Niente soldi, niente sacramenti: i servizi si pagano, sostiene la Chiesa cattolica tedesca

Abbiamo sempre sostenuto che le confessioni religiose debbano essere sovvenzionate esclusivamente dai loro fedeli. La decisione della Chiesa cattolica tedesca afferma ora qualcosa di diverso: non sei un fedele se non sostieni la tua chiesa, e non puoi quindi pretendere i suoi servizi sacramentali. Le comunità di fede non dovrebbero avere alcun interesse a promuovere l’ipocrisia, se ci tengono alla credibilità: non promuoverla segna dunque un buon punto di partenza.

Da alcuni giorni ne danno notizia i giornali tedeschi (come Die Welt e il Frankfurter Allgemeine Zeitung) ed è rimbalzata su Il Fatto Quotidiano. In Germania c’è una tassa di religione, un’imposta sul reddito denominata Kirchensteuer che sono tenuti a versare tutti coloro che risulta fanno parte di una chiesa. Per non versarla più, occorre fare richiesta agli uffici pubblici, segnalando di essere usciti dalla confessione in questione.

Visto l’avanzare della secolarizzazione anche in Germania, sempre più persone non credenti o che semplicemente non si riconoscono più nella Chiesa cattolica (o nelle Chiese protestanti) ottengono l’esenzione. Si parla ormai di centomila defezioni in media ogni anno, da ormai due decenni. Il risultato è che i “senza religione” sono già maggioranza relativa. E presto potrebbero essere anche maggioranza assoluta.

Per tentare di arginare l’emorragia di coloro che formalmente si dichiarano fedeli, nonché di denaro, la Conferenza episcopale tedesca ha quindi deciso di correre ai ripari. Con un decreto che ha ricevuto l’approvazione del Vaticano. Non sorprende di certo che la Chiesa cattolica sia particolarmente attaccata al denaro e alle sue proprietà, nonostante i proclami sulla povertà. E nemmeno che pretenda di esercitare l’autorità sul suo gregge, anche chiedendo un sostanzioso obolo. D’altronde, come ebbe a dire anche uno che se ne intendeva, il cardinale Paul Marcinkus, “non si può governare la Chiesa con le Ave Maria”.

I cattolici vengono messi di fronte ad una scelta che ne impegna la coerenza. Chi otterrà l’esenzione dalla tassa di religione non avrà la possibilità di accedere ai sacramenti. Una posizione dura ma anche in linea con la natura stessa della Chiesa, che si erge ad autorità morale e che decide in base a criteri propri l’entrata e l’uscita dei fedeli. In pratica, la formale apostasia – opportunistica o meno – viene ripagata con la scomunica, come d’altronde prescrive il diritto canonico. Secondo il decreto dei vescovi infatti, la “dichiarazione di abbandono della Chiesa davanti a funzionari dell’anagrafe civile” è “un atto pubblico di volontaria e intenzionale presa di distanza”, per questo “costituisce grave colpa verso la comunità ecclesiastica”.

La stretta crea malumori tra i cattolici meno ligi alle direttive clericali. Come il teologo Hartmut Zapp, che ha chiesto l’esenzione dall’imposta ma non ritiene di poter essere escluso dalla comunità cristiana. Si era rivolto alla giustizia civile tedesca, che però ha concluso che la questione è interna alla Chiesa.

Quindi chi non paga l’odierna ‘decima’ in Germania, non potrà ricevere comunione, cresima, confessarsi, fare da padrino o madrina per i battesimi, avere un funerale religioso o entrare in organizzazioni religiose. Per potersi sposare con matrimonio religioso servirà una speciale autorizzazione del vescovo e il non cattolico dovrà mostrare rispetto per la fede e promettere di educare i figli secondo i precetti della Chiesa. Effetti simili a quelli per chi richiede lo sbattezzo da noi, sebbene questo non sia legato alle tasse.

In Italia infatti vige il sistema dell’otto per mille, il cui meccanismo basato sulla ripartizione delle scelte non espresse favorisce la Chiesa cattolica. Anche per l’assenza di informazione e di alternative presentate. Come associazione proponiamo, se proprio non si può o vuole abolire il finanziamento pubblico alle religione, di prendere al limite in considerazione un sistema come quello tedesco. Dove chi si riconosce ufficialmente in una religione contribuisce a sostenerla economicamente, senza drenare il denaro di chi non è interessato.

Abbiamo però poche speranze che sarà mai introdotta in Italia. Conosciamo tutti quanto profonda è la fede della maggioranza degli italiani: si avrebbe molto probabilmente un’apostasia di massa. Ma mai dire mai. Ci chiediamo se il cardinale Bagnasco abbia però il coraggio di proporne l’introduzione al governo, dato che l’esecutivo in maniera così solerte ascolta la sua voce.

La redazione

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