Il culto nei luoghi pubblici: un esempio da Barcellona

Guido Salvini*

Guido Salvini

A Torino una studentessa musulmana, nell’iscriversi ad un corso di specializzazione, ha chiesto la disponibilità di un luogo interno all’università per praticare la preghiera del mezzogiorno, del pomeriggio e del tramonto. Per ora il Rettore dell’Ateneo ha preso tempo affermando comunque che la questione sarà discussa dando ad essa l’importanza che merita senza ridurla ad una semplice questione di spazi. Negli stessi giorni all’Università Bicocca di Milano una docente ha prestato il suo studio – lo studio pubblico non il suo studio privato – ad una studentessa islamica che lamentava anch’essa la mancanza di uno spazio in cui pregare all’interno dell’Università. La docente forse non si è accorta, al di là delle buone intenzioni, del significato istituzionale e del messaggio culturale del suo gesto e della sua pubblicizzazione. Ha ricevuto comunque molti messaggi di congratulazione da autorità di paesi islamici.

In attesa delle risposte degli Atenei, che saranno certamente influenzate dalla simpatia suscitata, anche sui mass-media, da tali richieste, questi due episodi sono un nuovo segnale dell’invasività e dei privilegi che le religioni ambiscono ad ampliarsi negli spazi pubblici sfruttando i cedimenti delle istituzioni. In generale in uno Stato che vorrebbe essere laico e non confessionale e che ha come base fondante l’uguaglianza di tutti i cittadini, gli spazi pubblici dovrebbero restare neutri e non essere affidati in comodato gratuito, nemmeno in minima parte, a gruppi religiosi. Negli specifici casi di Torino e di Milano non suona poi strano che chi avanza maggiori pretese sia un culto come l’Islam, favorito dal suo crescente peso politico-internazionale, spesso basato, sarebbe ipocrita negarlo, sulla paura, e dalla sua attuale fase di espansione. Se le stesse richieste giungessero da un Testimone di Geova, da un animista africano, da un sikh da un fedele di Zoroastro, tutti di scarso o nullo peso politico, certamente i richiedenti non sarebbero degnati di alcuna risposta e nessun docente presterebbe loro il suo studio. Sarebbe del resto facile rispondere, ma difficilmente avverrà, che l’Islam non ha nemmeno avviato, nonostante le richieste quotidiane di nuovi luoghi di culto, la procedura di Intesa con lo Stato e questo non per indisponibilità di quest’ultimo ma per la semplice ragione della mancanza di interlocutori confessionali credibili e, spesso, anche di interlocutori identificabili.

Si pone poi il problema insuperabile dell’estensione dei diritti, dei doveri e delle pratiche che l’Islam o buon parte di esso considera “religiosi” e vorrebbe che fossero riconosciuti e garantiti: se lo fossero, invaderebbero molti aspetti della vita civile e sociale. Infatti la Chiesa Cattolica nel corso dei secoli, sotto la spinta dell’Illuminismo e della concezione laica dello Stato, ha subito e ha dovuto accettare l’erosione di molte pretese “religiose” nella vita quotidiana in favore di una regolamentazione generale valida per tutti. Ciò non è avvenuto se non in minima parte per l’Islam, nei luoghi ove si è diffuso o inizia a diffondersi, in quanto molti aspetti della vita civile non possono che dipendere dal testo letterale del Corano, completato dagli hadith, che non è solo un libro ispirato da Dio ma parto diretto di Allah, sua incarnazione scritta. Accogliere la pretesa di recarsi pregare a mezzogiorno – ora di lezione per inciso – in un luogo riservato dell’Università e magari separate dai confratelli maschi, rimane improponibile come lo è le pretesa di molti mariti musulmani di far visitare le proprie mogli in ospedale solo da medici di sesso femminile o, ed è un’esperienza personale come magistrato, quella di testimoniare con il velo nelle aule di giustizia. Per non parlare dei divieti alimentari e della macellazione rituale degli animali e di una lunga serie di altre prescrizioni a volte incomprensibili. Ma le vie del cedimento a chi sa alzare meglio e di più la voce sono infinite e mi aspetto in tutte queste situazioni progressivi slittamenti all’indietro dei principi di laicità: non credo del resto che le Autorità accademiche risponderanno alla studentessa, in modo gentile ma coerente, che i luoghi per pregare sono quelli di culto e le proprie abitazioni private e non le aule e le sale delle università pubbliche.

