Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il volume è La conquista sociale della Terra, di Edward O. Wilson. Recensione a cura di Stefano Marullo.
Sempre Stefano Marullo ha nel frattempo scritto una nuova recensione del libro Quasi quasi mi sbattezzo, di Alessandro Lise e Alberto Talami, recentemente ristampato con la collaborazione di Nessun Dogma, il progetto editoriale Uaar.
La redazione
pare interessante, quasi quasi me lo leggo appena finisco “il quilombo di Fréchal”.
Pare goduriosamente interessante!
….neanderthal….
“(non esiste alcun reperto archeologico che riferisca della loro cultura e tecnologia)”
Parbleau….questa mi giunge nuova..
Un gruppo di scienziati extraterrestri che sbarca sulla Terra tre milioni di anni fa…………
…………durante la loro assenza, il cervello delle australopicetine sarebbe cresciuto rapidamente e quattro milioni di anni dopo sarebbe arrivato l’homo sapiens……
Stefano c’e’ qualcosa nel numero dei milioni di anni che non mi convince. 😆
Sì, hai ragione, c’è un milione di anni di troppo 🙂
Vorrei però scagionare il buon Edward O. Wilson, la lettura errata è mia (che notoriamente non ho il Verbo, ma per dirla con una vecchia battutta, mi accontenterei del Complemento Oggetto). A pag. 59 -60 si legge infatti (ndr il maiuscolo è mio): “Durante la loro assenza” (qui Wilson si riferisce all’esempio testé fatto qualche riga più su degli scienziati extraterrestri arrivati 3 milioni di anni fa) “accadde qualcosa di straordinario. Il cervello delle australopitecine cominciò a crescere rapidamente. All’epoca della visita degli extraterrestri, misurava 500-700 centrimetri cubici. DUE milioni di anni dopo era arrivato a 1000 centimetri cubici e nei QUASI DUE MILIONI di anni seguenti schizzò a 1500-1700 centimetri, il doppio di quello delle prime austrolopitecine. Era arrivato HOMO SAPIENS, e la sua conquista sociale della Terra era imminente”. Ho fatto il classico DUE più DUE, ignorando quel QUASI.
A parziale attenuante, non credo di sbagliare, caro Francesco, se dico che sulle grandissime misure (di tempo, spazio, o spazio-tempo) l’arrotondamento per difetto o eccesso è trascurabile. Ma attendo lumi anche su questo da parte di qualche altro lettore attento e colto (e più “scientific” di me) come mediamente si trova in questo blog..
Il libro è davvero bello e ricco di spunti. Spiace che non sia piaciuto molto a Dawkins (ma spiego nella recensione il perché). Mi raccomando, non compratelo nella libreria sotto casa, anche se è il o la titolare è vostro amico o vostra amica. Utilizzando la piattaforma, date una mano all’UAAR (sempre che vogliate dare una mano all’UAAR naturalmente).
E poi vi arriva comodamente a casa, in tempi davvero brevi. L’appello naturalmente non vuole in alcun modo incitarvi a non andare in libreria, con il cinema uno degli ultimi templi del sapere e della cultura, che è sempre un posto migliore del Centro Commerciale per passare qualche ora del vostro pomeriggio libero, ma solo per vedere le ultime novità (da ordinare dal sito UAAR). Che sfacciato che sono…Tanto prima o dopo questa benemerita associazione la sciogliamo e sarà un bel giorno quello: vuol dire che in Italia la laicità avrà trionfato. Credenti e atei lavoreranno insieme per la Città dell’Uomo.
Ho scritto questo commento innanzi tutto per fare una battuta, non c’era nessuna volotà da parte mia di parlare sul serio, ma sai un milione di anni in questi tempi dicrisi 😉 .
Poi leggendo il tuo ulteriore commento io credo che tu non abbia sbagliato, credo infatti che due milioni più quasi due milioni, arrodontando, diventi quattro e non tre, magari può esserci stato un errore di traduzione? Non saprei.
Scusa, “arrotondando”
Di Wilson ho già letto l’evergreen “Genes, mind and culture”. Veramente rivoluzionario. Leggerò con estremo interesse anche questo.
Interessantissima e bella la recensione del signor Marullo!
