opinione pubblica fu informata da questa ingiustizia .
” Un arret du Public vaut un arret du Conseil du Roi ! ” ossia, una sentenza del Pubblico valle una sentenza del Consiglio del Re
Conosciamo le posizioni di Voltaire in merito al razzismo e alla schiavitu ma se si va di questo passo, dobbiamo bruciare Nietzsche e Heidegger per prendere soltanto questi due esempi ?
No, Gerard, nulla di tutto questo.
E’ che quando, come leggendo su questo sito talvolta capita, si leggono elogi spropositati di un pensatore, credo che sia bene evidenziarne anche i punti negativi (e a quel che mi è capitato per esperienza, non molti sanno di questo lato oscuro di Voltaire…magari tu che sei francese lo sai meglio).
Un’osservazione rapida su Nietzsche per non andare OT…sono, credo, uno dei pochi a concordare con te sul carattere aristocratico e tendenzialmente reazionario (basta vedere le sue idee sulla Rivoluzione francese e l’ingresso delle plebi, ‘dei deboli’, nella storia che lui vede in contiguità morale col cristianesimo) del pensatore tedesco; tendenzialmente reazionario che, per capirci, è diverso da ‘anticipatore del nazismo’, visto che in questo filosofo sono assenti il nazionalismo ed il razzismo ma è un pensatore superindividualista.
cenni di razzismo evidenti verso gli ebrei e i colored (come li chiamiamo oggi) si possono trovare anche in Rousseau, Bakunin, Stirner e altri.
bisogna tenere conto dei pregiudizi del tempo riguardo le altre razze che non fossero quella bianca, e magari fare un paragone con certi personaggi nostrani (tipo Borghezio) che non hanno certo la scusante di essere vissuti in tempi in cui la tratta degli schiavi era considerata una cosa normale in quanto lo schiavo (giallo o nero che fosse) non era considerato un essere umano ma solo merce.
Stefano e Flavio.
Lungi da me il ‘demonizzare’,e forse sono stato troppo secco nell’esprimermi, anche se ho aggiunto il punto su Marx, pensatore che stimo, proprio per dovere di (almeno minima) onestà intellettuale.
Ma resto persuaso che sia sempre bene sottolineare i lati negativi per evitare le agiografie laiche e aggiungo che in Voltaire (rispetto ad uno Stirner e ad un Bakunin da voi citati) il razzismo biologico non era un cenno, ma una determinante tale da escludere, per conseguenza di ragionamento, quei gruppi etnici dalla piattaforma di libertà che predicava per gli umani ‘superiori’: per questo la sua difesa della schiavitù la trovo coerente col suo razzismo.
Ciò detto, è indubbio che i valori positivi espressi da Voltaire restano.
Sulla scienza: ciò che dite è vero, tuttavia la scienza non ha problemi a sottolineare gli errori degli scienziati precedenti…perchè la filosofia non dovrebbe fare altrettanto?
Come accusare Voltaire di razzismo quando poi in Europa venivano esposti negli zoos esseri umani negri fino al 1931 . E tutta la razza bianca che deve essere messa in accusazione !
( Vedi su Internet sotto la voce zoos humains )
Gerard.
Nessuno incolpa Voltaire, ma è indubbio – esarebbe scorretto non riconoscerlo- che esiste una linea di pensiero filosofico che è alla base di fenomeni come quello, è Voltaire è uno dei pensatori storici dell’ineguaglianza razziale, ben prima di un De Gobineau.
C’è da dire che è esistita ed esiste discriminazione pseudorazzista in quasi tutte le società e in quasi tutte le culture (qua si analizza spesso il terribibile esclusivisimo musulmano verso i kuffar), ma il razzismo biologico (cioè inscritto in una natura biologica differente, cosa diversa e più profonda dalla discrimanzione di religioni o lingue o semplici luoghi di vita diversi) è tipico dell’Europa: cosìaltro non furono i lager se non l’estremo risultato della serializzazione della tipizzazione della società industriale?
Dice bene Foucault, quando afferma che il razzismo biologico deriva dalle categorie di serializzazione dell’Europa (poi degli USA wasp) moderna occidentale, soprattutto nella società inglese (e non è un caso che Voltaire ammirasse molto la società inglese) ove tutto ciò era nato: purtroppo è la macchia di fronte ai tanti progressi, anche di tolleranza religiosa e culturale, che abbiamo avuto. Lo stesso positivismo, pur nei tanti contributi alla scienza, amplifica proprio questo tipo di mentalità nel razzismo di allora, basti pensare a Spencer e all’uso sociale del darwinismo.
