Una nuova primavera araba, o una definitiva era glaciale?

L’assassinio del leader dell’opposizione tunisina Chokri Belaid ha suscitato profonda emozione, e centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il governo sostenuto dal partito islamista Ennahda, accusandolo di essere il mandante politico. Il primo ministro Jamadi Jebali ne ha a sua volta preso le distanze, e sta cercando di costituire un governo tecnico. Una mossa che ha spinto Ennahda a scendere a sua volta in piazza: gli slogan contro il “traditore” e le richieste di morte nei confronti dei leader degli altri partiti si sono sprecati.

Nel frattempo continuano le proteste anche in Egitto. Dove le donne che manifestano sono oggetto di un numero crescente di insulti e di molestie sessuali: gli stupri sono stati addirittura giustificati da un leader islamico, e si è dunque dovuta costituire una rete di volontari (i Tahrir Bodiguards), muniti di caschetto e giacchetta fosforescente, per proteggere la componente femminile dei raduni. Il presidente Mohamed Morsi, dei Fratelli Musulmani, è sempre più in difficoltà. In settimana si è addirittura visto con il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

Un’internazionale integralista è alle porte? Se si tiene presente anche la crescente influenza dei gruppi ultra-islamisti salafiti in tutto il Maghreb, il timore è più che giustificato. Ma gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno mostrato che, sia pur confusamente, in tutto il mondo arabo stanno spontaneamente venendo alla luce sentimenti laici e democratici.

Non è quindi detto che l’esperienza della primavera araba debba necessariamente concludersi come nel 1979 in Iran. I paesi occidentali, se credono nell’universalità dei diritti umani, possono fare la loro parte. Non certo imponendo democrazia e laicità manu militari: già mandare precisi segnali attraverso la diplomazia potrebbe però sortire qualche effetto, visto che la zona è in balìa di una crisi economica assai grave, e i governi islamisti potrebbero quindi essere costretti a tenere in maggior considerazione i problemi esistenziali della popolazione, più che quelli religiosi.

Ma anche i cittadini possono fare la loro parte. Il turismo costituisce una parte importante delle entrate tunisine ed egiziane. Scegliere altre mete rappresenta a sua volta un piccolo ma importante segnale.

La redazione

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7 commenti

gmd85

Continuino ad anteporre le menate religiose. Finché sarà cosi gli stramaledetti integralisti avranno sempre libertà di agire

spapicchio

Infatti, troppo islamismo e troppa religione non vanno bene, i problemi degli stati vanno risolti con le proprie forze dei cittadini, senza alibi teocratici, confessionali, fondamentalistici, eccetera, in modo realistico e concretamente sul territorio.

Admin

Per favore non commentate qui la notizia delle dimissioni del papa, grazie. Seguirà (con calma, abbiamo iniziative più importanti a cui pensare) un’Ultimissima specifica

Reiuky

Aspettiamo anche che la notizia sia confermata…
Per ora c’è solo un’ansa e tanti titoli sensazionalistici

Bertrand Russel2 la vendetta

La mia opinione è che se ci decidessimo qualche volta a imparare dalle lezioni della storia ci renderemmo conto che il passaggio da una struttura di potere dittatoriale a una democratica è molto spesso tormentata da violenze, passi in dietro, scontri e contrasti di vario genere, basta ricordarsi tutte le fasi della rivoluzione francese o delle rivoluzioni Inglesi del XVII secolo.

Nel medio oriente la situazione è complicata dalla presenza in molti paesi di una versione fondamentalista della religione che è estremamente difficile far convivere con la libertà individuale, forse ci riescono bene solo in Olanda, adesso che non ci sono più i dittatori, bigotti ma non fondamentalisti, aperti all’occidente quanto bastava ma non modernisti, è scoppiato, come molti avevano previsto, uno scontro tra gruppi di idee diverse.

Per me l’importante è che si continui a votare e che lo si faccia liberamente, infatti adesso come adesso, penso che i fondamentalisti avranno la vittoria in pugno, in Egitto e che abbiano buone possibilità di vittoria anche in Tunisia e Libia, ma il loro approccio al economia e al istruzione è talmente inefficiente e la loro visione della libertà individuale è talmente oppressiva che i loro cittadini nel giro di pochi anni si stancheranno e voteranno per qualcun altro.

In fatti in Iran dove i fondamentalisti sono al potere dal 1979 l’opinione pubblica è in gran parte stanca di loro e gli ayatollah sono riusciti a conservare il potere solo con l’uso dei brogli, della corruzione e della violenza ma questo è uno stato di cose che non può durare per sempre anzi questo genere di potere di solito dura poco.

I fondamentalisti, nei paesi della primavera araba, poi difficilmente potranno rifiutarsi di accettare un minimo di regole democratiche e se li violeranno noi occidentali, che abbiamo appoggiato le rivoluzioni, avremo buon gioco a richiedere il rispetto di queste regole, con l’appoggio anche di una buona parte dei mussulmani non fondamentalisti, cosa che non si può fare in Iran visto che li la rivoluzione è avvenuta anche contro gli U.S.A. mi rendo conto che ci saranno anni di pesanti limiti alla libertà individuale ma nel giro di alcuni decenni dovrebbero diventare paesi liberali quasi quanto quelli occidentali.

Tiziana

Delle primavere arabe ricordo che vedevano protagonisti giovani e donne che reclamavano libertà e democrazia. L’entusiasmo con cui accogliemmo quelle proteste ci fece sottovalutare che quei manifestanti invocavano valori occidentali, mentre l’Occidente, meglio le nostre classi dirigenti, fino al giorno prima avevano nutrito i regimi oppressivi che quelle proteste avevano provocato. Non è ancora il tempo di fare bilanci negativi, ma sarebbe opportuna una riflessione sulla nostra politica che affidava ai vecchi regimi il controllo di una comoda stabilità senza chiedersi nulla di quei regimi, senza comprendere che la situazione non poteva durare a prezzo della libertà delle persone. Mi sembra che questa riflessione sia mancata e senza questa non sarà possibile per noi comprendere pienamente la portata e la difficoltà – che durerà molti anni – di quei paesi

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