Giovanni Mainetto*
Bagatella fantapolitica di una città fu-ghibellina-e-sovversiva. Oggi immersa fino al collo nel ridente giardino del Vaticano, quello innaffiato con acqua a carico del contribuente vaticaliano.
A metà degli anni settanta del secolo scorso giunsi, senza alcun travaglio interiore, alla ferma decisione di abbandonare la placida e ospitale natia provincia pedemontana con il pretesto di diventar dottore in una qualche scienza che potesse prospettarmi un lavoro “sicuro”, e magari anche interessante! Mi parve allora del tutto naturale iscrivermi all’allora prestigioso Corso di Laurea in Scienze dell’Informazione del Pais perché, così facendo, riuscivo a frapporre almeno 250km di distanza fra me e i miei adorati compaesani, che all’epoca già si facevano apprezzare per la grande apertura culturale e l’innata predisposizione all’accoglienza nei confronti di tutti i “furastè”.
Infatti, era già allora proverbiale la grandissima considerazione in cui i cosiddetti “mandrogni” – cioè i nativi pedemontani, tenevano i “terun” – termine con cui sono affettuosamente apostrofati i vaticaliani di origine centro-meridionale, talvolta con esclusione dei soli tuscani. Ma, ironia della vera Storia di Vaticalia, di grande stima godevano anche i “furastè” di origine nordorientale, affettuosamente etichettati, nel parlar comune pedemontano, come “terun del Nord”. L’uso diffuso di questo termine forbito, tipico del vernacolo mandrogno, è la prova storica più evidente dell’esistenza, fin dall’origine dei tempi, di un idemsentire padano, comune a vaticaliani nordoccidentali e nordorientali, così come ai settentrionali in genere. È certamente in virtù di questa forte comune identità culturale che non vi è mai stata alcuna commistione fra le variegate etnie del resto di Vaticalia e l’etnia celtica che vive nella pianura del grande fiume, e quindi nel pedemontano, da tempo immemorabile!
Presi dunque in affitto una camera presso un’anziana signora nello storico quartiere di San Martino, nel pieno centro di Pais, sulla rive gauche di un altro grande fiume Vaticaliano, dove talvolta qualche importante scrittore settentrionale si reca per lavarsi i panni e imparare a scrivere romanzi di dubbia fama. Dalla camera, una specie di mansarda sottotetto dotata di una grande finestra che dava molta luce a un ambiente spartanamente arredato, potevo dominare con lo sguardo e l’orecchio la piazza principale del quartiere, con la sua bella chiesa ad architettura tipica degli Ordini mendicanti, il suo campanile e le sue antiche e bellissime campane, il cui suono era stato finemente modellato e cesellato nel tempo grazie ad una raffinata sapienza millenaria.
Tutto, agli occhi di un giovane di 19 anni che finalmente si apriva alla vita in piena libertà di movimento, appariva straordinariamente interessante, eccitante, stimolante, effervescente. La vita all’Università, con i suoi grandi scienziati, filosofi, storici, giuristi: maestri per la vita, oltre che per la loro specifica disciplina, che allora mi parevano “ottimi” e che oggi invece considero, in virtù dell’esperienza di vita fatta, dei veri e propri “giganti”. Lo straripante e variegato Movimento Studentesco che, dopo aver in minima parte intaccato la vecchia università “baronale”, ambiva a radicarsi nelle fabbriche e nei quartieri. La Politica, quella in italico e con la P maiuscola, che ruotava intorno a un vivace Partito Cattosocialdemocratico In-eterno-divenire dove s’incontravano le tradizionali culture solidaristiche operaie e sindacali con quelle libertarie e egalitarie espresse dai grandi intellettuali dell’università e dai variegati movimenti studenteschi che la stavano mettendo sottosopra. I bene informati asserivano che quel Partito paisano era una vera e propria fucina di talenti politici. Fra gli altri, era recentemente emerso un giovane grande interprete di quella Grande Politica. Un giovane che – dicevano – si era iscritto direttamente alla ristretta cerchia della Direzione Nazionale del Partito. Un “lìder maximo”, certamente predestinato a lasciare una traccia indelebile nel maggior Partito Cattosocialdemocratico dell’Occidente.
Anche la vita del quartiere era di notevole interesse. Di giorno pulsava frenetica intorno al chiassoso mercato ortofrutticolo in P.za della Pera dove i fruttivendoli facevano a gara per richiamare – in un rigoroso, sboccatissimo vernacolo paisano – l’attenzione delle potenziali malcapitate acquirenti. E la si poteva sentir vibrare nelle vivacissime botteghe di artigiani sempre iperattivi, e nelle trattorie e negli affollati ristorantini sparsi per le strette viuzze rinascimentali. Di sera, quando noi studenti universitari invadevamo i circoli culturali e politici, la vita si trasferiva nei luoghi di ritrovo, di divertimento, d’intrattenimento e nei vari Comitati che sorgevano spontaneamente ovunque nel Quartiere per soddisfare le multiformi istanze di partecipazione dei cittadini di tutti i ceti alla vivacissima vita sociale e culturale.