Al contrario porto una piccola testimonianza personale per raccontare come in un altro paese, la Spagna, pur caratterizzato storicamente da una forte influenza della Chiesa Cattolica, si era cominciato ad affrontare, negli anni di governo del P.S.O.E. di Zapatero, insieme ad altri problemi relativi alla laicità, quello della presenza di luoghi di culto negli spazi pubblici, nella direzione almeno dell’uguaglianza e senza cedere a chi aveva e ha più pretese degli altri. Molti avranno fatto scalo all’aeroporto di Barcellona, ma non tutti avranno notato che, in prossimità degli arrivi internazionali, c’è un locale e un pannello indicativo all’ingresso con i disegni stilizzati una serie di simboli che sarebbe improbabile trovare in un aeroporto ed anche in un ospedale o in una università italiana. È il locale dedicato ai viaggiatori che vogliono fermarsi a pregare, la cappella diremmo noi, ma i disegni rappresentano ben quattro simboli che richiamano le religioni più diffuse o comunque più antiche: la croce cristiana, la stella di Davide, la mezzaluna musulmana e la ruota del Dharma, comune a tutte le religioni orientali. Incuriosito ci sono entrato e ho trovato un’ampia stanza con le pareti bianche e come arredo solo alcune semplici panche di legno. Il locale è per il resto completamente vuoto e priva di simboli o di arredi di qualsiasi culto. Il viaggiatore, a qualsiasi fede appartenga, può quindi sostarvi per pregare o meditare, senza alcuna discriminazione e senza che alcuna religione prevalga con i suoi segni distintivi. Nulla vieta che anche il fedele della religione più piccola vi si intrattenga e che anche un ateo o un agnostico si fermi per un momento di riflessione, in silenzio, lontano dalla folla dell’aeroporto. Un bel biglietto da visita per chi entra per la prima volta in quel paese e il segno di una scelta di laicità dello Stato. Una scelta che forse, purtroppo, sarà costretta ad arretrare dopo la sconfitta elettorale dei socialisti, salutata come una vittoria dalle gerarchie ecclesiastiche spagnole.

Certo allestire nei luoghi pubblici più importanti un locale del silenzio per la preghiera o la riflessione di chiunque senza distinzioni, sarebbe una scelta dignitosa anche per l’Italia e un argine simbolico ai nuovi fondamentalismi. Spazi neutri e per questo davvero “sacri” per tutti, non cappelle e altre sedi di culto che, come insegna l’episodio di Torino, ambiscono a moltiplicarsi per accaparrarsi man mano la loro fetta di privilegio.

Spazi vuoti, interiori e personali, senza discriminazioni, senza ipocrisie, senza prepotenze mascherate da diritti.

* Magistrato presso il Tribunale di Milano.

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.

53 commenti

Batrakos

Concordo col modello Barcellona.
L’unica cosa è che, leggendo il link di Repubblica, a me pareva che la ragazza chiedesse all’università di Torino uno spazio del silenzio simile a quello del modello Barcellona, cioè non per soli musulmani, o addirittura per sole musulmane, coerentemente peraltro, in quest’ultimo caso, con il separatismo di stile islamico.
Ma Salvini probabilmente è più informato, e la notizia non era stata riportata con esattezza… oppure banalmente l’avevo letta male io.

Francesco S.

Una stanza del silenzio andrebbe bene dove già c’è una capella in modo da riconvertirla a tale uso (se poi si scannano sono fatti loro).

Se non c’è già la capella la stanza del silenzio se la paghino i fedeli, perchè io rifletto anche meglio nel bagno della mia facoltà. 🙂

Se la ragazza vuol pregare a mezzogiorno esce dall’aula e prega, ma non si può bloccare l’intera lezione.

Francesco S.

P.s.
per inciso, di bagno c’è ne solo uno (l’altro e rotto) e a volte bisogna usare quello delle donne, almeno così si supera il separatismo sessuale 🙂

(per dire come stiamo messi male al sud, e chiudo l’off-topic)

Batrakos

Francesco.

