Ormai in paesi come la Francia e la Gran Bretagna il matrimonio anche per i gay (o meglio, il matrimonio “per tutti”) è in via di approvazione, nonostante la vociante opposizione delle confessioni religiose. Con l’estensione del matrimonio anche per gli omosessuali negli Stati Uniti, emerge ora anche l’esigenza di divorziare. Al momento, su 140mila unioni registrate negli Usa circa 1,1%-1,7% finiscono con la separazione. Un fenomeno che parte in sordina ma che secondo gli avvocati che sbrigano queste faccende è destinato a crescere massicciamente, come si legge su un approfondimento del New York Magazine ripreso su Repubblica.
Negli Usa a fine mese ci sarà un punto di svolta giuridico sulle nozze gay. La Corte Suprema dovrà infatti decidere sull’abolizione della Proposition 8 che in California ha negato il diritto di sposarsi agli omosessuali. Voluta fortemente dalle lobby religiose unite in una santa alleanza, ha cancellato i matrimoni gay con un referendum nel 2009 passato con il 52% dei voti. Ma intanto le 18mila coppie che si erano già sposate sono rimaste unite in matrimonio, dando luogo a una contraddizione giuridica. Tanto che un tribunale aveva dichiarato incostituzionale il bando alle nozze gay. In ballo anche la decisione se abrogare o meno il Defense of Marriage Act, approvato nel 1996 da Bill Clinton, che limitava il matrimonio alla sola unione tra donna e uomo. Il presidente Barack Obama ha ribadito che quella legge federale va abolita e anche Clinton è ora sulla stessa linea. La palla ora è passata alla Corte Suprema per entrambe le questioni.
Non c’è molto da scandalizzarsi o da stupirsi se gli omosessuali scelgono anche il divorzio dopo aver lottato per il diritto al matrimonio. Né ciò può essere considerato, come potrebbero fare gli integralisti o gli oppositori al matrimonio gay, come una contraddizione o un segno di una mancanza strutturale di solidità della relazione omosessuale. Anche la coppia gay può scoppiare, come d’altronde succede per quelle etero: le dinamiche amorose sono infatti simili. Dovrebbero intuirlo anche coloro che bollano gli omosessuali come dei malati o affetti da chissà quali drammatici disagi. Già nel 1994 ci fu il primo caso di divorzio gay in Norvegia, a un anno dall’approvazione delle nozze omosessuali. E in Gran Bretagna la prima separazione da civil partnership nel 2007.
Il vero problema per gli omosessuali statunitensi che divorziano è la selva di leggi e regolamenti dei singoli stati e federali che non sono armonizzati. Se in uno stato è legale il matrimonio, in un altro magari non lo è o non sono definite con precisione le procedure per il divorzio. Tutto ciò crea numerose complicazioni, soprattutto per questioni economiche e per la presenza di eventuali figli: cose che rendono più traumatica la separazione e inaspriscono i rapporti tra coloro che divorziano, imbarcati spesso in lunghe e costosissime battaglie legali. C’è anche da dire che nella stessa comunità gay viene amplificato il senso di colpa per il divorzio, forse perché le lotte civili per ottenere il diritto al matrimonio sono recenti ed è ancora vivo il ricordo dell’impegno, che si teme vanificato con il divorzio.
Del resto non risulta nemmeno un’opposizione religiosa al divorzio gay. La stessa Chiesa cattolica non è contraria: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” significa che tutto ciò che non è stato unito in nome di Dio è separabile. La Chiesa e lo Stato, per esempio: ma non lo dicono. D’altronde, la Chiesa ha già inventato il privilegio petrino e il privilegio paolino. L’uno permette al papa di sciogliere il matrimonio celebrato ma non consumato, l’altro di sciogliere il matrimonio quando uno dei due coniugi si battezza dopo le nozze e l’altro non vuole più conviverci. Ora gli resta soltanto da riconoscere il “privilegio” del cittadino: essere libero di unirsi con chi e quando vuole e di separarsene quando ritiene sia il caso di farlo. Matrimonio per tutti, divorzio per tutti. Il che non significa che tutti si debbano sposare e poi anche divorziare. Significa soltanto assicurare a ogni cittadino il più ampio ventaglio di scelte possibili.
La redazione
non ci vedo niente di strano, francamente
Bene, Benny XVI è storia. Ora hanno messo su Francy I: speriamo non sia peggio essendo gesuita.
beh ora ratzinger potrà cominciare a postare sul forum ultimissime siparietti con i dialoghi francesco/segretario 🙂
Jorge Mario Bergoglio, argentino di Buenos Aires, con parenti astigiani, nuovo papa
Jorge Mario Bergoglio, argentino di Buenos Aires, gesuita con parenti astigiani, nuovo papa.
Il bello è che adesso c’è un papa di un paese in cui è presente il matrimonio egualitario, vediamo che succederà.
tanto è tale e quale i suoi predecessori.
che può succedere, scusa?
occhio a plaza de majo tra l’altro
In Argentina si era opposto energicamente, ma aveva fallito.
Ora, purtroppo, ha due vantaggi in più rispetto ad allora:
1) è papa, e non solo cardinale (quindi è molto più potente)
2) sta in Italia, e non in Argentina (quindi in un paese molto meno laico)
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Matrimonio per tutti, divorzio per tutti
Ormai in paesi come la Francia e la Gran Bretagna il matrimonio anche per i gay (o meglio, il matrimonio “per tutti”) è in via di approvazione, nonostante la vociante opposizione delle confessioni religiose. Con l’estensione del matrimonio anche per gli omosessuali negli Stati Uniti, emerge ora anche l’esigenza di divorziare
Tante crisi isteriche per avere a tutti i costi il matrimonio e già pensano al divorzio. Prova in più che il matrimonio gay é inutile.
Tante crisi isteriche per avere a tutti i costi la personalità giuridica dell’embrione e già pensano all’aldilà. Prova in più che la vita è inutile.
un po’ come quello eterosessuale direi.
come del resto testimoniano divorzio e sacra rota, right?
Meglio un diritto inutile che una mancanza dannosa dello stesso.
Giusè, ma un commentino concreto mai, eh.
ho letto “mai un commento cretino”. e difatti mi stavo domandando cosa stessi dicendo 😉
invece, dislessia portami via