In questo baillame di idee, esperienze, passioni giovanili, aspirazioni sovversive, nuove amicizie e conoscenze, una sola costante appariva fissa, ferma, immutabile nel tempo e immota nel ristretto spazio della Piazza. Era il bel suono della campana della vicina chiesa che veniva immancabilmente a interrompere i miei sogni erotici e rivoluzionari tutte le mattine, domenica compresa, invariabilmente verso le 7. Cioè in piena notte per me, studente universitario tiratardi. Una vera rottura di scatole che si protraeva per almeno un intero lunghissimo minuto, assordandomi fino a determinare un mio brusco risveglio che mi lasciava a lungo alquanto alterato. Agli occhi di chi è stato baciato dalla divina grazia di essere sempre stato, sempre e senza alcun tentennamento, un impenitente non credente, quel bel suono appariva come una maledizione del tutto insopportabile perché assurda, visto che le 2-3 attempate Suore Figlie di Nazareth del vicino convento di Sant’Agostino e le 3-4 anziane signorine che frequentavano la Santa Messa mattutina avrebbero comunque – come mi confermava la mia esperta affittacamere – atteso all’importante evento liturgico anche in assenza di un richiamo sonoro così prorompente.
Ne conclusi che si trattava di uno fra i tanti misteri della Fede Cattolica per me inarrivabili. E che da allora in poi avrei fatto molta più attenzione non solo alla collocazione degli edifici in cui abitare, ma anche alla toponomastica dei Quartieri prima di andare a viverci: il nome di San Martino avrebbe pur dovuto farmi suonare qualche campanello d’allarme in testa! Così decisi di trasferirmi con altri studenti in una casa in affitto qualsiasi, purchè lontana da una qualunque Chiesa di qualsivoglia confessione religiosa, possibilmente in un Quartiere col nome di qualche anarchico anticlericale o perlomeno di un santo meno rumoroso.
Trascorse il fine secolo. Ed io tornai a Pais a stare di casa nel Quartiere San Martino, forse anche spinto dai vividi ricordi di quella inebriante stagione giovanile, purtroppo irripetibile. Naturalmente, presi casa distante dalla Piazza, in Via S. Martino.
Tutto era cambiato. In città e nel quartiere. Come se fosse trascorso davvero un secolo, anzi un millennio. L’Università, l’antica, prestigiosa Università degli Studi di Pais, era in ginocchio, ansimante. Travolta da riforme insulse e da tagli drastici che avevano cancellato quasi completamente la sua qualità di un tempo in favore di una quantità di un livello infimo, non adatto alle gloriose tradizioni dell’eccellenza paisana. I Maestri, i grandi maestri di una volta, erano quasi del tutto scomparsi, emarginati da decenni di una politica culturale nazionale che non ha mai saputo apprezzarne la troppa autonomia intellettuale. I pochi rimasti erano ormai isolati, prossimi al ritiro, senza più eredi in grado di emularne neanche lontanamente la grandezza. Il Movimento Studentesco, scomparso da tempo immemore, era solo talvolta capace di sempre più rare esplosioni di una grande rabbia sorda che non trovava mai chicchessia in grado di coglierla e incanalarla con continuità verso obbiettivi praticabili. L’unica presenza studentesca organizzata e continuativa pareva quella, assai discreta in verità, dei giovani ‘cattolici’ espressione della potente lobby economica nota come Comunione e Liberazione, sbarcata anche in Toscana al seguito delle coop bianche e della Curia. Anche il Partito Cattosocialdemocratico paisano, dopo un lungo travaglio, era alfine divenuto: si era liquefatto, come soleva dirsi in politichese forbito. Al suo posto sul vestito della politica cittadina era rimasta solo la persistente macchia di olio di motore diesel, impossibile da togliere o da nascondere, rappresentata dal Partito (cattosocial)Democratico-degli-zombie. Un’accozzaglia di personaggi minori che si aggiravano freneticamente in città senza alcuna meta politica apparente, sempre e solo alla disperata ricerca di un ultimo servizio pubblico da ‘privatizzare’ o ‘esternalizzare’ – per affidarne la gestione ai soli noti, di un’emergenza sociale da eludere, di una variante edilizia da inserire nel Piano Regolatore, di una Caserma ben posizionata da adibire a centro commerciale, di un legame di puro interesse economico da coltivare con qualsivoglia potere forte, a partire da quello cittadino in sù, sù, sù fino al livello internazionale in cui erano riusciti, attraverso molte trasformazioni, ad infilare la punta del piedino.