Concordo sul discorso dell’uso della capppella come sala comune; ove non c’è, non ci sarebbe molto da pagare, perchè credo che un’auletta inutilizzata (o magari usata in altri orari da qualche associazione universitaria) non sia difficile trovarla; in ogni caso, seguendo il tuo ragionamento, la sede delle riunioni, ad esempio della goliardia, la dovrebbero pagare solo i goliardi, cosa che non succede e che a me pare contraria al discorso delle tasse, per cui non paga solo chi ricorre ad un servizio.
Bloccare la lezione, quello sì sarebbe atto non laico: la lezione si deve svolgere normalmente in ogni caso (lei non pregherebbe dove si fa lezione); va da sè che se per pregare la ragazza rimette nella didattica deve essere bocciata all’esame: avere un occhio di riguardo in più per lei (se carente) che prega rispetto a me che (se carente) bighellono, questo sarebbe antilaico.

Francesco S.

Sempre nell’ipotesi niente capella (da adesso in poi lo darò per scontato)

se ci sono aule non utilizzate va bene destinarne una a sala del silenzio, ma se non ce ne sono e bisognerebbe costruirene una, visto le carenze economiche se la pagano i fedeli, perchè lo stato deve garantire per prima cosa il diritto allo studio in un posto dedicato a questo scopo, come l’università, poi viene il resto se ci sono i soldi, compresi gruppi goliardici etc. (Ti parla uno che frequenta un università con un buco di un paio di milioni di euro, il politecnico di Bari, che per inciso ha una capella)

Batrakos

Francesco: in linea teorica, se non ci sono spazi non si fa la stanza e chi vuol pregare si arrangia, punto e basta (e infatti io ho sempre sostenuto che più che un discorso di principio sia da svolgere un discorso pragmatico).
Ma qualche stanza si trova sempre, al limite una cappella come a Bari… 😉

Lyra

Sì, anche a me piace la soluzione di Barcellona.
Penso che sia una risposta elegante e rispettosa sia della laicità che delle esigenze dei singoli credenti. Una stanzetta vuota, senza simboli, ma con solamente un intimo silenzio. Un posto dove ognuno, qualsiasi sia la sua fede, sia egli musulmano, cristiano, indù etc, ateo od agnostico possa trovare un attimo di raccoglimento e di riflessione.
Tra l’altro sono convinta che vada disincentivato il recarvisi in orario di lezione: in facoltà si va per imparare, studiare, e se uno sente il bisogno di un attimo di preghiera può sempre farlo nel cambio d’ora, nella pausa pranzo o nelle ore buche…

Soqquadro

In un’università si andrebbe per seguire le lezioni, i laboratori, dare gli esami, studiare…
Spazi di preghiera sono cmq fuori luogo. In più c’è da considerare che la preghiera islamica ha delle ore fisse, in mezzo agli orari di lezione/lavoro…

Kaworu

come sempre però, o tutti o nessuno.

o si buttano fuori dalle università tutte le varie confessioni, o si tengono tutte.

Batrakos

Parafrasando: in aereoporto si va per volare, o per entrare in città dopo il volo; non si dovrebbe andare per pregare…
Il discorso è che un religioso non va in un posto ‘per pregare’, il fatto è che prega o addirittura deve pregare.
C’è anche da considerare le lezioni è pieno di studenti a parlare fuori nei corridoi, e pochi per pregare, e pensare che in un’università i bidelli debbano far entrare per forza gli studenti nelle aule è impossibile, e dunque prendersela solo con la musulmana che prega (la quale pagherà in sede d’esame le eventuali lacune) non è molto laico ed equidistante.

