Nuova recensione sul sito: “Il manoscritto” di Stephen Greenblatt

Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il volume è Il manoscritto. Come la riscoperta di un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, di Stephen Greenblatt. Recensione a cura di Raffaele Carcano.

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La redazione

79 commenti

stefano marullo

Molto interessante. Recensione molto carcaniana, una garanzia. A proposito di “pensiero perduto” il 31 ottobre prossimo a Padova organizziamo una conferenza su Porfirio di Tiro. Tenete d’occhio la sezione Appuntamenti UAAR.

Florenskij

– Giuliano, l’imperatore neopagano “STRANAMENTE” interdisse i libri degli Epicurei? Non condivido affatto l’avverbio. La cultura della classe dirigente dell’Impero Romano era intrisa di platonismo, una filosofia che contemperava misticismo e matematicismo-geometrismo di origine pitagorica. Anche il sistema di idee di Ipazia era molto probabilmente orientato in questo senso: non cristiana ma mistica “razionalista” ( e pianta dall’allievo cristiano poi vescovo Sinesio ). L’asso nella manica del Cristianesimo, che gli consentì di inserirsi in un trend crescente, prima ancora di essere adottato come religione di stato da Costantino, con i relativi privilegi ( anzi, probabilmente adottato proprio per quel motico ), fu la sua capacità di contemperare platonismo “celeste” idealizzante e adesione alla realtà quotidiana attraverso la figura di Gesù, operante sulla terra e disposto a soffrire atrocemente per condividere la sofferenza degli uomini. Un mix che funzionava: insieme religione popolare e religione delle classi colte. Due esempi fra tutti: le dame romane amiche di san Gerolamo e sant’Ambrogio, che in pochoissimo tempo si riciclò da governatore di Milano ad arcivescovo e grande, solidissimo scrittore religioso. Un fenomeno analogo nel secolo scorso: il PCI, isieme partito del popolo e degli intellettuali ( appunto come Napolitano, nato in una grande famiglia di avvocati ).

– Tra le malefatte della retromarcia cristiana ci fu anche l’abolizione dei giochi gladiatorii. Era meglio lo spettacolo festivo di decine o anche centinaia di uomini intente a scannarsi ? Su questo vedasi la battaglia navale inscenata su ordine di Claudio per inaugurare il primo tentavivo di prosciugamento del Fucino.

. Con un minimo di senso storico ci vuol poco a comprendere che l’Epicureismo non poteva diffondersi fra le masse durante l’antichità e il Medioevo per motivi struttirali: l’economia prevalentemente agricola richiedeva masse di lavoratori manuali, che ben poca consolazione avrebbero potuto ottenere dalla filosofia del “goditi la vita e non pensare alla morte”; caso mai da religioni che promettevano il riscatto di una vita felice dopo la morte. E’ di Nietzsche l’affermazione che il Cristianesimo era la religione dei poveretti ( i “ciardana” ). L’Epicureismo piuttosto circolava limitatamente e quasi nell’ombra fra alcuni ristretti gruppi della classe elevata con alto tenore di vita ( nel genere Ponzio Pilato: “Che cos’è la verità”?). La più importante biblioteca epicurea è stata trovata a Ercolano, nella villa del console Pisone, in quella che era la costa dei ricconi. Nell’epoca moderna epicurei erano i “libertini”, ricchi signori del genere di don Rodrigo, del conte Attilio, di don Giovanni. I tipi alla Renzo Tramaglino sentivano il bisogno di una religione.
L’Epicureismo si diffonde fra le classi dirigenti dell’Europa del ‘700 in corrispondenza con l’inizio dell’era industriale, con il reperimento di nuove fonti di energia.
-Ho letto da qualche parte che Cicerone sarebbe stato non solamente l’editore, bensì l’autore del “De rerum natura”: il che confermerebbe l’assunto della convenienza del messaggio ateistico per i giovani libertini di allora, e della sconvenienza per le classi dirigenti in quanto dirigenti e bisognose di un “instrumentum regni”. Cicerone in età matura fece nelle sue opere una sintesi elegantemente divulgativa delle idee religiose utili allo Stato.
-Che Lucrezio sia impazzito e si sia suicidato sarà anche una balla; però è noto il caso di giovani intellettuali lucidissimi e suicidi come Carlo Michelstaedter all’inizio del ‘900. C’è poi da dire che quanto a “messaggio pacificante” è tutto da discutere: il poema si conclude con lo spettacolo della peste di atene, con orrori non inferiori a quelli della peste manzoniana. Come senso di appagamento non c’è male davvero.
-L’ateismo di massa con i suoi effetti di individualismo e di deregulation dell’istituto familiare può reggere solo finchè regge lo stato sociale, che oggi è in crisi perchè costa troppo. Se volete risparmiate pure tutto quello che è rosicato dalla CCAR, senza pensare ai servizi che la medesima offre, ma questo non toglierà la necessità di stringere la cinghia e di rinsaldare in rapporti con i familiari.

fab

D’accordo quasi con tutto (sarai mica diventato comunista, con quei richiami a struttura e sovrastruttura?), ma alla fine non ci siamo mica troppo: lo stato sociale costa troppo soltanto se si permette alle classi dominanti di dare libero sfogo alla loro avidità, che è quello che sta capitando ora. Ricordo che i conti della previdenza sarebbero a posto con richieste molto meno aggressive delle attuali, se soltanto gli enti previdenziali facessero soltanto gli enti previdenziali e non le vacche da mungere di nascosto.

Gianluca

Florenskji,

La considero troppo intelligente per credere davvero ad una frase come questa:

“…tutto quello che è rosicato dalla CCAR, senza pensare ai servizi che la medesima offre”

Ma quali servizi offre? Dei miliardi e miliardi che le arrivano intasca forse il 90% e usa il restante 10… e secondo lei offre servizi?

Ma mi faccia il piacere.

Luis

@Florenskij
Molto interessante il suo commento, ne condivido molti tratti.
Trovo solo un pò semplicistica l’affermazione secondo la quale la religione (nella fattispecie quella cristiana) abbia avuto successo solo per la sua promessa di riscatto per le vite di fatiche e stenti. Gesù col suo messaggio conquistò non solo umili pescatori, ma anche illustri componenti del Sinedrio. Non solo la plebe greco-romana accolse il cristianesimo, ma anche borghesia e patrizi, fino alla stessa famiglia imperiale di Domiziano.

Un saluto.

RobertoV

L’asso nella manica del cristianesimo fu che aveva una buona organizzazione territoriale centralista e verticistica (coi vescovi), simile a quella militare, e che aveva capito che bisognava puntare al cuore dell’impero per impossessarsene. Unificare le religioni pagane era invece molto più difficile perché troppo frammentate. Nella civiltà antica conquistare la capitale significava conquistare l’impero e una buona organizzazione dava un vantaggio enorme, basta vedere quello che riuscirono a fare i romani.
Inoltre l’impero romano era un impero di città, quindi controllare le città significava dominare il territorio anche se solo il 10% della popolazione viveva nelle città, ma il resto era sparso su un vasto territorio ed era disorganizzato, non in grado di opporre resistenza. In effetti gli storici parlano di una “presunta” maggioranza di cristiani nelle città dell’Asia Minore (cosa di cui dubito perché non è nella natura umana andare spontaneamente a maggioranza verso il pensiero unico).
Guardando la distribuzione della diffusione del cristianesimo si vede come abbia puntato subito al centro dell’impero, a Roma. Dai vari studi si stima che quando prese il potere il cristianesimo aveva una diffusione di solo il 5-10% tra la popolazione dell’impero romano, ma da subito (e stento a credere che non fosse così anche prima) si pose il problema di far fuori gli altri. Quindi aggressività, intolleranza, repressione ed organizzazione furono il segreto del suo successo contro la frammentazione pagana (e contro altri cristiani delle correnti perdenti), . Ma evidentemente l’evangelizzazione non andava come volevano perché dopo pochi decenni ebbero bisogno di leggi speciali per ottenerla, cioè avevano bisogno di una cristianizzazione operata dall’alto. Inoltre capirono che per ottenere l’evangelizzazione dovevano puntare ai vertici: una volta convertiti loro il popolo veniva convertito per legge.
Nonostante ciò vedremo che avrà grossi problemi ad evangelizzare le campagne sia per la difficoltà di controllare e raggiungere le persone su un vasto territorio, sia per il maggior tradizionalismo dei contadini e montanari più legati alla terra ed ai suoi culti. E risolverà solo dopo secoli questo problema inglobando e rielaborando i loro culti con un “paganesimo” cattolico (ed in altre realtà animistico). Quello che si osserverà storicamente è che dove arriverà con le armi il cristianesimo riuscirà a diffondersi, mentre con la sola predicazione i risultati saranno deludenti.
Ed in effetti storicamente non si è mai visto che una religione ha raggiunto la maggioranza della popolazione senza l’aiuto del potere: non è nella natura umana il pensiero unico che può essere solamente imposto, ma la frammentazione.
E con le armi dovrà anche mantenere il cristianesimo unito, contro ariani, eretici e vari protestantesimi, cioè contro forze frammentatrici che avrebbero colpito anche la religione cattolica senza l’assoluto controllo centrale.

RobertoV

“senza pensare ai servizi che essa offre”. E’ importante pensarci e fare i conti per scoprire quanto anche questa costi e quanto abbia fruttato l’investimento alla chiesa. Se per avere 20 devo pagare 100 è sicuramente più efficiente lo stato. Anzi ottenere effettivamente 20 dalla chiesa sarebbe già un successo.
Una pseudo-onlus diventata ricchissima con la retorica dell’aiuto ai bisognosi.
Il prete Farinella dice che la chiesa dovrebbe vendere le proprie ricchezze per aiutare i poveri, non accumularle.

RobertoV

Riguardo ai giochi gladiatori mi risulta che non fossero così cruenti come la tradizione cristiana li dipingeva (cristiani che fecero abolire anche le tranquille olimpiadi), perché addestrare un gladiatore aveva un costo elevato e, quindi, perderne troppi sarebbe stato un elevato danno economico. Molti massacri furono dovuti ad esecuzioni pubbliche.
Anche in epoca cristiana le esecuzioni saranno spettacoli pubblici perché dovevano terrorizzare la popolazione, così come torture ed esibizioni di macabri trofei. Mi pare che solo dal XIX secolo perderasnno l’aspetto pubblico.
Inoltre i vari tornei medievali erano delle vere battaglie con parecchi morti, giochi quindi molto violenti anche se con un loro cerimoniale.

Florenskij

@Luis. E’ appunto quello che volevo dire: già nella cerchia di Gesù c’erano insieme “umili” lavoratori ( in realtà per lo più piccoli borghesi ) e personaggi della classe agiata, come Lazzaro e sorelle, Giuseppe D’Arimatea, una delle “pie donne” che in realtà era imparentata con l’amministratore del re Erode Antipa ( non ricordo se moglie o altro ). Il Cristianesimo dei primi secoli seppe rispondere tanto alle istanze degli umili, quanto a quelle di personaggi del ceto superiore: la “religione popolare” del Crocifisso e l’alta cultura ( come già in Paolo di Tarso ). lo stesso per san Francesco: tra i suoi fedeli c’erano il cardinale ugolino dei conti di segni ( futuro papa Gregorio IX ) e la nobildonna romana Jacopa de’ Settesoli. Del resto lui stesso aceva tendenze aristocratiche perchè figlio di una dama d’oltralpe ( Madonna Pica ).
Del resto… anche i ricchi piangono.

Francesco

Per Luis e Florenskij.

