Considerazioni sulla laicità dei valori della sanità pubblica

Massimo Albertin*
Fotina Albertin

La delibera di cui si parla è il Documento di orientamento sul rispetto dei valori, credenze, ritmi e abitudini di vita dei pazienti nelle attività assistenziali dell’Azienda U.L.S.S. 16. Premetto che, complessivamente, sono stato piacevolmente sorpreso dalla lettura di questo documento che, oltre alla qualità dei contenuti, si è dimostrato molto attento ai dettagli; infatti vi ha inserito chiarimenti di primaria importanza relativi all’uso della terminologia adottata, focalizzando prioritariamente il modo d’uso di parole spesso usate in maniera equivoca come “VALORE” e “CREDENZA” e precisando correttamente anche concetti importanti come quello di persona, individuo, dignità, identità.

Dopo le premesse si arriva alla pubblicazione di quelli che il documento chiama ORIENTAMENTI: 7 punti che riguardano gli ambienti di cura, la riservatezza e la serenità del paziente, la delicatezza del rapporto col medico, la circoncisione per motivi religiosi, la mutilazione sessuale femminile, il diritto al rifiuto delle cure, il rispetto delle abitudini alimentari. A mio parere si tratta di un documento che dimostra una sincera attenzione alla qualità della vita del paziente in ambito ospedaliero, facendo chiarezza su punti che erano finora governati soprattutto dalle consuetudini, da abitudini che vanno considerate superate, ma che se non vengono regolate in maniera esplicita, rischiano di mantenersi inopinatamente e di essere applicate in maniera soggettiva e quindi anche impropria.

Il primo orientamento riguarda i simboli religiosi esposti nei luoghi di cura. Orbene, mentre l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è regolato da circolari fasciste del 1922 e 1924 mai abrogate, non sono a conoscenza di regole o leggi che impongano l’esposizione del crocifisso nelle stanze e nelle corsie degli ospedali. E allora, come interpretare questo punto? Secondo me rifacendosi ai principi enunciati nei documenti di riferimento citati che non potrebbero considerarsi realizzati se l’ambiente del ricovero ospedaliero esponesse, nelle parti comuni e condivise, il simbolo di una sola religione. E perciò andrebbe considerata legittima la richiesta di rimozione del crocifisso dalla stanza del ricovero, anche in ossequio ai codici deontologici del medico e dell’infermiere quando richiamano il rispetto alla volontà e alla dignità del paziente.

In subordine potrebbe essere richiesto l’affiancamento al crocifisso di un simbolo a piacere del paziente non cattolico. Personalmente amerei affiancargli un’opera d’arte di Gustave Courbet esposta al museo d’Orsay di Parigi, ma naturalmente ognuno dovrebbe poter scegliere liberamente.

Ma tornerò sui simboli affrontando l’orientamento n. 3. Passando al punto 2 della delibera, premetto che l’impressione che ho ricavato dall’esame di questo documento è che la scelta di attuare un punto delicato come questo, che i non credenti auspicavano da anni, non sia stato dovuto a una particolare sensibilità laica dell’estensore, bensì alla necessità di adeguarsi alla realtà imposta dall’aumento dei flussi migratori, che hanno portato un aumento di pazienti appartenenti ad altre religioni.

Ma l’importante è che, in un modo o nell’altro un obiettivo sia stato raggiunto: quello di ottenere il rispetto della riservatezza, della dignità e della serenità dei pazienti non credenti, finora impunemente importunati dai cappellani ospedalieri che, pagati col denaro pubblico, svolgono spesso opera di proselitismo, quando addirittura non di sciacallaggio nei confronti di moribondi e loro parenti, indifesi in momenti di grande difficoltà e perciò esposti alle inopportune e fastidiose insistenze di personale religioso la cui presenza può essere molto sgradita quando non addirittura molesta. Credo che chiunque potrebbe ricordare e riportare esempi di questo genere.

Il terzo orientamento conferma come il documento nasca per soddisfare i bisogni di “altre” religioni più che per rispettare i diritti degli individui in uno stato laico. Tuttavia, volendo portare fino in fondo l’interpretazione di questo punto, vorrei sottolineare che quello riportato relativo all’assistenza ginecologica è solo un esempio. Il principio che guida l’orientamento 3 è quello di “andare incontro alle richieste dei pazienti ispirate da loro credenze o convinzioni”. Che cosa impedisce, richiamandosi al punto 1 del documento, di riferirsi anche all’esposizione di simboli religiosi nell’ambiente ospedaliero? La richiesta della loro rimozione non troverebbe neppure le difficoltà che possono derivare dal dover ricercare, come avviene per l’assistenza, personale di un determinato sesso che comporta le prevedibili limitazioni legate alla flessibilità organizzativa di un presidio ospedaliero.

I punti 4 e 5 fanno riferimento alla circoncisione e alla mutilazione genitale femminile; si tratta perciò di pratiche che non coinvolgono (o almeno non dovrebbero coinvolgere) i non credenti; e anche il punto 7, che fa riferimento a diete e abitudini alimentari, ha per noi un interesse relativo. Il punto 6 invece è estremamente importante, anche in relazione alla legge sul testamento biologico attualmente in discussione al Parlamento, legge che così come è formulata oggi, contraddice la convenzione di Oviedo, la Costituzione italiana, le linee guida delle società scientifiche e la volontà evidenziata dalla maggioranza degli italiani. Insomma una legge che, senza basi scientifiche, popolari o di principi universali, risponde esclusivamente all’esigenza di inginocchiarsi servilmente alla volontà dell’ideologia cattolica.

