Monti “sale” in politica con la benedizione del Vaticano

In tempi non sospetti avevamo definito l’esecutivo di Mario Monti un ‘governo Bagnasco‘, espressione liquidata come boutade da alcuni. Ma calzante, considerata la vistosa presenza di ministri provenienti dal mondo cattolico, l’interesse della Chiesa nella formazione del governo e le successive iniziative confessionaliste di questo governo formalmente ‘tecnico’ (o meglio, ‘clerical-tecnico’). Ora arriva anche l’esplicito uno-due per la “salita” in politica di Mario Monti: prima il plauso dell’Osservatore Romano con un articolo di Marco Bellizzi, poi le dichiarazioni del cardinale Angelo Bagnasco, che si è fatto garante dell’onestà e della capacità di Monti, “su cui c’è un riconoscimento comune”. Non siamo affatto sorpresi.

Tecnico forse, laico sicuramente no

È bene ripercorrere i mesi passati, per comprendere come la mossa di Mario Monti e il plauso del Vaticano siano il culmine di un processo politico che maturava da tempo. Abbiamo avuto con Monti un esecutivo in cui spiccavano Renato Balduzzi, già presidente del Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale, legato all’Azione Cattolica), al ministero della Salute e il ciellino Lorenzo Ornaghi, già rettore dell’Università del Sacro Cuore di Milano, come ministro dei Beni Culturali. E un sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, fervente cattolica nonché preside di un liceo paritario.

Un governo il cui compito ufficiale era risanare le finanze e avviare riforme strutturali dopo la caduta di Silvio Berlusconi. Ma che si è sempre comportato da governo politico, mantenendo costante il rapporto privilegiato con il Vaticano. Lo stesso Monti, con numerosi esponenti del governo, non ha mancato di partecipare al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. E ha più volte incontrato Benedetto XVI, anche perché, come chiarito durante un’intervista a Radio Vaticana, tra Stato e Chiesa c’è “distinzione” ma anche “reciproca collaborazione“. Non poteva mancare il supporto dell’ormai ex presidente del consiglio alle scuole private cattoliche, che hanno beneficiato di ingenti fondi pubblici, nonostante i tagli alla scuola di tutti e le conseguenti proteste di insegnanti e studenti.

Proprio il governo avrebbe anche favorito l’Istituto Opere di Religione (Ior) del Vaticano, sotto giudizio del Moneyval per questioni di trasparenza bancaria. Impegnativo è stato poi il lavorio dell’esecutivo per trovare una soluzione più favorevole alla Chiesa per quanto riguarda la tassazione degli immobili ad uso commerciale. Una solerzia che ci è parsa sospetta: ben oltre i compiti meramente ‘tecnici’, ma frutto di una precisa strategia politica. Mentre i comuni cittadini devono pagare l’Imu sulla casa in cui abitano, le strutture degli enti ecclesiastici possono infine usufruire di sconti ed esenzioni. Da ricordare anche il rifiuto del governo di destinare l’8×1000 dello Stato per la ricostruzione dopo il terremoto in Emilia e in generale per i disastri naturali, come prospettato dall’Uaar, invece di usarli per le chiese. Ricordiamo inoltre che l’esecutivo ha anche deciso di ricorrere in Cassazione contro la sentenza del Consiglio di Stato sull’intesa richiesta dalla nostra associazione.

Anche sul fronte dei diritti civili Mario Monti si è distinto per un conservatorismo volto a non sconvolgere il silenzioso idillio con le gerarchie cattoliche. Ha presentato infatti ricorso contro la sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo che dava un ulteriore colpo alla legge 40 sulla fecondazione assistita, normativa fortemente limitante e sostenuta proprio dalla Chiesa cattolica. Proprio in agosto, subito dopo il pronunciamento della Cedu di Strasburgo, il cardinale e presidente dei vescovi italiani Angelo Bagnasco aveva lanciato un chiaro segnale al governo.