Le vostre opinioni sul cristianesimo non mi meravigliano, se non riteste il cristianesimo una religione per snob, voi non ne fareste parte.

luis

@Florenskij
Bene, allora siamo d’accordo. Sulla scorta di tale cosapevolezza penso che il successo “trasversale” del cristianesimo non sia dipeso solo dall’esigenza di riscatto delle fasce rurali e piu’ povere della popolazione, quanto piuttosto dalla capacita’ del messaggio cristiano di rispondere efficacemente alle domande esistenziali dell’uomo.

Francesco

Il successo del cristianesimo è dovuto dal fatto: che da una religione di fanatici si sia trasformata in una religione di bigotti, tu e Florenskij ne siete la dimostrazione. 😆

luis

@ Francesco.
Ognuno ha la cultura che riesce a darsi. Evidentemente lei possiede solo quella dell’invettiva.

Francesco

Per luis.

Invettiva? Ho il dono del crudo realismo invece, altro che invettiva.

Francesco

Pe luis.
Perchè , essendo tu e Florenskij dei venditori di fumo, non riuscite ad accettare che si possa argomentare con poche parole.
Rileggiti il mio commento e vedi che sintentizza il motivo dell’affermarsi della religione cristiana tra i vari livelli sociali. All’inizio, quando dovevi dare tutto quello che avevi ai poveri e startene come un pirla ad aspettare il ritorno di Gesù, solo pochi fanatici potevano farne parte; con il tempo, quando si è slavato (e travisato) il messaggio di Gesù (meglio dire il messaggio di coloro che lo attribuiscono a lui) e farne parte non era così oneroso, il cristianesimo è diventato una religione per le masse: sia per i ricchi, che potevano farne parte mantenendo i loro privilegi, sia per i poveri che non avevano niente da perdere ma venivano illusi con la promessa di una vita migliore dopo la morte.

luis

@Francesco
Conosce molto poco la storia del cristianesimo. Dopo pochi anni dalla morte di Gesu’, 15-20 anni, in tutto il mediterraneo orientale, fino a Roma, c’ erano comunita’ cristiane gia’ formate. E’ quindi falso parlare solo di pochi fanatici. Addirittura prima della fine del primo secolo il cristianesimo era addirittura penetrato nella famiglia imperiale. Secondo lei come si spiega il fatto che gente ricca e potente arrivi a rischiare la morte per farsi cristiana?

Francesco

Dopo pochi anni dalla morte di Gesu’, 15-20 anni, in tutto il mediterraneo orientale, fino a Roma, c’ erano comunita’ cristiane gia’ formate.

Intanto, luis dovresti portare le fonti per avvalorare quello che dici.

Ma….. Facendo finta che quello che dici sia vero, molto probabilmente il cristianesimo (ispirato magari a qualche personaggio realmente esistito) esisteva prima dell’invenzione del personaggio di Gesù (quello dei Vangeli, non quello storico). Per cui esistevano già comunità cristiane prima dell’invenzione di questo personaggio mitologico, che si è inserito dopo.
Questo spiegherebbe la diffusione del cristianesimo primordiale, quasi indistinto dal Giudaismo, ma inizialmente diverso dal cristianesimo ispirato a Gesù, che aveva avuto poco tempo per espandersi e anche la presenza di cristiani nella famiglia imperiale. Ipotesi molto più probabile la mia, visto che stranamente nei luoghi dove avrebbe predicato Gesù e dove sarebbe morto e poi resuscitato, la maggior parte della popolazione se ne sia fregata altamente, mentre avrebbe spinto (come dici tu, ma la realtà è che la maggior parte dei cristiani di fronte alla prime persecuzioni abiurarono) in zone lontane agli eventi miracolosi persone ad affrontare la morte, perchè è molto più facile bidonare chi non c’era da chi c’era e conosceva come si sono svolti veramente i fatti.

luis

@Francesco
Le lettere di Paolo, scritte attorno agli anni 50, testimoniano la precoce presenza di tali comunita’ cristiane. In queste lettere troviamo lo stesso annuncio dei vangeli. Supporre di un cristianesimo addirittura precedente e’ ridicolo.

Il cristianesimo si diffuse anche in palestina, ma certamente in misura minore per via delle persecuzioni operate dalle autorita’ giudaiche. Tali persecuzioni confermano il racconto dei vangeli secondo i quali Gesu’ fu condannato per eresia e bestemmia.

Il primo nucleo di ogni comunita’ cristiana fu ebraico, gli ebrei della diaspora sempre in contatto con la mdrepatria, quindi in grado di sapere se la storia di Gesu’ fosse stata falsa.

Francesco

Per luis.

“Le lettere di Paolo, scritte attorno agli anni 50, testimoniano la precoce presenza di tali comunita’ cristiane. In queste lettere troviamo lo stesso annuncio dei vangeli. Supporre di un cristianesimo addirittura precedente e’ ridicolo. ”

Le lettere di Paolo sono attendibili come i Vangeli, molto poco.
Non ho mai negato una precoce esistenza delle comunità cristiane, ti ho spiegato invece come potessero essere già cosi diffuse e non solo in Palestina.
E’ ridicolo pensare che esistesse un cristianesimo ispirato da eventi storici realmente accaduti prima dell’invenzione del personaggio mitologico di Gesù?
Credere che un entità mitologia decida di fare un figlio, per farlo uccidere per espiare i peccati degli uomini e poi per farlo resuscitare e credere che questa sia la causa del veloce espandersi del cristianesimo, questo è ridicolo.

“Il cristianesimo si diffuse anche in palestina, ma certamente in misura minore per via delle persecuzioni operate dalle autorita’ giudaiche. Tali persecuzioni confermano il racconto dei vangeli secondo i quali Gesu’ fu condannato per eresia e bestemmia.”

Conferma quello che ho detto, pensi che gli ebrei di fronte a tutti i miracoli che avrebbe compiuto Gesù, almeno nella versione in cui credi, non si sarebbero convertiti in massa?

“Il primo nucleo di ogni comunita’ cristiana fu ebraico, gli ebrei della diaspora sempre in contatto con la mdrepatria, quindi in grado di sapere se la storia di Gesu’ fosse stata falsa.”

Il primo nucleo di ogni comunita’ cristiana fu ebraico?
Certo perchè inizialmente il cristianesimo ( in realtà erano più di uno) era un eresia della religione ebraica. poi venne creato il personaggio mitologico di Gesù, ispirato magari ad una o più persone veramente esistite, da cui sono sorti i primi cristianesimi.
La maggior parte degli ebrei che si dispersero con la dispora rimasero ebrei e quindi questo conferma che la storia era falsa, forse potevano esserci dei cristiani tra loro, molti ebrei, prima e dopo la Guerra Giudaica, vennero catturarti e costretti alla schiavitù nelle varie parti dell’impero per punirli di non essersi all’impero romano, si sospetta infatti che la prima comunità di cristiani a Roma fosse composta da deportati altro che evangelizzazione.

Ferrer

A mezza estate Mosè, il corvo, riapparve improvvisamente alla fattoria dopo un’assenza di parecchi anni. Con lo stesso entusiasmo parlava, come sempre, della montagna Zuccherocandito. Molti animali gli prestavano fede. La loro vita, ora, era fame e fatica: non era giusto e ragionevole che un mondo migliore dovesse esistere in qualche altro luogo?

(G. Orwell, La fattoria degli animali)

Florenskij

@ Ferrer. Nulla di nuovo. Io “La fattoria degli animali” lo facevo leggere agli alunni di tredici anni. ( Analocoluto consapevole ). Per il resto, non avevo nessuna intenzione di fare propaganda missionaria: ho detto solo, in sede di discorso sociologico, che la religione ha avuto e può avere tuttora per certi sistemi sociali la funzione indicata da Marx: oppio per il popolo, nel momento in cui il popolo di fatto ne sente il bisogno. Io aggiungerei anche l’adrenalina, come nel caso di Maometto, ma il discorso si farebbe troppo lungo. Del resto sa qual è il testo da cui ho preso spunto?”Vita di Galileo” di Brecht ( il massimo drammaturgo marxista ): il dialogo fra l’astronomo e il giovane diacono Fiorenzo, il quale gli fa comprendere come credere in un Dio che sta nei cieli sia indispensabile per i suoi genitori contadini, massacrati dal duro lavoro e dagli stenti. Del resto è buono a sapersi che Max Weber, il più grande sociologo di tutti i tempi, scrisse un bel po’ di libri di sociologia delle grandi religioni, distinguendone l’impatto sociale una per una.
Adesso una domanda: io stravedo per il monte Zuccherocandito; a lei invece piace tanto il retrogusto amaro/acido che le rimane in bocca dopo certi interventi? E’ un primo assaggio di “umanità nova”?

@ fab. Sono così intellettualmente disonesto da considerare la polarità struttura-sovrastruttura come il più fecondo dei concetti teorici del Marxismo: aiuta a render conto di moltissimi fenomeni storico-sociali evitando giudizi moralistici, qualunquistici, variamente ideologici.
Anche sul fatto che la sussistenza dello stato sociale sia impedita dall’attività di rapina delle classi dirigenti c’è tutto da discutere, dato che il termine “sfruttamento” dovrebbe essere esaminato in tutte le sue articolazioni e sfumature, con modo e con misura: la classe dirigente DEVE avere condizioni di vita migliori perchè le si deve consentire l’agio di sviluppare cultura, scienza pura e scienza applicata. Non si può fare scienza nei ritagli di tempo e spossati dal lavoro. Sbaglio o la più prestigiosa instituzione di cultura inglese alla fine del ‘600 si chiamava “Royal society”?
Un giudizio moralistico largamente diffuso è che l’Impero Romano sia crollato per la dissolutezza della classe dirigente. Invece il grande storico russo dell’economia Mikhail Rostovzev sosteneva che le ingenti spese militari richieste dalla difesa dei confini costrinse a esercitare una pressione fiscale terribile, dalla quale venne messa in ginocchio la classe dirigente colta e portatrice di “valori”( e da qui, forse, l’anelito di molti fra gli acculturati a una religione mistica e di redenzione ).

fab

Florenskij, c’è una sottile differenza fra classi dominanti e classi dirigenti… magari comandassero quelli che sviluppano cultura e scienza, sappiamo benissimo che non è così.
Non c’entra niente, ma sull’impero romano sfondi parzialmente una porta aperta; parzialmente, perché la pressione fiscale (e la devastazione dei territori dovuta al passaggio degli eserciti) ha innanzitutto distrutto la società dal lato della produzione. Fra l’altro, quei movimenti militari diffondevano epidemie, come la peste di Marco Aurelio. Aggiungerei anche la tesi di Schiavone (“La storia spezzata, Laterza)”, secondo cui l’evoluzione del potere dell’antica Roma andò di pari passo con la disponibilità di schiavi.

Florenskij

@ Ferrer. Dimenticavo. La sua non benigna allusione ornitologica potrebbe anche funzionare, se non fosse che il personaggio di Mosè ha ispirato ben altre icone ( soprattutto quella maestosa di Michelangelo ) e che Gesù, quello di “beati i miti”, “beati i cercatori di giustizia”, “pregate per i vostri nemici” somigli a tutto tranne che a un corvo nero]* Provi a riguardarsi il bellissimo film di Pasolini ( per il quale potè risparmiare sulla sceneggiatura: sono le parole del Vangelo di Matteo tali e quali. Tutto su Youtube ). Per il paradiso, lasci lperdere lo zucchero candito e riprenda quello di Dante, magari anche in versione Benigni.

