Franco Ajmar*
Nelle Ultimissime Uaar alcuni aficionados si scambiano di frequente amichevoli frecciatine sulla scelta personale di definirsi atei piuttosto che agnostici, e scomodano, a mio parere inutilmente, perfino la logica: quasi che con ineccepibili dimostrazioni si possa risolvere un grande non problema. Ho anche notato che spesso si contrastano le definizioni che il dizionario fornisce per i termini ateo e agnostico, ma quasi mai si citano le definizioni di dio. E ci si accapiglia (si fa per dire, le capigliature dei contendenti non sono mai rivelate) sulla possibilità o meno di negare l’inesistente rispetto al non pronunziarsi perché teoricamente esso potrebbe saltar fuori.
Credo che l’Uaar, come una grande mamma, abbia saggiamente risolto la questione includendo entrambi i partiti nel proprio seno e simbolo: perché da un punto di vista pratico, per i nostri comportamenti quotidiani, credo non faccia una grande differenza. E tuttavia, siccome l’argomento ritorna, forse vale la pena di sviscerarlo specificamente piuttosto che nelle pieghe di una discussione su argomenti di quotidiana banalità. Scateniamoci, e poi facciamola finita.
Quindi, prima di pronunciarci sull’esistenza o meno di dio, o anche su una prudente astensione, mi sembra utile definire il soggetto del contendere. Del quale esistono molteplici definizioni, a conferma dell’utilità di standardizzare preliminarmente il linguaggio. Nei dibattiti cui si accennava sopra, il candidato più gettonato al titolo sembra essere il dio della tradizione giudaico cristiana o musulmana, mentre viene escluso come residuato storico Zeus e analoghi, sia nella visione atea che in quella agnostica. Il dio cristiano ha certe caratteristiche ben definite, che permettono di pronunziarsi sulla sua esistenza: è uno (eventualmente trino, così escludendo la coppia, potenziale simbolo di fertilità, ma con l’ambiguità della presenza di un altro sesso), eterno, onnipotente, ha creato il cielo e la terra (e presumibilmente anche il mare) e tutto quello che è visibile e invisibile. E’ maschio (suo figlio lo chiama padre, non genitore, e ci ricorda anche l’immagine e somiglianza umana: quindi un po’ virilmente corporeo). L’ateo sostiene che siffatto dio non esista, l’agnostico sostiene che non si può sapere. Però, magari inconsapevolmente, è a questo dio che di solito ci si riferisce per negarlo o sospendere il giudizio: spesso è un retaggio della manipolazione a catechismo, mai rimossa. E quando l’incallito bestemmiatore gli dà del porco, è a questo modello, che probabilmente si riferisce, non certo a un principio, anche se poi pentito confessa il peccato.
Poi c’è un altro dio, non ancorato a specifiche religioni: diciamo, per semplicità quello dei teologi o dei filosofi. Spesso è inconsapevolmente una versione del dio cristiano, però depurata da quelle ingenuità corporee che lo contraddistinguono. Il suo identikit è più complesso perché oscilla tra un essere incorporeo, un ente, e un principio. Come negare a priori l’esistenza di un principio? Ma qui l’obiezione per l’ateo cambia natura. Un principio è l’elaborazione umana di una molteplicità di esperienze sensoriali, che vengono ricondotte dalla nostra ragione ad un’essenza universale, ad una categoria. Con il piccolo inconveniente che questo processo è frutto dell’attività di un organo, il cervello, al quale la specie umana unilateralmente attribuisce capacità straordinarie, ma che è solo il risultato dell’evoluzione del sistema nervoso centrale di alcuni animali. Dall’attività di questo organo nascono i principi che vengono organizzati sulla base dei dati procurati dai sensi. Un po’ autoreferenziale per pontificare sull’universale! Con questo limite, che vale anche per il dio cristiano, l’ateo e l’agnostico possono confrontarsi, se la cosa continua ad eccitarli. Sostenere che non possiamo sapere se il giudizio espresso dal nostro cervello abbia valore universale o meno può essere un modo di prendere tempo, ma è difficile che ne esca qualcosa di definitivo.
C’è infine un generico panteismo. Molto probabilmente una realtà materiale esiste, è indipendente dall’esistenza dell’uomo che la percepisce (anche se non possiamo dire come sia in assoluto senza riferirla alla nostra percezione) e presumibilmente continuerà ad esistere anche se l’uomo dovesse estinguersi. Se questa realtà, che comprende l’uomo ma è indipendente dalla sua esistenza, la chiamiamo dio, allora siamo tutti credenti, magari obtorto collo. Ma allora nasce un problema di altra natura: cosa serve postulare questa entità? Se noi stessi siamo una parte di dio, non ci servono preghiere, sacrifici, comportamenti etici per ingraziarcelo. E quest’ultima considerazione concreta, opportunistica, vale per tutto il ristretto spettro delle definizioni di dio qui esposte. In altre parole, cosa serve concretamente postulare l’esistenza di dio? Ma questa domanda richiede un intero altro capitolo.
* Laureatosi in Medicina presso l’Università di Genova nel 1960, ha conseguito il PhD in Genetica presso la University of Chicago nel 1967. È stato professore di Genetica medica presso l’Università di Genova fino al 2005. Oltre a capitoli di libri di biologia e genetica, di neurobiologia e di neuropsichiatria infantile, ha pubblicato per la ESI il libro Chi? Piccolo galateo di bioetica (2000) e per la Coedit il libro Galeotti cosmici: Riflessioni di un apprendista relativista (2007). È socio Uaar.
Sulla trinità è facile usare la logica: che ci vuole a riconoscere che non può esistere nulla che sia insieme buono e onnipotente?
La logica non serve quando si argomenta su questioni empiriche, come l’esistenza della famosa teiera di Russell, ma va benissimo quando si tratta di concetti, soprattutto se questi sono contraddittori, come la trinità.
Sul “principio”, finché non lo si caratterizza un minimo non soltanto non si può usare la logica, non si può proprio affermare o negare un bel niente.
come dico sempre, non ha senso cadere nella trappola ateo-agnostico, e tanti credenti se ne servono come di un ghetto linguistico per ridicolizzare i non credenti.
Secondo loro solitamente l’ateo è un arrogante che senza fondamento pretende di dimostrare che dio non esiste, mentre l’agnostico è più saggio e prudente e resta nel dubbio.
In effetti, invece, se ci si pensa un attimo, per qualunque realtà fantastica (babbo natale, shiva, baal, i folletti) la distinzione non esiste. Non si può, per esempio, dimostrare che la befana NON esiste, eppure la maggior parte della gente vive come se non esistesse, senza domandarsi se nei confronti del fenomeno debba definirsi atea o agnostica.