Tutti segnali che da tempo ci fanno definire quello di Monti un esecutivo ‘clerical-tecnico’. E che non ci fanno sorprendere né per l’impegno in campagna elettorale di Mario Monti con un suo schieramento, né per la benedizione vaticana. Da notare che nell’agenda Monti, recentemente lanciata a guisa di programma elettorale, non c’è una parola sui diritti né sulla laicità. Un mutismo che di certo piacerà a Oltretevere, come il riferimento alla sussidiarietà.

Via col centro

Il premier si presenterà, anche se i dettagli sono in via di definizione, con un raggruppamento di centro lanciato da Luca Cordero di Montezemolo. E che vede diversi esponenti dell’associazionismo cattolico, come Andrea Olivero delle Acli, l’ex presidente del Movimento cristiano lavoratori Carlo Costalli, il segretario Cisl Raffaele Bonanni e Lorenzo Dellai, presidente della Provincia di Trento e già tra i fondatori della Margherita. Ci saranno anche un paio di ministri ‘tecnici’, come Corrado Passera e Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio). Nonché l’Udc di Pierferdinando Casini e probabilmente Gianfranco Fini. Che è anche l’unico a suscitare malumori tra i cattolici, perché ritenuto troppo “laico”.

Sarà interessante conoscere il consenso elettorale che il “nuovo centro” racccoglierà. Bagnasco ha parlato, a proposito dell’agenda Monti, di “metodo innovativo e proposte concrete”. In realtà, è già la terza volta che la Chiesa sponsorizza uno schieramento di centro, nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica. Nel 1994 l’alleanza intorno a Maruio Segni non andò oltre il 15,6%, e nel 2001 Democrazia Europea, promossa da Sergio D’Antoni e Giulio Andreotti, fece addirittura peggio, fermandosi al 3,53%.

I principali quotidiani danno ovviamente grande risalto alla benedizione dell’Osservatore Romano al premier tecnico. Tra i commenti, da segnalare quello del vaticanista Andrea Tornielli su La Stampa, il quale nota che “l’endorsement non poteva essere più esplicito”, dopo “un anno di segnali” del connubio tra vertici vaticani e il premier. Su Repubblica si sottolinea il “filo diretto” con Benedetto XVI e Il Corriere della Sera approfondisce la possibile nascita di una lista cattolica sulla scia degli incontri di Todi.

Gad Lerner ricorda che “era dai tempi lontani della Dc che il Vaticano non interveniva con tanta nettezza nella vicenda politica italiana”. Ma anche che, nonostante l’attivismo dei vescovi, “la libertà di scelta” in politica tra i fedeli è un dato “culturalmente acquisito”, come già emerso da recenti sondaggi. Specie in quell’associazionismo che si orienta verso il centro-sinistra e ha criticato i tagli di Monti.

Non manca la nota più polemica de Il Giornale, che titola in prima pagina: Vendono il papa a Monti per diciassette milioni. A tanto ammonterebbero infatti i soldi della finanziaria “agli amici dei cardinali Bertone e Bagnasco”, che ora “restituiscono il favore”. Si tratterebbe di 5 milioni di euro all’ospedale Gaslini di Genova (che “sta a cuore ad Angelo Bagnasco”) e 12 milioni al Bambin Gesù di Roma, elargiti dal governo “in articulo mortis“. Mentre Magdi Cristiano Allam si scaglia contro il “patto scellerato con l’Europa anticristiana” e si chiede come si possano conciliare la dottrina sociale della Chiesa e i suoi dogmi con “la spregiudicata ideologia” di Monti che “mette al centro la moneta, le banche e i mercati”.

Nulla di nuovo sotto il Cupolone. Già nel 1976 Umberto Agnelli fu eletto senatore nelle liste della Democrazia Cristiana. Ora è il turno di Montezemolo.  Visto il potere, anche finanziario, del Vaticano, e la sua influenza politica, quella con i grandi potentati economici ci sembra un’alleanza per nulla innaturale.

L’associazione

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