Il Quartiere, immutato nella struttura architettonica, era diventato irriconoscibile nella composizione sociale. Il mercato ortofrutticolo ora era silente. Infatti, i gestori dei banchi nel tempo erano divenuti dei neocittadini Paisani, tutti nati in Estremo Oriente, che avevano mantenuto l’incomprensibile abitudine orientale di parlare solo raramente e pressoché sottovoce. Le botteghe degli artigiani avevano lasciato il posto a negozi in franchising che vendevano indumenti di tutti i tipi, caratterizzati da un uniforme gusto ignobile che trovava le sue espressioni migliori in insulse scarpe a punta quadrata o a punta lunga e acuminata e blue-jeans con la linea della vita bassissima, appena sopra l’altezza del pube, incomprensibilmente posizionata in modo da rendere scomodissimi i jeans e da lasciare pochissimo spazio alla fantasia dell’osservatore interessato. I ristorantini tipici, le trattorie toscane e le fiaschetterie erano state tutte rimpiazzate da: orripilanti fast-food di stile nord-americano che facevano versare lacrime amare al ricordo delle frittelle crudo-e-mozzarella, salsiccia-e-stracchino, e con-cecina; trattorie etniche, ottime nel loro genere, ma i cui piatti erano di grandezza incommensurabile nel confronto con la trippa alla fiorentina o anche solo la ribollita; e locali coperti dotati di distributori automatici di bevande ghiacciate e gassate, finiti nella pattumiera della storia gastronomica fin dal giorno antecedente quello della loro apertura.
Neanche le Suore Figlie di Nazareth erano le stesse: trasformato il Convento di Sant’Agostino in un Rifugio del Pellegrino tax-free, naturalmente grazie ai nostri soldi vaticaliani dell’OttoPerMille, erano tutte originarie dell’Indocina, perché non si trovava più neanche un’europea dell’Est disposta a prendere i voti per passare la vita a svolgere lavori umili e umilissimi, talvolta anche assai poco piacevoli, al servizio di turisti pseudo-pellegrini e di prelati di dubbia vocazione, in cambio del solo vitto e alloggio. Tutto, ma proprio tutto, era cambiato. Anche le campane, sostituite da un impianto stereo di grande potenza che produceva un suono metallico veramente orribilmente cacofonico.
Due sole cose erano rimaste immutate. Quella stramaledetta abitudine di far partire tutte le mattine, sempre alle 7 precise, la registrazione di quel gracchiante DIN-DON al solo scopo di richiamare meno di una diecina di suore indocinesi alla Messa mattutina e di svegliare me, anche se abitavo a più di 200 metri di distanza dalla Piazza. E la corrente politica al potere in città: quella guidata a livello nazionale dal “lìder maximo”, che nel frattempo era riuscito addirittura a farsi accreditare ufficialmente come Nobil Uomo presso il Sommo Pontefice! Il lìder, forte del prestigio che gli derivava dall’aver contribuito in modo determinante sia a fondere il più grande Partito Cattosocialdemocratico dell’Occidente nel partito liquido degli amministratori-zombie che a garantire una ventina d’anni ininterrotti di governo del Belpaese a una macchietta di dittatore mediatico, prototipo nazionale del vecchio bavoso un po’ rimbambito ma “potente”, continuava imperterrito nella sua Grande politica: giocar di sponda con i Poteri Forti, nazionali e internazionali, dalle Forze Armate, ai Servizi, alle Banche, e così via, giù, giù, giù fino all’anacronostico Vaticano.
Decisi dunque di rivolgere una pietosa supplica al Parroco per cercare di far ritardare di almeno un paio d’ore la sveglia mattutina. Ne ottenni un fermo e documentato rifiuto alla luce del Regolamento Comunale sulle Emissioni Sonore vigente nel Comune, secondo cui ogni Parroco può far suonare le campane a suo esclusivo diletto! Così mi sedetti sulla spalletta gauche del fiume, quello in cui si lavano i panni, in attesa dell’occasione propizia.
E l’occasione venne quando in tutta la Tuscania e a Pais si iniziò a discutere della opportunità di costruire in città una moschea in cui accogliere il migliaio di musulmani che solitamente si ritrovavano per pregare la Domenica mattina dalle parti del Palazzetto dello Sport. Ecco l’occasione buona – pensai. Trasformerò la grassa ignoranza xenofoba che era comparsa in città in una positiva e progressista cultura laica. Scrissi sui giornali cittadini che se il Comune non fosse intervenuto per dettare norme condivise sulle emissioni sonore prodotte durante le varie manifestazioni religiose di TUTTE le confessioni, poi, una volta costruita una moschea, non ci sarebbero stati argomenti per impedire quel richiamo del muezzin alla preghiera nel pieno della notte, che notoriamente distrugge le scatole e il sonno, come sanno tutti quelli che hanno avuto la ventura di riposare in un Paese con moschee e minareti! E in pochi minuti buttai giù una breve proposta di regolamento che mandai alla Commissione Comunale competente.