*Oso un approccio spregiudicato: immagino che Gesù fisicamente fosse una specie di Kabir Bedi o Osama Bin Laden.
Aggiungo una “chicca”: Cecil de Mile scelse Charlon Heston per fargli interpretare Mosè data la sua somiglianza con la statua di Michelangelo. Corvaccio o gran bell’uomo?

Ferrer

@ Flo,

Purtroppo, a differenza evidentemente di lei, io non possiedo fotografie o ritratti dell’epoca di Mosé o di Gesù, non saprei dunque pronunciarmi sulla questione – veramente fondamentale, pertinente e rilevante – se tali signori – ammesso siano mai esistiti, cosa di cui dubito fortemente – fossero dei “fusti” alla Heston o alla Bedi oppure dei “corvi”. Le faccio tuttavia notare che lo straccio mediovale – che lei ha detto più volte di ritenere porti impressa l’immagine del suo guru – mi pare mostri un tipo piuttosto mingherlino, più Ciccio Ingrassia che Kabir Bedi…

Interessante la sua tesi secondo cui la classe privilegiata sta dove sta per produrre cultura, scienza pura od applicata; mi saprebbe dire quali opere artistiche, letterarie, scientifiche o tecnologiche hanno prodotto i vari Monti, Berlusconi, Fiorito, Bush, Nixon e compagnia bella? Mi sa dire quali incarichi di potere hanno ricoperto Einstein, Freud, Picasso, ecc.?
Nulla da dire sul fatto che un medico, uno scienziato, uno storico, un artista, ecc.. non debbano per forza andare in miniera, visto che possono essere utili alla società nei rispettivi campi del sapere. Se si chiede “da ciascuno secondo le sue possibilità” non ha senso chiedere a un Einstein o a un Sabin di fare i braccianti! Da questo però non discende logicamente che tali persone debbano vivere in un lusso da privilegiati, perché se si dà “ad ognuno secondo i propri bisogni” o “secondo il proprio lavoro”, i bisogni di uno scienziato o di un intellettuale comprendono certo i materiali per studiare e la tranqullità per riflettere, ma non vedo perché debbano comprendere macchine di lusso o abiti firmati.
Tra l’altro, che per produrre cultura e scienza bisogni essere per forza ricchi o privilegiati è una baggianata: Einstein, Sabin, Fleming saranno stati ben pagati ma niente di più, mentre Mozart, Van Gogh, Joyce hanno prodotto i loro capolavori in ristrettezze economiche.

Nessuno le tocca il suo Zuccherocandito, ci si strafoghi pure. Io, però, il caffè lo preferisco amaro perché mi sveglia di più. “Umanità nova” lo leggo ogni tanto ma preferisco decisamente “A”.
Al Paradiso di Dante pieno di algide vergini, preferisco di gran lunga l’Inferno pieno di calde Francesche e Semiramidi, poi si può sempre fare una chiacchierata con Farinata o Ulisse a cercar “virtute e conoscenza”.

“Scelgo il paradiso per il clima e l’inferno per la compagnia.”
(Mark Twain)

Ferrer

O ancora meglio: “l’inferno è quel posto ove si sta con le donne nude e con i diavoli ci si mette d’accordo.”
(Ennio Flaiano)

RobertoV

In effetti anche i vari artisti che hanno prodotto le opere d’arte di cui Flo va tanto fiero erano in genere poveri, sfruttati dai ricchi che per costruire le loro opere imperiture affamavano il popolo e reprimevano le ribellioni dei contadini e montanari quando la tassazione era diventata troppo pesante.
Anche gli scienziati non erano ricchi, certo ci sono stati aristocratici scienziati, ma per esempio Galileo non viveva in condizioni agiate.
E i ricchi di oggi non sono certo gli scienziati che in genere non hanno ruoli di potere detenuti da altri che spesso non brillano per livello culturale (i nostri politici ne sono un lampante esempio).

Gérard

Confermo quanto scritto da Roberto V . Faccendo anni fa delle ricerche su diversi artisti, architetti vissuti in Toscana, ho trovato negli archivi di stato che loro dovevano aspettare, aspettare, sollecitare e sollecitare prima di ricevere soltanto un po di quello dovuto dal sovrano .
Quanto scritto sopra vale anche per Luigi XIV, il re sole, e i suoi due successori, Luigi XV e Luigi XVI, il quale perse la testa per via dei tanti debiti….

Florenskij

@ Ferrer. Come spesso accade, l’ideologia non aiuta molto a capire. Più spesso assiste la sociologia storica e della cultura, grazie alla quale si evincono alcuni concetti importanti:
– Il “talento” e il suo grado estremo, la “genialità” non nascono ordinariamente da una “tabula rasa”, ma da un humus familiare e ambientale già ricco culturalmente. Galileo era figlio di un musicologo. Mozart era figlio di un musicista che gli insegnò a suonare forse anche prima che a parlare. Idem per Beethoven. I due erano legati all’ambiente della grande aristocrazia austriaca. Se vuole può cercare su Wikipedia come modello di mecenate “Hyeronimus von Colloredo” ( il pricipe-vescovo che inizialmente stipendiava Mozart ). Leonardo era figlio di un notaio. Michelangelo era figlio di un patrizio fiorentino che ricopriva la carica di podestà nel contado.
Si potrebbe fare uno studio sulle condizioni iniziali di ceto dei talentuosi e dei geni; non credo che ne verrebbero fuori conferme all’idea del genio spuntato come un fungo dalla classe più umile. Celantano è a suo modo un genio, ma un genio plebeo. Basta vedere la ricchezza e reffinatezza del suo lessico e la pregnanza del suo pensiero politico.
– Occorre anche un ambiente di committenti danarosi capaci di fare ordinazioni e di apprezzare le cose veramente di gusto, agendo da incentivo e volano alla creatività ( magari anche lo stesso potere centrale, cpome nella Roma augustea, in qualla papale e nella Francia del Re Sole. Le è mai capitato di notare la corrispondenza fra il boom economico della Firenze tardomedievale e quattrocentesca e il boom artistico e culturale concomitante? Ricorda che Michelangelo si formò in una scuola finanziata da Lorenzo il Magnifico e che da ragazzo fu accolto nella sua casa? Queste cose non inventate dal sottoscritto, ma da critici come il marxista Antal “L’arte fiorentina” ( questo detto non per qualche vanteria, ma per ribadire che non parlo a vanvera ).
Picasso ( a parole comunista ) avrebbe fatto i soldi chhe fece se non fosse stato corteggiato dai ricconi?
Se voleva confutarmi parlano di Berlusconi e simili ha sbagliato indirizzo. Considero Berlusconi un esempio di ricco tutt’altro che aristocratico ( il Brambilla del Duemila ) e ho sempre visto nelle sue televisoni un elemento di scadimento del gusto e del costume. Come diceva il card. Boetto di genova “Ricchi molti, signori pochi”.
“Algide vergini”? Si vede che lei non ha chiara la distinzione tra il PIACERE e la GIOIA.

Roberto V. tanto per rispondere in sintesi. Galileo non viveva in condizioni agiate? Da professore universitario a Padova aveva un ottimo stipendio e dall’Inquisizione fu obbligato alla residenza coatta NELLA SUA VILLA DI ARCETRI. certo non aveva le toppe nei pantaloni…
Giotto divenne assai ricco. Michelagelo morì ricco; idem Tiziano, pittore principesco. Non parliamo di Bernini.

Francesco

E da poco è scomparso Eric Hobsbawm autore del saggio “Il secolo breve”, non aveva mai letto un commento di Florenskij.

Florenskij

@ Francesco. Meno male che non abbia letto nulla di me: il grand’uomo sarebbe morto subito. Di risate? Di sconforto?

PS. Tutto kwesto essere suo Kommenten ti occi? Sturmbattuten molto fiakken!

Francesco

Non confessa?
P.S.
Lei è pure invidioso dei miei dialoghi tra il papa e suo segretario.

bruno gualerzi

“E quando venne il tempo della distruzione della cultura antica, san Girolamo (il più grande attaccabrighe del primo millennio) mise in giro la voce che Lucrezio era impazzito per un filtro d’amore, e si era poi suicidato a 44 anni.”

Non entro nel merito, non avendone la necessaria competenza, di questa vicenda storico-culturale carsica (anche se le considerazioni di Carcano sulla storia e sulla sua probabilità/improbabilità risolta comunque con la narrazione proprio in quanto garante della più autentica storicità, mi è piaciuta enormemente)… ma leggendo questo passo sulla pazzia (vera o presunta, ma sempre possibile) mi ha colpito questo ‘usare’ la pazzia e il suicidio (per altro dovuto ad un ‘filtro d’amore’ di cui il povero Lucrezio evidentemente ignorava gli effetti devastanti) come la prova della inconsistenza (nel caso in questione per nascoderne la pericolosità) di un’opera. E ho pensato al povero Nietzsche che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita sostanzialmente da minorato mentale, e poi ai suoi scritti. Guarda caso giudicati anch’essi da molti sommamente pericolosi, quando non insignificanti perchè opera di un pazzo (l’ho letto anche su questo blog).

BennyHill

Le varie società da sempre etichettano come folle, pazzoide, squilibrato chi si discosta dal pensiero dominante, chi rifiuta la visione del mondo prevalente nel contesto sociale di riferimento. Naturalmente, quanto più una società è totalitaria, tanto più l’alternativo è guardato con disprezzo e anche una piccola discrepanza rispetto al sentire o all’agire comune basta a etichettarlo come pazzo: ciò detto, non stupisce che, agli occhi di un gruppo di integralisti cristiani come la cerchia di Girolamo, Lucrezio apparisse un pazzo, un mitomane.
Se non altro, una volta tanto, il tempo è stato galantuomo e oggi milioni di persone hanno occasione di cogliere e apprezzare il valore del pensiero epicureo, sotteso alla poesia lucreziana: invece Girolamo e le sue paranoie sessuofobiche e, più in generale, automortificatorie, sono praticamente finiti nel dimenticatoio.

Florenskij

La pazzia, prima ancora di Cesare Lombroso, è stata considerata molto spesso parente stretta del genio. Per quale motivo? Perchè è indice di una sensibilità ed emotività superiore alla media. L’espressione “Innamorato pazzo” non ha una connotazione puramente negativa: indica il coinvolgimento totale della personalità in una certa situazione sentimentale. Quindi non vedo perchè dire che uno è diventato pazzo implichi necessariamente un giudizio negativo e quasi di spregio sulla sua personalità: pazzo perchè troppo impegnato, troppo appassionato.
Credo che Epicuro abbia semplicemente sistematizzato con l’apparato concettuale della filosofia e della scienza del tempo l’opzione “goditi la vita e non pensare alla morte” che moltissime persone avevano fatto spontaneamente e senza intellettualismo prima di lui, e di cui si hanno tracce, come voce dell'”insipiente”( o dello “stolto”, se vogliamo tradurre in modo meno elegante ), anche nei testi sapienziali della Bibbia. Un’opzione che si riduce al “meccanismo di difesa” della “rimozione”. Evidentemente Lucrezio era troppo sensibile per non avvertire la fragilità di questa rimozione, e sentiva il bisogno di rafforzarne le strutture e di propagandarla, come per ottenere da altri la conferma della sua validità. Trovo significativo il fatto che il poema si concluda proprio con la descrizione della peste di Atene: orrore del disfacimento dei corpi e orrore del disfacimento delle difese psicologiche delle persone, travolte dal panico fino al delirio, come il manzoniano don Rodrigo, quasi a smentire l’auspicata “atarassia” ( imperturbabilità”). A me sembra abbastanza ovvio dedurne che Lucrezio stesso abbia dubitato della infrangibilità del suo sistema. Ovviamente il discorso vale anche per chi si orienta verso altre soluzioni. Io personalmente non sarei tanto assiduo a un blog di atei se non fossi stato e non fossi tentato ( via via sempre meno, devo dirlo ) da un pensiero contrario a quello da me ricevuto e adottato fin dall’infanzia ( in realtà qualche forma di agnosticismo, mai di ateismo ). Il Cristianesimo si contrappone all’Epicureismo appunto perchè accetta l’idea che si debba attraversare consapevolmente “la valle della morte”, che si debba accettare di essere investiti da condizioni dolorose e perfino terribili e quasi distruttive del corpo e della personalità come Gesù in croce: non la semplice accettazione dell'”essere per la morte”, ma l’accettazione dell'”essere per il dolore”; ovviamente con la speranza ( magari vissuta in certi momenti solo come un filo ) di uscire “per crucem ad lucem”. Speranza senza la quale non sarebbero concepibili scelte come quella di un padre Cristoforo che decide spontaneamente di correre nella “valle della morte” del Lazzaretto. Comunque credo che per questa problematica occorra riandare a “La peste” di Camus.
In ogni caso trovo veramente squalificanti alcune espressioni di “fobia della croce” qui spesso affermate: non si tratta di una minaccia di messa a morte per chi sgarra ( casomai lo erano il rogo e la ghigliottina al lavoro sulla pubblica piazza ); si tratta dell'”ossimorica” compresenza dell’abbassamento nel dolore fino all’avvilimento di ogni uomo “povero cristo” e di trionfo successivo ( la struttura della croce come icona dell’innalzamento e della conquista dello spazio ).