“Secondo loro solitamente l’ateo è un arrogante che senza fondamento pretende di dimostrare che dio non esiste, mentre l’agnostico è più saggio e prudente e resta nel dubbio.”
c’e’ questa caricatura
ma c’e’ anche quella che vede l’ateo “rispettabile” e l’agnostico “senza cervello”
L’ateismo può essere, al massimo, la conseguenza pratica della considerazione teorica dell’agostico in quanto di fatto poi non segue la chiesa – se vogliamo che le considerazioni teoriche siano fatte dalla ragione ovviamente
Sulla divinità dei deisti credo si possa dire poco (e anche per questo dice poco) sulle altre le definizioni o le caratteristiche le forniscono di volta in volta i credenti.
Non ne ce n’è una che non presenti contraddizioni o difetti. Insomma che non sia concepita secondo i gusti e per gli scopi di chi la propone.
Si potrà sospendere il giudizio sull’esistenza di una divinità (?), non su quella delle divinità conosciute.
sopra
Non ce n’è una….
L’ agnostico è un ateo pusillanime.
Questa battuta è vecchia. Prova con un’altra.
Viva la tolleranza, il tuo atteggiamento non è tanto differente da quello di tanti credenti. Io sono un chimico, sono agnostico e fortemente anticlericale, e non mi sento pusillanime. Misura bene le tue parole.
Problemi relazionali, pusillanimedream?
Se l’agnostico è un ateo pusillanime,
l’ateo è un agnostico inca77ato :).
@Dream
Spero che dream sia un troll.
“Nelle Ultimissime Uaar alcuni aficionados si scambiano di frequente amichevoli frecciatine sulla scelta personale di definirsi atei piuttosto che agnostici, e scomodano, a mio parere inutilmente, perfino la logica: quasi che con ineccepibili dimostrazioni si possa risolvere un grande non problema”
Siccome mi ritengo uno degli ‘aficionados’ di questo non-problema (Ajmar dixit), e siccome mi illudo di non essermi limitato alle frecciatine, amichevoli o meno, voglio solo ribadire un punto che qui non viene citato (evidentemente ritenuto un non-problema all’interno di un non-problema), e che ritengo invece tutt’altro che secondario, non puramente accademico, per ‘mamma uaar’.
E che, guarda caso, riguarda proprio ‘dio’, quel dio che – chissà perchè – compare nel termine a-teo. Ora, è evidente che pretendere di definire a cosa ci si riferisca veramente – e definitivamente – quando si tira in ballo dio, prima ancora della questione della sua esistenza o meno, è come voler definire il sesso degli angeli… ma l’ateismso ha una sua storia che va ben al di là delle definizione di questo ‘teo’, perchè semplicemente si è opposto, e si oppone a chi – comunque, quale che ne sia le definizione – questo ‘teo’ l’ha sempre evocato traendone conseguenze tutt’altro che accademiche. Cosa per altro più che spiegabile essendo dio, dovendo essere dio per un miscredente, una invenzione dovuta alla condizione umana che in questa figura proietta tutti i problemi che tale condizione comporta.
Ecco, ed è mia convinzione che, quando si parla di ‘dio’ proprio a questo si debba fare riferimento, cioè ad un ‘oggetto’ che, certamente è punto di riferimento quanto meno delle grandi religioni monoteistiche… per altro già in esse assumendo connotati diversi… ma che sta a significare – per il suo impatto storico – ben altro di una entità definita, ma il punto più alto della alienazione dell’uomo e l’origine di tante tragedie della storia. Alienazione però – questo per me è fondamentale, come dovrebbe esserlo anche per UAAR – che se trova nel dio delle religioni la sua espressione somma, resta tale anche al di fuori delle religioni storiche, positive, e si manifesta in mille altri modi che la sensibilità a-tea dovrebbe individuare e combattere. E per questo estendere – anche formalmente – la nozione di a-teo… da mantenere per il suo evocare le forme di alienazione più diffuse e pericolose… ben oltre le religioni vere e proprie.
In questo quadro la contrapposizione tra ateismo e agnosticismo, che – sono d’accordo – potrebbe tradursi in una sorta di disputa trinitaria, può essere vista come dovuta alla necessità di fissare nel modo più chiaro possibile a cosa, in quanto soci di una associazione come UAAR, ci si deve opporre. Agnosticismo, anche nella sua versione che praticamente conincide con ateismo, non rappresenta a mio parfere tutto ciò che invece può rappresentare ateismo. Non è cioè una questione puramente nominale.
Naturalmente si può essere o no d’accordo con tutto ciò, ma non mi pare, se posta in questi termini, che la disputa tra agnosticismo e ateismo sia inutile accademia.
Sì, il termine ateo ha una connotazione molto più forte, dal punto di vista storico della demonizzazione dei religiosi, rispetto a quello di agnostico, agnostico che, come abbiamo visto, trova maggior ‘comprensione’ nelle altre sfere.
Il termine ateo è stato invece sempre associato alla lotta radicale contro le religione e i religiosi demonizzano l’ateo, non l’agnostico, come immorale e via dicendo.
Sul resto: stavolta non ho nulla da dire nemmeno sull’ampliamento concettuale del termine ‘ateo’, perchè non lo dai per oggettivo (cosa che non hai mai fatto ma che spesso mi sembrava tale) ma per ragionato ampliamento del termine stesso da discutere.
Dimenticavo, Bruno, la domanda cruciale che volevo rivolgerti e che ti rivolgo per curiosità intellettuale riguardo alla tua concezione.
Posto per te che l’ateismo non può che essere anche critica dell’ideologia, uno che non crede in dio ma non arriva, come te, alla critica radicale dell’ideologia, può essere considerato secondo te anche lui un ateo?
@ Batrakos
Se ne è parlato più volte. E’ ovvio che ‘tecnicamente il termine ateo definisce in primissima battuta chi non crede in dio… ma se si considerano LE RAGIONI per cui si crede in dio (problema che a qualche ateo non interessa, che considera uno pseudo problema) non credo occorra molto… PER CHI RITIENE CHE DIO ALTRO NON SIA CHE UN SE’ ALIENATO, UNA PROIEZIONE IN ALTRO DA SE’ DI CIO’ CHE SI VORREBBE ESSERE, SOPRATTUTTO PER ESORCIZZARE LA PRECARIETA’ DELLA CONDIZIONE UMANA (concezione che a mio parere dovrebbe essere ovvia per un ateo… quale che sia il rilievo che poi ognuno intendende conferirgli)… non credo occorra molto, dicevo, per identificare questa alienazione anche al di fuori di quella specificamente religiosa. In primis nelle degenerazioni cui sono soggette le ideologie. E’ quindi dovuto proprio al non connotare dio come lo connotano le religioni a legittimare questo ampliamento/approfondimento, a permettere di attraccare il dio delle religioni alla radice. Così la penso.
Tutto ciò è accademia? Non mi sembra che utilizzare il blog anche per confrontarci e chiarirci tra atei… magari rischiando l’accademia, certamente… sia poi da snobbare per principio o da risolvere tutto con un “Scateniamoci, e poi facciamola finita”, come dice il nostro opinionista. Mentre è altrettanto importante in un blog come questo tenere sempre sotto tiro (e appoggiare le iniziative per contrastarlo) tutto quanto l’istituzione religiosa, con la connivenza della classe dirigente di questo paese e della gran parte della sua polazione, persegue per corrompere la socieà civile… ciò che a mio parere ha un nome ben preciso: anticlericalismo! Anche qui comunque e ovunque si manifesti, cioè identificando il clericalismo solo nel clero vero e proprio.