Non l’avessi mai fatto! Apriti Cielo! Si scatenò il finimondo: la destra, compresa quella xenofoba, e il “centro politico” – espressione dal significato ondivago – mi accusarono di strumentalizzare i problemi e di non capire l’intrinseca bellezza del suono delle campane, che è tale per tutti, che diamine! Indipendentemente dall’orario di fruizione, dalla qualità dello strumento usato per emettere sì dolce suono e dalla convinzione etica e religiosa del fruitore, anche quello “obtorto collo”. Gli “Amici di Pais”, facendo finta di scordarsi che la gloriosa Repubblica Marinara paisana fu a capo di una coalizione ghibellina alquanto anticlericale e antipapale, mi accusò di non aver rispetto per le tradizioni della città e delle sue campane, allineandosi alla linea imperante del “tutto-è-permesso-al-clero-cattolico”. Il Sindaco, un seguace di stretta osservanza del “lìder maximo”, rilasciò un’intervista alla TV locale in cui asseriva che “il problema non era all’ordine del giorno”, dimostrando così di essere un cavallo politico di razza destinato certamente a una mirabolante carriera. La “sinistra politica” – si fa per dire – e i “radicali” – si fa per dire – e anche i pochi “socialisti” rimasti – repetita stancano! – scelsero la via della saggezza politica: tacquero per non compromettersi. La Commissione Comunale preposta invece ebbe un’idea geniale: smise di discutere il Regolamento Comunale sulle emissioni sonore per dribblare il problema, in attesa di momenti più propizi. Io vissi una breve stagione di notorietà estiva, addirittura internazionale, per aver detto e scritto quella che a me pareva un’ovvietà: che il Parroco non può fare con le campane quello che vuole come se vivesse al di fuori di qualunque contesto civile.
Quello di cui non riuscivo a capacitarmi era il motivo per cui neppure un rappresentante della politica – espressione il cui significato originale era andato perduto in tutta Vaticalia – non voleva minimamente affrontare un argomento così banale, risolvibile in non più di un quarto d’ora di discussione fra persone dotate di un minimo di buon senso. Mi arrovellai per qualche tempo sul problema finché, pensando ai crocifissi appesi alle pareti delle aule di edifici pubblici come scuole, tribunali, ospedali, e ai bambini delle materne che al Pais vengono portati in caserme militari per essere “educati alla pace” (!) così come la intende il “lìder maximo”, e a tanti altri aspetti della vita sociale vaticaliana, finalmente capii.
Capii che la politica, quella che vuole governare i miliardi di euro che intercorrono nei rapporti con i Poteri Forti del belpaese vaticaliano, deve tributare degli omaggi anche simbolici ai Potenti per essere ammessa nella stanza dei bottoni e poterci restare. Cose di nessunissimo conto, totalmente inutili dal punto di vista pratico, talvolta addirittura risibili, ma che servono solo per fornire una rappresentazione simbolica di chi detiene effettivamente il Potere nel Belpaese. Insulsaggini demenziali, a uso di un popolo passivo considerato bue, a cui tutti i cittadini di ogni borgo vaticaliano debbono soggiacere, come se tutti noi fossimo chiamati a baciare materialmente la pantofola rubra di Prada del Sommo Pontefice. Tutti noi cittadini indistintamente, per tramite dei politici vaticaliani presenti in tutti i partiti. Tutti, ma proprio tutti. “Lìder maximo” incluso.
Fu così che decisi di trasferirmi di casa nella vicina Ile-de-la-beaute, a Macinaggio, piccolo porto di fronte alla costa Tuscana, molto legato alla città di Pais per cultura e storia. Dove certamente le correnti marine spinte dal fresco Grecale mi porteranno, prima o poi, i corpi in disfacimento degli zombie acefali che la prossima religione imperante prescriverà di affidare a quel fiume dove una volta si lavavano i panni. Lì potrò ingannare l’attesa per l’arrivo dei morti-viventi gustando infinite prelibatezze come la piccante zuppa di pesce e i salumi straordinari fatti con le carni di un maialino – di taglia piccina e incrociato con cinghiali selvatici – che viene lasciato a rufolare libero nel bosco, e i formaggi caprini che sanno fare bene qui. Innaffiando il tutto con un classico rosso di Patrimoniu che la sera mi accompagnerà dolcemente nel regno di Morfeo, a cui mi abbandonerò, lasciandomi scivolare lentamente in sonni finalmente tranquilli, non più disturbati né dal gracchiante suono disarmonico delle campane della Chiesa nella Piazza né dal richiamo alla preghiera del futuro muezzin di San Martino. E neanche da senili turbamenti erotici!