Stefano

@ Florenskij

Il Cristianesimo si contrappone all’Epicureismo appunto perchè accetta l’idea che si debba attraversare consapevolmente “la valle della morte”, che si debba accettare di essere investiti da condizioni dolorose e perfino terribili e quasi distruttive del corpo e della personalità come Gesù in croce: non la semplice accettazione dell’”essere per la morte”, ma l’accettazione dell’”essere per il dolore”; ovviamente con la speranza ( magari vissuta in certi momenti solo come un filo ) di uscire “per crucem ad lucem”

Tutto perfettamente inutile per un onnipotente creatore di universi dal niente.

BennyHill

@ Florenskij:

La peste di Camus? Ecco, appunto. Io la vedo più come il buon dottore, che NON SI RASSEGNA al male, riconosce sì il dolore come parte della vita ma NON lo accetta né lo ama e fa il possibile per combatterlo, pur sapendo che non lo si potrà mai eliminare.

Il prete che afferma sia necessario amare la peste, la sofferenza, mi sembra invece un personaggio alquanto inumano: perché inumano è, a parer mio, dire a qualcuno che sta soffrendo che deve amare ciò che lo tormenta.

O tu avresti avuto il coraggio di andare in un campo di concentramento a dire agli internati che devono amare le Schutzstaffel???

bruno gualerzi

@ Florenskij
“Quindi non vedo perchè dire che uno è diventato pazzo implichi necessariamente un giudizio negativo e quasi di spregio sulla sua personalità: pazzo perchè troppo impegnato, troppo appassionato.”

Non credo ovviamente che tu ti rifesisca a me dicendo ciò che pure io ho affermato.
Precisato questo, solo due considerazioni:
– chi ha voluto bollare Lucrezio come pazzo è questo San Girolamo, che, a quanto ne so, essendo santo non sconfessato dalla chiesa, ne rappresenta – contestualizzato fin che vuoi – un’eccellenza, un modello. Per quanto ne so io, ripeto, questo è il ‘ruolo’ del santo nella chiesa.
– questo strologare sulle ragioni che ‘potrebbero’ aver indotto Lucrezio alla follia sulla base dell’unico dato oggettivo costituito dall’opera (per quanto mi riguarda – soprattutto per personaggi così remoti nel tempo – nemmeno eventuali dati biografci tramandati sarebbero sufficienti), tu capisci che potrebbe costituire tutt’al più una libera esercitazione psicanalitica, o, sulla base di questa esercitazione, costruirvi un romanzo. Tutto legittimo (per me anche di più, nel senso che ritengo che questo sia poi in tante situazioni il modo migliore di ‘fare storia… ma questo è un altro discorso), purchè non si pretenda poi di attribuirvi ‘verità’ storica.

stefano marullo

@ Bruno Gualerzi

Bruno scrivi “questo San Girolamo, che, a quanto ne so, essendo santo non sconfessato dalla chiesa”
Il realtà San Girolamo, fu sconfessato dal Concilio di Trento, che pure ne aveva accettato la Vulgata. Egli infatti affermava che la chiesa del suo tempo non accettava i libri deuterocanonici, mentre Trento li riconosceva come libri ispirati.
Sul personaggio di Girolamo ho già detto, comunque non era molto simpatico neanche ai suoi perchè noto voltagabbana. Ammirava Origene e ne diffondeva la dottrina ma quando seppe che era in odore di eresia cominciò a prenderne le distanze. Aveva cominciato a polemizzare con Agostino, poi non avendone la statura, si convinse che era meglio assecondarlo.

bruno gualerzi

@ stefano marullo
Quindi non è più santo? Meno male che sei arrivato prima tu! Pensa se se ne accorgeva prima Florenskij… Però ho giocato troppo sopra questo santo che poi invece non era più santo per sperare di passarla liscia!
Però questo Girolamo! Aveva proprio il dono di non indovinare mai su chi o su cosa puntare per fare carriera e così ha dovuto sempre ricredersi. A quanto pare per trovare ascolto nei pressi di casa l’ha ‘indovinata’ solo con Lucrezio. O nemmeno quello?

Florenskij

@ B. Gualerzi. Non mi riferivo a lei. In ogni caso, l’ipotesi della pazzia di Lucrezio mi sembra cosa del tutto marginale; qual che conta è il fatto che un’opera con intenti consolatori, o di conforto, o di rinsaldamento dell’equilibrio psicologico qual’è il “De reum natura”, si concluda con scene di umanità resa forsennata dal dolore.
Io ho una grande considerazione per Nietzsche, un autore che mi sembra assolutamente autentico nel suo dire e coerentissimo: da tali premesse ( dell’epoca darwinista ), tali conseguenze, gridate in faccia al mondo.
Conseguenze purtroppo sfociate nelle mal digerite letture di Hitler.
@ Benny Hill. L’atteggiamento del medico de “La peste” mi sembra riferibile non all’Epicureismo, ma a un certo Stoicismo in senso lato ( non propriamente religioso, ma laicizzato in senso fatalista-moralista doverista ),
Non ricordo le espressioni precise del prete di Camus; comunque mi sembra che il concetto cristiano del dolore sia tutt’altro che semplicistico. Pensiamo a uno che succhia il veleno della vipera per liberare un altro: non ama il veleno in sè, lo sopporta, lo assume su di sè per altruismo. La traduzione ” l’Agnello di Dio, che TOGLIE il peccato del mondo” mi sembra imprecisa; credo che si dovrebbe dire:”Che PRENDE SU DI SE’ il peccato del mondo.”,. Lo straccio toglie la macchia in quanto la assorbe.
Questo però non è il nodo centrale del problema: tutti comprendono il gesto di un Salvo D’Acquisto o di un Massimiliano Kolbe; il fatto è che nel Cattolicesimo puro, e non annacquato, esiste una “spiritualità dell’anima vittima” secondo la quale il peccato è come una dose piccola o grande di veleno che, immessa in circolo, non può essere “dimenticata” girando pagina, ma deve essere riassorbita con l'”espiazione”; e a espiare può essere un altro, che se ne assume volontariamente il carico, come certi mistici (ad esempio Padre Pio o Natuzza Evolo o Marthe Robin ). A questo punto siamo nel terreno della follia autodistruttiva oppure in quello dell’antropologia profonda, per cui comprendo l’orrore dei laicisti; comunque il discorso sarebbe molto, molto lungo.

stefano marullo

@ Bruno Gualerzi

Rimane santo, in buona compagnia di assassini, antisemiti, misogini, fanatici…

BennyHill

@ Florenskij:

Lei afferma che:
“”il peccato è come una dose piccola o grande di veleno che, immessa in circolo, non può essere “dimenticata” girando pagina, ma deve essere riassorbita con l’”espiazione”; e a espiare può essere un altro, che se ne assume volontariamente il carico, come certi mistici […] A questo punto siamo nel terreno della follia autodistruttiva oppure in quello dell’antropologia profonda””

Peccato = veleno? Non mi convince. Vede, il veleno è visibile, ha una massa, delle proprietà fisico-chimiche ed agisce in modo controllabile.
E soprattutto alla suzione del veleno si ricorre solo in situazioni di emergenza, normalmente ci si limita a iniettare un antidoto per bloccare l’azione venefica o si cerca di farlo uscire dalla ferita e semplicemente lo si butta via. Non c’è alcuna necessità che un altro essere umano si faccia carico del danno prodotto dal veleno, perché il veleno non è un qualche oscuro male metafisico, ma semplicemente un composto chimico neutralizzabile con altri composti chimici.

Al contrario, voi sostenete che esista questo peccato che da una parte è ereditario e si propaga come un virus, dall’altra è come un carico che si può alleggerire (come fosse un cesto di pietre che uno si porta appresso) passando qualche pietra ad un altro, il quale appesantisce così il suo fardello.
Ora, io dico:
-se questo famigerato peccato si diffonde da padre in figlio come un virus o una malattia ereditaria, “infettando” un altro non allevierei la mia situazione, perciò espiare per altri non ha senso
-se invece è come un carico di sassi, perché non gettarlo nella pattumiera, anziché addosso a un altro poveraccio?

In ogni caso, a differenza del veleno e delle pietre:
-il peccato non è percepibile coi sensi
-il peccato non è definito in modo univoco
-un veleno uccide/intossica chiunque, portare un cesto di pietre provoca visibili sintomi di affaticamento in chiunque. Invece vedo moltissime persone che voi definireste “peccatori” e che appaiono tuttavia molto meno “avvelenati” e “logorati” di molti cattolici… come si spiega?

Cesare

Girolamo attribuisce la pazzia di Lucrezio ad un “poculum amatorium”, che tradurrei “bevanda afrodisiaca” piuttosto che “filtro amoroso”.
Ed escluderei anche che l’ “insania” del poeta sia citata per contestare il contenuto dell’ opera. Questa, infatti, non espone dottrine inventate dall’Autore. Percio’ il dichiararlo pazzo non sarebe servito a nulla, se non si poteva sostenere nulla di simile circa lo stesso Epicuro e i tanti suoi seguaci. Direi piuttosto che l’austero Santo riporti tale notizia a scopo edificante: “Vedete che cosa puo’ capitare a un materialista epicureo?”
Saluti.

Florenskij

@ Benny Hill. Esatto, la problematica è questa: il peccato può essere condiderato una entità “tangibile” e anche quantitativamente determinabile? Molti dei concetti “folli” della teologia cattolica tradizionale possono essere, se non accettati, almeno inquadrati proprio tenendo presente questa presunzione di tangibilità. “E’ follia ma c’è del metodo” ( Amleto ). Quand’anche ci fosse la follia, c’è almeno il metodo?
Azzarderei questa osservazione: oggigiorno è riconosciuta come tangibile e quantitativamente misurabile l’energia elettrica, che era sconosciuta fino a duecentocinquant’anni fa. E se esistesse un’altra forma di energia che non siamo ancora riusciti a definire, tranne che nelle pretese della CCAR? La teologia della CCAR la chiama “grazia”; qualscsoa di mistico come il “capitale” di Marx.
Si veda l’esempio minimo di una chiavetta da computer o di un tesserino bancomat: con i nostri sensi non riusciamo a vedere se c’è o non c’è un’informazione: solo in derminate circostanze e con determinati reagenti riusciamo a constatarne la presenza o l’assenza, attraverso l’azione che ne deriva o non ne deriva.
Lo strano è che proprio lo sviluppo tecnologico permette di mettere a punto similitudini con le concezioni religiose che appaiono a prima vista obsolete in quanto legate all’immaginario di una società a base agricolo-pastorale o comunque di tecnologia arretrata. Ad esempio la preghiera come immissione in rete di una certa quantità di energia.