ALESSIO DI MICHELE

Egr. consigliere Salvini,

leggo il suo articolo e comincio a pensare che sia basato su un equivoco o su un ragionamento omesso. Cioè: facciamo una sala di riflessione religiosa anonima perchè è giusto o perchè è un ragionevole compromesso, magari per evitare che qualche esaltato si metta in aeroporto a giocare con acido nitrico e glicerina ? Dico questo perchè, spero, non ignorerà che una soluzione del genere comporta comunque costi: immobilizzazione di capitali, costi di condizionamento/riscaldamento, costi di pulizia/guardiania, ed, al limite, costi di polizia: ci immaginiamo una bella lite tra sikh, sunniti e sciiti ? Se si sopportano dei costi per un aeroporto, le relative strutture debbono servire esclusivamente al trasporto aereo e basta. Molto a malincuore sarebbe accettabile una sala con regolare biglietto
d’ ingresso, lo stesso peraltro che mi piacerebbe vedere per chiese, sinagoghe, moschee et similia. Ma sarebbe comunque una stortura e rischieremmo un altro caso ANAV, che la sovraccaricherebbe di lavoro (o è già in pensione ?). Davvero non glielo auguro.

Cordiali saluti

ALESSIO DI MICHELE

Soqquadro

Costantino segnalava che non è il consigliere (Eg. Consigliere) leghista MATTEO Salvini, ma il magistrato GUIDO Salvini. Insomma, è un’altra persona che solo il medesimo cognome (piuttosto diffuso)

ALESSIO DI MICHELE

Ringrazio Soqquadro e tranquillizzo Costantino Rossi: conosco benissimo il giudice Salvini, se non altro perchè è uno dei pochissimi che ha gettato luce sulla strage di piazza Fontana. Semplicemente “consigliere” è un appellativo con cui spesso, in ambito giuridico, ci si rivolge ai giudici (forse perchè spesso siedono in camera di consiglio).

Costantino Rossi

Ottimo articolo. Una sala di riflessione aperta a tutti permetterebbe a tutti di capire che è l’individuo che deve pensare, non qualcun altro per lui.

Stefano Grassino

Egr. consigliere Salvini,

Estrapolo una frase per me significativa del suo articolo.

“È il locale dedicato ai viaggiatori che vogliono fermarsi a pregare, la cappella diremmo noi, ma i disegni rappresentano ben quattro simboli che richiamano le religioni più diffuse o comunque più antiche: la croce cristiana, la stella di Davide, la mezzaluna musulmana e la ruota del Dharma, comune a tutte le religioni orientali.”

Lei parla di laicità ma io non leggo da ciò che scrive, che si parli di una scritta che oltre alle religioni indichi anche “per atei ed agnostici”. Potrò sembrarle pignolo ma a me piace mettere i puntini sulle i per chiarire bene i concetti espressi. Dunque, per favore, non prendiamoci in giro. Le religioni hanno sempre e comunque una corsia preferenziale come da lei stesso testimoniato.

cordiali saluti

STEFANO GRASSINO

Southsun

@ Ale.

La minchiata delle 13:08. Sempre più ameba, mi raccomando.

fab

Aluccio, lo scrivi con un tono che sembra quasi che sai di che parli. Sembra, eh? Non ti montare l’escrescenza sul collo.

Kaworu

ho come la sensazione che l’unica cappella qui sia la tua testa.

indovina come mai?

Nicoletta

“Spazi vuoti, interiori e personali, senza discriminazioni, senza ipocrisie, senza prepotenze mascherate da diritti.”

Più che “vuoti”, penserei pieni di quello che una/o sa e può metterci.
L’insistenza con cui si vogliono i loghi e le ambientazioni delle religioni in luoghi pubblici
mi fa pensare che, senza quelle esteriorità, di contenuti gliene rimangano ben pochi (eufemismo).

C’è anche da considerare che all’interiorità il sistema (entità semi-metafisica parente de “i mercati” e “le borse”)
cerca costantemente di disabituarci, con stimoli continui ed accelerazione di tutto,
tanto che collegarsi a se stessi è un lusso per cui non abbiamo più tempo (e metti caso che dedicandoci all’interiorità ci rendiamo conto che non ci servono tanti oggetti e diamo il colpo di grazia al Capitalismo?!
Non sai mai!).

ALESSIO DI MICHELE

Egr. sig.ra Nicoletta,

le sue riflessioni sono prima di tutto fuori tema, e poi fuori luogo; per finire sono fuori logica.

Fuori tema: stiamo discutendo se sia o no opportuno istituire sale di riflessione, non sul vuoto intergalattico che alberga nell’ intimità di molti.