Nota. I personaggi, i luoghi, le circostanze qui riportate sono il puro frutto della fantasia dell’autore: la realtà del Potere infatti supera di gran lunga le sue scarse capacità immaginifiche!
* socio Uaar.
Il dott. Mainetto è proprio sfortunato: avrebbe potuto nascere e crescere in un Pais molto più ameno dell’orribile Vaticalia. Ad esempio nella Germania dell’Est la cui vita quotidiana è ben descritta nel film “La vita degli altri” nel senso del controllo ossessionante da parte degli organi polizieschi e del timore dello spionaggio.
Trovo il tono sardonico delllo scritto estremamente fastidioso, non tanto per il contenito, che potrebbe essere occasione per una discussione non necessariamente dura e polemica, ma per l’aria di superiorità – vittimismo tirato per i capelli. Una specie di aristocratico del sarcasmo. Se il dott. Mainetto conosce un Paese di Bengodi esente da difetti di sorta ubicato in qualche sito del mondo ce lo indichi.
Ma sarebbe potuto nasce in Svezia, o nello Stato di New York, o in Francia, insomma… non c’è limite al meglio. 8)
Mi chiedo perché non ti sforzi di andare “sul pezzo” piuttosto che rifugiarti dietro macroscopiche fallacie logiche che, come in questo caso, risultano così sconclusionate da essere ridicole. L’esempio dei komunisti lo fai perché pensi che sia un trucco che funziona sempre o perché sei realmente ossessionato? Bah.
Florenskij, sei elusivo.
Giovanni indica cosa non va nel paese in cui abita e propone soluzioni argomentate. Ne riesci a cogliere il valore? Il meglio che abbiamo non è il meglio. E soprattutto non lo è necessariamente.
A me lo scritto non ha dato fastidio, più che vittimismo è commedia. Puntigliosa, ma commedia. Anzi, renderebbe bene un fumetto… Però quest
Per quanto riguarda il tuo intro su quel film, pare che tu voglia sottintendere che l’alternativa al rumore delle campane è la Stasi.
“avrebbe potuto nascere e crescere in un Pais molto più ameno dell’orribile Vaticalia. Ad esempio nella Germania dell’Est ”
non regge proprio
leggiti la classifica dei paesi secondo l’indice di sviluppo umano ONU:
http://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di_sviluppo_umano
ai primi posti ci sono i paesi più secolarizzati, agli ultimi quelli teocratici
è così che va il mondo
Secondo quanto riportato da una nota marca di carta igienica, “Il Giornale”, rinomata per non essere “rossa” (è pura cellulosa bianca a fantasia nera, ex azzurra), il 49% dei tedeschi dell’est ritiene che la DDR avesse più lati positivi che negativi.
Sarà per caso colpa dei Gurken, dell Trabant o della troppa vita cola? Delle campane che non svegliavano (scartavetrando i cosiddetti) la gente alle 7 di mattina? Mah.
Tutta colpa dei comunisti, come sempre, eh Flò?
*della
Mah…
Anche i dati numerici come al solito non ci azzeccano granchè visti da soli.
Mainetto, io speriamo che me la cavo, ma se me la cavo è una bella lezione per come il mero racconto de li cavoli propri NON è che esprima proprio molto, se non sono tragedie.
Come dire: al di là del disagio personale -che certo è elevato in un caso di sempre sottovalutato ateismo nei termini succitati- sai quanta gente si sentirebbe pure le campane pur di abitare in un tranquillo paese. Felice te. Certo, se intervengono altre problematiche ben più strazianti, ma francamente…
Scusa se mi sono espresso, ma visto che anche l’ateismo in Italia si rifiuta di prendere in considerazione il problema sopravvivenza era doveroso.
Comque, sempre tutti a pseudo, eh, il che dice molto su tutto.
Questa mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Questa mattina mi son svegliato
E ho trovato un commento di Florenskij
O partigiano porta mi via
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
O partigiano porta mi via
Che mi sento di morir….
A Mainetto faccio presente che, avendo sposato una tortonese e giunto al “furastè”, ho chiamato mia moglie per leggere insieme. Mia moglie ed io abbiamo letto con molto diletto quel “mandrogni” che mia moglie pronuncia però “mandrugnei” ed il riferimento alle loro provinciali abitudini.
Molto interessante tutto il testo.
Racconto godibilissimo, ma amaro, che fotografa spietatamente la meschinità dell’italietta in cui viviamo.