Stefano

@ Florenskij

Senta, ma oltre alla folle produzione di follie, lei si dedica a specificare in che caso sono da buttare via? Perché vede, potrebbe essere che la preghiera sia immissione in rete di una certa quantità di energia (?) ma anche no. Ora, in che caso questa manifesta balla diventa tale anche per lei? Mai? Il solo fare ipotesi che si adattano alla sua idea costituisce una buona spiegazione?
Florenskij, perché se la prende se le si fa notare che non c’è alcun metodo nella sua follia?

BennyHill

@ Florenskij:
Il paragone mi sembra piuttosto infelice.
Non è che l’elettricità fosse sconosciuta fino a 250 anni fa nel senso che non se ne facesse esperienza: semplicemente non la si chiamava con questo nome e non se ne conoscevano i meccanismi e le proprietà; tuttavia, TUTTI la esperivano vedendo i fulmini in cielo, ricevendo una piccola scossa nel toccare un oggetto metallico in giornate ventose ecc.

Nella chiavetta usb o nel bancomat io non “vedo” l’informazione semplicemente perché essa riposa in una ben precisa disposizione di cariche elettromagnetiche di entità troppo piccola per essere percepite coi sensi: tuttavia NON ho bisogno di fare atto di fede nell’ettromagnetismo, in quanto basta aumentare l’energia e il fenomeno diventa percepibile da CHIUNQUE (scossa elettrica, calore, attrazione di oggetti metallici, a volte scintille ecc.).

Al contrario, non si danno manifestazioni della presunta grazia tali da essere chiaramente percepibili da chiunque: pertanto l’elettromagnetismo resta un fenomeno percepibile, la grazia un’ipotesi speculativa.

P.s. Per cortesia, non mi citi miracoli e apparizioni tipo Lourdes come prove tangibili della grazia divina: che vi sia qualcosa di miracoloso è tutto da provare (ma se riesce a convincere il Vaticano a farmi partecipare ad una commissione d’inchiesta su un qualche presunto miracolo ben volentieri, Le prometto che esaminerò la questione in modo obiettivo e al meglio delle mie pur modeste capacità)

FSMosconi

Curioso come seguaci di presunte divinità incorporee poi sostengano alla leggera e senza nessun ripensamento puerili pratiche non dissimile dai “carteggi” col Logos-Apollo per tramite della Pizia.
Sempre non si voglia dar ragione a Marzano (Cattolicesimo Magico, 2009) e vederci in ciò un reincanto weberiano a metà strada tra la superstizione e la psicosi collettiva laonde non si è in grado di accettare gli eventi annullando il caso con la necessità spinta – con tutta la buona pace del libero arbitrio – e l’impotenza con l'”esternalizzazione” delle proprie carenze e debolezze.

Ora scommetto che Flo’ ribatterà con l’autorità o con “la scienza non spiega tutto”: nel primo caso gli ricordo che il focus dell’argomento è l’idea, non la persona. Se non è in grado di pensare e di arrivare con le proprie forze a delle conclusioni, ingannandosi di poterlo fare con l’immagine altrui non gli farebbe certo onore. Nel secondo caso di contro gli ricordo che è proprio questa la forza del sistema scientifico: meglio sbagliarsi ed accorgersene che cadere continuamente e pervicacemente nelle stesse “buche”.

Luis

“Non è indispensabile provare il piacere di assaporarli in vita: è forse più importante costruirsi un’esistenza in linea con le nostre convinzioni, dandole un senso e gustandone il meglio giorno dopo giorno”

Non ho capito questa frase, se non è indispensabile “provare il piacere di assaporare in vita” i frutti del seminato, come si potrebbe contemporaneamente gustarne il meglio giorno dopo giorno?

Florenskij

@ Stefano. Intanto lei si è ricopiato parola per parola la mia frase: che buon pro le faccia. Lei vuole fare un processo a Dio, l’Essere supremo, inchiodandolo in quattro e quattr’otto alla sbarra del tribunale della sua ragione, munita del rasoio di Occam (che, tra parentesi, era un frate francescano ). Le rispondo che certi concetti si comprendono non solo ma anche per avvicinamento e macerazione esistenziale, con impegno del cuore e dell’anima. Ci rida e cachinni sopra quanto le pare, lei con il suo sorriso sardonico dal retrogusto amaro.

L’Epicureismo? Veda lei a che cosa poteva servire l'”atarassia”, il signorile distacco, il “goditi la vita” di Dawkins a un benestante ebreo di convinzioni ateistiche nella Germania di Hitler.

Ferrer

“L’Epicureismo? Veda lei a che cosa poteva servire l’”atarassia”, il signorile distacco, il “goditi la vita” di Dawkins a un benestante ebreo di convinzioni ateistiche nella Germania di Hitler.”

Mentre, immagino, se l’ebreo anziché ateo era un credente, arrivavano i serafini di YHWH a salvarlo dalla Gestapo e dalle SS…

Come? Non era così? Ah, dimenticavo… il povero YHWH (onnipotente, fondamento dell’essere, centro dell’informazione, ecc, ecc, ecc…) sembra abbia qualche difficoltà con i “carri di ferro” (cfr. Giudici 1, 19), si vede che deve essere scappato a nascondersi al solo vedere i panzer…

RobertoV

Anche ad un benestante ebreo credente nel ghetto di Roma, sotto lo stato pontificio, nella Spagna dell’Inquisizione o accusato di omicidio rituale o in qualche pogrom cristiano la sua fede non sarebbe servita a molto.

Stefano

@ Florenskij

Intanto lei si è ricopiato parola per parola la mia frase

Che vuol dire? Ho semplicemente citato la frase cui si riferisce il mio commento… Bah….

Florenskij, non si può ritenere che un ente sia onnipotente a fasi alterne o a comodo, per cui creare universi dal niente per lui è scontato e non richiede alcuna soffernza da parte di Florensky crederlo, mentre per porre rimedio a un guaio da lui stesso voluto è necessario avvicinarsi e macerarsi per poter buttar giù banalità.

La “macerazione” è l’implicita rilevazione della contraddizione. La protesta del buon senso. Quello che manca alla vostra divinità ed è stato buttato alle ortiche da chi vuole giustificare le sue gesta da apprendista stregone. La macerazione svanisce nel niente se si eliminano le ipotesi che si vogliono giustificare ad ogni costo.

Facile postulare proprietà che vengono smentite ad ogni piè sospinto. Di supremo, nei fatti, come voi li rappresentate, quest’essere ha proprio niente.
Tutto chiacchiere e distintivo.

A quale tribunale vorrebbe inchiodarlo se non a quello della ragione? E proprio perché la ragione lo inchioda cercate continuamente di minimizzarla esaltando al contrario i vostri desideri. Come se fosse così semplice metterla da parte.

Si maceri quanto vuole, non tirerà fuori sangue dalle rape. A meno che non si inventi, ancora, di transustanziarlo, magari dopo lenta macerazione…

Bruno Rapallo, apostata e ateo

“… E proprio perché la ragione lo inchioda cercate continuamente di minimizzarla, esaltando al contrario i vostri desideri …”
Caro Stefano, coscientemente o inconsciamente stai citando “Totem e tabù” del buon vecchio Sigmund Freud ?
Le religioni (dalle più antiche e primordiali, con alta probabilità solo animistiche, a quelle più recenti ed evolute, politeiste e monoteiste) come forme di nevrosi coatta ossessiva, individuale e collettiva ?
Le religioni assimilate al “pensiero magico” dei popoli primitivi e dei bambini non ancora in età di ragione critica e autocritica, che confondono la realtà con le proprie fantasie proiettive e credono all’onnipotenza dei propri pensieri e desideri ? (vedere il terzo capitolo su “Animismo, magia e onnipotenza del pensiero”)
Sarà anche un saggio ormai alquanto datato, ma sembrerebbe ancora molto attuale, viste certe ardite elucubrazioni talora anche simpaticamente raffinate ma pericolosamente tortuose e non prive di contraddizioni logiche (forse anche in buona fede e involontarie).

Florenskij

@ Ferrer. Ho scritto “ebreo” solo per indicare il caso di un ricco ed epicureamente tranquillo ( fino al 1933 ) borghese laicista-agnostico-ateo ( come erano per lo più gli ebrei tedeschi ), magari anche benignamente socialdemocratico, vittima di Hitler. Qui Jahwè è del tutto fuori causa, compresa la presa in giro del medesimo.

Passiamo al discorso sulla “macerazione” in quanto indice di “disonestà intellettuale” e di “whisful thinking” ammantato di (mala)informazione-(pseudo)erudizione.
I “massimi problemi” possono essere risolti in quattro e quattr’otto da qualche genio o da qualche mistico solo con una specie di grazia speciale; gli altri ci si devono arrabattare intorno, magari per tutta una vita perchè, riferendosi al mondo e alla Vita ( con la V maiuscola ) sono estremamente complessi e articolati. Un esempio fra tutti: il cosiddetto problema dell’anima. Lo stesso Daniel Dennett ( autore de “Il cappellano del diavolo” su Darwin ) in un suo libro afferma che alla fin fine noi non sappiamo che cosa sia effettivamente la COSCIENZA. Aggiungerei: in un mondo che per i “materialisti” è fatto solo di cose, di oggetti oggettivi, non è una COSA, è un certo rapporto fra cose; ma che cos’è un RAPPORTO ? Certo, constatiamo che cessando l’attività del cervello, cessano le manifestazioni della coscienza, come la rottura di una radio comporta la fine del suono; però la radio CAPTA l’informazione, non la crea; in più il suono può essere registrato su un altro supporto e manipolato variamente, quindi può assumere una certa qual “immortalità” ( mai visto i film dei Lumiere? ). Per cui anche la sicurezza che con la morte del corpo sia finito tutto rimane alquanto aleatoria. Del resto, come ci ricorda Foscolo, tutta la civiltà umana è costruita sullo sforzo di mantenere la memoria su adeguato supporto: da “I sepolcri” a “A la recherche du temps perdu” di Proust.
Lei ripropone il problema certo ineludibile dell’impotenza del Dio immaginario di fronte ai mali; ebbene, le devo riproporre per l’ennesima volta il tema dei cabalisti ebraici detto dello “zimzum” ( Wikipedia ) : Dio ha rinunciato alla pienezza della sua onnipotenza, si è come “autosospeso” dal controllo completo del mondo ( tema ripreso dal grande scrittore religioso Sergio Quinzio con il discorso sulla “sconfitta di Dio” nella storia ). Ovviamente si risponderà subito che Dio se ne doveva stare buono e quieto nella sua beatitudine prima di combinare questo po’ po’ di disastro ( lo dice anche Woody Allen ); si controrisponderà con san Tommaso che Dio non lascia accadere nessun male se non per trarne un maggior bene; si ribatterà che se tra il “maggior bene” c’è anche l’esistenza dell’Inferno con i diavoli e i dannati, beh, allora… e così di seguito, botta e risposta.

