Carlo Flamigni sulla pillola Diane: prudenza e libertà di giudizio

Carlo Flamigni

La polemica attuale sui rischi tromboembolici delle pillole di terza e quarta generazione riproduce esattamente quella iniziata nel 1995 (e conclusasi senza costrutto dopo dieci anni) iniziata dalle autorità sanitarie inglesi e terminata con una grande confusione di numeri, di cifre e di distinguo pubblicati da agenzie che lavoravano per l’industria farmaceutica: quello che si riuscì a capire fu che era meglio evitare i progestinici di più recente introduzione in commercio, perché potevano essere più pericolosi per la coagulazione intravasale di quelli di prima e seconda generazione.

Adesso le autorità sanitarie francesi iniziano una nuova polemica che riguarda l’uso del ciprocerone acetato, un progestinico antiandrogeno che non è nuovo a queste traversie (fu accusato, e poi assolto, di presentare rischi tumorali a seguito di una serie di ricerche eseguite in vitro su tessuto epatico). Sono stato uno dei primi a studiare questo progestinico, quando lavoravo a Londra con Ian Sommerville e avevamo rapporti di lavoro con Neumann, il biologo che lo ha sintetizzato, e dico subito che il Diane, la pillola che viene accusato di aver provocato quattro decessi per tromboembolia in Francia, non ha mai goduto delle mie simpatie.

Anzitutto è stata somministrata a lungo senza fini anticoncezionali, per trattare l’acne delle ragazze affette da sindrome dell’ovaio micropolicistico, e questa è sempre stata una stupidaggine: in questa pillola ci sono solo 2 mg di ciproterone (e troppi microgrammi di etinilestradiolo, ben 35) e questi 2 mg sono troppo pochi per evitare un effetto terapeutico sugli iperandrogenismi. Il mio gruppo ha sempre utilizzato tra 12 e 25 mg di ciproterone, associato a un estrogeno naturale somministrato per via transdermica; inoltre abbiamo sempre fatto inserire il ciproterone in vagina per evitare il passaggio epatico e in questo modo non abbiamo avuto complicazioni, nemmeno una. In altri termini è stata usata una pillola a dosaggio attualmente considerato elevato (ne esistono con 15 e con 20 μg di etinilestradiolo) per scopi diversi da quelli per cui la pillola è stata proposta e usata.

Sono però molto perplesso per l’accusa di rischio tromboembolico che viene usata per far togliere il Diane dal commercio e vorrei saperne di più. La mortalità da tromboembolia da pillola è pari a due casi per milione di donne che ne fanno uso per anno. Leggo che nello scorso anno le donne francesi che ne hanno fatto uso sono state più di trecentomila, una cifra che mi convince poco. Se fosse così e se il consumo fosse stato lo stesso per gli anni passati quattro decessi non sarebbero da considerare una cifra eccessiva (la mortalità per lo stesso incidente vascolare in gravidanza è pari a 12 casi per milione di gravidanze per anno). È però probabile che io non ne sappia abbastanza e che ci siano dati che non sono stati ancora pubblicati, per cui conviene a tutti esercitare una certa prudenza.

Voglio però ricordare che esiste sempre il rischio che i farmaci siano messi a rischio dalle lotte tra le differenti case farmaceutiche, e che la politica non è indifferente a queste sputtanature, ci sono troppi soldi in gioco ed è noto che l’industria farmaceutica gode di incredibili protezioni in tutta l’Europa. A parte ciò, il Vaticano ha il dente avvelenato contro tutto ciò che richiama alla mente il controllo delle nascite e non credo che vada molto per il sottile se trova un pertugio per le sue critiche. Non voglio essere troppo malevolo, ma credo che sarebbe meglio se controllasse la moralità dei suoi preti invece di continuare a mettere il naso nei cicli mestruali delle ragazze.

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.