Fuori luogo: chi scrive qui non dovrebbe pensare a preparare la rivoluzione prossima ventura che porterà il regno della pace e dell’ armonia supreme; vari altri ci hanno provato e ne sono risultate solo montagne di morti. Dovrebbe pensare al molto più terreno obbiettivo del limare le unghie ai preti/mollah/rabbini/bramini….

Fuori logica: è fideismo cercare la perfezione nelle cose umane, ed è autopunitivo negare la realtà sperimentale che il capitalismo sia di grandissima lunga il meno peggio dei sistemi per improntare le società umane. O vogliamo tornare ad una vagheggiata Arcadia ?

Francesco S.

La parte sul fatto che molto spesso oltre i simboli che mettono sulle pareti le religioni non hanno poi tanto contenuto mi sembra a tema e anche l’insistenza sul volere luoghi di preghiera in luoghi che centrano poco con essa mi sembra a tema.

Poi comunque ognuno ha le sue idee e perchè riproverare a Nicoletta di averle espesse, seppur fuori tema?

Giovanni Duovi

Il post di Nicoletta necessitava effettivamente di una risposta,e non avrei saputo argomentare meglio.complimenti.

Giovanni Duovi

L’articolo è scritto molto bene e in alcuni punti mi trovo d’accordo,ma senza intenti polemici nei confronti del giudice Salvini,
non capisco i vantaggi che deriverebbero per i non credenti,dall’edificazione di queste sale del silenzio/meditazione.

Premetto che anche a me alle volte piace stare in religioso silenzio,perchè mi aiuta a trovare un punto di vista privilegiato e distaccato sugli eventi di mio interesse.
Quindi un luogo ideato con questo scopo non mi dispiacerebbe.

Però da quel che c’è scritto nell’articolo sembra che lo spazio sia condiviso fra credenti e non.
Adesso io non capisco l’ateo che va in mezzo ai credenti a cercarsi il silenzio,forse va per cercarci la discussione,visto che i credenti,di qualsiasi confessione essi siano,hanno il dovere di fare proselistimo,e siccome non siamo più all’età della pietra questo avviene mediante l’uso della parola e non della forza (si spera).
Quindi mi pare che viene meno il requisito base per il silenzio.

E poi siamo sicuri che i religiosi per primi accettino dei luoghi di culto condivisi spogli di ogni simbolo?

vediamo: per i musulmani nessun simbolo sarebbe ok,ma per i cattolici che fanno abbondante uso di iconografie,come la mettiamo? e per gli indù? e gli altri culti? boh.

whichgood

Ma figurati se un religioso ortodosso ebraico andrà a pregare dove entra a pregare un musulmano!. Non tocca neanche le donne impure, figurarsi di entrare a pregare in un luogo con una mezzaluna all’ingresso!. E via dicendo per le altre religioni.

” Nulla vieta che anche il fedele della religione più piccola vi si intrattenga e che anche un ateo o un agnostico si fermi per un momento di riflessione, in silenzio, lontano dalla folla dell’aeroporto ”

Non posso condividere questa riflessione. Non entrerei mai a “riflettere” in una sala sponsorizzata con simboli religiosi così come non accetterei in silenzio di essere giudicato in un’aula con un crocifisso.

Lyra

@ Giovanni Duovi

“Però da quel che c’è scritto nell’articolo sembra che lo spazio sia condiviso fra credenti e non.
Adesso io non capisco l’ateo che va in mezzo ai credenti a cercarsi il silenzio”
E perchè no? In fondo, se lo spazio è senza simboli religiosi, neutro, ognuno può, nello stesso silenzio e nella medesima stanza, trovarvi Dio, Allah, Yahweh, o semplicemente se stesso ed i propri pensieri.
Io, da credente, non ci vedo niente di male se nella stassa stanza possano raccogliersi in silenzio sia credenti che non, anzi l’idea mi piace!

“credenti,di qualsiasi confessione essi siano,hanno il dovere di fare proselistimo” non per forza, ma convengo che sia abbastanza probabile che chi richieda uno spazio di prehiera in un luogo pubblico abbia una visione tradizionalista della fede, e che quindi veda con favore il far proseliti, il converire al proprio credo.