Sull’eusocialità si pone un quesito interessante: possiamo a questo punto affermare che il capitalismo puro, oggi chiamato neoliberismo ma che potremmo chiamare anche oligopolio visto che di libero mercato ce ne è rimasto poco e in comune col liberismo vi è solo una volontà di lassaiz faire dello Stato al Mercato, è contrario a quello che, a detta del libro, è presentato come il punto di forza del sapiens?
Sinceramente non vedo questa contraddizione. Riprendo la definizione di eusocialità da wiki: “Eusociality is characterized by cooperative brood care, overlapping adult generations and division of labor by reproductive and (partially) non-reproductive groups”. Questo è esattamente quello che si è realizzato in tutte le società umane di cui abbiamo qualche informazione. Anche nella società neoliberista esistono suddivisione del lavoro e cooperazione.
@ Faber
Beh, nel neoliberismo la cooperazione è tra cartelli finanziari per togliere ricchezze a quei pochi esterni che ancora ne detenevano, e contemporaneamente a togliere diritti e poteri ai lavoratori. Non so se una cooperazione (peraltro provvisoria, visto che i cartelli poi spesso si fanno guerra commerciale e/p finanziaria anche tra loro) finalizzata all’annichilimento delle risorse e delle ricchezze altrui sia possibile da definire tale, visto che la cooperazione dovrebbe volgere al bene comune. Viceversa, più che di cooperazione si dovrebbe parlare di accordo provvisorio tra parti sociali (come le alleanze in una guerra) per attaccarne altre, ma a questo punto, se la cooperazione è intesa come in quest’ultimo senso, anche il termine eusociale, per la sua radice etimologica e dunque per il significato che assume (in mancanza di un significato derivato dall’uso è solitamente l’etimo che fa il significato, e credo che il termine ‘eusociale’ non abbia avuto una larga applicazione nel parlato e dunque l’etimo dovrebbe darne il significato) avrebbe da essere fortemente ridiscusso o modificato, dando poi però tutto un altro senso al libro stesso.
L’obiezione che tu sollevi circa il termine eusociale è corretta. Onestamente non penso si possa dare un’interpretazione univoca della questione. Le dinamiche sociali sono molto complesse e, non dimentichiamolo mai, sono influenzate anche dal contesto naturale e storico in cui si sviluppano. Certo è che esiste nell’homo sapiens una naturale tendenza alla ripartizione dei compiti che non si ravvisa invece in altre specie di mammiferi sociali (dai roditori fino ai grandi carnivori) comprese le altre specie di primati. Per quanto riguarda la cooperazione questa può essere intesa sotto diverse sfumature ma, come dicevo prima, penso che un ruolo fondamentale sia giocato anche dai fattori esterni. Infine dobbiamo considerare che, almeno per come la vedo io, la socialità e l’organizzazione dei gruppi umani sono la risultante di due processi paralleli e al tempo stesso intimamente legati: l’evoluzione biologica (e in questo caso soprattutto l’evoluzione del cervello) e l’evoluzione culturale. L’esistenza di tutti questi fattori rende il problema estremamente complesso (oltre che molto interessante).
Ottima spiegazione, Faber, ti ringrazio.
Sia solo chiaro che non intendevo mettere in discussione questo studio -non perchè sia dogma, ci mancherebbe, ma perchè semplicemente non ne ho le capacità- ma semmai il capitalismo puro come lo viviamo oggi…(se poi il capitalismo come tale sia oggi migliorabile o sia alle sue conseguenze ultime sarebbe discorso interessante, ma troppo vasto, difficile e soprattutto OT) .
Pecchiamo di antropocentrismo quando arriviamo ad evincere che i nnss. competitors “in modo assai improbabile raggiungeranno le vette della genialità creativa e non avranno mai i loro Leonardo, Gauguin, Shakespeare, Mozart”. Una ristrettezza mentale che è poco più avanti (ma solamente il minimo sindacale) della supremazia dell’uomo bianco o di quella di genere.
Essere qui ed ora e valutare in base a conoscenze che coprono storicamente poche migliaia di anni e con mere ipotesi si e no qualche milionata in un mondo che viaggia nell’ordine dei miliardi (sempre dei nnss. anni) mi pare poco meno che favolistico.