Io vorrei dire che non si tratta di fare qualche calcoletto come per l’ICI-IMU. ma di affrontare una questione che coinvolge esistenzialmente fino alle midolla, perchè prima o poi l’artiglio o almeno la zampata del dolore tocca tutti. Si ironizza sulle pie vecchiette o sui pii beceri che si pascono di consolazioni religiose: perchè, ciascuno di noi, destinato inevitabilmente al disfacimento, non ha bisogno di una qualche consolazione, magari anche preventiva? Quando parlo di macerazione, indicavo qualcosa di simile a quella di Camus, che fu interrotta dalla sua morte precoce ( quel Camus ateo che si laureò con la tesi “La metafisica cristiana e il Neoplatonismo” ); oppure alla macerazione di sant’Agostino, iniziata quando sedicenne fu reso per sempre pensoso dalla morte di un amico.
Di fronte a queste cose lei vuole usare lo schema del due più due quattro e quatro più quattro fanno quattr’otto? Giudicare il SUPREMO eventualmente esistente con l’orologio in mano? Sottoporlo al processo di Ceausescu? In un angoletto e poi pum pum?

Facciamo un passo oltre al già detto e ridetto e stradetto. In tutte le concezioni generali del mondo c’è sempre un elemento non dico propriamente di IRRAZIONALITA’, ma di ARAZIONALITA’. In ogni sistema c’è qualcosa che non si riesce ( ancora) a inquadrare razionalemente; magari si riuscirà in futuro, ma per il momento no. Allora, per il principio di economia, si tratta si orientarsi verso il sistema che comporta la quota minore di arazionalità.
Orbene ( si noti l’andamento donferranteggiante ): esistono due tipi fondamentali di metafisica ( nel senso di viasione gerale del mondo ): una DAL BASSO, in cui l’informazione si accumula e complessifica via via dalla materia cieca, muta e sorda ( almeno nel senso della mancanza della coscienza ) e una DALL’ALTO, in cui dal massimo di complessità informativa si passa a brandelli di informazione di varia estensione, anche minimi, per distacco o per caduta.
Nel primo caso la storia del mondo e’ una STORIA DI SALITA; nel secondo caso UNA STORIA DI CADUTA E RISALITA ( in latino “Exitus-reditus” ) MAGARI ANCHE CON UN AIUTO DALL’ALTO.

Qui si pone la questione cruciale: l’osservazione del fenomeni ci consente di affermare che dalla materia “bruta” ( termine sgradevole, ma tant’è… ) si passi a complessi informativi raffinati, secondo lo schema caso-necessità? Non solo le specie viventi sempre meglio articolate ed equipaggiate, ma anche il cervello umano da cui o in cui la coscienza. Personalmente credo che il principio di COMPLESSITA’ IRRIDUCIBILE sia insuperabile: si trattasse di trappole per topi o di locomotive potrei anche condividere il Darwinismo; ma quando leggo che anche a livello microscopico ci sono apparati che potrebbero essere progettati solo da superequipes di tecnologi del MIT e di architetti, designers e quant’altri non ci riesco proprio. Osservo pure che le esaltazioni di Darwin da parte di persone come quel “bravo ragazzo” che è il prof. Pievani puntano molto ma molto più sull’esaltazione dei vantaggi etici, sociali e politici del Darwinismo che su una credibile dimostrazione scientifica. Anzi, più aumento il mio approccio alla biologia meno riesco a credere che fenomeni come la creazione di scambi “linguistici” con la base di un codice comune ( come nel caso del DNA – RNA ) e finalizzati al miglioramento della specie da parte di enti inanimati possano essere frutto del caso.
Non mi rimane altro che accettare la metafisica dall’alto, sulla base del concetto per cui le specie si formano anche grazie la selezione, ma essenzialmente per l’azione di “campi morfogenetici” operanti appunto dall’alto e disposti in una gerarchia che sembra puntare all’UNO.
Per cui, consapevole delle enormi difficoltà e della portata delle obiezioni, devo, almeno provvisoriamente, accettare di non capire subito qualcosa, anche molto; e siccome sono uno che non si accontenta, arrabattarmici con il massimo impegno. Del resto dall’altra parte c’è solo una illusione di perfetta, rigorosa, scattante, lubrrificatissima razionalità ( quella di Stefano ). Il tutto si riassume nella pretesa di aver risolto il problema della FONDAZIONE DEI VALORI in quanto puntati necessariamente e doverosamente e ineluttabilmante verso l’IDEALE ( anche i materialisti usano il termine platonico – mistico razionalista ) nel contesto di un “naturalismo” secondo cui l’uomo è niente più che un animale superiore ( e come tale, soggetto ai processi viollenti descritti da Darwin e Machiavelli ); in più, su un pianeta che vaga nello spazio di un universo catastrofico, da cui potrebbe essere annichilito in un istante, poniamo da un meteorite.
Per cui deduco che in campo materialista la ricaduta in forme di parareligione non è un incidente, ma una necessuità ineludibile. Gente che non crede nel Dio Sole come il faraone Akhenaton, ma intravede il Sol dell’Avvenir; che ama Garibaldi, di cui non bisogna parlare male e che è cantato nell’inno “Si scopron le tombe, si levano i morti, I MARTIRI NOSTRI SON TUTTI RISORTI”. Tale e quale come nel mito gesuano.
Quella gran brava persona di Orwell ci porta a ironizzare garbatamente su Mosè il corvo e sulla sua montagna di Zucherocandito; però la sua storia si conclude con il trionfo di Napoleon, e il suo romanzo non ci indica come evitare la periodica caduta tra le grinfie di qualche altro Napoleon, anzi la fa quasi ritenere ineluttabile.
Il succo del tutto è che il richiamo al MISTERO non è solo la facile scappatoia per sottrarsi al rigore della ragione. C’è chi rifiuta il mistero e nasconde sotto il tappeto gli ENIGMI che circondano e attraversano il pensiero laico.

Stefano

@ Florenskij

Basta questo:

meno riesco a credere che fenomeni come la creazione di scambi “linguistici” con la base di un codice comune ( come nel caso del DNA – RNA ) e FINALIZZATI AL MIGLIORAMENTO DELLA SPECIE da parte di enti inanimati possano essere frutto del caso.

Tempo perso…

ma quando leggo che anche a livello microscopico ci sono apparati che potrebbero essere progettati solo da superequipes di tecnologi del MIT e di architetti, designers e quant’altri non ci riesco proprio

Tempo perso…

Che diavolo se ne fa un onnipotente di campi morfogenetici e selezione per tendere all’uno? Le specie estinte gli sono sfuggite di mano? Quelle in competizione pure? Per chi parteggia, per la preda o per il predatore? O dà un colpo al cerchio e uno alla botte?

Personalmente credo che il principio di COMPLESSITA’ IRRIDUCIBILE sia insuperabile

E come no…

The reason IDers love “irreducibly complex” features of organisms is that natural selection is powerless (or so they claim) to create such features. As Behe notes:

An irreducibly complex system cannot be produced directly … by slight, successive modifications of a precursor system, because any precursor to an irreducibly complex system that is missing a part is by definition nonfunctional…. Since natural selection can only choose systems that are already working, then if a biological system cannot be produced gradually it would have to arise as an integrated unit, in one fell swoop, for natural selection to have anything to act on.

“One fell swoop,” of course, implies that the feature must have been produced by the miraculous intervention of the intelligent designer.

But this argument for intelligent design has a fatal flaw. We have realized for decades that natural selection can indeed produce systems that, over time, become integrated to the point where they appear to be irreducibly complex. But these features do not evolve by the sequential addition of parts to a feature that becomes functional only at the end. They evolve by adding, via natural selection, more and more parts into an originally rudimentary but functional system, with these parts sometimes co-opted from other structures. Every step of this process improves the organism’s survival, and so is evolutionarily possible via natural selection.

Ancora

The human eye, though eminently functional, is imperfect – certainly not the sort of eye an engineer would create from scratch. Its imperfection arises precisely because our eye evolved using whatever components were at hand, or produced by mutation. Since our retina evolved from an everted part of the brain, for example, the nerves and blood vessels that attach to our photoreceptor cells are on the inside rather than the outside of the eye, running over the surface of the retina. Leakage of these blood vessels can occlude vision, a problem that would not occur if the vessels fed the retina from behind. Likewise, to get the nerve impulses from the photocells to the brain, the different nerves must join together and dive back through the eye, forming the optic nerve. This hole in the retina creates a blind spot in the eye, a flaw that again would be avoidable with a priori design. The whole system is like a car in which all the wires to the dashboard hang inside the driver’s compartment instead of being tucked safely out of sight. Evolution differs from a priori design because it is constrained to operate by modifying whatever features have evolved previously. Thus evolution yields fitter types that often have flaws. These flaws violate reasonable principles of intelligent design.

http://www.wesjones.com/coyne1.htm

Stefano

@ Florenskij

Florenskij se il suo dio è così facile da mettere al muro la cosà più semplice da pensare è che con i discorsi che lei fa un dio non c’entri niente. E il rinvio al mistero non è una soluzione, bensì la resa. Il tentativo disperato di salvare capra e cavoli.
Di supremo in tutto questo non c’è proprio niente.
Riguardo la consolazione, dovesse esserci per qualcuno, niente ha a vedere con la verità. Quindi, semplicemente, tirarla in ballo è inutile.
Le assicuro che molti credenti di consolazione non ne trovano, molto spesso il contrario. Ma ovviamente non sono veri credenti, no?

fab

Florenskij, se gli ebrei fossero diventati epicurei per tempo, non sarebbero stati ebrei. E soprattutto, se i nazisti fossero diventati epicurei per tempo, non sarebbero stati nazisti. Non so se è chiaro il concetto.

Quanto al processo, questo viene fatto alla parola “buono”, che i credenti usano del tutto a sproposito.
Esiste un tale onnipotente che fa quello che gli pare, facendo tutti i danni possibili compatibilmente con la sopravvivenza della vita? Che ci vuoi fare, è onnipotente… ma è buono esattamente come è striato o brachistocrono. Questa è padronanza elementare della lingua, non un inchiodamento di qualcosa.

Murdega

O ancora meglio: “l’inferno è quel posto ove si sta con le donne nude e con i diavoli ci si mette d’accordo.”
(Ennio Flaiano)
Al paradiso della ccar preferisco l’inferno, molto meglio, molto meglio ehhhhhhhhheehhhh !
Caro Flò,se sesiste un’aldilà esiste per tutti, cristiani , cattolici e non.
La commistione tra storia e chiesa è un puro artificio , un trucco un mezzo ingegnoso,
che usi ogni volta, nulla togliendo alla tua cultura , il problema è un altro.
Nel dire ” Ci rida e cachinni ( lat CACHINNUS) sopra quanto le pare, lei con il suo sorriso sardonico dal retrogusto amaro” hai superato te stesso, veramente bravo e degno di menzione,ti propongo per il Premio Ignobel.

Gianni

“al pardiso della ccar preferisco l’inferno…” è una scelta legittima….una scelta che sicuramente Dio rispetterà…

Murdega

una scelta che sicuramente Dio rispetterà .
Dio si i catt no, non acceteranno mai un atto di libero arbitrio,
il paradiso è obbligatorio per tutti, seguendo le istruzioni
del ghota e dell’intellighenzia di riferimento.

manimal

@Gianni

toglimi una curiosità: come fai mai ad aver sicurezza su quelle che saranno le decisioni del tuo dio?

forse questa sicumera dipende dal fatto che il tuo dio è una proiezione dei tuoi desideri?