Refuso per refuso (sono un collezionista) ce n’è uno sopra che potrebbe anche essere non considerato tale, inserito in una frase che potrebbe avere un suo significato così com’è. Ho scritto “(…) permettere di attRaccare il dio delle religioni alla radice”, dove ‘attraccare’ è da leggere ovviamente ‘attaccare’. Però queste ‘religioni attraccate alle radici’… non suona male! (^_^)
Bruno.
Io ho capito, e la mia domanda voleva arrivare a questo: si deduce che tutti gli atei che siano fermi al primo step, la sola negazione di dio, dovrebbero fare un salto in avanti verso la critica dell’ideologia, mentre un agnostico su questioni metafisiche ma critico radicale dell’ideologia (cosa possibile) sarebbe maggiormente ateo dell’ateo classico che si ferma al primo step.
L’ateismo dunque non solo come problema metafisico ma primariamente come portato di critica sociale…non male, a me personalmente (entro i limiti su cui tante volte ci siamo confrontati e su cui non ritornerò) piace!
quoto: “la disputa tra agnosticismo e ateismo è inutile accademia.”
@ Bruno,
mi scuso se il tono “leggero” del mio contributo ti ha un po’ infastidito. Mi sembrava che prendere troppo sul serio certe dispute (“sono un problema”, Gualerzi dixit, o “un non problema”, Ajmar dixit?) ci portasse troppo indietro nei secoli. L’articolo voleva solo invitare a definire l’argomento, prima di parlarne, altrimenti la stessa parola può assumere significati molto diversi, e Babelizzarci, esperienza frequente nelle ultimissime.
Spero tu voglia scherzare! Infastidito o no, considero la tua ‘provocazione’ estremamente utile. Come del resto si può vedere dal dibattito suscitato.
Se si legge la critica del punto 2, quello del dio dei filosofi, verrebbe che dalle premesse dell’autore l’unico esito teoretico accettabile sia l’agnosticismo.
Perchè?
Innanzitutto -e sto, si badi bene, al dio della filosofia- il discorso sull’esistenza di dio è la risposta alla domanda sull’universo: se esso abbia un’origine, se si possa spiegare con se stesso o no.
Per cui, detto per inciso, il discorso per cui l’onere della prova spetta a chi afferma (in questo caso) è errato, perchè, essendo la domanda base quella sopra e l’introdurre o dio oppure la materia come principio sufficiente a se stessa una riposta a questa domanda, sia il deista che l’ateo affermano.
Ma se, come dice l’autore, si stabilisce che il nostro cervello è limitato sulle questioni ultime, non è più possibile alcuna disputa tra ateo e agnostico, in quanto la posizione più coerente rispetto alla proposizione dell’autore è, a rigor di logica, quella dell’agnostico che sospende il giudizio perchè ritiene impossibile arrivare a conclusione certa.
Premetto che io non so nemmeno se sono propriamente ateo o agnostico o che altro, nel senso che non credo in nessuna religione nè nei suoi costrutti, ma sulle questioni filosofiche ultime mi pongo sempre, se si fa filosofia e non catechismo mascherato da filosofia, con interesse e senza pregiudizi, e che dunque la mia non è una difesa dell’agnosticismo ma una deduzione dalla premesse dell’autore.
Non si può prendere posizione su qualcosa che non si può provare né smentire, conseguentemente alla radice del pensiero dei credenti sta la fede. Ora un agnostico per definizione non ha questo “dono” della fede per cui tecnicamente non crede, esattamente come un ateo, cambiando punto di vista l’ateo per definizione crede in ciò che vede e può essere indagato attraverso la ragione e se in mezzo alla strada vede un masso non dubiterà della sua esistenza anche se fermamente convinto che massi in mezzo alla strada non esistono e frenerà di conseguenza; ora poniamo per assurdo che un dio esista e il nostro ateo ne abbia esperienza al di là di ogni ragionevole dubbio, ne ammetterà l’esistenza esattamente come farebbe un agnostico. La differenza tra i due in realtà è assolutamente risibile. Da tenere comunque presente a mio parere (di ateo senza se e senza ma) è il fatto che il “nemico” non è il credente in se medesimo ma chi sfrutta la debolezza di chi non riesce a liberarsi di questa (a mio avviso) tara mentale per sfruttarla ed accumulare potere sotto ogni forma nonché imporsi come unico ed assoluto portatore di verità e qui mi riferisco a tutte le caste sacerdotali esistenti, a partire dal vaticano ovviamente. Concludendo il mio prolisso intervento, non ritengo abbia senso rinfacciare all’agnostico la scarsa determinazione della sua scelta (lo dico da ateo), si tratta di un percorso che si può compiere o meno compiutamente; non si tratta di affrontare i problemi del divino ma piuttosto quelli che qui a terra sono generati da chi questo divino amministra e su questo non penso ci sia da discutere. D’altronde parlare di dio equivale a parlare di aria fritta…
@El Topo
hai centrato la questione, mentre qui si aprono inutili dispute a-teologiche che evidentemente vogliono scimmiottare quelle teologiche. Tutto ciò è inutile e per quanto mi riguarda anche ridicolo e sconcertante perchè proveniente da sedicenti menti razionali e se qualcuno si sente offeso, affari suoi.
El Topo.
Concordo anche io.
Alfonso.
Non vedo in che modo un dibattito teorico interno, se fatto col dovuto rispetto reciproco (che in alcune uscite verso gli agnostici forse è mancato) possa spezzare l’unità di intenti. Anzi, io penso che potrebbe addirittura affinare ‘le armi della critica’ a noi stessi.
La lotta contro i privilegi della CCAR e delle religioni in genere oltre all’interesse per la diffusione cultura razionalista (o, se si vuole, più semplicemente razionale) dovrebbe essere ciò che ci accomuna e che mi pare essere tra gli scopi statutari dell’UAAR, e se la lotta concreta ai privilegi non è assolutamente inficiata da questa discussione, magari essa può servire proprio, nel piccolo di un blog, all’altro scopo statutario citato.
io sono logicamente agnostico e praticamente ateo
e l’essere sia ateo che agnostico non mi crea nessun problema (non capisco perché ne crei ad altri)
Siamo in due Roberto! 😉
Concordo su tutto! 😉
il mio agnosticismo mette sullo stesso piano l’esistenza dei vari dèi, di Babbo Natale, dei folletti dei boschi
penso sia più “duro” di forme di ateismo che mettono invece su piani diversi alcune entità di indimostrata esistenza (le divinità) rispetto ad altre (Babbo Natale e i folletti dei boschi)
Ma il punto è che nessuno si è mai sognato di rendere i folletti dei boschi enti di ragione, per cui la loro inesistenza è soltanto empirica, mentre quella della trinità è anche logica e argomentabile senza escursioni fra le fresche frasche.