Un po’ come alcune pulci sul dorso di un cammello che, non riuscendo a decifrare i suoni degli altri parassiti presenti, pensano di essere le sole a saper comunicare e che le vertigini dell’essere su una gobba siano il massimo dell’esplorazione e dell’avventura.
@ Giuliano
Chiediamo umilmente scusa alle termiti, alle api e alle formiche (a Padova c’è un interessantissimo Museo degli Insetti lo sapevate?) ma in base alle nostre attuali conoscenze possiamo affermare che il sapiens (che rischia anche di non esserlo fino in fondo) è un caso più unico che raro sulla Terra. Ma le nostre asserzioni essendo non dogmatiche sono solo verosimili in quanto falsificabilissime. Qualcuno vedrà al posto nostro tra qualche milione di anni. Sempre che il sapiens si mantenga eusociale fino ad allora. Se non lo sarà, la sua scomparsa non sarà il peggiore dei mali, soprattutto per gli altri abitatori di questa piccola zolla dell’Universo.
Anche credere che l’uomo sia così diverso dagli altri animali da riuscire a sfuggire alla logica “mia-specie”-centrica è abbastanza antropocentrico. Lo fanno tutti gli animali, l’uomo è un animale, non c’è nulla di male basta non essere dogmatici.
Breve parentesi.
Chiedo perdono per la mia presunzione, ma nella disputa fra Stephen Hawking e Umberto Eco circa il fatto che i fisici avrebbero preso il posto dei filosofi (nel senso classico del termine), mi schiero dalla parte di Hawking.
La filosofia non è morta, ha semplicemente cambiato i suoi metodi e i suoi campi di interesse. Non essendo possibile dare una definizione univoca di filosofia mi attengo all’etimo: amore per il sapere. Sapere significa conoscenza e, oggi, la conoscenza in moltissimi campi va avanti seguendo il metodo scientifico. Questo significa che in molti campi scienza e filosofia finiscono per sovrapporsi. Non per questo devono escludersi l’un l’altra anzi, ritengo che un corretto approccio epistemologico debba essere necessario per poter svolgere in maniera completa e non puramente tecnica il mestiere di scienziato. Del resto la filosofia, come ogni disciplina, deve essere inserita all’interno del quadro storico di riferimento. Così come oggi sarebbe ridicolo un biologo che si ponga il dubbio di quale sia la natura del codice genetico (DNA o proteine era la famosa disputa prima di Avery, McLeod e McCarty) così oggi Eraclito o Protagora finirebbero per predicare in qualche speakers’ corner di un parco cittadino.
No, caro Faber; le grandi menti si distinguono sempre. Eraclito, Protagora, Lucrezio e altri similari oggi sarebbero sicuramente grandi scienziati.
Probabilmente mi sono espresso male. Intendevo dire che allo stato attuale della conoscenza umana, se Eraclito e Protagora avessero espresso il loro pensiero (quello che conosciamo già non quello ipotetico che avrebbero se vivessero oggi) sarebbero relegati a qualche speakers’ corner.
La ‘morte delle filosofia’, essendo ‘filosofo’ (virgolette d’obbligo), mi ha sempre interessato, così come, essendo ateo (senza virgolette), mi interssa la ‘morte di dio’. Quindi propongo – citando senza pudore me stesso! – quanto scritto in merito tempo fa:
“Da tempo è stato rilevato come ogni sistema filosofico compiuto – cioè strutturato in modo da proporre una interpretazione esaustiva della cosiddetta realtà – non potesse che essere, che tradursi, in un sostanziale circolo vizioso. Per coerente che fosse al suo interno, anzi, proprio per istituire e conservare questa coerenza, ogni sistema si presentava come una costruzione che, per stare in piedi, aveva bisogno di fondamenta, come ogni costruzione, salvo poi dover far sì che fosse il tetto a fungere da fondamenta e viceversa, in un continuo scambio di funzioni indispensabile per, appunto, tenere insieme l’edificio.
