Antiche e moderne agiografie

Stefano Marullo*

Fotina Marullo 2

Il 6 febbraio scorso, Sky Cinema ha dovuto rinviare la messa in onda del film Vallanzasca – Gli angeli del male di Michele Placido,  previsto la stessa sera, “in segno di rispetto” per le vittime di Dalmine, due agenti di polizia uccisi  proprio il 6 febbraio 1977 nel corso di un conflitto a fuoco con la banda Vallanzasca. E’ sembrata una riedizione delle polemiche che ne hanno accompagnato l’uscita  nel 2010 e che hanno costretto Placido a presentarlo alla 67ª Mostra del Cinema di Venezia fuori concorso.  Film, peraltro, di pregevole fattura, molto fedele all’autobiografia dello stesso Vallanzasca, che ricorda molto Gomorra per le scene truculente. Le critiche sono le stesse che hanno accompagnato un altro film, uscito una anno prima, La Prima Linea, che ripercorreva la vicenda sentimentale di Sergio Segio (fondatore dell’omonimo gruppo terroristico) e Susanna Ronconi, e che alcuni parenti delle vittime del terrorismo hanno bocciato per il pericolo di mitizzazione di eroi negativi.

L’operazione di Placido in Vallanzasca non sarebbe molto diversa da quella che fece negli anni Cinquanta Jean Paul Sartre su Jean Genet,  e che forse ne determinò il destino letterario (ad onor del vero il talento di Genet era stato già scoperto da Jean Cocteau che ne divenne il primo tutore). Genet, scrittore, drammaturgo e poeta, era il classico autore déraciné, dalla vita burrascosa alla maniera di Artaud e di Bukowski, passata in gran parte tra riformatori, prigioni e ricoveri coatti, fu consacrato da un volume che l’autore de La nausea volle dedicargli: Santo Genet. Commediante e martire. In questo discusso testo, Sartre giustificava la canonizzazione di Genet nel gioco delle parti che la società aveva assegnato al ladro, al reietto e celebrava in Genet la coerenza e l’innocenza nell’avere accettato il ruolo di capro espiatorio e l’immagine tutta esistenzialista di colui in cui la vita e l’opera d’arte sono intrecciate indissolubilmente (alla maniera di Albert Caraco, che purtroppo Sartre non conobbe).

Inutile negare che ci sono individui per vocazione destinati a primeggiare. Complicato quando lo fanno in ogni direzione del complesso arcipelago morale. Jean Genet fu un spirito libero e un ladro patentato e per lui rubare, anche in piena notorietà, era qualcosa di irresistibile. Ma fu al contempo uno studente dai voti eccellenti, un corista che da piccolo in chiesa si faceva apprezzare per la sua voce. Alla stessa stregua Renato Vallanzasca fu certamente una mente criminale (“non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po’ pronunciato” dichiarò in una celebre intervista), ma aveva inusitate capacità organizzative e carisma da leader e un travolgente fascino (da eroe negativo?) da sciupafemmine.

Non so dire se l’esaltazione dei vizi di personaggi comunque singolari sia automaticamente da cogliere come, anche solo involontariamente, istigazione all’emulazione o autoassolvimento  in chiave letteraria da rilettura post ante della vicenda storica, piccola o grande che sia. E sarebbe fuori luogo qui un’analisi della vicenda giudiziaria di Vallanzasca in termini di saldo dei suoi conti con la giustizia. A quanti però (con la debita eccezione di chi è chiamato in causa in nome della propria sofferenza, sempre da rispettare) sono sempre pronti a stracciarsi le vesti per vere o presunte manovre di restyling riguardo a personaggi della nostra epoca, ricordo che in altre circostanze certe sublimazioni sono, non dico, tollerate ma finanche auspicate.