Visto che sei anche su questo post, ne approfitto per chiederti scusa per aver completamente travisato un tuo commento nel post relativo all’ora di religione. E’ la vecchiaia…
Siamo in due… 🙂
L’agnostico è come quello che si dice non superstiizioso ma se un gatto nero gli attraversa la strada, tocca ferro “perchè non si sa mai”…
L’ateismo migliore a mio parere è quello pratico: non nego l’esistenza di dio tirando fuori la logica o cose del genere, semplicemente mi occupo soltanto di problemi pratici e quindi cose del genere non mi passano nemmeno per la testa.
L’uomo migliore è quello del tutto incapace di concepire il concetto di dio o di trascendenza in generale.
@Antonio
quoto 100%
Quoto Alfonso. Un agnostico è un credente che si vergogna di esserlo.
L’agnostico è un credente che si vergogna di esserlo.
L’agnostico è un ateo pusillanime.
Mettetevi d’accordo.
In effetti la posizione dell’agnostico mi pare un po’ singolare:
sospende il giudizio in attesa di cosa, che il maggiordomo di casa Lavazza
gli dica che è tutto vero?
È una risposta che non avranno mai.
Scusate, ma confondete l’agnostico con l’indeciso.
Sbagliate, semplicemente.
L’ateo non nega alcun dio che afferma se stesso,
ma altrui affermazioni vuote.
RASPUTIN, meglio evitare questi schematismi, che riducono la complessita` umana a veramente ben poca cosa.
Come detto in altri post, esistono tanti ateismi\agnosticismi quante sono le persone atee e agnostche.
Quanto all`esser agnostico, almeno x me, semplicemente non so se esiste o no un dio e ritengo impossibile stabilirlo empiricamente.
I termini ateo e agnostico principiano con una a privativa, e consentono il giochino del mio esaminatore prete all’esame di maturità (anni 60): senza dio, poverino, peggio che senza le scarpe! Agnostici=ignoranti lo siamo tutti, per fortuna; come faremmo in caso contrario a reggere il ns capo!
Il punto non è ovviamente sul modo di “denotare”, ma sui contenuti, per contrapporre gli uni agli altri a fini pratici; dunque la “identificazione” nel senso politico tra atei e agnostici ci stà e come, almeno finchè la loro dimensione e la loro influenza sociale è ridotta in relazione agli altri,quelli che si definiscono credenti.
Modo quest’ultimo, decisamente ridicolo di distinguersi; anch’ io credo che i neutrini abbisognino di un tunnel per potersi muovere; sono dunque un credente, magari in quota Tatanka (lo spirito del bisonte) ?
Certo che distinguersi in negativo, è senz’altro insufficiente. Personalmente mi penso come un animale privo di patologie a matrice teista ; nondimeno riconosco la esistenza degli dei nello stesso senso della esistenza (molto più utile) del triangolo equilatero; non sono mai riuscito a toccarne uno, anche se per anni sono stato convinto di averlo disegnato. Eppure c’è; può un agnostico negarlo ?
Una distinzione positiva mi è stata, forse, suggerita dalla mia nipote preferita, figlia di un comunista nel senso di Stalin. Quando le ho detto che mi ero sbattezzato e la invitavo a fare altrettanto, mi ha risposto: “ma io sono pura”. Io invece sono solo un “purificato”.
Viva dunque la unione di Atei e degli Agnostici (inclusi quelli non razionalisti), almeno finchè non salta fuori una denotazione in positivo, breve, convincente e inattaccabile.
Io, francamente, la posizione del “dirsi agnostico” non l’ho mai capita, su una cosa come il credere nell’esistenza di un dio/divinità: per me non ha senso la posizione del “nì”: o ci credi o non ci credi, punto.
Ho più l’impressione che esistano invece su categorie di “agnostici” in base a come argomentano e della loro visione della vita:
1) alcuni sono in realtà credenti in qualche cosa che non sanno però definire (ma pur sempre credono in un qualcosa di superiore), e non riconoscendosi nella definizione che danno le religioni di dio né nel loro conseguente proselitismo, si dicono piuttosto agnostici, per non esservi associati in alcun modo.
2) altri sono in realtà semplicemente atei che però rifiutano qualsiasi forma di attivismo, associazionismo o proselitismo ateo: sono atei miti, insomma.
Io non ho mai avuto di questi problemi, sono ateo perchè filosoficamente agnostico.
Un articolo intelligente, utile anche perchè, per una volta, si può dibattere su quello che “si è” senza dovere sempre definirsi “per differenza”, montalianamente, rispetto a ciò che “non siamo”.
Ma cosa “si è”?
Perchè dall’articolo sembra uscir fuori che tutti noi non credenti saremmo (“magari obtorto collo”) una sorta di panteisti post-pagani.
E dunque,la questione è tutta questa?…sostituire il dio antropomorfo della tradizione giudaico-cristiana con quello monistico del pensiero spinoziano/odifreddiano?
Io dico che l’ateismo ha una sua ragion d’essere solo se inquadrato in un’ottica antimonistica.
Francamente,piuttosto che credere in mostro omnicomprensivo (che sembra uscito dai peggiori incubi di George Lucas) preferirei farmi gesuita. 😀
Non mi pare che l’articolo dica niente del genere.
distinguere tra ateo e agnostico mi sembra particolarmente inutile dato che come dice anche ajmar nella vita pratica non fa una grande differenza. direi nessuna differenza. perchè invece non discutere di aggiungere un paio di A al nome dell’associazione? a me garberebbe davvero un sacco di più. 🙂
Posto che è verissimissimo (qua’ cevò), che esistono tanti ateismi e agnosticismi quanto le persone che si ritengono agnostiche/atee, ritengo una inutile perdita di tempo la dimostrazione dell’esistenza/inesistenza di dio tramite la ragione, cio’ che non si puo’ conoscere sul piano scientifico, ma e’ soltanto valido sul piano emotivo, non si puo’ assolutamente dimostrare, è indimostrabile.
Percio’ non concordo con l’ultima lettera dell’UAAR, o meglio, è valida solo nei confronti della chiesuccia cattolica che tanto ha osteggiato la ciesa cattolica, ma perde di significato nei confronti del problema/non preblemadio.
Non ci puo’ esssere una via razionale all’esistenza/inesistenza di dio.
L’ingegnere e scrittore (forse troppo trascurato dalla corrente ateistica italiana) Roberto Vacca ha detto una volta di aver trovato una prova matematica all’inesistenza di dio.
Boh, non ho molta fiducia in queste affermazioni.
Io, che sono agnostico, personalmente sono arrivato a capire che dio e’ un problema insolubile.
E’ una faccenda che riguarda piu’ che altro la sfera emotiva della persona, un po’ come l’amore e il coraggio, si tratta di Trovare emotivamente dio, o sempre emotivamente non trovarlo.