Cesare

Sono comunque dei FATTI i seguenti.
S. Girolamo parla del poema di Lucrezio, anhe se riferisce qualcosa di poco onorevole sul conto dell’ Autore.Dice, del resto, che il poema fu scritto “per intervalla insaniae”, non lo qualifica frutto di tale “insania”.
L’archetipo da cui derivano i codici in nostro possesso e’ del IV/V secolo (eta’ costantiniano/teodosiana).
Il poema si e’ conservato grazie all’esistenza dei monasteri nell’ Alto Medioevo.
Durante tutto il periodo medievale ha circolato: esistono numerosi codici di tale epoca, oltre a quello scoperto da Poggio Braccioli (e andato perduto). E’ dimostrato che lo conoscevano dotti padovani nel XIII secolo.
Il Bracciolini non ebbe alcuna noia (anzi!) per averlo riscoperto.
L’ editio princeps a stampa e’ del 1473, fatta a Brescia. Constano altre edizioni, in Italia e altrove, quattrocentesche, cinquecentesche e del secolo successivo.
Come prova dell’oscurantismo della Chiesa attraverso i secoli … non c’e’ male.
Saluti.

FSMosconi

Il punto non è che si sia conservato o meno:
Anche il Logos Alithis di Celso si è conservato, ma giusto perché Origene potesse commentarlo (confutarlo è un parolone) nel suo Contra Celsum.
Idem si dice degli scritti di Flavio Claudio Giuliano.

Il punto non è quello: è che ne era proibita la lettura e molto molto ristretta la cerchia dei fruitori.
Non so se hai in mente l'”aneddoto” di Eco sul fantomatico secondo libro della Poetica di Aristotele…

Cesare b

@FSMosconi. “Il punto non e’ chs sisia conservato o meno”. Il punto e’, incece, capitale: la conservazione del testo e’ ovviamente esigenza previa rispetto ad ogni altra cosa, e chi non vuole che un testo sia conosciuto cerca di distruggerlo, o, per lo meno, si guarda bene dal riprodurlo. Due cose che nell’ Alto Medio Evo erano, dal punto di vista della Chiesa, perfettamente equivalenti. Infatti il collasso economico dell’Impero d’Occidente, le invasioni barbariche e la sostituzione della rozza aristocrazia guerriera barbarica alla colta classe dirigente romana, la avevano resa monopolista assoluta della conservazione e riproduzione di manoscritti. Non consta che in tale epoca fosse “proibita la lettura” di alcunche’ a nessuno di coloro che appartenevano alla “molto molto ristretta … cerchia dei fruitori” di libri. Cerchia che era cosi’ ristretta per le ragioni obiettive cui ho accennato sopra.
Anche quando essa si allargo’ assai, dal ‘200 in poi,non consta che vi sia stato impegno della Chiesa a impedire che cio’ avvenisse, ne’ a distruggere libri, o a impedire che si traessero dall’oblio quelli dimenticati, di cui si fosse conservato qualche esemplare: il caso del “De Rerum Natura” ne costituisce un bell’esempio.
Il Concilio di Trento istitui’, e’ vero, l'”Index” (soppresso ufficialmente, dopo secoli di pratico oblio, da Paolo VI). Percio’ “l’”aneddoto” di Eco ” – storicamente inverosimile nel secolo in cui e’ collocato – potrebbe avere, casomai, qualche verosimiglianza se la vicenda fosse collocata tra la fne del XVI Secolo e i primi del XVII.
Infine una domanda. Perche’ citi il greco secondo la pronuncia neogreca? Intendiamoci: personalmente la amo, sprattutto per i testi neotestamentari e cristiani in genere, perche’ da’ la sensazione d’una tradizione non imbalsamata, ma vivente, tuttavia e’ di uso oggi raro tra gli studiosi.
Saluti.

FSMosconi

@Cesare

“Il punto e’, incece, capitale: la conservazione del testo e’ ovviamente esigenza previa rispetto ad ogni altra cosa, e chi non vuole che un testo sia conosciuto cerca di distruggerlo”

Appunto il Discorso Vero si conservò solo fino ad Origene, poi si ben guardò dal riprodurre ancora.
Di contro un libro che non ha più lettori è destituito della sua funzione: riprodurlo o meno farebbe comunque ben poca differenza.

“Due cose che nell’ Alto Medio Evo erano, dal punto di vista della Chiesa, perfettamente equivalenti.”

Salvo tacciare di magia o stregoneria (non è anacronistico, se si pensa che lo stesso Apuleio a suo tempo subì questa “caccia”) solo perché si osava aprire un testo di Porfirio…
Sarebbe come avere una piscina e non poter nuotare.
Di fatto poi, mi risulta che i testi greci più fedeli non si ottennero, salvo rari casi, se non dopo la conquista di Costantinopoli e le interazioni coi popoli del Medio Oriente in genere. Il che anche questo è tutto un dire su l’intenzione di fondo della conservazione…

“Non consta che in tale epoca fosse “proibita la lettura” di alcunche’ a nessuno di coloro che appartenevano alla “molto molto ristretta … cerchia dei fruitori” di libri. Cerchia che era cosi’ ristretta per le ragioni obiettive cui ho accennato sopra.”

Se tieni dei libri stipati in biblioteche per secoli dicendo “chi legge quei libri è o uno stregone, o un apostata o un eretico” – impostando insomma un tabù culturale – emanare delle leggi ad hoc mi risulta del tutto inutile.

“Perche’ citi il greco secondo la pronuncia neogreca?”

Non saprei, magari perché è tardo-romano e la fonetica era già cambiata, seppur di poco? [Ovviamente non ho preteso fosse storicamente esatta, era solo per rimarcare la cosa]

MarcusPrometheus

1) Florenskij ha scritto: il Cristianesimo era la religione dei poveretti ( i “ciardana” )
Correggo, il cristianesimo per Niezsche (e per me oltre che la religione dei furbastri cioe’ di chi ci mangia) e’ la religione dei poveri fessi illusi come i ciandala (non i ciardana, parola inesistente sia in Nietzsche che in italiano).

2) Florenskij e’ decisamente disonesto ed allineato alla perfetta e disonesta tradizione millenaria cristiana che consiste nel travisare costantemente l’epicureismo in edonismo, mentre sono due cose ben diverse.
Inoltre rilevo che il calunnioso travisamento millenario evidentemente ha funzionato benissimo se perfino molti atei culturalmente ben agguerriti che sono intervenuti prima di me non mi pare lo abbiano rilevato o abbiano eccepito.

Bruno Rapallo, apostata e ateo

… forse il giudizio sulla disonestà intellettuale di Florenskij è troppo severo; certo quando si legge la frase: “Nell’epoca moderna epicurei erano i libertini, ricchi signori del genere di don Rodrigo, del conte Attilio, di don Giovanni …” sembrerebbe di rilevare quasi un riflesso condizionato dalla “disonesta tradizione millenaria cristiana che consiste nel travisare costantemente l’epicureismo in edonismo”, ma in un successivo messaggio sul tema dell’epicureismo si legge l’altra sua frase “… a che cosa poteva servire l’atarassia, il signorile distacco …” che fa ritenere gli sia ben nota la differenza tra epicureismo originario e semplice edonismo.
Florenskij mi sembra troppo erudito e acculturato per cadere così banalmente in questo equivoco e forse non voleva nemmeno dar credito disonestamente a tale versione interpretativa di comodo; certo non posso pretendere di psicanalizzarlo e di entrare nei suoi pensieri più reconditi, ma forse posso azzardare che con la prima frase intendesse riferirsi ad un’interpretazione distorta e di comodo di epoca molto più recente da parte di “finti epicurei” abbastanza mascalzoni e opportunisti, anche indipendentemente dalle strumentalizzazioni millenarie di parte ecclesiastica.
Per questo, potrei supporre, nessuno di noi è intervenuto a rimbeccarlo anche su questo aspetto.
Tutto sommato Florenskij mi sembra una persona tormentata e in continua ricerca, che discute e polemizza molto con atei e agnostici per rassicurare se stesso sulle proprie stesse convinzioni non del tutto ferme e definitive; concediamogli almeno il beneficio del dubbio, polemizziamo con forza quando è il caso, ma senza superare i limiti di un fermo ma civile dissenso; sarà sovente troppo logorroico, a volte in contraddizione con se stesso e preda di fallacie logiche (ma può accadere a chiunque e onestamente anche noi non ne siamo del tutto esenti), ma per quanto mi riguarda devo riconoscergli di essere “molte spanne” sopra la media dei credenti che frequentano questo sito; talvolta è sarcastico, ma anche molti di noi non scherzano quanto a “battutacce” feroci; se si evita di insultarsi pesantemente e inutilmente a vicenda, credo che con Florenskij si possa anche instaurare un dialogo relativamente costruttivo (che non ha nulla a che vedere col “cortile dei Gentili”, perché qui si discute alla pari e molto “fuori dai denti”, senza ipocriti “buonismi” e servilismi); tutto sommato, personalmente io leggo con interesse molti suoi interventi, anche se dissento quasi su tutto e stento a capire come possa continuare a macerarsi e tormentarsi su quello che per noi atei è un millenario e inconsistente “nulla”.

Bruno Rapallo, apostata e ateo

… ops, mentre scrivevo il messaggio di cui sopra, Florenskij stava rispondendo quasi in contemporanea (vedo solo ora anche il suo precedente commento delle 10 e 03) e leggendo il suo ultimo messaggio della stessa ora e minuto mi sembra quasi di avergli letto nel pensiero: forse devo chiedere alla mia compagna psicologa se posso “rubarle il mestiere” ?

Florenskij

@ Marcus Prometheus.
1)P. Ciardana per ciandala? Ho toppato, ma questo conferma che spesso cito a memoria per la fretta: nel caso specifico avevo controllato, mai poi il lapsus mi è uscito lo stesso. Il nome “ciardana” mi girava nella testa perchè avevo fatto una brevissima lettura sull’antico Egitto e sui “popoli del mare” suoi invasori, tra cui i “Shardana” ( Sardi ). Il fatto dimostra che non sono infallibile; e allora?
2) Non ho affatto sostenuto che l’Epicuresimo si identificasse con l’edonismo: atarassia vuol dire atteggiamento di chi cerca di rifuggire da passioni capaci di scuotere la psiche. con un MODERATO godimento. Ho perfino sostenuto che la pazzia ( che per Lucrezio è tutta da dimostrare ) può essere indice di una passionalità da giudicarsi non negativamente.: “innamorato pazzo”. Stavo perfino per fare riferimento al Buddismo con il suo “Nirvana”Per cui il suo “dagli al disonesto!” mi sembra davvero fuori luogo. Dimostra piuttosto una suscettibilità che la fa apparire più un’ideologo che un ricercatore di ricostruzioni storiche esatte.

Florenskij

@ Marcus Prometheus. Appunto la fretta: UN’IDEOLOGO con l’apostrofo: matita blu.