La letteratura agiografica ne è esempio lampante. Costantino I il Grande, celebrato da Eusebio come “uomo buono, clemente e disponibile verso il prossimo”, nonostante la propaganda cristiana, si macchiò di crimini orrendi (e con lui quel dio, il minuscolo è d’uopo, che su di lui aveva posato la sua mano?). Basti ricordare la carneficina ai danni dei Brutteri, tribù germanica stanziata in Renania, i cui villaggi rase al suolo e i cui prigionieri buttò in pasto alle fiere nelle arene. Anche nel privato il cristianissimo imperatore, santo per la Chiesa d’oriente, fece impiccare il suocero Massimiano, avvelenare suo figlio Crispo, annegare la moglie Fausta con la quale aveva avuto cinque figli! Il pontefice Pasquale I, passato alla storia per avere incoronato nella chiesa di San Pietro l’imperatore Lotario il giorno di Pasqua dell’anno 823 d.C., si distinse per le sue “buone maniere”, accecava e decapitava, infatti, i suoi oppositori; ciò non gli impedì di entrare nel calendario dei santi della Chiesa Cattolica! Ad Ulrico di Augusta, vissuto nel X secolo, che fu il primo vescovo cattolico ad avere gli onori degli altari con cerimonia solenne, solo vent’anni dopo la sua morte, alcuni biografi monaci del tempo attribuiscono visioni, profezie, prodigi e guarigioni miracolose. Le imparzialissime fonti tacciono però sulla sua carriera di vescovo-comandante che partecipava attivamente alle missioni militari (a fianco dell’imperatore Ottone I) imbracciando la spada e facendosi accompagnare da una schiera di schiavi e da una corposa scorta di soldati che impauriva la popolazione nei suoi rituali viaggi di “raccolta delle offerte”! Ed ancora, il domenicano (san) Vincenzo Ferrer, morto nel 1419, celebrato come infaticabile predicatore che aveva al seguito un nutrito gruppo di donne e uomini dedite alla autoflagellazione penitenziale, fu anche consigliere dei cattolicissimi sovrani di Aragona e di Castiglia ispiratore della legislazione antisemitica ai danni degli ebrei. Pochi decenni dopo  il francescano  Giovanni da Capistrano, abruzzese, anch’egli predicatore e taumaturgo (si narra, tra gli altri, del “risveglio” di un uomo a cui era stata staccata la testa!), verrà speditamente elevato a modello di santità ed elevato al culto universale, per avere operato migliaia di conversioni e per avere difeso la fede, tacendo però sulla circostanza che come inquisitore il per niente mite (san) Giovanni, si rese protagonista di carcerazioni, confische di beni, rapimenti di bambini ebrei da avviare alla sana dottrina cattolica. La lista è lunga e arriva fino ai nostri giorni.

Antiche e moderne agiografie dunque. Con la sostanziale differenza che dei moderni eroi (seppur angeli del male) riusciamo a cogliere l’umana drammaticità e li mostriamo nudi, non ammantati da mantelli regali e da aureole di comodo, scorgendo finanche in essi il nostro lato oscuro. Con schiettezza però dobbiamo avere il coraggio di chiamare male ciò che è male. Anche quando – ci sarà capitato almeno una volta -, leggendo Delitto e castigo, nell’io più profondo, un po’ abbiamo parteggiato per Raskolnikov.

* Laureato in Storia, ha compiuti studi di filosofia e teologia. È membro dell’Attivo del Circolo UAAR di Padova.

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.
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21 commenti

Mauro Ghislandi

Trovo completamente fuori luogo il paragone tra l’ASSASSINO Vallanzasca e Jean Genet, che non mi risulta essersi macchiato di fatti di sangue.

Roberto Grendene

“eroi ammantati di aureole di comodo”

già
la lista di santi assassini e torturatori è lunga

anni fa una organizzazione cattolica mi mandò un opuscolo in cui mi chiedeva soldi, e me lo mandò in occasione del mio onomastico: decantava le mirabolanti gesta di San Roberto Bellarmino, “dimenticandosi” di scrivere che aveva arrostito Giordano Bruno

Florenskij

@ Roberto Grendene. Appunto: non solo qualche anno fa ho dato una scorsa alle opere di “San” Roberto Bellarmino, scoprendo in lui ( con sorpresa ) un cervello oggettivamente eccezionale, ma attualmente sto leggendo quanto posso su di lui per poter dare un giudizio oggettivo; in questo momento ho in casa una sua biografia in francese. Una notizia importante colta da un intervento in questo blog: SRB sarebbe stato preso da una grave crisi depressiva dopo l’esecuzione di Giordano Bruno. Si trattava di una crisi interiore alla Macbeth oppure dal dolore per non essere riuscito a evitare secondo l’ideale mitezza evangelica la soluzione cruenta, anzi bruciante? Le crisi di coscienza dei giudici, tra obbligo di condannare e desiderio di salvare sono oggetto di studi psichiatrici. Quanto a Giordano Bruno, per contestualizzare anche lui è da ricordare il libro Bossy “Giordano Bruno e il mistero dell’ambasciata” in cui si tende a dimostrare cha GB era un tipaccio che faceva la spia ai danni dei cattolici operanti in Inghilterra, con conseguenti condanne a morte. Non dico che sia oro colato: però studiamoci anche questa.

faber

Poretto San Roberto, per colpa di quel mascalzone di Bruno fu costretto a vivere depresso!!!Scommetto che perse anche qualche ora di sonno!