Lasciamo la razionalita’ alla risoluzione del debito pubblico italiano…….
bravo
La partita Atei vs agnostici e’ stata sospesa a causa di episodio dubbio che ancora deve essere chiarito. Il pallone, calciato da un giocatore della squadra degli agnostici infatti ha colpito la parte inferiore della traversa della squadra degli atei e dopo aver colpito il suolo e’ uscita dalla parte del campo da gioco. Per uno dei guardialinee (ateo) la palla e’ rimbalzata prima della linea di porta, quindi il gol non esiste. Per l’altro guardialinee (teista) e’ rimbalzata dentro, quindi il gol esiste. L’arbitro (agnostico) ha sospeso il giudizio, cosi’ e’ intervenuto il quarto uomo (cattolico) che ha detto: “chi mi offre di piu’, gli atei o gli agnostici?”.
Secondo me questa falsa dicotomia andrebbe superata per far posto al minimo comun denominatore dell’irreligione, cioè della non credenza, e della battaglia contro i tentacoli politici delle religioni, prima che contro la religione stessa (è questo il principio di laicità della società per il quale ci battiamo, scusatemi il pessimo gioco di parole).
Personalmente mi ritengo e mi definisco un apateista, ma non vedo come questo possa separarmi settariamente da un agnostico o un ateo “forte”. Spesso in queste questioni entra in gioco un italianissimo gusto della polemica fine a se stessa; fortunatamente le “frecciatine” non degenerano mai in scontri tra ultras delle diverse tifoserie, sarebbe una scena alquanto pietosa.
Ah, comunque ottimo articolo! Complimenti.
Hai ragione, anch’io vedo una bella separazione di discorso tra quella che è la speculazione teoretica e perchè anche storica del dato originario rivelato (cristo) e la fattuale pratica umana pastorale ti tipo istituzionale.
L’ateismo che amo è quello che dice “Dio non esiste” in compagnia dell’agnostico che ci aggiunge “Al massimo E’, ma non esiste”.
Allo stesso modo una cosa è la metafisica e un altra la fede nella politica di sti porci mangioni più che conservatori
Nell’articolo non ho letto un invito a schierarsi, ma solo un’esortazione a definire preliminarmente di che dio si parla, sia pure per negarlo o sospendere il giudizio. Diverso è parlare dell’acqua come rapporto chimico tra atomi di idrogeno e di ossigeno oppure come massa fluida di uno tsunami. Sempre acqua è, ma se un interlocutore si riferisca alla prima per descrivere una catastrofe, e viceversa, sorgono malintesi.
I famosi salti concettuali indebiti che talune concezioni d’analogia redimono e invogliano a mimetizzarsi nel quotidiano d’un modo di fare e pensare Fuzzy.
Tanto ormai anche il microprocessore a logica intuizionista esiste. 1 e 0, vero o falso, sembra non bastare più per ‘tutto’.
Qualcuno temeva i relativisti? E mò ci sn i quantistici pure ^^
In una discussione al bar tra ubriachi uno sosteneva che dio non esiste, l’altro che dio esiste e un altro loro amico che non voleva scontentare nessuno si rivolse ai due in questi termini: “tu hai ragione ma anche lui non ha torto”. Quest’ultimo era forse agnostico?
L’amico era sobrio?
Oddio, questa mi sembra tanto una versione alcolica di “It is raining but I don’t believe that it is raining”. 😀
Era ubriaco si in quanto dava ragione a entrambi, mentre, l’agnostico dovrebbe non sapere a chi dar ragione e basta.
che cazzata de fallacia..:)
Da “accapigliato” vorrei mettere anche io qualche considerazione sul tavolo. E le metto nel modo che forse è meno noioso, visto che Franco, come moltissimi dentro e fuori dell’UAAR, ritengono noiosa e inutile la disputa. Le butto lì, secche e brevi, come comandamenti. A voi l’ardua sentenza: sono cacchiate oppure no? Tenete per favore presente che sono basate in larga misura sulle trattazioni logiche di Popper(*) e sulle dichiarazioni di Russell(**), e riflettono la mia posizione al riguardo.
1. Ateismo e agnosticismo non sono affatto posizioni contrapposte. Casomai sono entrambe contrapposte alla religione, in quanto sia ateismo che agnosticismo, in modo differente, rifiutano il concetto di dio. Le definizioni date da dizionari e simili stanno strette sia all’agnosticismo che all’ateismo, e sono sempre inaccurate. Solamente una sana discussione può chiarire se e dove ci siano differenze, e finora queste differenze non sono mai state opposte.
2. L’ateo critica l’agnostico per via del fatto che questi non vuole decidere. L’agnostico critica l’ateo perchè questi in fondo fa un atto di fede. Ma non è che l’agnostico non voglia credere: non può proprio. E non è che l’ateo faccia un atto di fede: è sinceramente convinto di essere nel giusto sulla non-esistenza di dio. L’agnostico si appella alla logica ed alla scienza per giustificare ogni impossibilità oggettiva di sapere qualcosa su dio. L’ateo si appella al ragionamento soggettivo per giustificare una certa impossibilità per dio di esistere.
3. La scienza è agnostica, e non atea, in quanto, per semplice definizione epistemologica non può dimostrare nulla sul trascendentale e/o soprannaturale. E non può, logicamente. L’ateo dice invece che può. Ma si dimentica del fatto che dove la scienza arriva a dire la sua, non abbiamo mai un fenomeno soprannaturale.
4. Se sia l’ateo che l’agnostico rifiutassero ogni considerazione probabilistica sull’esistenza di dio o meno, le due posizioni sarebbero corrette e coinciderebbero. Non si possono fare considerazioni soggettive sulla probabilità. L’accusa dell’ateo verso l’agnostico di pensare alle due opzioni come 50%-50% potrebbe essere fondata in certi casi, ma l’agnostico non deve essere in grado, per coerenza logica, di fare valutazioni soggettive. L’accusa dell’agnostico verso l’ateo di pensare alle due opzioni come 100%-0% potrebbe essere fondata in certi casi, ma l’ateo non deve essere in grado, per coerenza logica, di fare valutazioni soggettive. Nessuno può fare valutazioni soggettive in matematica, e in matematica nessuno può valutare la probabilità dell’esistenza di dio.
4. Conclusione: se consideriamo una definizione di “agnostico” come “colui al quale non importa nulla di dio”, e come “ateo” semplicemente “senza dio”, allora le due posizioni possono addirittura coincidere. Completamente.
(*) Karl Popper, “Logica della scoperta scientifica”, Einaudi
(**) dibattito radiofonico tra Bertrand Russell e padre Copleston, BBC 1948
Forse ho frainteso il senso dell’articolo, ma mi pareva che volesse dire questo: prima di dichiararsi atei o agnostici, dobbiamo precisare di che dio parliamo, perché spesso si hanno punti di partenza diversi sulla sua definizione. La signora che esce di chiesa si riferisce ad un dio diverso da quello di Russell, e in mezzo ci sono tante nuances. E’ chiaro cosa significhi dichiararsi atei rispetto al dio cattolico, può risultare più oscuro dichiararsi atei rispetto a un principio. Quando abbiamo precisato di cosa intendiamo parlare, possiamo dichiararci in un modo o nell’altro. E vinca il migliore!