Particolarmente degno di nota nel penultimo paragrafo il periodo “… Cose di nessunissimo conto, totalmente inutili dal punto di vista pratico, talvolta addirittura risibili, ma che servono solo per fornire una rappresentazione simbolica di chi detiene effettivamente il Potere nel Belpaese…”
Concordo appieno.
Complimenti a Mainetto.
mi associo ai complimenti: racconto piacevole e divertente anche se purtroppo, sotto il trasparentissimo velo dell’allegoria, maledettamente vero. Non concordo soltanto sui jeans a vita bassa che trovavo molto belli… e mi auguro, pur condividendo la stanchezza e la disillusione dell’età, che il buon rifugio sia solo momentaneo e non una resa definitiva.
John, Diorama. Dispostissimo a prestre orecchio ( e anche occhio ) a ogni critica alla Vaticalia: però, ripeto, il tono rivela un atteggiamento che mi suona altezzoso, e lo stesso sarebbe se i colpi o colpetti fossero dati da destra; per questo evito di comprare i giornali popolari di destra, dall’ironia molto spesso grossolana.
A mio parere il dott. Mainetto è affetto dal complesso di superiorità tipico di parecchi intellettuali ( o semiintellettuali ) di sinistra : loro hanno capito tutto,loro si sono sottratti ai pregiudizi dei piccoli borghesi e del popolo bue, loro hanno approfondito e sviscerato, loro hanno letto i libri che contano, loro hanno le ricette per il risanamento del paese, loro non se la fanno dare a bere, loro scoprono gli altarini; gli altri sono ottusi, col paraocchi, intellettualmente attardati e modesti, passatisti, affetti da piccineria, proni al potere, ipocriti e quant’altro. Non parliamo poi della religione: chi è religioso è infantile, nei casi peggiori falso e untuoso. La cultura teologica? Neanche a parlarne, non è il caso di leggere nemmeno una riga.
Ricordo che a suo tempo un signore attivo nel PCI ( bravissima persona ) ironizzò sulla mia dichiarazione di volermi iscrivere all’Università Cattolica, parlando di “visione piuttosto limitata”; già, come se nei paesi dell’Est ci fosse ampia libertà di parola e di pensiero.
Quanto agli scocciati & ossessionati dalle campane, concedo senz’altro che possano essere rumorose, anche in modo acusticamente intollerabiile; però mi chiedo quanto ci sia di disturbo fisico e quanto di fastidio di matrice ideologica.
“chi è religioso è infantile, nei casi peggiori falso e untuoso. La cultura teologica? Neanche a parlarne, non è il caso di leggere nemmeno una riga”
Chi crede ancora ai morti che camminano, a persone che camminano sull’acqua, madri vergini, ascensioni in cielo (e potrei continuare) solo perchè è scritto in un libro vecchio di 2000 anni (o più nel caso dell’antico) per quanto mi riguarda è al minimo infantile. Non si tratta di senso di superiorità, ma di senso del ridicolo. Se lei conosce una sola affermazione diversa da “è scritto nel vangelo!” che possa aiutarla a supportare le credenze cattoliche che ho citato prima, il mio atteggiamento razionale sarà ben felice di accoglierle e, se non d’accordo, controbattere.
Nel caso della cultura teologica, ho sempre provato un certo senso di fastidio a leggere gli scritti che io definisco (chiaramente è un mio limite personale) vuoti. Ragionamenti arzigogolati e panegirici per discutere di cose lontane non solo dall’esistenza materiale, ma anche dalle necessità introspettive della gente comune. Questa è la teologia secondo me.
“Nel caso della cultura teologica, ho sempre provato un certo senso di fastidio a leggere gli scritti che io definisco (chiaramente è un mio limite personale) vuoti. Ragionamenti arzigogolati e panegirici per discutere di cose lontane non solo dall’esistenza materiale, ma anche dalle necessità introspettive della gente comune. Questa è la teologia secondo me.”
Anche secondo me. La vera ‘forza’ della teologia è – come del resto di tutte le religioni delle quali la teologia vuole rappresentare la dimensione razionale (nel senso di accettabile – anche se non proprio comprensibile – dalla ragione umana) – il suo ‘spaziare’ nel nulla, un ‘luogo’ dove si può trovare… in realtà proiettare… di tutto. Tanto, chi può veramente verificare?
In secondo luogo la ‘fortuna’ della teologia, per qunto riguarda il cristianesimo, consiste anche nel fatto che per interi periodi storici (v. medioevo… ma anche successivamente) ‘fare cultura’ era ritenuto concepibile solo all’interno del pensiero cristiano, per cui anche le intuizioni di grandi filosofi, o venivano dissolte nell’acido teologico (‘philosophia ancilla theologiae’), o erano sempre a rischio di eresia.