Florenskij

@ Stefano Marullo. Anzitutto complimenti per la qualità del suo stile. Non è lisciamento opportunistico o svenevole, mi creda: da commissario di parecchi esami di maturità sono convinto che la bella forma esprima la buona sostanza. Lei ha ragione, bisogna penetrare negli angoli e angolini bui della storia, anche della storia atteggiata agiograficamente. Sapevo dei pochissimo lodevoli comportamenti di Costantino il Grande, agiograficamente raffigurato nel bel monumento equestre, opera del Bernini che si ammira nell’atrio di San Pietro, come pure dei battesimi di massa di Carlo Magno: conversione o decapitazione. Ogni aggiunta a queste documentazioni è utile a ristabilire la verità in ogni suo particolare, anche se molto negativo. D’altra parte le faccio presentialcuni argomweni collegati.
1) Se si vuol essere corretti criticamente, non basta collezionare i fatti negativi della controparte; bisogna far presenti anche quelli positivi. Ad esempio: lei ricorda le male azioni di san Giovanni Nepomuceno; io la pregherei di ricordare il santo frate Marco D’Aviano, animatore della difesa di Vienna contro i Turchi, che faceva di tutto per risparmiare vita e sofferenze inutili ai prigionieri. A questo proposito vorrei dire che la quasi totalità degli interventi su questo blog rivelano una pressochè totale ignoranza dell’agiografia ( vita dei santi ) con le azioni positivissime da loro compiute, ad esempio nel campo dell’assistenza; azioni rilevabili da opere biografiche che in molti casi hanno il carattere della scientificità.
2) Bisogna avere il coraggio di far presenti i torti e i fatti negativi della propria parte. Io personalmente sto studiando la repressione contro i Catari e a suo tempo ho letto quanto ho potuto di eresiologia medievale, nonchè l’opera in più volumi di Menendez Y Pelajo, cara a Leonardo Sciascia, sugli eretici spagnoli nei secoli: ottima miniera di esempi per “La via lattea” e simili. D’altra parte icordo i musi storti ( e non solo quelli: anche le gazzarre studentesche ) di fronte ai libri con cui Giampaolo Pansa ha rievocato la mattanza di fascisti o ritenuti tali ad opera di elementi partigiani dopo il 25 aprile: si parla di alcune decine di migliaia di morti. Abbiate anche la correttezza di presentare i torti dei passati regimi atei, con cui avete pur sempre qualche attinenza e, volgendovi al presente, di chiedervi seriamente quanto l’allontanemento da qualsiasi fede provochi nei giovani d’oggi anomia, piatto consumismo, disaffezione ai grandi valori.
3) Bisogna contestualizzare; sì, contestualizzare, benchè in questa sede il concetto venga costantemente messo in burletta, come se non si trattasse di un passaggio obbligatorio per ogni studio critico, da qualsiasi parte venga. Io personalmente non vedo nell’orrenda storia della guerra civile tra Bianchi e Rossi in Russia attorno al 1920 solo una miniera di esempi di cattiveria da usare contro la controparte; piuttosto i terribili effetti di una delle psicosi collettive che compaiono come tsunami fra le onde della storia.
4) Piantarla ( uso intenzionalmente un volgarismo ) di accusare di “pomposità” chi ritiene impossibile descrivere un fenomeno senza tener presenti particolari e circostanze. A mo’ di esempio di cosiddetta “pomposità” posso indiacre l’articolo che compare oggi sul “Corriere della Sera” per mano di Luciano Canfora, antichista marxista, uomo credo non simpatico ma professionalmente ineccepibile, il quale ricorda come fin dall’antichità la Grecia fosse un paese messo sotto tutela. Beh, accusate di pomposità anche lui. Io personalmente lo leggo avisdamente perchè lo stimo, anche se ha un colore diverso dal mio. Vi pare o no?
5) “Non abbiamo paura della verità” disse Giovanni Paolo II. Questo per un motivo essenziale: secondo il Cristianesimo l’uomo è in larga misura un essere corrotto, e questa corruzione entra anche nella Chiesa e negli uomini di Chiesa o legati alla Chiesa. Però i Cristiani sono convinti dell’esistenza di una Dio che saprà e vorrà a suo tempo fare i conti, far quadrare i bilanci, punire, consolare, risollevare, dare a gioia a tutte le vittime, comprese quelle fatte ingiustamente dai Cristiani.