Scoprire questo provocò qualcosa di analogo alla scoperta che la terra era una sfera (quindi ogni suo punto poteva essere considerato contemporaneamente l’inizio e la fine di un percorso), che non era né al centro né alla periferia dell’universo, che sembrava immobile nel vuoto mentre in realtà si muoveva a velocità vertiginosa sia intorno al proprio asse che nello spazio verso non si sa che cosa, e infine che lo spazio e il tempo che rendevano per altro riscontrabile la sua e la nostra esistenza, erano grandezze relative, ‘oggettivamente’ relative…
Ecco allora che, così come non possiamo ‘rappresentarci’ (per la fisica, misurare) alcuna dimensione in cui inserire la nostra fisicità se non partendo e ritornando alla nostra fisicità circoscritta dallo spazio e dal tempo della nostra esistenza/esperienza, nessuna interpretazione della realtà può spingersi oltre ciò che lo strumento interpretativo ci permette di interpretare. E così, dopo gli ultimi eroici sforzi (dagli ‘eroici furori’ di Giordano Bruno si arrivò a quell’hegelismo che è l’ultimo disperato tentativo di ‘sistemare’ la realtà rispettandone l’incommensurabilità) per uscire dal circolo vizioso, la filosofia sembrò rassegnarsi via via alla rinuncia della ricerca di fondamenti, uniformandosi, da un lato alla scienza e alla sua dichiarata convenzionalità circa appunto i fondamenti, e dall’altro alla religione, che i fondamenti non li cerca, li trova, afferma di averli trovati.
A questo punto alcune domande. La filosofia era morta e non lo sapeva ed ora finalmente lo sa? La filosofia finge di essere morta per mascherare una stanchezza di cui per altro si vergogna, e di fatto rischia davvero il suicidio? La filosofia concede solo una delega temporanea ad altre forme di sapere illudendosi di riprendere il suo cammino dopo essersi ricaricata di nuova energia proprio ‘sfruttando’ i risultati ottenuti e ottenibili con altre forme di sapere?
Forse tutto questo insieme… e però tutto questo lascia dietro di sé un legittimo timore: se l’uomo rinuncerà, per stanchezza o altro, alla ricerca dei fondamenti (delle Cause Prime, dei Perché Ultimi o comunque li si intenda chiamare), in realtà se rinuncerà ad affrontare il Circolo Vizioso nel quale, proprio per mezzo della pratica filosofica, si è reso conto che lo relega la ricerca dei fondamenti, la specie umana correrà il rischio di una vera e propria estinzione provocata dall’uomo stesso (prima magari che vi provveda una ‘vita dell’universo’ che non dipende certo dalla volontà umana). Perché così la scienza potrà distruggere il pianeta in quanto avrà via libera ogni ‘apprendista stregone’, e perché la religione non sarà più in grado di custodire alcun mistero in quanto avrà via libera ogni forma di superstizione: il destino dell’umanità rischierà di trovarsi nelle mani di scienziati stregoni e di stregoni dotati dei poteri messi a disposizione dalla scienza…
mentre la consapevolezza del limite della nostra ragione – limite che si esperimenta solo percorrendolo, solo pensandolo per quel che può significare, solo insomma non fuggendo di fronte al Circolo Vizioso – se da un lato mette in guardia dall’illusione di poterlo sorpassare, dall’altro rende possibile alla nostra ragione di affrontarlo per quello che è, di confrontarsi con esso limite alla pari, unica condizione per non venirne schiacciati E la ‘colomba’ kantiana (l’esigenza conoscitiva della realtà fenomenica) può continuare a volare senza rischiare continuamente di sfracellarsi sfracellandoci.
Un breve controllo su Wikipedia, tanto per un ripasso-messa a punto, mi ha fatto incontrare qualcosa di sorprendente, analogo alle poco divulgate idee “spiritualiste” di Wallace, naturalista-osservatore non meno meticoloso di Darwin.
“Per quanto riguarda l’ambito religioso, Wilson descrisse la sua posizione di DEISTA, definendola come un percorso lontano dagli schemi tradizionali. Wilson sostenne la teoria che la credenza in Dio e i rituali delle religioni siano prodotti dell’evoluzione. Per questo motivo LA SCIENZA, secondo Wilson, deve COLLABORARE CON LA RELIGIONE e stabilire un accordo con essa.