Da questo punto di vista è vero che la cultura europea ha le sue radici nel cristianesimo… PURTROPPO!
D’altra parte è ammirevole il buon senso del caro Flò nel non ribattere su tematiche in cui non ha argomentazioni valide. Forse anche questa è stata la grande fortuna della teologia: spostare l’oggetto del contendere su ciò che è effettivamente inarrivabile da un punto di vista razionale. Mi spiego meglio: se parliamo di un fenomeno naturale, che so dei temporali, siamo in grado di discuterne cause, conseguenze, processi alla loro base ecc. L’unica vera tematica teologica accessibile da un punto di vista razionale, è la probabilità più o meno alta che possa esistere l’oggetto della discussione. Dal momento che la teologia parte dal postulato che tale oggetto esista allora ecco che è impossibile discutere razionalmente di tutto il resto. Il famoso modo di dire del sesso degli angeli penso sia l’esempio più lampante. Si può razionalmente discutere di quali siano le probabilità che gli angeli esistano. Ma nel momento in cui si dà per assodato che essi esistano, allora la ragione non può effettivamente “accedere” alla conoscenza circa il loro sesso!
Florenskij, pero ‘ e ‘dAvverouna ossessione la sua, guardi ivari ferrara o altri intellettuali di destra, la loro alterigia quel modo di trattare l ‘ inteocutore come se fosse un ingenuotto.
Chicrede di possedere la verita ‘ o, per via del suo lavoro ha delle maggiori competenze del proprio interlocutore, assume, se affetto da qualche frustrazione, un atteggiamento di superiorita ‘ edi impazienza trattenuta ( e benpotrebbe essereun medico come un elettrauto) .
Guardi, ma tutti i comunisti antipatici li trova lei? Tu guarda un po ‘che sfortuna!
Io ho incontrato anche prelati simpatici e illuminanti.
Riuscivo ad apprezzarli senza difficolta ‘ forse perche ‘ il mio cervello non era accecato da SUPERBIA eda una certa voglia di sentirsi superiori a tutti i costi.
Sul fastidio di matrice ideologica: ebbene, può essere pure che l’ideologia acutizzi il fastidio, ma chi causa il fastidio dovrebbe, come minimo, sviluppare maggiormente l’empatia e il rispetto per i timpani altrui, soprattutto per i timpani di quelli con le idee diverse.
Ma poi, perchè attaccare subito al tono dell’articolo? Perchè non commentare sui contenuti? Sempre questo girare intorno senza mai arrivare al punto. Flo, per come la vedo io, il senso di superiorità non ce l’abbiamo certo noi, ma piuttosto voi, convinti fermamente della vostra pseudoverità assoluta, guai a chi osa criticarla. Noi siamo apertissimi al dibattito e al dialogo, voi no. Quindi, se capita che qualcuno scriva o parli in toni più sarcastici direi che ve lo meritate.
Complimenti; lei ha rigurgitato le sue illusioni giovanili e le deiezioni clericali e non che la vita le ha fatto ingoiare. Se è così non le resta giustamente che la beatitudine dello sconfitto, di chi sa che ormai ha davanti solo pochi secoli (al più 10 come Matusalemme) prima di frequentare il patibolo per la prima e ultima volta. Se li goda con il cacio, il vino e la Maria Maddalena.
Quello che non ho capito, è l’abbinamento tra l’Arno e Cuba; ma che mazzo c’entro il “Lider-Maximo”; cosa le ha fatto di male ? Un pò di rispetto almeno per Fidel !
Grazie del pezzo, decisamente godibile; si rifaccia vivo quando se la sente.
A meno che tu non l’abbia volutamente frainteso in chiave ironica (se è così mi scuso), l’appellativo di ‘lider maximo’ è sa sempre attribuito a D’Alema.
Scuse accolte. A risentirci
Io amo moltissimo il suono delle campane. Non scherzo. Ma lo sento molto raramente.
Nella frazioncina di paese dove la mia famiglia ha una villa per fortuna da decenni manca un prete fisso, e cosi’ le campane vengono suonate solo verso la tarda mattinata quando arriva un prete a dire messa o nel pomeriggio per qualche cerimonia straordinaria (di solito cerimonie funebri – il cimitero poi e’ a soli 100 metri dalla chiesa.)
Vivo normalmente all’estero, ed in vita mia non ho mai subito disturbi da scampanii, anzi piu’ spesso mi pare di essere stato disturbato da appelli alla preghiera dei muezzin.
Ma se mi suonassero le campane di mattina presto mentre dormo, ed addirittura quotidianamente, certo lo scampanio che adesso apprezzo, mi diventerebbe rapidamente del tutto odioso ed insopportabile.