“E poi siamo sicuri che i religiosi per primi accettino dei luoghi di culto condivisi spogli di ogni simbolo?”
A me piacerebbe molto e penso che tra i giovani la risposta possa essere positiva.

Giorgio Pozzo

Senza scomodarsi ad andare fino a Barcellona (a parte l’interesse che suscita la città), all’ospedale delle Molinette qui a Torino nel 2009 avevano istituito la cosiddetta “Stanza del silenzio”.

Tale iniziativa era stata avviata dal Comitato Interfedi, che era nato in occasione delle Olimpiadi Invernali, per volontà di Chiamparino.

L’idea in sè sembra anche positiva: peccato solo che nel comitato non ci sia spazio alcuno per chi non ha fede. Così come la Stanza del silenzio non era stata e non è prevista per l’utilizzo non religioso. Senza contare che nel comitato molte religioni minori (ad esempio i TDG) non sono incluse.

Tutto questo per dire che certi posti sembrano “neutri” ma non lo sono affatto. Trattasi di duplicazioni di posti di culto già esistenti, che dovrebbero bastare, e restare fuori dalle strutture che di culto non sono. Questa Stanza del silenzio, per esempio, e il comitato per primo, dovrebbe comprendere anche le esigenze e la partecipazione dei non credenti.

Bismarck

Condivido l’articolo e per questo credo che sia ancor più importante promuovere la laicità.

Luigi Tosti

Egregio dott. Guido Salvini, lei scrive che “in generale in uno Stato che vorrebbe essere laico e non confessionale e che ha come base fondante l’uguaglianza di tutti i cittadini, gli spazi pubblici dovrebbero restare neutri e non essere affidati in comodato gratuito, nemmeno in minima parte, a gruppi religiosi”.
Perfetto, condivido questa petizione di principio perché è conforme al principio supremo di laicità, delineato dalla Costituzione ed affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
Le chiedo però nella veste di “ex” suo collega, -rimosso dalla magistratura per aver osato pretendere la rimozione dei crocifissi dalle aule giudiziarie e per non aver accettato il “rimedio” di tenere le udienze in un’aula allestita appositamente per me senza crocifisso:
1) che cosa lei abbia fatto per ottenere la rimozione dei crocifissi dalle aule di giustizia;
2) che cosa abbia fatto l’Ass.Naz.Mag. per ottenere il rispetto del principio di laicità delle aule di giustizia, cioè la rimozione dei crocifissi;
3) che cosa abbia fatto il Cons.Sup. della Mag. -che nel rimuovermi dalla magistratura ha affermato che l’imposizione dei crocifissi ledeva il principio supremo di laicità e i miei diritti di libertà religiosa- per far sì che venisse ripristinata la LEGALITA’ attraverso la rimozione dei crocifissi.
Mi sembra di cogliere una certa contraddizione, perché nella vita bisogna non solo predicare bene, ma anche agire coerentemente con quanto si predica.
Oppure l’inerzia dell’ANM e del CSM è da imputare a ignavia?
Grazie per la risposta

FSMosconi

Aspetta perché

in generale in uno Stato che vorrebbe essere laico e non confessionale e che ha come base fondante l’uguaglianza di tutti i cittadini, gli spazi pubblici dovrebbero restare neutri e non essere affidati in comodato gratuito, nemmeno in minima parte, a gruppi religiosi

Dovrebbe essere una Petitio Principii?
A me pare piuttosto un principio d’identità:

Laico=Non Confessionale=Nessun privilegio per alcuna professione religiosa

Se poi le pare che il principio non regga spieghi pure…

ΔΙΩRAMA

“Mi sembra di cogliere una certa contraddizione, perché nella vita bisogna non solo predicare bene, ma anche agire coerentemente con quanto si predica.”

Quoto in toto senza riserve.

Stefano Grassino

Giudice Tosti, per farla breve diciamo che la magistratura è stata complice del potere clericale, così come lo è stata la politica.
Questa è la miserabile italietta nella quale poche persone oneste, coerenti e fedeli alla costituzione sono costrette a vivere e a subire.
Sia chiaro: il mio non vuole essere un pianto ma una semplice constatazione che nessuna persona di buon senso ed onestà intellettuale può negare.