Bigalfry

Mmmmm…. complimenti! Lei legge molto! 😀
Mi permetta, però, di farle alcune critiche:
1) secondo me, i santi non esistono ed è puerile elevare qualcuno agli onori degli altari nascondendo le sue colpe sotto il tappeto. Personalmente ritengo che nessuno sia degno di essere venerato come santo. La chiesa, invece, si atteggia a fonte di ogni bene ed è, quindi, un piacere svelarne i segreti inconfessabili.
2) sì, è vero, bisogna contestualizzare. E’ però curioso notare come i cattolici siano convinti avversari del relativismo, nonostante lo usino per giustificare le loro magagne! :mrgreen:
3) noi coi regimi atei non abbiamo nulla a che fare. Ogni ateo fa per sé. E poi non si può dimenticare che in Russia vi era il culto del capo. Io non credo che il comunista medio dell’URSS fosse veramente ateo, ma potrei sbagliarmi.
4)riconoscere le colpe della tua parte le fa onore, ma, proprio per questo, non ritiene inappropriato che i suddetti signori vengano a darci lezioni supponenti a spese, come sempre, dello stato?

Francesco

Florenskij, tornate a cercare la pentola piena d’oro alla fine degli arcobaleni che e’ meglio.

Osvaldo

“Abbiate anche la correttezza di presentare i torti dei passati regimi atei, con cui avete pur sempre qualche attinenza”

Noi con i passati regimi atei non abbiamo alcuna attinenza, in cui quanto non ci identifichiamo nella loro ideologia e non ne condividiamo gli eventuali atti antidemocratici
o violenti. Inoltre non asupichiamo l’affermazione di alcun regime ateo ma solo l’affermazione del principio di laicità dello Stato.

Più semplice di così non c’è modo di spiegartelo.

Se non lo capisci, dispiace dirtelo, vuol dire che sei poco intelligente.

bruno gualerzi

Sai quante volte ho chiesto a chi continua a parlare di ‘regimi atei’, che – al di di là del nome, e per alcuni (non però i ‘classici’, URSS, in testa) del fatto che si parla di ‘ateismo’ in constituzioni considerate per il resto carta straccia – mi illustrino cosa c’è di ateo nella prassi di questi regimi, e neghino invece, se sono in grado di farlo, le analogie, sempre nella prassi innumerevoli, con una teocrazia? Nessuna risposta nel merito.
Certamente molti di questi regimi hanno combatttuto le religioni e altrattanto certamante la nomenklatura si dichiarava atea…
ma nel primo caso la eventuale sopressione riguardava più che altro l’eliminazione di un potente concorrente nel controllo delle coscienze (insomma una religione contro un’altra, mentre oltre tutto, per restare alla russia zarista, dire che la religione è l”oppio dei popoli’ era solo dire la verità), mentre nel secondo caso il fideismo di tanti dirigenti, funzionari e infine sudditi verso il capo o verso l’ideologia considerata un vero e proprio ‘vangelo’, per calcolo o per convinzione che fosse, aveva ben più affinità con una ‘teologia’ che con un libero pensiero…
per cui, o si negano questi ‘fatti’, o se ne trovano altri che li neghino, o, sopratrtutto, li si interpretano in altro modo e lo dicano… oppure si eviti di tirare in ballo l’ateismo.
Comunque, sono sempre in attesa di una risposta.

whichgood

” Abbiate anche la correttezza di presentare i torti dei passati regimi atei, con cui avete pur sempre qualche attinenza e, volgendovi al presente, di chiedervi seriamente quanto l’allontanemento da qualsiasi fede provochi nei giovani d’oggi anomia, piatto consumismo, disaffezione ai grandi valori.”