Messa a punto, non ritrattazione. Bisogna distinguere tra epicureismo come precisa teoria filosofica e come pratica di costume.
Nessun dubbio che il primo escluda l’immoralità nel senso più crasso; tuttavia l’ateismo, o almeno l’agnosticismo che ne è parte essenziale ha potuto dar luogo ad atteggiamenti variamente differenziati e sfumati: da un pacato antiascetismo “liberato” dai timori dell’aldilà a un “goditi la vita” che non rifiuta sensualità e libero amore ( diciamo alla Bertrand Russell di “Matrimonio e morale”), a un immoralismo più o meno cinico da signore seduttore di fanciulle ingenue o prepotente signorotto profittatore di servette e paesane. Nei “Promessi Sposi” il conte Attilio appare goliardicamente e gagliardamente libero da remore morali; invece don Rodrigo è sottilmente nevrotico, con elementi di complicazione: a un punto tale da immaginarsi che Lucia, una volta condotta al palazzotto, possa provare per lui un sentimento positivo, quasi di liberazione, dopo essere stata tra i brutti ceffi dei bravi.
Se l’UAAR sponsorizza la riedizione di Lucrezio, sarà per ribadire il “Puoi goderti la vita” degli ateobus senza ubbìe di peccato mortale; si tratta solo di capire in qule punto della scala si pongono le conseguenze: semplice “libero amore” che so io di un giovane che rifiuta ( per il momento ) i legami duraturi, oppure anche l’affermazione che in nome del diritto allla “felicità” sentimentale e sensuale si posssono rompere legami consolidati, diciamo anche matrimoniali?

bruno gualerzi

“(…) l’ateismo, o almeno l’agnosticismo che ne è parte essenziale ha potuto dar luogo ad atteggiamenti variamente differenziati e sfumati (…)”

Per un ateo (poi specificherò meglio) questa è un’ovvietà. Per una ragione di fondo: anche se quasi sempre i credenti non ne vogliono sapere, l’ateismo NON E’ UNA RELIGIONE, e anche se innegabilmente certi atei lo possono vivere come tale, c’è una differenza ‘strutturale’ con le religioni: in esse, trascendentaliste o immenentiste che siano, ci sono sempre norme di comportamento non rispettando le quali, per elastiche che siano, si è fuori dalla religione che le pone… mentre nell’ateismo non esiste, come esiste per le religioni, un ateismo ortodosso e un ateismo eretico. Quindi la tua casistica, per quanto accurata e verosimile, non la puoi proporre come se nell’ateismo ci fossero delle contraddizioni, come invece – e qui, come ormai da quando ci si confronta su questo blog, se n’è discusso all’infinito – ci sono nelle religioni. Contraddizioni che naturalmente per il credente non sono tali… mentre un ateo può (non è detto che lo faccia, ma PUO’) accettare questi atteggiamenti differenziati, o anche antitetici, senza per questo parlare di contraddizioni dell’ateismo. Potrà non condividerne alcuni, o anche proprio disprezzarli, ed esaltarne altri, ma, ripeto, non lo farà (PUO’ non farlo) senza per questo fare riferimento a un qualche ‘dogma ateo’. Questa è la libertà dell’ateo… libertà che può usare anche nel modo più turpe possibile (lo dico per amore di tesi, cioè lascio perdere le ‘turpitudini’ perpetrate dai non atei per non incorrere nel solito rinfacciarsi – che non ho mai condiviso anche su questo blog – delle rispettive turpitudini)… ma che non saranno imputabili alla trasgressione di qualche norma più o meno vincolante perchè codificata in una sorta di legge assoluta, valida sempre, per tutti, e ovunque perchè è al di là della storia. O semplicemente ‘aldilà’.
Le norme – per dirla con Kant – rispettano veramente la libertà dell’uomo (che Kant ‘postula’, non ritiene, a ragione, fondata ontologicamente… ma questo è, almeno in parte, un altro discorso) se sono autonome, non eteronome. Quindi l’ateo risponderà di persona dei suoi comportamenti nel rapportarsi con i propri simili sulla base di scelte… discutubili o apprezzabili, nel rispetto delle norme che una società civile per essere tale deve darsi o disattenderle, contestarle o accettarle più o meno supinamente… ma sottoposte al giudizio che può essere solo (ripeto, accettata o contestata) della società in cui vive, e, soprattutto – per le ragioni dette – non dovrà mai essere giudicato (e spesso discriminato) per il suo ateismo.
Questo è possibile solo in uno stato veramente laico.

Florenskij

@ Bruno Gualerzi. Spero di non farle perdere troppo tempo, posto che lei mi legga.
Nessun dubbio che il singolo ateo-agnostico possa vivere da persona onesta e civile secondo certe solide convinzioni, rifiutando nel contempo di assumerle come dogma. Il problema riguarda l’intera società; e si tratta di un problema sociologico, diciamo di “ingegneria sociale” molto più che ideologico. Mi riferisco a quello che nel ‘700 era definito come “il problema della possibilità di una repubblica di atei virtuosi”. Fino a quel momento non mancavano liberi pensatori-agnostici-atei più o meno convinti, lettori o meno di Lucrezio; però si mantenevano per così dire nelle pieghe della società, come Montaigne accomodato nella sua torre; disponibili a far passare un’educazione religiosa per i figli, però con il non dichiatato presupposto di una energico sfrondamento della medesima in età adulta ( più per i maschi che per le femmine ).

Dopo essermi a suo tempo semiscandalizzato del Sillabo, dell’Infallibilità papale e di quant’altro, sono arrivato alla convinzione, o almeno al concetto secondo cui la società nel suo insieme e nel medio-lungo periodo ha bisogno di principi etico-politici a cui ispirare e su cui modellare la legislazione “positiva” con le sue conseguenze sulla formazione della mentalità e del costume.
L’esempio più facile è quello della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789. Sono principi, se non proprio “non negoziabili” in via definitiva, non negoziabili nel lungo periodo e di fatto presentati come dogmi ( usando il termine senza la solita connotazione ultranegativa: principi fondamentali di costruzione dello stato e di ispirazione della società ). Dogmi-principi base che non è neanche il caso di mettere in discussione, se non in certi laboratori filosofici ( penso all’insegnamento del fu prof. Miglio, politologo con evidenti tendenze machiavelliche-hobbesiane: guai però a parlarne diffusamente a scuola: si è fatto un giuramento – di per sè un atto sacro ).
Finora – l’abbiamo detto e ridetto – i movimenti agnostici-atei sono riusciti a costruire assetti sociopolitici parareligiosi, addirittura con le mummie dei fondatori: riuscirà il movimento dei “nuovi atei” a realizzare lo stato veramente neutro?
Ho il sospetto che si tratti per molti versi di una utopia. Ci sono elementi dell’assetto politico-sociale che implicano l’assunzione di determinate strutture che ne escludono altre, implicando perciò una “decisione”, che etimologicamente vuol dire “taglio”. L’esempio più facile è quello della bioetica: il via libera all’aborto su richiesta implica il concetto dell’embrione e del feto come non-persona e della sua appartenenza esclusiva alla madre, con estromissione del padre biologico e della società ; il che si ricollega più o meno a una concezione ateo-darwinista; per cui di fatto si arriva a una “biologia di stato” che prevede il solo insegnamento dell’evoluzionismo meccanicistico-casualistico di Darwin e non dell’evoluzionismo animistico-spiritualistico di Bergson, come da recenti sentenze statunitensi e di Bruxelles. Idem per la politica familiare: l’ammissione del diritto di adozione da parte delle coppie gay implica il concetto della non necessità del mantenimento di una netta polarità maschile-femminile come costitutiva del costume, dell’ethos, della divisione dei ruoli: questo di fatto sulla base di una psicosociologia di stato.
Il tutto, mi spiace di ripetermi, all’interno di un orizzonte culturale in cui si sostiene la “non oggettività dei valori” sulla base del weberiano “disincantamento del mondo” con negazione-irrisione del “diritto naturale”.

Come sta suo cugino musicologo?

bruno gualerzi

Al volo sull’ultima domanda (per il resto, più avanti)
Dopo tanto tempo ci siamo telefonati proprio oggi. Mi diceva che dopo un periodo contrasegnato da vari disturbi, ora si è rispreso. Però ultraottantenne com’è si muove poco da Torino, ma scrive molto (immagino di lirica).

fab

Florenskij, la risposta è la solita: le società secolarizzate sono più sicure e solide delle altre, come si capisce semplicemente guardandosi intorno.

bruno gualerzi

@
“Il tutto, mi spiace di ripetermi, all’interno di un orizzonte culturale in cui si sostiene la “non oggettività dei valori” sulla base del weberiano “disincantamento del mondo” con negazione-irrisione del “diritto naturale”.

Anche a me dispiace rpetermi (più che altro mi costa fatica (^_^))… perciò ripropongo in aprte il contenuto di un”opinioine’ apparsa trempo fa sul blog nella quale trattavo appunto dei cosiddetti vaori, della loro origine. E lo facevo prendendo come punto di ruferimento il ‘valore’ della libertà. E lo ripropongo – in parte – proprio perchè in ballo c’è la libertà, la condizione necessaria cioè perchè esista un problema morale… anche se qui adesso non lo sviluppo come valore specifico. Il tutto comunque per vedere come si genera l’idea che esistano ‘valori oggettivi’, la loro illusorietà in quanto ‘oggetivi’.

“Si prenda in considerazione un cosiddetto valore a titolo di esempio: diciamo la libertà.
Per la libertà è valido il paradosso (o comunque lo si voglia chiamare) che accompagna ogni nozione indicante i cosiddetti valori: là dove fosse sempre regnata e continuasse a regnare, non se ne avrebbe la nozione, non esisterebbe lo stesso termine che la designa. In altre parole, la libertà, come qualsiasi altro cosiddetto valore (la verità, la giustizia, la fraternità, la bellezza, ecc), non sarebbe nemmeno concepibile se non si facesse l’esperienza della sua mancanza (e, fin qui, è d’obbligo citare Eraclito)… la quale però a sua volta è avvertibile come mancanza solo se in qualche modo si è fatta l’esperienza di ciò che manca. Ed è questo particolare ‘movimento’, proprio di ogni circolo vizioso, che porta irresistibilmente a ritenere che ‘per forza’ quanto meno un’idea di libertà ci debba essere sempre stata. Lo ha ritenuto la riflessione platonica, lo ritiene in genere chiunque crede nella oggettività dei valori, nel loro essere ‘valori’ proprio perché la loro esistenza preesisterebbe ad ogni esperienza degli stessi, essendone la condizione, perchè avrebbe origine in una sorta di iperuranio, che tale è l”aldilà’ di ogni religione. Ma di circolo vizioso pur sempre si tratta, a dispetto di ogni contorcimento dialettico per scioglierlo: la libertà, per esistere, presuppone la propria negazione, così come la negazione della libertà può darsi solo se la libertà esiste… ed è il rimando dell’una all’altra – se non si considera che avviene necessariamente sempre – che può illudere circa una esistenza autonoma e contrapposta della libertà e del suo contrario. In realtà, è proprio di ogni cosiddetto valore avere la sua origine nella ‘ribellione’ ad una condizione umana caratterizzata dalla sopravvenuta consapevolezza della sua precarietà… che pertanto ci si studia di combattere non sopportandone la contraddizione resa tale proprio dalla consapevolezza… ma proprio per questo sempre riscontrabile, sempre riprodotta e sofferta, nella nostra rappresentazione del mondo.
Ora, è proprio quando non si può fare a meno di verificare questo indissolubile intreccio che i sostenitori dei valori indicano tale intreccio, non tanto come limite (limes, confine invalicabile, ‘tracciato’ del solo vero territorio praticabile) della condizione umana, ma come colpa da scontare e da espiare: in modo dichiarato quando si tira in ballo una qualche avvenuta trasgressione nei confronti di forze sovrannaturali; con riflessi psicologici analoghi, quando si ‘incolpa’ una natura matrigna… di cui per altro ognuno più o meno oscuramente ‘sa’ di essere parte integrante – in quanto esso stesso natura – e quindi colpevole.”

Poi si continuava vedendo come era percepita e vissuta la libertà in relazione ad una storia della civiltà contrassegnata (mio punto di partenza di ogni riflessione) dalle risposte che la condizione umana esige.

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