L’orientamento 6 sembra quindi uno schiaffo alla clericale proposta di legge sul testamento biologico. Concludendo, mi preme notare però come un documento che possiamo considerare e giudicare complessivamente positivo, presenti due difetti importanti. Il primo consiste nella mancanza di un capitolo, la cui assenza mostra come l’affrancamento dalle pressioni lobbistiche che la religione cattolica e i suoi esponenti continuano ad effettuare sulla società civile, sia ancora lontano dall’essere raggiunto. Mi riferisco a un punto che si occupi di affrontare l’applicazione in ospedale della legge 194, quella che regola l’interruzione volontaria della gravidanza. Ricordiamo che il punto 6 del documento dice: “Il rifiuto da parte del paziente di specifici trattamenti o procedure diagnostiche non comporta l’abbandono del paziente stesso”.

Questa frase andrebbe ricordata a tutto quel personale sanitario che, col pretesto dell’obiezione di coscienza, arriva a tenere comportamenti discutibili nei confronti di pazienti ricoverate per interrompere la gravidanza; abbiamo raccolto testimonianze di casi di comportamento ignobile in cui, oltre alle difficoltà al ricovero per scarsità di personale non obiettore, si sono perpetrati atteggiamenti di crudeltà verso le famiglie coinvolte. Anche altre segnalazioni confermano l’atteggiamento spesso ostile, quando non addirittura riprovevole, tenuto da personale obiettore nei confronti di pazienti che decidono di usufruire della legge 194.

Ci piacerebbe dunque che, nell’ambito di un documento come quello qui commentato, ci fosse un richiamo al dovere di un’assistenza completa, senza rischio di abbandono e senza possibilità di interferenze religiose, anche verso i pazienti nei confronti dei quali viene sollevata un’obiezione di coscienza. Ma non è detto che in futuro non si rimedi a questa mancanza e che, magari sulla spinta di sollecitazioni come questa, non si integri in tal senso questo documento, che comunque ci auguriamo di vedere diffuso in altre realtà, fino a diventare una regola, una linea guida di rispetto dell’individuo e delle sue convinzioni in momenti particolarmente delicati della sua vita.

Il secondo difetto che voglio sottolineare non è intrinseco al documento. Ho voluto infatti verificarne l’applicazione ed ho quindi scritto all’Azienda U.L.S.S. di Padova chiedendo copia della modulistica adottata per applicare questa deliberazione. Ebbene, la risposta è stata:

“…in merito all’applicazione della delibera di cui all’oggetto, si comunica che al momento non è stata predisposta alcuna modulistica presso il Presidio Ospedaliero”

Come dire: ma alla fine di che cosa stiamo parlando? Siamo ancora in uno stato a sovranità limitata con una laicità di facciata, ma di fatto uno stato clericale.

* Socio UAAR di Padova, è stato un protagonista del caso Lautsi vs Italy in merito alla presenza dei crocifissi negli edifici pubblici.

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.

11 commenti

Bigalfry

Speriamo sia applicato! Comunque servono una legislazione centrale più laica e una volontà politica nell’applicazione delle norme. E per questo la vedo dura, molto dura! 🙁

Agnostico 无关

Non ho capito bene. La ULSS di Padova emana questa deliberazione per poi non applicarla? A che fine?

maxalber

La delibera è di maggio.
Poi arriva la pausa estiva.
Poi ci sono sempre cose più urgenti da fare.
E per ultimo, il firmatario del documento, il D.G. Fortunato Rao, è morto il 29/9.

A Padova comunque ci siamo dati il compito di sorvegliare la situazione e spingere all’applicazione del documento attraverso azioni che stiamo studiando, ad esempio con la (auspicabile) collaborazione del tribunale del malato o il coinvolgimento di pazienti collaboranti.

luigi

…..” Rispetto della riservatezza,della dignità e della serenità dei pazienti non credenti”….. MAGARI! Crocifissate in testa a tutti,cattolici e non!

Roberto Grendene

Massimo, sei sicuro riguardo all’orientamento 6?

è vero che rimanda alla convenzione di Oviedo, e quindi ai desideri precedentemente espressi in materia di interventi medici

poi pero’ aggiunge che “il rifiuto da parte del paziente di specifico trattamenti o procedure diagnostiche non comporta l’abbandono del paziente stesso” e precisa che il consenso del paziente è previsto solo per trasfusioni e protocolli sperimentali

temo ci sia la possibilità di imporre comunque un trattamento medico anche se espressamente non voluto

maxalber

Bravo Roberto, hai visto bene.
Nella versione originale del mio commento (più lunga) avevo fatto anch’io questa osservazione che ho poi tolto per accorciarlo.
Immagino che ci sia un problema di interpretazione che andrà affrontato e risolto a livello legislativo.
Ma io intanto lo interpreto con una chiave di lettura che preveda che il non abbandonare il paziente non significhi torturarlo.

maxalber

Mi piace ricordare a tutti coloro che intervengono per demolire la 194 la definizione che il documento dà di persona e di individuo.
Persona: l’essere dotato di coscienza di sé, in possesso della propria identità.
Individuo: il concetto di individuo fa riferimento alla capacità di autoplasmarsi.

Non vedo proprio come tali concetti si potrebbero applicare a embrioni o feti.

dario colombera

Quando il giuramento di Ippocrate non conta più, quando si massimizza il guadagno sul malato come sul sano, quando l’etica non ha più senso, che serve parlare di laicità.

Rothko61

L’opera di Courbet a cui pensavi era “Un funerale a Ornans”? 😉

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