A parte che questi regimi “atei” vivono nella sua (faziosa) immaginazione. I “grandi valori” sono cappricci del suo dio tiranno e avido, con sede in Vaticano e uffici amministrativi in tutto il mondo.

faber

@Florenskij
Alcuni appunti:
1) La tesi che l’ottimo articolo di Marullo volevo evidenziare non è che tutti i santi siano dei mascalzoni, quanto piuttosto che il processo di santificazione della memoria di alcuni personaggi porta spesso all’oblio della loro vita reale in favore dell’artificio miracoloso. In altri termini la canonizzazione, nell’ambito ecclesiastico ma anche laico, di alcuni personaggi non ne garantisce la corretta memoria storica, anzi al contrario finisce per cancellarne le parti scomode. Per questo motivo gli esempi positivi che lei cita non sono assolutamente attinenti alla tesi dell’articolo. Il fatto che esistano dei santi con delle vite diciamo ammirevoli, non garantisce infatti che per tutti sia così. Ovviamente vale anche il contrario.
2) Non è mai esistito nessun regime ateo. Sono esistiti dei regimi che hanno fatto dell’ateismo di stato la loro politica. Per semplificare, l’Unione Sovietica era appunto sovietica, non è mai esistito uno stato denominato “Repubblica atea di….”. Questo perchè l’ateismo non è un movimento culturale o politico omogeneo.
3) Ciò che viene contestato a Pansa non è di avere riportato dei fatti storici scomodi, ma di aver riportato dei dati storici falsi, con lo scopo di supportare tesi revisionistiche circa il post-8 settembre. Non è un caso che il libro di Pansa uscì proprio nel mezzo del dibattito sull’equiparazione pensionistica tra repubblichini e partigiani. Le cifre attualmente in circolazione riguardo alle foibe sono, per esempio, drammaticamente superiori rispetto a quelle che l’indagine storica ha portato alla luce. Lo stesso vale per i civili uccisi in Dalmazia. A tal proposito le consiglio l’ottima bibliografia di Sandi Volk, docente di storia dell’università della Venezia Giulia. Dei fatti storici si può discutere, ma per prima cosa bisogna distinguere ciò che è fatto e ciò che è invenzione.

Batrakos

Molto bello l’articolo di Stefano, soprattutto per i molteplici spunti di riflessione che può suscitare: per quel che valgono, al nostro amico Marullo vanno i miei complimenti!

Per ora, anche per il fatto di aver visto sia Vallanzasca che La Prima Linea (quest’ultimo secondo me nemmeno a rischio di ‘mitizzazione’, soprattutto nella discussione tra Segio-Scamarcio e il compagno che non aveva accettato l’avanguardia armata che costituisce il sunto della critica alla scelta di Segio), non mi soffermo sulle agiografie religiose ma dico una cosa sul discorso degli ‘eroi negativi’.
Io penso che molti di di noi -o forse sono pretenzioso e vale solo per me e pochi altri- non abbiano mai smesso di sentire un certo fascino romantico (o forse è meglio dire decadente) verso alcuni ‘cattivi’ che si oppongono all’ordine sociale in modo nichilista (o forse è meglio dire esistenzialista), ma appunto questo fascino è posto in una dimensione artistica, dove identificarsi con l’eroe negativo può costituire una sorta di catarsi per poi riprendere vita, ruoli e automatismi del tram tram giornaliero e, per chi milita,perchè no le proprie lotte (meno esistenzialiste e radicale) individuali e sociali…per cui secondo me, in persone sane ed equilibrate di mente, la proiezione nell’arte dell’eroe negativo è addirittura salutare e molto ‘umana’, riprendendo il concetto di Marullo.

nathan

Il problema della santificazione di Roberto Bellarmino è la data, 1932, credo. Si può capire se era nel 1650: allora ammazzare gli eretici era unanimemente considerato cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, e pure i proptestanti non ci andavno piano.
Ma nel secolo scorso tale santificazione è una oggettiva provocazione contro i pricipi moderni della libertà religiosa, che del resto la chiesa cattolica ha condannato fino al concilio vaticano II. Tra l’altro in quelli anni la CAAR appoggiava decisamente i regimi e i movimenti fascisti, in odio al liberalismo e al socialismo. Questo mostra l’oggettivo ruolo assolutamente regressivo della chiesa cattolica in campo etico; ricordiamo anche che emisero una bolla a difesa della schiavitù nel 1867, due anni dopo che lincoln la aveva eliminata dagli USA. Se i principi etici e umanitari dell’Occidente sono molto migliori che quattro secoli o anche due secoli fa ciò è avvenuto contro la chiesa (e in genere tutte le chiese), non grazie ad essa.
Quanto alla contestualizzazione, sarebbe una cosa utile e positiva sempre, ma purtroppo ora suscita irrefrenabile ilarità, dopo lo sciagurato uso del termine operato da Mons. Fisichella, in zelante difesa (degna senz’altro di miglior causa) del sultano puttaniero e blasfemo di Arcore, (ora non più premier, alleluja!). A proposito, che fine ha fatto Fisichella?
Sta passando un periodo di purificazione nel silenzio, opportunamente prescrittogli dalli superiori, per rimediare un pò allo sputtanamento in cui è caduto.