Esattamente:
<>
A livello esistenziale entrambi, di fatto, negano Dio. NON DI PRINCIPIO MA DI FATTO
La posizione ragionata è quella degli agnostici, per quante cazzate si possano aggiungere su “quello che ci sembra”… l’episteme della scienza determina una posizione di scetticismo che ha fondamenta agnostiche in tema di “oltre”.
Mi dispiace per il befano ma la categoria degli agnostici è quella + accademica. Il resto è ‘letteratura’
@ Giorgio Pozzo
Come giustamente Giorgio ci ha ricordato: 3. La scienza è agnostica, e non atea, in quanto, per semplice definizione epistemologica non può dimostrare nulla sul trascendentale e/o soprannaturale. E non può, logicamente. L’ateo dice invece che può. Ma si dimentica del fatto che dove la scienza arriva a dire la sua, non abbiamo mai un fenomeno soprannaturale.
Passetto avanti.
Certo, se iniziamo allora a discutere di alcuni dei particolari, significa che questi hanno degli attributi speciali, definiti in qualche livello di dettaglio. E, guarda caso, questi attributi speciali (i maliziosi non pensino a una voluta spiritosaggine) sono la base per la definizione di vari dogmi religiosi, molti dei quali illogici e contradditori in qualche modo.
Fateci caso: più uno si spreme le meningi per inventare attributi speciali per il suo dio, più la posizione epistemologica di fronte a questi diventa precisa: più un dio diventa da generico a particolare, più le contraddizioni logiche diventano evidenti e dimostrabili.
Ma, purtroppo, l’obiezione diventa sempre la stessa: essendo lui un essere trascendente, trascende anche la logica. Uno pari e palla al centro. La partita allora si deve vincere sul piano dell’anticlericalismo e del laicismo: queste discussioni “interne” non sono inutili, in quanto si allenano i neuroni che molti hanno messo in naftalina: semplicemente, non ci si deve fermare qui. Diciamo che se nel cortile dei gentili possono essere ammessi solo gli agnostici, allora bisogna capire quali “agnostici” intenda la CEI: temo che siano gli “indecisi” quelli ammissibili, e non gli agnostici nel senso puro di cui parlavo io.
bravo. Agnostici e non figurati di agnostici
Sarebbe carino se davvero qualcuno avesse il coraggio di affermare che sta trascendendo la logica. Ma non capita mai.
Ringrazio Franco Ajmar per il suo chiarissimo articolo !
NB. Potremo mai rispondere alle domande che da sempre ci poniamo :
« esiste un principio organizzatore del mondo?», oppure « perché c’è qualcosa piuttosto che niente ?» Per la natura, fuori di noi, trattasi d’energia oppure d’informazioni codificate che vengono scambiate ? Cosa viene prima : la biologia o la logica ?
Nessuna descrizione puo’ essere completa (poiché il numero di elementi e collegamenti che possono intervenire è illimitato). Questa incompletezza fondamentale la troviamo anche nella matematica, la fisica e biologia. Essa conduce a pensare -da buon razionalisti- che non ci puo’ essere una certezza assoluta !
Le relazioni causali esistono solo sottoforma di descrizione in termini di coscienza (spirito, mente), o in termini di corpo, ma non tra corpo e coscienza, sia in un modo che nell’altro, perché ancora una volta il corpo e la mente sono UNA SOLA COSA anche se descritta in modi diversi !
Quello che possiamo attualmente affermare, è che le esperienze psichiche (neurofenomenologia) non sono in grado di dimostrare che le persone abbiano una qualsiasi ombra o un qualsiasi potere spirituale al di là delle possibilità della materia inerte. I processi mentali degli animali (uomo compreso) assomigliano a quello che si aspetta da loro se l’anima, o qualsiasi altro componente immateriale, non esistesse…
Dio ? Non è neanche un’ipotesi, poiché un’ipotesi deve potere imperativamente essere testata ! Qui si naviga in piena metafisica…..
Ate e agnostici due calamità da estirpar.e
Cattolici clericali calamità da estirpare.
vedo che il germe dell’ignoranza non sono ancora riusciti a estirpartelo 😉
E’ arrivato quello che interviene senza nemmeno sapere di che cosa si stia parlando. Tornatene a fare tappezzeria, va’.
Non sarà facile…
Ripropongo la mia solita ‘interpretazione’ di ateismo (ribadita in questo stesso post discutendone con Batrakos) provando a schematizzare il percorso che ho seguito:
a – ‘a-teo’, è vidente, evoca dio per negarlo;
b – quale dio? In prima battuta il dio delle religioni;
c – perchè si crede in dio? Per esorcizzare la fatica, la paura, il nonsenso dell’esistenza;
d – questo cosa significa? Alienazione. E l’alienazione nel dio delle religioni è l’alienazione totale, quella che toglie ogni spazio ad autonomia di giudizio e di comportamento;
e – esistono altre forme di alienazione? Sì. Tutte le forme di identificazione in qualcosa o qualcuno che porta a rinunciare – parzialmente o integralmente – alla propria di identità. Alla propria capacità di giudizio e comportamento autonomo, non eterodiretto;
f – quali sono. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Comunque l’esempio classico è l’ideologia vissuta religiosamente, in modo totalizzante. Ma potrebbero essere anche la scienza o la filosofia vissute religiosamente. Ritornata drammaticamente d’attualità è poi è la marxiana alienazione del lavoro nella merce trasformata in feticcio;
g – ecco allora che a-teismo potrebbe significare il rifiuto di qualsiasi forma di alienazione, non solo di quella religiosa;
h – la quale alienazione religiosa però è il prototipo, il modello originario, che impronta di sè tutte le altre;
i – da qui l’estensione del concetto di ateismo a tutte le forme di alienazione. Ciò che l’agnosticismo, anche quando coincide di fatto con l’ateismo, non è in grado a mio parere di rappresentare.
(Personalmente ritengo poi che, concepito in questi termini, ateismo è sinonimo di anarchia, di libero pensiero… ma qui si aprirebbe un altro capitolo. In ogni caso è un UAAR impegnato a combattere ogni forma di alienazione che mi immagino)
Bruno,
per amor di discussione devo dire che non mi torna molto il tuo punto ‘i’.
L’agnostico sospende il giudizio sull’esistenza di qualsivoglia ente metafisico, ma in quanto tale rigetta le costruzioni religiose, assimilabili all’ideologia, altrimenti sarebbe un credente.
Dunque non capisco perchè a parer tuo un agnostico non può essere un critico del fideismo ideologico e quindi un ateo nel senso in cui lo intendi tu.
Nell’agnosticismo – ovviamente opinione personale – manca, è in ogni caso resta in secondo piano, quella dimensione di rifiuto proprio esistenziale… e anche viscerale… di ogni forma di alienazione propria dell’ateismo, della sua storia. E’ magari più critico, meno sbilanciato, ma – come qui altri hanno sottolineato – ‘ateismo’, anche perchè è molto più ‘popolare’ di agnosticismo, è più vitale.