Paul Manoni

A me personalmente, la soluzione “Barcellona” mi pare una sciocchezza.
La vedo un pò come il classico “appendere tutti i simboli religiosi al mro delle aule scolastiche”, anzichè togliere quello di una sola religione.
Insomma, anzichè spendere ulteriori soldi e dover gestire queste “Sale del silenzio”, siano esse istituite in un aereoporto, o in un ateneo, sarebbe molto più semplice, ragionevole ed opportuno, che i singoli fedeli che hanno la pretesa di voler pregare fuoriluogo (in tutti i sensi), ESCANO dai luoghi pubblici e vadano alla ricerca dei loro appositi spazi di preghiera.
Ma chi lo dice che lo Stato laico e non confessionale, debba accollarsi pure l’onere di dover riservare degli spazi per la preghiera, all’interno dei suoi stessi spazi pubblici!?!?
E’ ASSURDO!…almeno secondo me.

chris

Concordo. Lo Stato non deve spendere una lira per nessun tipo di culto, e tanto meno per tutti i tipi di culto. Penso che occorra iniziare a livello europeo, affermare i principi a cui il vivere civile, laico ed occidentale, non puo’ e non vuole rinunciare. Iniziamo a vietare la macellazione rituale ed importare tali carni, a vietare la circoncisione dei minori se non per stretto bisogno medicale, ad essere attenti alla laicità e neutralità dello stato, e ad esigerlo nelle istituzioni europee e statali.

Batrakos

Dire che lo Stato e gli enti locali non debbano gettare via soldi per prebende e privilegi alle religioni è un conto.
Dire che non si deve spendere nemmeno un euro -e qua si parla davvero di cifre irrisorie- per il culto mi sembra un po’ impensabile, perchè altrimenti si dovrebbe dire che qualsiasi soldo pubblico versato dovrebbe favorire tutta l’intera collettività e non solo una sua parte, più o meno cospicua, altrimenti non si finanzia nulla.
Non c’è bisogno di fare esempi per mostrare che i finanziamenti da parte dello Stato o delle P.A. in molti casi non sono mirati all’intera cittadinanza, ma solo ad una sua parte (iniziative per giovani, la bocciofila degli anziani, il finanziamento alle reti associative, le quali, per loro natura, non includono mai tutta la popolazione, e ognuno).
Qua peraltro si parla di una stanza che non è preclusa a nessuno ed ognuno è libero di entrarvi, per cui non so quanto tutto questo sia incompatibile con laicità e democrazia.
La democrazia è cosa difficile, perchè vale anche per ciò che a noi non piace.

chris

@Batrakos Lei considera le religione come una attività ricrativa, od una associazione studentesca o sportiva o una attività sociale, cosa che non è, in quanto manca un elemento fondamentale, un possibile interesse comune, che interpretra in maniera assoluta e fideistica, tipica delle religioni rilevate, essendoun particolarismo assoluto. Uno stato puo’ imporre ad un cittadino di pagare le tasse per finanziare una scuola materna anche se non ha figli e non ne avrà mai, non si puo’ chiedere allo stesso cittadino di pagarle per una qualsiasi ideologia particolare, anche se di massa.

Batrakos

Questa stanza mette insieme diverse religioni e volendo, se fosse fatta bene, anche non religioni quindi nella fattispecie c’è un interesse comune.
Non starò ad entrare in discorsi più complessi dal punto di vista tecnico (uno stato o una p.a. può tranquillamente finanziare una formazione ideologica, se non in contrasto con la Costituzione e a condizione che svolga attività e fornisca servizi di interesse generale), dico solo che nel singolo caso l’interesse non solo di parte c’è, e vista l’esiguità della spesa, il discorso economico mi pare un volano ideologico.