Più oltre si dà conto di un romanzo di W.: “Anthill: a novel”
( “Formicaio” ). Wilson – sempre parole testuali di Wikipedia – fa apparire attraverso la descrizione delle formiche, che la fede in Dio non è semplicemente FALSA, ma VERA in senso darwiniano, IN QUANTO PRODUCE COESIONE SOCIALE E QUELL’ALTRUISMO CHE E’ NECESSARIO PER LA SOPRAVVIVENZA DELLA SOCIETA’ UMANA. E’ pure possibile che la religione non abbia solo un’utilità funzionale. Wilson afferma di non considerarsi NE’ ATEO NE’ AGNOSTICO, ma un DEISTA PROVVISORIO. “Questo significa che VOGLIO CONSIDERARE LA POSSIBILITA’ DI UNA CAUSA ULTIMA, ma non sono veramente vicino a capire di che cosa possa trattarsi”.
Quello che io vedo personalmente nell’ipotesi della Causa Ultima è l’enigma della tendenza dei viventi a spingere verso sempre più raffinate differenziazioni funzionali ( ad esempio con combinazioni di apparati complementari ).
Quanto all’elegante recensione del dott. Marullo, devo dire che mi sembra di riscoprire a tratti di un filone “carsico” abbastanza simile a quello dell'”ELAN VITAL” di Bergson. “Insieme a SCHIZZI casualistici possiamo intravedere FIGURE DI SENSO”. “Schizzo” è la diramazione di un flusso ad alta pressione ( “elan” ). “Figure di senso” può essere interpretato non come un Disegno Intelligente globale , completo e definitivo, ma come vari disegni tendenzialmente intelligenti. Bergson stesso afferma che l'”Elan” ha una direzione in avanti, ma non un percorso prefissato. In questo senso mi sembra di trovare qualche addentellato con le posizioni del prof. Pievani. Di fatto il percorso è configurato, più o meno implicitamente, come se ci fosse una meta generale ( la complessificazione cerebrale-coscientizzazione ) con percorsi trovati per prove e tentativi.
A conclusione del suo intervento, il dott. Marullo accenna al tema della genialità raggiunta da alcuni eminenti individui della specie umana. Credo di non sbagliare indicando l’origine del termine dal latino “genius”, un essere spirituale che si insinua nella mente di una persona “eletta” donandole forze creative “miracolosamente” superiori a quelle della normale umanità: come se i geni fossero dei “posseduti” nel senso buono del termine, quasi navicelle spaziali che stanno superando il campo di gravità terrestre per entrare in un altro campo gravitazionale che le attira verso l’alto, la sfera del SUBLIME.
Tutto questo non è affatto la dimostrazione della verità di questa o quell’altra religione, ma un argomento opportuno per evitare certe forme estreme di fondamentalismo ateistico, secondo le quali certe problematiche sono non solo liquidate, ma perfino risibili.
Abbiamo, parzialmente, i protocolli per immaginare e classificare la “genialità” umana.
Ma esiste solo la ns. genialità?
Intervento molto equilibrato e condivisibile il suo Florenskij. Bergson (di cui preferisco il saggio sul “Riso” piuttosto che “L’evoluzione creatrice”) mi pare autore abbastanza ostico, ammiro la sua pazienza di lettore.
Il Deismo? Figlio di un epoca forse in cui non si aveva il coraggio di chiamarsi atei o agnostici.
Concordo sulla necessità di evitare fondamentalismi da cui neanche l’ateismo è immune (scientismo, antropocentrismo, nichilismo…)anche se avendo una passione per “il relativo” ha sostanziali anticorpi rispetto ad altre correnti di pensiero.
Sig. Florenskji, come sospettavo da tempo, la sua apparente sterminata cultura “tuttologa” deriva in gran parte da Wikipedia ( con i pochi pro e i molti contro che ciò dimostra).
Detto questo, vorrei dire che ormai è ora di piantarla con la storiella (buona per un’umanità infante e primitiva, ancorché ripresa da personaggi più recenti come Bergson o similari) che continua a sostenere che ci debba essere unione tra scienza e “fede” perché necessario al buon sviluppo delle qualità positive dell’uomo, come altruismo, coesione sociale ecc., che in realtà storicamente( visto quello che hanno provocato le religioni nel fomentare ignoranza, attitudine a subire di tutto senza porsi domande in quanto c’era già il era depositario delle risposte e via dicendo) non ha ragione di esistere.