bruno gualerzi

Ottime riflessioni, caro Stefano. come sempre. Che ne stimolano altre (ottime anche per questo), magari non in sintonia col testo, molto in margine… ma ottime pure per questo. Qui però, più che una riflessione, espongo un riflesso, forse viscerale… ma (altrimenti non ne parlerei) di una visceralità ‘atea’. O anarchica.
Le agiografie – tali spesso anche se intendono essere pure biografie, non mi piaciono (e “chi se ne frega” lo dico subito io per evitare che lo dicano altri)… e non parlo ovviamente delle agiografie vere e proprie, cioè relative alle vite dei santi (quelle si qua(squa)lificano da sole), ma delle agiografie ‘laiche’. Perchè anche in esse è inevitabile pur sempre una sorta di beatificazione del personaggio (‘personaggio’, raramente ‘persona’) di cui si raccontano vita, morte e miracoli (imprese: negative o positive) e ben difficilmente renderanno qualcosa di diverso dalla proiezione dello scrivente (o del regista, se non è un puro documentarista) nel personaggio, il quale, per la stessa ragione per cui è stato scelto per farne l’agiografia (o la biografia), è già posto su un qualche altare. E naturalemnte non importa se – come nei casi Vallanzasca o Genet – si tratta di personaggi ‘negativi’: nel momento in cui si trattano da personaggi, la ‘beatificazione’ passa anche attraverso la demonizzazione, essendo il diavolo l’altra faccia di dio. Si dirà, in questo modo si condanna un intero genere letterario con una sua storia che può vantare anche capolavori… però questi eventuali capolavori, per i miei gusti (l'”e chi se ne freaga” ci sta anche qui), lo sono (quando lo sono) perchè chiaramente il personaggio diventa solo un pretesto per costrurne in realtà uno interamente ex-novo, frutto di pura creatività. A volte – con questa esplicita scelta di un pretesto per una invenzione – può anche uscire un personaggio più ‘vero’ di quello che si vuole esaltare (agiografia), o anche, sia pure criticamente, ricostruire oggettivamente la storia (biografia).
Insomma, invenzione per invenzione, preferisco le invenzioni dichiarate, esplicite… e se anche si prendono in considerazione personaggi reali, ammettere che li si vuole ‘romanzare’. Tanto, lo si fa comunque.

mistergrey

@Nathan
Condivisibilissimo post. La “grande speranza” dei neoguelfi era un papa oltre che reazionario megalomane. Non sapevo della sua esplicita presa di posizione a favore della schiavitù, negli anni in cui Marx pubblicava il Capitale, ma la rivelazione non mi sorprende. Ai tempi della battaglia di Mentana la schiavitù prosperava almeno in due zone cattolicissime : L’impero del Brasile e Cuba, allora dominio spagnolo.

Al riguardo date un’occhiata a questo brano tratto da internet:
“La Chiesa cattolica non fu dunque la prima a bandire la schiavitù. In
compenso fu l’ultima. Il 20 giugno 1866, quando ormai le idee illuministe e
i nuovi sviluppi del capitalismo avevano portato a vietare la tratta e la
guerra di secessione aveva abolito la schiavitù anche negli Stati Uniti,
papa Pio IX scriveva nella sue Istruzioni: “La schiavitù in quanto tale,
considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla
legge naturale e divina. Possono esserci molti giusti diritti alla schiavitù
e sia i teologi che i commentatori dei canoni sacri vi hanno fatto
riferimento ……Non è contrario alla legge naturale e divina che uno
schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato.” ”

Alquanto raccapricciante, direi.

Poi arriva quell’impunito di citazionista a straparlare senza vergogna di “mitezza evangelica” , avendo pure la faccia tosta di presentare i carnefici della chiesa
come personaggi tormentati, dostojeskiani o scespiriani tanto per intenderci, mentre erano soltanto dei sadici ‘sasin.