ALESSIO DI MICHELE

Egr. sig. Batrakos,

lei fa una sua personale ricostruzione del perchè sia male la “soluzione Barcellonese” e poi confuta i motivi che ha ravvisato. E similmente si potrebbe pensare che lo stato che rimuova i crocifissi dalle aule di tribunale non sia imparziale perchè, anzichè favorire una o più religioni, in realtà favorisce, non imparzialmente, una visione laica, cioè un’ opinione come le altre. Penso invece che lo stato sia una costruzione degli uomini per (tentare di) far funzionare le cose terrene, e che sia sempre una pericolosa fuga in avanti il pensare alla trascendenza. Lo stato stesso è di “religione” immanente, e per lo stesso motivo per cui non si può richiedere ad un parroco cattolico di organizzare pubbliche letture del Corano, così lo stato non può essere chiamato all’ apertura di strutture “religiose”, ancor meno se gratuite, cioè a spese di Pantalone. In questo modo si può anche evitare il rischio insito nell’ ateismo/agnosticismo: quello di definirsi per negazione, e quindi in maniera debole e, per molti, non degna di rispetto (“ma che ti costa battezzare tua figlia; tanto tu non ci credi, per te non cambia niente”). E’ ora di cambiare la definizione: si è vero, 20 secoli di cattolicesimo hanno rovinato la lingua italiana, privandola sia di adeguati termini che definiscano l’ attività sessuale, sia il pensiero di noi increduli (un altro termine che definisce per negazione, quindi debole), ma nella nostra comunicazione da assediati bisogna stare attenti anche ai particolari.

Batrakos

Alessio Di Michele,
non ho capito dove confuterei le mie stesse motivazioni: sono influenzato, ho tempo da buttare e rileggerò attentamente.
Comunque: a me pare che la netta differenza del caso in questione rispetto a tribunali e scuole è che, parlando di questi ultimi e di tutti i pubblici uffici, stiamo parlando di luoghi istituzionali, ovvero rappresentativi dello Stato e del suo essere super partes; una stanza interna ad un aereoporto (e parlare di sprechi per una cosa del genere mi pare quantomeno strumentale, visto che si tratta di pochi spicci, parlando di quelle cifre; contando quanto spendiamo inutilmente per le spese militari oggi, credo che se parlar di sprechi in questo caso sia guardare il dito invece della luna) non è un luogo istituzionale.

Batrakos

Sig. Alessio, forse ho capito dove nota la contraddizione: nel fatto che essendo un’università un luogo istituzionale, una sala del silenzio risponda anche essa al ruolo istituzionale.
Risponderei su due punti, il secondo mi permette anche di chiarire bene una posizione, che attraverso una sua critica mi sono reso conto di non aver evidenziato:
1) Un’aula universitaria, quando è usata al di fuori degli scopi dell’università e solo in quel momento, non è più strettamente luogo istituzionale, come non lo è quando ospita alcolisti anonimi, collettivi politici o goliardici.
2) Io farei la stanza del silenzio comune senza simboli di alcuna religione, proprio per garantire rispetto a chi non è religioso ma ha bisogno di usarla per meditare o cose simili, seguendo il giusto (almeno per me) punto del suo ragionamento sugli atei.

Gérard

Ho visitato molti anni fa la sede delle Nazioni Unite a New York . Anche in questo edificio si trova un luogo del silenzio dove ogni persona che ne sente il bisogno, puo andare a pregare la divinità che gli pare . Non c’è nessun simbolo religioso, soltanto delle parete bianche con una certa illuminazione ( se i miei ricordi sono esatti )
In quanto riguarda gli aeroporti, una stanza di questo tipo sarebbe molto piu adatto che una cappella : sapete bene che c’è tanta gente che è terrorizzata dall’ idea di volare !!

gandibaldi

Non posso che apprezzare l’articolo in toto. Al di la dell’apprezzabile modello spagnolo, riflette quello che dovrebbe essere un sano pensare laico, fiero del proprio laicismo e impavido nel difendere i propri diritti ma tollerante verso coloro che la pensano diversamente senza tuttavia voler imporre il loro credo. Un pensiero che sposo senza tentennamenti e che collide violentemente con certe derive “laico totalitariste” che purtroppo si riscontrano nel nostro gruppo, derive che mi sembrano indirizzate verso un “fondamentalismo religioso ateo” in contrapposizione alle tante religioni già presenti nel panorama fideistico.

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