In ogni caso l’ho inserito nel mio schema più che altro per riallacciarmi in qualche modo alla questione sollevata dalla provocazione di Ajmar, ma non ne costituisce un aspetto importante.
Bruno.
Sono d’acordo, come detto, sul portato storico del termine ateismo, molto più dirompente dell’agnosticismo.
Sul mancato rifiuto esistenziale e viscerale dell’alienazione nell’agnostico lo sono un po’ meno perchè comunque egli rifiuta di fatto la trascendenza quando dice di non poter esprimersi, a livello puramente teorico, su un ente metafisico, perchè il non esprimersi lo porta comunque, se si tratta di un agnostico definitivo e non di uno che ‘cerca la fede’, a una forma di ateismo pratico e quindi l’agnosticismo non lo aliena nella trascendenza, per cui l’agnostico può benissimo essere capace di rifiutare anche le alienazioni immanenti.
Ma, è vero, si tratta di una questione abbastanza secondaria del discorso per cui, anche nel caso la mia critica fosse sensata, il tuo ragionamento non viene inficiato da questo dettaglio.
l’agnostico è più razionale dell’ateo, l’agnostico ammette che non si puo’ con la mente arrivare all’inesistenza di Dio e questo è razionale. L’ateo pensa che si può arrivare con la ragione all’inesistenza, ma ciò è irrazionale.
CC
Ciò che dici sarebbe corretto se l’agnostico avesse una purché minima base materiale
su cui poggiare il suo dubbio.
Base che non aveva nemmeno il primo uomo che volle introdurre questo concetto.
E proprio perché non aveva un appoggio concreto parlò di dio. Se, per assurdo, avesse
avuto le corrette intuizioni scientifiche mai avrebbe immaginato le divinità.
Io, da ateo, non penso che si debba arrivare a dimostrare l’inesistenza degli dei tramite
la ragione, proprio perché affermarlo è irragionevole.
A questo punto il discorso prende una piega che lo porta a somigliare molto
al paradosso di Jordan: una affermazione che non afferma nulla.
Magari sarebbe più serio se la chiesa, visto che ci campa, desse delle risposte a questi
quesiti… ma qui usciamo dal reale e entriamo nel teologico…
Diocle,
che significa “base materiale su cui fondare un dubbio”? Agnosticismo non significa presenza di dubbio, ma assenza di conoscenza.
E’ totalmente diverso: come dicevo prima, abbiamo gli indecisi e gli agnostici, e sono differenti. Gli indecisi sono quelli che potrebbero venire ammessi nel Cortile. I veri agnostici non credo li vogliano.
Giorgio Pozzo,
intendo dire che l’agnostico deve avere un pur minimo appiglio per non poter
risolvere la sua sospensione del giudizio. Questo appiglio dovrebbe avere anche
una componente razionale, altrimenti sarebbe impossibile negare qualsiasi favola
inventata da chicchessia. Io questo appiglio non ce l’ho e, infatti, sono ateo.
È alquanto spericolato affermare che la posizione dell’agnostico è più vicina al
modo di procedere della scienza: la scienza non deve dare opinioni su cose che
non conosce, e per la verità, non da nemmeno opinioni su ciò che conosce perché
è superfluo. E a quanto pare dio non rientra nella scienza.
l’agnostico ritiene quindi che gli unicorni potrebbero esistere e non si puù arrivare alla dimostrazione della loro inesistenza con la ragione?
CC, se di fronte all’evidenza si preferisce rimanere in dubbio non si è affatto razionali.
– Ma può esistere un numero uguale a una frazione con denominatore zero? Aspetta che ci penso…
– Ma può esistere un numero variabile di dei eterni? Aspetta che ci penso…
– Ma può esistere qualcosa che sia insieme onnipotente e buono? Aspetta che ci penso…
Suvvia.
” Non pretendo di sapere su cosa molti uomini sono sicuri: questo significa agnosticismo.” Clarence Darrow
Essere sicuri di qualcosa significa aver fede in qualcosa: questo rifiuta l’agnosticismo.”
Giorgio Pozzo
My two cents.
La “disputa” tra atei e agnostici ricorda pericolosamente quanto di analogo esiste tra teologi. Invece di spendere tempo in questioni irresolvibili, dovremmo occuparci degli aspetti pratici della religione usata come strumento di oppressione politica. Capisco che la questione possa turbare gli animi di quanti si riconoscono nell’UAAR in quanto struttura aploitica e apartitica (in realtà, é il motivo per cui non riesco a immaginarmi come associato… la politica, intesa come oppressione anche nella cosiddetta “democrazia”, e la religione vanno a braccetto sin dalle origini), però è evidente che esiste un legame nitido tra sinistre estreme e anarchia da un lato e ateismo/agnosticimo dall’altro, mentre tale legame sembra molto più labile quando si parla di destre e liberali. Non vedo tutta questa “trasversalità” dell’asse non credente in rapporto allo schieramento politico.
Arthur,
l’UAAR è apartitica, ma NON apolitica. Nel senso che la politica comprende anche delle battaglie civili che sono laiche, e devono quindi essere sostenute nel campo politico.
L’UAAR è apartitica nel senso che prescinde da schieramenti partitici, cioè non si schiera a favore di alcun partito, e non ne sostiene alcuno. Diversamente, l’UAAR dichiara apertamente il dissenso con alcuni partiti o associazioni politiche che siano antidemocratiche per definizione propria.
Arthur, forse ti sei perso le campagne contro i privilegi della Chiesa cattolica, ultima quella sui costi della Chiesa. Per favore, citami un’altra associazione che abbia fatto altrettanto, con i limitatissimi mezzi disponibili. Se questa non è politica!
Io sono ateo rispetto agli dei di tutte le religioni.
Sono agnostico rispetto ad eventuali entità soprannaturali che potrebbero esistere, ma delle quali non abbiamo alcuna esperienza sensoriale (semmai la avremo).
E’ buffo, lasciatemelo dire, come molti affermino che la discussione sulle differenze tra ateismo e agnosticismo siano inutili, salvo poi appioppare delle caratteristiche errate all’agnosticismo, confondendolo con indecisione, religiosità inconsapevole, e chi più ne ha più ne metta.
Se la discussione verte principalmente ad una “difesa” dell’agnosticismo verso errate considerazioni e caratteristiche che non gli appartengono per nulla, beh, allora non mi sembra affatto inutile.
Nel mio piccolo, per evitare l’equivoca distinzione tra “agnostico” e ateo”, preferisco usare la parola “ateista” e definirmi tale.
Penso che il termine “ateista” coniughi bene l’approccio logico dell’agnostico e l’approccio pratico dell’ateo, identificando colui il quale, a prescindere dal problema della esistenza o meno di una superiore entità soprannaturale, è convinto che occorre pensare e vivere come se tale improbabile entità esistesse.
Profondo quesito filosofico: che cosa è utile, che cosa è inutile?
Sto scherzando, non ho intenzione di affrontare la categoria dell’utilità… ma c’è da esserne tentati visto che con un pò troppa disinvoltura si definisce come inutile ciò che non garba e utile ciò che interessa.