A proposito di mitezza evangelica, la chiesa cattolica non ha mai condannato la pena di morte e finchè ha detenuto un vero potere temporale l’ha applicata tranquillamente. Chi non conosce la figura paciosa e sinistra di Mastro Titta, non foss’altro che per Rugantino? 🙂
E non si dica che allora così facevan tutti perchè non è vero.

stefano marullo

Mi scuso per la poca tempestività di questa mia replica ai vostri interessanti interventi. Sorvolo sulle attestazioni di stima (che fanno piacere) e proverò a rispondere ad alcune critiche. Se poi questo articolo è stato foriero di ulteriori spunti, come hanno sottolineato due commentatori finissimi come Batrakos e Gualerzi sono arcifelice. Critiche ed elogi si soffermano troppo su chi scrive meglio focalizzarsi su “quanto” si è scritto. Chiusa parentesi.
@ Ghislandi e Gabriele
Non una mera equiparazione Vallanzasca-Genet sulla qualità dei delitti (certamente l’omicidio è più grave del furto) ma un parallelo sulle loro personalità eccentriche e disadattate dei due. Ho cercato di astenermi da giudizi moralistici ma stiamo su un terreno assai vischioso, off limits, tra etica reato, storia e apologia della storia, letteratura. Certamente Vallanzasca ha commesso cose indicibili ma a differenza di taluni più fortunati assassini, ha scontato la sua pena, almeno su questo ci si può trovare d’accordo. E chi ha commesso cose più orrende di lui nel passato o recente passato è elevato agli onori degli altari. Due pesi e due misure insomma. Questo volevo dire.
@ Florenskij
Mi astengo, altri le hanno risposto, sulla questione dei cd “regimi” atei, repetita juvant sed taedet! L’inedito tono interlocutorio dipinge timidissime “aperture” da parte sua. Pecca, come sempre, di manicheismo. Mi ha situato da “questa parte” e vede mia controparte la credenza e segnatamente la Chiesa Cattolica. Vorrei dirle che quando posso non esito a parlare bene di cattolici, preti (con i quali mi capita di collaborare) e finanche del papa se compie azioni degne del suo prestigio. Nei miei articoli non lesino attestazioni di stima per vescovi come Helder Camara, teologi come Adriana Zarri o Sergio Quinzio, ad esempio. Quanto ai papi, l’ho detto pubblicamente. Paolo VI fu un papa molto contraddittorio e non all’altezza dei tempi ma almeno in un caso, si comportò da “papa”: quando si offrì durante un dirottamento aereo al posto degli ostaggi. Ratzinger non l’ha ancora fatto. Per dirne una, i suoi paternalistici e tardivi richiami alla concordia in Siria, (dove ci si ammazza tra fazioni) è assolutamente inutile e quasi irridente. Da un papa mi aspetto che vada lì a parlare con Bashar Assad, che lo inviti a dimettersi, che stia con il suo “corpo” a interporsi davanti allo scempio quotidiano della guerra civile. La mia controparte è, sarà sempre, la mistificazione della realtà, l’arroganza e l’ipocrisia. Da qualunque parte arrivino. Poi, davvero, le espressioni più anticlericali e riprorevoli contro Madre Chiesa, le ho sentite da vescovi, teologi o religiosi che a confronto le boutade dei quattro ateacci che frequentano questo blog sono inezie. Non è forse Ratzinger ad avere detto in queste ore che “i nemici più temibili per la Chiesa vengono dal suo interno?”. O il card. Martini che “per molto tempo ho pregato per il mondo e oggi sono giunto alla conclusione che bisogna pregare per la Chiesa”. Di chi sono “controparte” costoro? Si lamenta della quasi totale ignoranza in questo blog sull’agiografia, storiografia considerata minore, spesso unica fonte a cui attingere e decodificare: sia realista, Florenskij, non le pare di chiedere troppo ad un sito di ateo-agnostici? Se qualcuno si appassionasse non esiterei a consigliare i saggi di Giovanni Tabacco su agiografia e demonologia nell’alto medioevo. Ma a me sembra già tanto di avere “sdoganato” la parola teologia (che qui spesso viene confusa con religione) e che per la sua etimologia è considerata “roba da credenti” (anche la filosofia etimologicamente rimanda alla Divinità ma è prodotto della ragione). Faccio fatica finanche con persone della levatura intellettuale di Gualerzi e Faber, che in altro thread parlando di teologia l’hanno pressappoco paragonata all’astrologia. Non c’è “la” teologia, ma tante teologie (come non esiste in termini moderni la Filosofia ma ci sono tante filosofie al genitivo). Esiste una teologia dogmatica, sicuramente, che però attinge da un vocabolario filosofico e non magico, ma esiste anche una teologia pastorale, una teologia morale e così via. Le teologie novecentesche apofatiche e della crisi, attingono da tematiche esistenzialiste, molto prossime alle coevi grandi riflessioni filosofiche. Le teologie nate dopo il Concilio sono prevalentemente “politiche”. Ho conosciuto molti teologi della liberazione (che pure avevano il limite di pensare ad un’età dell’oro del cristianesimo, probabilmente mititzzata), e penso che ognuno di loro si sarebbe offeso assai se avessi definito la teologia quelle cosa che si occupa del sesso degli angeli, laddove per essi è pratica politica, prassi (semmai “dopo” da sistemare in qualche “teoria”). Il teologo Metz, riprende tematiche vicine alla Scuola di Francoforte. Filosofi come Brentano, Buber, Heidegger, Jonas si esprimevano come teologi. Poi, certo, c’è il Magistero Cattolico che vuole imbrigliare la teologia, che ritiene la ricerca teologica “serva” dei dogmi (laddove è vero il contrario, la teologia deve rendere “intelligibile” il dogma). La teologia in mano al Magistero è un po’ come la Scienza in mano ai Governi.
@ Batrakos
E’ vero, c’è un fascino finanche nel sordido che hanno sentito grandi artisti come Varlin, Sartre, Pasolini, Bukowski. Capaci, qui la loro grandezza, di raccontarlo forse per esorcizzarlo.
@ Gualerzi
Opportune e molto interessanti le tue riflessioni sul tema delle “agiografie laiche”. Qualsiasi storico anche quando fa ricerca, ha già “scelto” cosa cercare. L’imparzialità è una mistificazione. Onestà intellettuale è aprire gli orizzonti quanto più largamente possibile.
@ Nathan
E’ proprio vero che anche i protestanti non ci andavano per il sottile. Peccato che non lo possiamo ricordare a Spapicchio che nella sua Gloriosa Riforma dimentica spesso gli omicidi di Lutero (che pure era partito benino), le inquisizioni di Calvino, le stragi dei cattolici nel 1572 da parte dei Gheusi (fanatici calvinisti), l’intolleranza dell’Inghilterra sotto i Tudor, gli Stuart, i Cromwell. Con Elisabetta I che metteva in carcere i sudditi cattolici che non giuravano di non credere nella transustanzazione. E poi non è vero che i cattolici furono dappertutto e sempre quelli della notte di san Bartolomeo. Esistevano anche le “isole felici” . Ai tempi dell’editto di Nantes (che pure riconosceva il diritto a professare la propria fede ai protestanti da parte dei cattolici) c’era uno stato, la Polonia, a maggioranza cattolica, con sovrani in ottimi rapporti con la Santa Sede che concedevano libertà di culto ai dissidenti e non esercitavano alcuna coazione contro i protestanti.

