Nuova recensione sul sito: “Laicità, grazie a Dio” di Stefano Levi Della Torre

Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il libro è Laicità, grazie a Dio di Stefano Levi Della Torre.
Recensione di Raffaele Carcano.

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8 commenti

Bismarck

Il problema è questo secondo me:

“A conclusione del volume, Levi Della Torre pone a fondamento della nostra etica la cosiddetta ‘regola d’oro’: «Non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te». Un concetto che si ritrova in tantissime culture, lontane tra loro nel tempo e nello spazio. Una ulteriore riprova, forse la più evidente, che ciò che si può trovare di buono nella religione non è farina del suo sacco, ma risale ai primordi della storia della nostra specie.”

Siccome all’autore vanno bene anche le ideologie più strambe (da quello che leggo della recensione) la succitata frase si rivolge contro di noi in questo modo:

Ma se uno crede nel paradiso e nell’inferno e si farebbe scannare vivo piuttosto che finire negli inferi e di conseguenza non poter accedere al paradiso, non credete che farebbe le stesse cose a chi non crede per evitare che finiscano all’inferno? Questa è stata anche una giustificazione delle abberranti pratiche dell’inquisizione.

Non faciamoci illusioni, non tutte le ideologie sono sullo stesso piano. Ci sono idee di serie a, b, c eccetera. Non cadiamo anche noi in questi errori.

bruno gualerzi

Anche per me la conclamata ‘regola aurea’ è di un ‘relativismo’ (genericità) tale che, quando si ritenesse di applicarla… siamo al punti di partenza in fatto di etica. Anche, e in gran parte, per le ragioni che richiami tu.

Florenskij

Prima di tutto una delle mie citazioni, stavolta con dedica specialissima, quasi esclusiva, al “gentile” Stefano ( gentile di dentro e di fuori ): quello che con grande umanità e squisitezza autentica evoca l’affermazione di Albert Camus che più l’ha illuminato: “Più i monaci guardano verso l’alto, più fanno vedere il culo.” Mi ero dimenticato, nella fretta di scrivergliene quattro, il film di Louis Malle ( 1987 ) intitolato in versione italiana “Arrivederci, ragazzi”. e’ la ricostruzione di un episodio VERO dell’infanzia del regista francese: nel 1943, mentre si trova cone interno in un collegio cattolico, nella scolaresca viene inserito con nome falso un ragazzino ebreo: ciò allo scopo di salvarlo dai rastrellamenti. Alla fine giunge un’ispezione della polizia d’occupazione tedesca e il compagno di Malle viene deportato; come lui per punizione il direttore del collegio, frère Jacques de Jesus, che saluta dicendo appunto “Au revoirs les enfants”. Il frate morirà in Germania perchè, nonostante le sue deterioratissime condizioni di salute, ha voluto essere l’ultimo fra i prigionieri a lasciare il campo di concentramento dopo l’arrivo degli Alleati.

“Signor” Stefano, non mi sono mai sognato di pensare che manchino non credenti d’ogni sorta capaci di comportamenti analoghi a quelli del monaco ( credo carmelitano ): ma per favore, un minimo di decenza del sentimento, oltre che dell’espressione!
Il resto del commento all’interessante intervento di Roberto Grendene probabilmente più tgardi. Devo accompagnare il nipotino alla scuola materna. Buona giornata.

Francesco

Florenskij, si legga questa parte di intervista rilasciata dallo stesso Louis Malle:

………La principale – particolare interessante – riguardava il personaggio di Joseph. L’avevo inventato di sana pianta. Non saprò mai con certezza se l’ho creato a causa di Cognome e nome: Lacombe Lucien; ma penso che sia piuttosto il contrario. Ero affascinato da quel giovinetto che viene trattato malissimo nella scuola per bambini ricchi dove fa lo sguattero, che viene ingiustamente cacciato per una faccenda di mercato nero, e che si tratta di un punto ancora un po’ controverso: esistono diverse versioni in merito. Alcuni dicono che la denuncia venne fatta dai vicini, altri che fu un ex allievo che era entrato nella Resistenza e che era stato
arrestato e torturato. In realtà, i ragazzi ebrei erano nascosti nel collegio dalla primavera precedente, mentre nel film li faccio arrivare solo qualche settimana prima del loro arresto. Avevo deciso di mantenere la mia versione senza alcuna esitazione, la ritenevo più interessante. Fin dall’epoca di Cognome e nome: Lacombe Lucien ero convinto che il colpevole fosse Joseph; era lui una delle fonti del film.

D. Fare di Joseph il delatore significa che sono i padri stessi, con la loro decisione di
cacciarlo, e in virtù di una tragica ironia, la causa dell’arresto dei ragazzi ebrei……….

Link dell’intervista in Pdf:

http://www.ecayp.net/pdf/dellacroce_arrivederciragazzi.pdf

firestarter

lei, caro Florenskji, fondamentalmente rosica. Questo e’ l’unico motivo per cui continua ad intervenire in modo ossessivo e insulso (l’unico che conosce temo)

schiaudano

Le tue beghe personali risolvile alla bocciofila, cafone di un troglodita.

bruno gualerzi

“All’autore non piace, della religione, «la pretesa di sentenziare soprattutto su cose che non si sanno», e della « mentalità laicistica», «la propensione a limitarsi alle cose che si sanno o che si possono sapere, come se queste fossero, in quanto “visibili”, più rilevanti dell’invisibile».

Quindi, secondo Della Torre, delle cose ‘invisibili’ bisogna tener conto comunque… si tratta però, da parte delle religioni di ‘non sentenziare su cose che non si sanno’ e da parte del ‘laicismo’ (degenerazione, anche qui, della laicità?) di non essere troppo ‘materialista’.
A mio parere, se in questo modo l’autore ritiene di accomunare religione e laicità sulla base del riconoscimento dell’invisibile (‘Laicità, grazie a Dio’), condannando poi la religione per le sue ‘pretese’, non fa un bel servizio alla laicità e non salva della religione il salvabile.
Religione e laicità (io dico ateismo) non hanno tanto in comune l”invisibile’ come dimensione da prendere comunque in considerazione, ma, se mai, l’esigenza… sì di un ‘invisibile’… ma inteso (sperato, ‘postulato’, direbbe Kant) come qualcosa alla quale fare riferimento per superare, o comunque far fronte alla precarietà della condizione umana. Poi le religioni ritengono di potere avere una qualche esperienza di questo ‘qualcosa’… mentre invece la laicità? O si risolve in un agnosticismo che non nega per principio questa possibilità (e in questo senso non si discosta più di tanto dalle religioni), oppure – a mio parare per essere vera laicità – lascia perdere l’invisibile o lo tiene in considerazione come esigenza che non si potrà mai soddisfare se non alienandosi.

Giogio

Una chiesa moderna = un cerchio quadrato.

Qualunque tipo di fede religiosa implica per sua stessa costituzione un’attinenza a ciò che non è reale e tangibile. Non c’è bisogno a mio parere di andare tanto in là per scoprire motivazioni per cui la chiesa non si autoindaga: non lo fa e basta, non lo farebbe comunque secondo me.

Lascia questo compito alle sue derivazioni, che lo fanno in ogni caso in maniera arbitraria rispetto ad un credo genericamente diffuso, quindi non razionale.

E purtuttavia potente, finchè siamo qui ad usare pseudo per rispondere ai blog.

Sic.

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