Il fatto che la discriminazione non sia solo nostra non ci esime dall’esaminarne le peculiarità.
Dunque nessuno ‘incolpa’ Voltaire di alcunchè, ma è difficile non inserirlo nel filone del razzismo biologico, in quanto paragonando, nel trattato di metafisica, uomo bianco e uomo nero a due alberi diversi come pero e melo (dunque introducendo una differenza originaria, poi smentita dalla genetica moderna), pone proprio le basi di quel tipo di razzismo di cui si diceva.
Va aggiunto anche il razzismo religioso di epoca precapitalista, basato sull’assenza dell’anima nei ‘selvaggi’ in modo tale da legittimarne le brutalità, e mentre Sepulveda diceva che gli indios non avevano anima quindi potevano essere usati come animali, Las Casas sì…quindi suggeriva di usare i neri di Africa che invece non la avevano!
Se dunque il razzismo occidentale fu spesso alla base dello sfruttamento del lavoro altrui, la differenza tra il razzismo dell’anima e quello della biologia segna la differenza tra due epoche.
E qua non si tratta di fare tribunali ma di notare le linee di pensiero: e nel nostro modo di pensare ci stava che un fautore, come Voltaire, delle libertà moderne rimanesse razzista, iniziando ad inaugurare un nuovo tipo di razzismo più consono all’epoca moderna.
Ai fini dello studio e della comprensione è necessario rilevarlo; aggiungo che io stimo molto un Aristotele per le formulazioni di logica, ma come negare che la sua idea dello schiavo per natura sia un po’ la base di tutti i razzismi delle nostre latitudini?
Sono molto sorpreso dell’intervento di Batrakos, e una volta tanto, non sono d’accordo con lui. Definire Voltaire “padre del moderno razzismo biologico” mi pare abnorme e ingeneroso. Sarebbe come parlare di Cristoforo Colombo come l’inventore della salsa piccante senza citare la scoperta dell’America! Spiace che Batrakos usi toni consoni a siti alla Pontifex o UCCR. Scrive Batrakos ” su questo sito talvolta capita, si leggono elogi spropositati di un pensatore, credo che sia bene evidenziarne anche i punti negativi”. Ma cosa vuol dire? Che dobbiamo applicare una sorta di par condicio anche sugli elogi? E quando parliamo negativamente di qualcuno dobbiamo “ridimensionare” evidenziandone i lati positivi? Che la (propria) verità deve sempre essere amorfa, discreta o bilanciata? Agiografie laiche? Ho scritto una recensione e ho letto Voltaire attraverso “quel” libro. Dove non si parla di negri né di razze, chi ne parla fa una evidente forzatura .E’ come se si parlasse dell’Essere e il Nulla e uno commentasse parlando del silenzio di Sartre sui gulag staliniani! E in “Due casi di parricidio” di tutto può essere accusato Voltaire tranne che di razzismo, anzi il suo è un antirazzismo culturale. Ha preso le difese di alcuni miserabili che avevano perso tutto, per di più di una minoranza religiosa, per di più già condannati, nessuno ci avrebbe messo la faccia. Nella “liberale” Inghilterra ancora qualche decennio dopo gli scritti di Voltaire, avete idea di come venivano trattati disoccupati, accattoni, orfani? Qualcuno sa cosa fossero quelli che Marx ed Engels denunciavano come “Poor-law bastiles” cioé bastiglie della legge sui poveri? Molti illustri liberali inglesi, come Francis Hutcheson che scriveva parole veementi contro la schiavitù dei neri, quando parlava degli “strati più bassi” della società inglese sosteneva che “anche la schiavitù poteva essere un’utile punizione”. Questi erano razzisti (su basi sociali) o no? Sarei davvero cauto ad usare categorie per noi ovvie in tempi in cui molte cose non erano affatto ovvie. Oppure dobbiamo ammettere, ma uso un paradosso non voglio provocare nessuno, che prima che “Mein Kampf”, il primo libro nella storia che teorizza il razzismo biologico sia la Bibbia, dal momento che stabilisce che c’è un “Popolo eletto” al di sopra degli altri? Suvvia. Paolo di Tarso era favorevole alla schiavitù quando scriveva “gli schiavi siano