No, non le sopporterei e soprattutto sentirei come odiosa la prepotenza di chi pur sapendosi inutile si attacca al privilegio di poter disturbare il prossimo, non potendolo piu’ veramente dominare.
Insomma io sono ateo, ma anche da un punto di vista cristianista, mi pare controproducente
il comportamento inutilmente arrogante e stupido degli scampanii ad oltranza in ore inopportune a piu’.
Leggetevi di Carlo Cipolla il piacevolissimo libro
“Allegro ma non troppo, Le leggi fondamentali della stupidità umana” laddove si definisce la stupidita’ umana come capacita’ di danneggiare il prossimo senza neppure ottenere il minimo vantaggio per se’ stessi.
Mi pare adattissimo all’uso sadico e masochistico delle campane che risulta venga fatto da troppi imbecilli attaccati al loro privilegio di farsi e di farci del male.
Bel commento. La parola che mancava finora l’hai detta: sadismo. Fra le altre sue qualità Florenskij è anche un sadico, come molti suoi correligionari (non proprio tutti, ammettiamolo).
Vivevo vicino a una chiesa (protestante), ora per fortuna non più. Oltre ai rintocchi, giorno e notte, dei quarti d’ora e delle ore, dovevo godermi anche un quarto d’ora suonato (è il caso di dire) per ogni funerale, e a volte c’erano anche tre funerali di fila … Un rimbombo assordante e insopportabile. E se reclami sei un cretino.
Le campane non hanno più alcuna funzione: tutti hanno uno o più orologi. Sono scomparsi anche i simpatici campanari che almeno suonavano in modo irregolare e prima o poi si stancavano … Ora è tutto automatizzato, dunque il suono è anche regolare e meccanico, freddo (e irridente per chi non gradisce). Qualche rintocco di campana in lontananza, portato dal vento, può anche piacere, certo, ma stare dentro a una campana quando suona decisamente meno. I rumori molesti (schiamazzi notturni) sono proibiti, loro invece hanno il diritto di rompere i timpani agli altri (per via della tradizione).
Io comunque il pezzo di Mainetto, al contrario del sadico saputello (che continua stranamente a frequentarci e a mettere puntini sulle i – chissà perché visto che facciamo così schifo) me lo sono goduto e lo ringrazio.
Bello anche il commento di B. G. delle 12:58 (lo archivio!).
Un ricordo per la scomparsa del Partigiano Guido Fanti
complimenti davvero, purtroppo una descizione esatta della situazione per niente inventata
Articolo davvero piacevole, come tanti altri articoli e note di Mainetto, che ho avuto modo di leggere in passato. 😉
Ovviamente il punto focale dell’argomento, sta nel privilegio accordato alla Chiesa cattolica, che non viene concesso ad altre “nuovi luoghi di culto”, per una questione di “sottomissione” della politica sulla carta laica, ma nella pratica confessionale e sotto ricatto.
Se e’ pessimo che vengano concessi dei privilegi e dei poteri alle religioni (muezzin o campane che siano) per “invadere” lo spazio comune, diventa disastroso quando quei privilegi e quei poteri, vengono riconosciuti ad una sola religione.
Se nel primo caso, ci si fà beffe del supremo principio di laicità, presente nella nostra carta costituzionale, nel secondo caso si commette un doppio delitto…Ad andarci di mezzo infatti, non e’ solo il principio di laicità, ma anche quello di ugualianza.
Questi sistemi fallaci e questi errori sono piuttosto noti, sia ai soci UAAR, sia ai lettori e commentatori di Ultimissime da parecchio tempo…Se se ne accorgono persone normali e semplici cittadini, e’ cosa assai grave che non se ne renda conto la politica di queso paese. La stessa classe politica che viene pertanto, molto giustamente descritta da Mainetto, come una classe politica di zombie.
Dai riferimenti gastronomici dell’autore dell’articolo, si evince indiscutibilmente che egli e’ una buona forchetta, oltre che un ottimo scrittore. 😉
Complimenti! 😉
complimenti a Mainetto!
capisco benissimo l’insofferenza di Mainetto per le campane, anch’io ne sono stata vittima e a nulla sono valse le richieste di evitare l’inquinamento acustico almeno nelle ore notturne (suonavano ogni 30 minuti per marcare l’ora) e nelle prime ore del mattino, me ne sono liberata solo cambiando casa; so che alcuni soci hanno avuto successo coi ricorsi all’arpa, ma penso siano ancora casi molto rari, per di più la tradizione e l’abitudine, nonchè la condiscendenza degli amministratori a dare per scontati i privilegi (=prepotenza e arroganza) clericali, hanno la meglio 🙁
ne approfitto per ricordare cosa fare per difendersi: http://www.uaar.it/laicita/campane