Come sempre, per non scadere nel relativismo più ‘inutile’ (non quello che turba i sonni di B16), occorre fissare qualche punto di riferimento (come credo fosse il senso della ‘provocazione’ di Ajmar… che per quanto mi riguarda mi ha sicuramente ‘provocato’).
Il punto di riferimento, quando si parla di ateismo e/o di agnosticismo (che, comunque li si rivolti, riguardano o no questioni esistenziali?), è per me il solito: sono i quesiti esistenziali che pone la condizioine umana. Quella per cui c’è un essere vivente che l’evoluzione, comunque intesa, ha fornito – vallo a sapere il perchè – della consapevolezza della precarietà dell’esistenza del singolo individuo. Cioè di ognuno di noi.
Bene, a mio parere le religioni, tutte, formalizzate o meno che siano, sono una reazione a questa consapevolezza… ma una reazione sbagliata ad un’esigenza reale, biologica, quella di preservare il più possibile la vita singola come modo per preservare la vita della specie. Magari (ecco le religioni) da preservare, questa vita – sia pure nei modi più svariati, spesso fantasiosi – anche dopo il dissolversi del corpo… (Sto tagliando con l’accetta, lo so, ma un qualche paletto, reale o immaginario, bisogna pur fissarlo per dare un senso a ciò che si dice).
Cosa hanno a che fare ateismo e/o agnosticismo con tutto questo? Bè, intanto si parla di religione, o no?, e, piaccia o non piaccia si parla di dio. Esiste non esiste? Problema, non problema? A me sembra impossibile negarlo come problema… se mai, sono le soluzioni che possono divergere anche radicalmente, e che possono andare dalla rimozione del problema (che non significa che non esiste), alla soluzione ritenuta definitiva, categorica. In mezzo ci sta tutto… comunque quasi tutto ciò che sta improntando i nostri commenti. Utili, inutili?
Se li si mette in relazione ad una associazione, uaar, cui in questo blog bene o male si fa riferimento… più ancora che utile, lo ritengo necessario.
A questo punto, dovrei entrare nel merito… ma credo di aver già espresso in tutte le salse la mia posizione. Solo un ulteriore richiamo ad essa: per me fondamentale, da porre in primo piano, è partire dalle ragioni per cui si crede in dio… ma non tanto per definire se esiste o non esiste (problemi reali, ma a mio parere non prioritari), quanto per prendere in esame queste ‘ragioni’, analizzarle, infine giudicarle con riferimento (e così torno da dove ho cominciato) alla condizione umana. Il tutto, adottando questa prospettiva, ruota a mio parare intorno al concetto di alienazione.
Giusto, sbagliato? Ognuno giudicherà come meglio ritiene, ovviamente… ma non credo sia inutile parlarne, così o in altro modo.
Buona giornata
come passatempo ho avviato una personale ricerca sulla bestemmia finale…
deve comprendere tutti gli dei possibili (questo per evitare odiose discriminazioni) e durare il tempo di un pugno sul tavolo (questo per praticità d’uso)…
al momento il miglio candidato che ho prodotto è “dei di m…a”
qualcuno vuole partecipare?
Come bestemmia da ‘pugno sul tavolo’ è difficile troavare qualcosa di meglio (di più liberatorio, come dovrebbe essere ogni bestemmia doc) della tua. Come imprecazione più ‘allusiva’, potrebbe andar bene “Ma andate tutti all’inferno una buona volta!”
Permettimi di dissentire, personalmente amo la bestemmia lunga ed articolata, la considero una forma d’arte, è a mio avviso una risorsa culturale. Intendo scrivere un’ode alla bestemmia, ragionata e il più completa possibile, non mancherò comunque di inserirvi la bella sintesi da te postata, per quanto il mio animo contadino si ribelli a veder associato il nobile materiale uso a concimar la terra a quelle altre entità…
Ode a Mosconi e al mona che sbatte la porta ed esce urlando! 🙂
Flaccido,
non è che attribuendogli la consistenza della m…a, contemporaneamente gli attribuisci
una patente di realtà?
Beh in campo cattolico i toscani non li batte nessuno col loro:
“O porha M damigiana con tutti santi dentro e D per tappo!”
L’ho sentita anni fà a prato.
Io mi definisco agnostico, perché ritengo impossibile dimostrare l’esistenza o la non esistenza dio. Il fatto di avere molti dubbi la considero una forza non una debolezza. “Debole” è chi si nasconde dietro dei pacchetti preconfezionati tuttocompreso religione/ateismo che danno risposte certe e magari semplificano la vita. Ricordatevi che da chi non professa certezze difficilmente riceverete del male. Chi ha dubbi non potrà mai essere totalitario ed oppressore.
Piacere Stefano, non credente.
Funziona anche con l’omeopatia e l’astrologia, non solo con le religioni.
Se la metti su questo piano dirò di più, funziona anche con la moviola! Ma scusa, che cavolo c’entra il paragone con l’omeopatia e l’astrologia che si “atteggiano” a scienze con quello che ho detto prima? Forse mi sono spiegato male. O forse hai voglia ti prendermi per il c**o?
Avessi voluto rispondere a te l’avrei fatto usando l’apposito tasto rispondi.
Il piacere è mio, sono pienamente d’accordo.
Allora chiedo scusa.
Come vedi, non sono tanto avvezzo all’utilizzo dei blog…
No problem.
Se per ‘avere fede’ si intende credere che esista un essere con alcune proprietà più o meno ben definite da filosofi e/o teologi probabilmente la posizione degli agnostici è la più ragionevole.
Se invece si intende ‘avere fiducia’, ‘fidarsi’ allora il riferimento è ad un rapporto con una persona esistente, cioè un rapporto affettivo.
In questo sanso la scelta dell’agnostico è un non-senso. O si prova a fidarsi o non ci si prova.
Brevemente. Siccome la credenza è una soprastruttura, io che non credo non ho bisogno di definirmi. Io sono e penso. Chi crede dice di essere x o y per dire di far parte di un culto. Se per risposta devo dire che io non credo, allora Ateo o Agnostico si equivalgono. Solo che per il credente l’ateo dice “io non ho un dio” l’Agnostico dice “io non lo so” e questo lascia aperte speranze di conversione al credente e il quieto vivere all’ignavostico che si tiene alla larga dalla discussione. Quindi io sono agnostico quando non mi va di discutere e Ateo quando si tratta di affermare il mio punto di vista in opposizione a quello di un credente in qualche cosa. Di fondo io Sono e gli altri aggiungono qualche cosa che ai miei occhi li dequalifica dalla schiera degli interlocutori che mi piacciono, visto che non dimostrano quello in cui mi vorrebbero far credere ma si arrabbiano se i loro goffi tentativi mi sembrano patetici o ridicoli.
Non credo in nessuna religione, nessuna delle spiegazioni sull’estistenza di una divinità mi ha convinta, non credo un dio o una dea, eppure di solito mi dico agnostica, perché, per onestà intellettuale, lascio spazio a ciò che ritengo praticamente impossibile.
Come dire? Sono un’atea col senso dell’incredibile.