sottomessi ai loro padroni”? No, non lo era. Semplicemente relativizzava tutto ciò che riguardava l’eone e il secolo in vista dell’imminente Parusìa. Voltaire era favorevole alla tratta? Era un possidente e un aristocratico e da giovane sembra avesse investito nella Compagnia delle Indie (che la tratta praticava). Che ne fosse a conoscenza? Mah, forse non più di quanto sappiamo noi sull’uso che le banche fanno dei nostri soldi depositati. A dirla tutta, se leggiamo “Candido”, la figura più positiva ed elogiata è quella del servo Cacambo. Ecco cosa dice Candido al suo fedele servo: “Caro Cacambo, un tempo mio servo, ora mio uguale, e sempre mio amico, tu hai meco divise alcune delle tue disgrazie, tu mi hai dato consigli giovevoli, tu hai veduto il mio amore per Cunegonda…”. E come ho scritto, Voltaire era certamente una persona complessa e contraddittoria. Cortigiano ma capace di prendere in giro i sovrani (per una satira a Luigi XIV passò un anno alla Bastiglia), cercò la protezione di Federico II di Prussia ma intanto lo irrideva per le sue orrende poesie, sprezzante con il “volgo” era poi adorato per la sua difesa degli oppressi e delle vittime della giustizia per i quali si spendeva, tuonava contro il fanatismo religioso ma riteneva che si dovesse fare un “buon uso” della religione, anticlericale ma deista (che non vuol dire teista), ottimista nelle “Lettres philosophiques” e pessimista nel “Candide”. Il suo “Trattato sulla tolleranza” o il “Dizionario filosofico” surclassano decisamente i suoi scritti “sospetti”. Ancora sulla schiavitù nera. La vulgata vuole che uno dei suoi teorici, altro che Voltaire, fosse addirittura l’indefesso difensore degli indios Bartolomé de las Casas. A me questa cosa mi è sempre puzzata un po’. Come fosse possibile che un encomendero (l’encomendia era un sistema di sfruttamento agricolo per il quale un gruppo di indios veniva attribuito ad un colono spagnolo per il lavoro) come lui che rinuncia ai suoi schiavi e ingiunge gli altri coloni a fare altrettanto, duellando contro re, papi e teologi, potesse avallare la tratta dei negri, lui che predicava la convivenza tra le razze e la mescolanza tra contadini spagnoli ed indigeni? Come può Las Casas scrivere dei soprusi dei Portoghesi in Asia e in Africa e poi sostenere che l’utilizzo dei neri d’africa potesse risolvere il problema del lavoro nelle terre d’America? Sembra un paradosso, ma Las Casas era in perfetta buona fede! Vedendo pian piano morire tanta etnia india sotto il peso della fatica, era convinto che i neri fossero più forzuti e capaci di resistere alla fatica. Non immaginava certo che la sua sarebbe stata una tragica profezia per i neri d’Africa. Mi fermo. Sennò rischiamo di arrivare a Locke e Tocqueville, e avanti con l’iconoclastia sui miti…
Marullo.
-Iniziamo da un punto: io parlavo di Voltaire in generale e non del singolo testo (Stefano, so la differenza tra deismo e teismo), ma appunto mi pare che tralasciare un punto enorme di Voltaire sia una valutazione parziale, senza riferirmi alla tua recensione ed al singolo testo.
-Secondo punto: prendere le difese degli strati poveri non esime dall’essere razzisti (e Cacambo servo è e servo resta, chiamasi paternalismo, quello che a suo modo porterà al ‘mito del buon selvaggio’, altra forma di paternalismo razziale che oggi ancora si mostra quando alcuni radical chic dipingono le altre etnie in modo ridicolmente edulcorato).
Per questo motivo, il tuo mi pare un non sequitur, e se anche Voltaire ha scritto belle pagine esse non negnano mai nè contraddicono in alcun modo il suo razzismo: tolleranza e razzismo in Voltaire convivono benissimo.
-Punto terzo: di Las Casas ho parlato già io, e la Bibbia rientra nel razzismo religioso, non in quello biologico (il popolo eletto non è superiore per dna nè ha origine diversa dal resto del genere umano). Qua non interessa la buona fede; interessa evidenziare una linea di pensiero.