bruno gualerzi

Scusa Marullo, ma ti debbo una spiegazione a proposito di teologia. La mia sarà un posizione poco fondata, ma non ce la faccio proprio a non distinguere nettamente tra il teologo che disquisisce di dio, o comunque di una dimensione trascendente, ritenendola ‘oggettivamente’ esistente e in qualche modo fatta oggetto di esperienza, dal teologo che si interessa di teologia in quanto vi si trattano temi esistenziali che riguardano tutti, e per questo dialoga con i teolgi, ne valuta e considera lo spessore culturale… e non semplicemente da studioso, da storico delle religioni, ma proprio perchè, come dicevo, coinvolto anche esistenzialmente nei temi trattati. Come credo di fare anch’io (anzi, ultimamente non faccio altro), anche se – forse impropriamente, lo riconosco – parlo sempre della teologia con riferimento al’ impegno culturale del credente inteso a ‘dimostrare’ razionalmente la validità della sua fede.
Se per teologia significa ‘parlare di dio’, sono stato addirittura accusato (e sbeffeggiato) in un blog csttolico perchè, secondo loro, ero il solito ateo ossessionato da quel dio che dice non esistente.

stefano marullo

Chiarissimo Bruno. E in fondo, si può anche parlare di danza senza essere ballerini, no?

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