-Dunque, punto finale: chiederei allora, se si riduce tutto al clima culturale, di trovare un altro pensatore di grosso calibro, precedente a Voltaire, che formula così nettamente le differenze biologiche come fa lui nel Trattato di Metafisica. Che poi lui fosse convinto in buona fede di queste cose, è probabile ma poco interessante. E tranquillo, che di Locke possiamo dire cose simili (a parte lo schiavismo, noterei che anche noi saremmo esclusi dalla sua Tolleranza…)
Sono io a stupirmi del fatto che tu mi attribuisca modi e toni da Pontifex o da UCCR, quando ho evidenziato, e cercando di argomentare, sia i lati positivi di Voltaire (nel momento che scrivo ‘ciò che di buono ha detto indubbiamente resta’, credo che lo renda implicitamente, visto che ciò che ha detto di buono è ben noto), sia quelli negativi di altri pensatori a lui coevi o addirittura più tardivi, e che magari io stimo, cosa che gli apologeti o i demonizzatori non fanno.
A questo punto sono io a stupirmi un po’ della difesa ad oltranza dell’indifendibile…davvero dobbiamo essere così agiografi, tanto da accusare di toni da Pontifex o da UCCR chi evidenzia una verità storica documentata?
Su Cacambò, parlo di paternalismo e dico che ‘servo resta’, perchè il rapporto instaurato dipende esclusivamente da una decisione del suo padrone (che diventa ‘amico’, ma noi chiamiamo ‘amico’ anche il cane…ciò non vuol dire, a parte gli antispecisti, che lo consideriamo persona libera e soggetta a diritti, e doveri, uguali ai nostri) ma non è una critica della schiavitù in quanto tale, per chiarire bene il discorso.
Marullo,
in attesa che la mia replica esca di quarantena, capisco che ho omesso -o comunque poco evidenziato- due considerazioni basilari che sono forse necessarie per chiarire la nostra malcomprensione.
1) Come accennato nel commento in mod, la mia non era una critica diretta alla tua recensione (e, come tu dici, non era necessario parlare di questo esaminando l’opera): semplicemente mi pareva buona occasione per affrontare un confronto temtico senza andare OT
2) Il confronto tematico è necessario perchè qua non sto giudicando la persona di Voltaire, ma credo sia necessario evidenziare i lati oscuri dei filosofi della tolleranza, perchè, se non si capisce come questa tolleranzia sia anadata parallela con la discriminazione, è difficile capire fenomeni tragici come il moderno nazismo, senza credere che sia piovuto ‘dal nulla’ in un corpo sociale sano. Con questo, non considero certo Voltaire un anticipatore del nazismo (sarei antistorico), ma come non notare che nell’eclettismo nazista furono estremizzate le teorie razziali biologiche nate proprio, paradossalmente, nell’epoca dell’elogio della tolleranza?
Appunto, qua rifiuto il discorso dell’apologia laica, ma non per fare un tribunale assurdo, ma perchè sottolineare certi punti, come già detto, è alla base della comprensione del secolo scorso (il novecento) e anche di certi rigurgiti odierni.
E, siccome non ricordo altri pensatori di gran calibro precedenti a Voltaire che espressero in modo così netto una teoria razziale biologica, dire che sia ‘padre [oppure uno dei padri] del moderno razzismo biologico’ non è uno strale moralista, ma una constatazione.
E’ stato senz’altro anche uno dei padri della tolleranza, ma, appunto, come non sottolineare che tolleranza e razzismo convivessero nella stessa epoca? E se non lo si sottolinea, ripeto, come si possono comprendere adeguatamente gli sviluppi storici e filosofici successivi?
Dimenticavo: qualcuno giustamente dirà che proprio il pensiero occidentale ha portato con sè gli anticorpi per eliminare in seguito la schiavitù e mitigare il razzismo, seppure attraverso una guerra terribile, ma, appunto, se certe cose sono state limitate, se non del tutto superate, è proprio per il dubbio metodico e la critica, questa sì la miglior eredità del pensiero occidentale, le quali dunque vanno promosse e valorizzate sempre. Ciò è diverso dalla demonizzazione di un singolo pensatore.
Batrakos, sui personaggi che “passano” alla Storia, si deve sempre dare un giudizio sintetico. Soppesando l’impronta dominante attorno all’azione, e/o parlando di un artista o di un intellettuale, la linea di pensiero prevalente, oltre gli scritti episodici o le lettere (più) o meno private. Capovolgo il concetto rispetto a Voltaire. Si può parlare di Adolf Hitler. Si “deve” dire che era un dittatore a capo di un gruppo di fanatici che oltre a volere conquistare il mondo teorizzava la razza ariana e sterminava senza troppi complimenti il prossimo. Poi si scoprirà che durante il periodo nazista la Germania aveva i “conti in ordine” e l’industria tedesca raggiungeva livelli notevoli di produttività e aveva notevoli guadagni. Però non mi verrà automatico in una discussione su modelli economici citare Hitler come modello. Lo stesso per Churchill, che ha grandi meriti proprio per la resistenza ad Hitler, che lo si ricordi per la sua “ammirazione” per Mussolini, mi pare un ingiustificato riduzionismo. Ernesto “Che” Guevara era un indomabile e generoso guerrigliero, il modello di ogni rivoluzionario moderno: sua moglie, nel libro “Evocation”, ne celebra tutto il valore, poi ammette che “come padre” era un po’ (per usare un eufemismo) assente. Non mi viene automatico, parlando di “modelli” genitoriali, pensare a Ernesto “Che” Guevara. E’ sempre difficile riuscire a cogliere la complessità di una personalità. Rifuggo dai complottismi e dalle leggende nere che appassionano tanto Vittorio Messori (per esempio riguardo al buon Las Casas). Zone d’ombra sono presenti in tutte le epoche; nello stesso periodo in cui si celebrava il Rinascimento, la puzza dei roghi contro gli esseri umani era palpabile. Il mondo contemporaneo ci ha regalato immani guerre e tragedie, ma anche autentici sentieri di libertà come la psicanalisi, il marxismo, l’esistenzialismo, una giurisdizione universale sui diritti umani inalienabili. Non ho una concezione romantica della Storia. Credo che però gli uomini (e i popoli) facciano la differenza. Dallo stesso ceppo di Stalin poté arrivare un galantuomo come Michail Gorbaĉëv, e dentro all’istituzione più retrograda e assolutista d’Occidente (la Chiesa Cattolica) venne alla luce l’eresia più “umanista” di sempre, la teologia della liberazione. Interdipendenza, la Storia non ha compartimenti stagni, ma in essa troviamo anche rotture traumatiche. Cercare un rapporto tra nazismo ed illuminismo mi pare fuorviante e capzioso. Ne “Le origini del totalitarismo” Hannah Arendt che scandaglia il processo che ha portato alle grandi dittature europee, affrontando anche temi come l’antisemitismo e il razzismo, non mi pare consideri degno di interesse Francois-Marie Arouet. Che rimane, prevalentemente, un filantropo, cosmopolita (aveva un debole per i cinesi a quanto pare), un difensore dei disgraziati, degno di stare nel Pantheon tra i “grandi”. Persino il rapporto tra i Lumi e la Rivoluzione Francese, mi pare problematico. C’entra quanto Marx con la rivoluzione bolscevica. O Darwin con il cosiddetto “darwinismo sociale” (che nulla ha di scientifico).
Stefano, sarei d’accordo se tu non mi mettessi in bocca il collegamento tra Voltaire (e i Lumi) ed il nazismo.
Io ho detto che il nazismo nel suo eclettismo riprende le teorie del razzismo biologico e, a quanto pare, o uno dei primi a formularle in Europa fu Voltaire, e se non si capisce il paradigma che gioca tra tolleranza e libertà e accettazione della diversità razziale e del lavoro schiavo di questi ultimi si fa fatica a capire proprio da dove queste idee vengano.
Non è con te che ce l’ho quando dico questo, mi rivolgo a tutto un filone storiografico che vede i fascismi piovere su un’Europa sana, come un cancro, mentre i germi erano già presenti e nascono proprio dove meno te lo aspetteresti.
Non importa se la Arendt poi non menziona Voltaire: il manifesto della differenza razziale è scritto nel Trattato di Metafisica e mai Voltaire lo negò, per cui non vedo perchè, riconoscendone i meriti, la mia etichetta è ingenerosa. Che poi si sia concentrato e abbia brillato maggiormente nel discorso dell’Europa, questo è fuor di dubbio, ma quanto scritto da lui resta e mi sembrava bene evidenziarlo perchè in fondo i commenti, visto che da Voltaire si parte dunque siamo in topic, servono anche a introdurre le contraddizioni dove magari il testo da te analizzato non ne dava occasione, visto che a me quella di Voltaire -e di tutto il paradigma del liberalismo politico che lo seguirà- non pare una contraddizione da poco, e come vedi nella critica ho coinvolto abbastanza pensatori per non dire che sia disonesta intellettualmente, appunto in stile Pontifex o Uccr come, con mio dispiacere, hai scritto.
In particolare concordo -andando su ciò che mi piace molto del tuo commento- sulla non totale contiguità tra illuminismo e rivoluzione francese.