L’umanità ora sa che tutto ciò è inscritto nei propri geni e frutto di evoluzione, fisica e culturale; abbandoniamo dunque le religioni e andiamo avanti con ciò che abbiamo in noi stessi. Se questo basterà a farci diventare migliori, proseguiremo il cammino dell’esistenza altrimenti ( come già avvenuto in Natura migliaia di volte), ci estingueremo e qualche altra forma di vita prenderà il nostro posto.
@ S. Marullo. Grazie per garbo e comprensione ( anche senza condivisione delle linee di ricerca ). A differenza di lei, trovo Bergson una lettura relativamente facile ( al polo opposto la “Scienza della logica” di Hegel; ma si sa che i Francesi hanno una secolare tradizione di eleganza-chiarezza letteraria ). Tengo a precisare per l’ennesima volta che il mio “bergsonismo” è relativamente autonomo rispetto all’uso che l’apologetica cattolica tradizionale faceva della “prova fisico-teleologica”; questo per il suo glissare sul tema della “guerra nella natura” fra specie e individui; c’è molto della “Naturphilosophie” germanica e delle filosofie “vitalistiche” e dell’Inconscio, in primis Schopenauer. Quanto simili impostazioni trovassero seguito a cavallofra il XIX e il XX secolo è dimostrato non solo dai classici Freud e Jung, incomprensibili senza quello sfondo, ma anche da esempi “minori” come il poco noto ma raffinatissimo poemetto entomologico “Le farfalle” di Guido Gozzano ( iniziato e non finito ), in cui si introduce esplicitamente l’idea di una forza inconscia che plasma a tentoni le forme dei viventi ( tanto per esemplificare, come fosse un vetraio di Murano in stato di sonnambulismo ). Aggiungo l’esempio, decisamente più importante, di Maurice Maeterlinck, poeta-drammaturgo SIMBOLISTA di grandissima notorietà, che tra il 1900 e il 1930 pubblicò libri best-seller “La vita delle api”, “La vita delle termiti”, “La vita delle formiche”. Anche in questo caso l’osservazione esatta non contraddice il senso del Mistero, o se preferisce un altro termine, meno connotato religiosamente, dell’Enigma cosmico: qeull’enigma di fronte a cui si inchinava il laico Einstein.
@ Giancarlo Bonini. Mi sembra che il suo atteggiamento non corrisponde al principio nomen-omen. Ho fatto ricorso a Wikipedia per un controllo rapido ( ovvviamente da verificare ) e ho trovato confortante, oltre che sorprendente, la possibilità di mostrare che anche un osservatore ultrarigoroso come un entomologo può coltivare istanze esplicative altrettanto “bizzarre” e “cervellotiche” di quelle per cui il sottoscritto è preso abitualmente per il lato B.
Tanto perr informarla, ho avuto fra le mani la mia prima enciclopedia quando frequentavo la terza elementare; Wikipedia è per me una scoperta recente, che ha il grande pregio di far risparmiare moltissimo tempo e fatica nell’esplorare piste di ricerca ( niente sfogliamento di volumoni, almeno in un primo tempo ). Le sue illazioni sull’origine wikipediana della mia cosiddetta “tuttologia” sono del tutto sballate per quanto riguarda la parte umanistica; molto meno per la parte scientifica, che è in me molto carente: ho fatto il Classico e poi Lettere. Il nickname, scelto all’improvviso e non più ritirabile, riflette più che altro una aspirazione. Il vero Florenskij, quello a cui “non sono degno di sciogliere i legacci dei calzari” fece un percorso contrario; proprio la matematica, la logica e le scienze esatte gli fecero scoprire l’elemento “sublime” , quello che conduce sui sentieri del Logos, dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, e lo spinsero a ritornare alla religione ortodossa, fino ad abbracciare lo stato clericale.
Con un minimo di conoscenza sociologica saprebbe che le idee di Wilson sull’utilità delle religioni sono le stesse non sono di Bergson, ma anche del grande Durkheim, entrambi ebrei laicizzati.
Non vedo quale difficoltà ci sia per un darwinista ( la lotta come motore dell’evoluzione ) a conciliare l’idea “etologica” che le religioni abbiano avuto in passato una funzione socialmente utile ( ovviamente non senza molte ombre ) con l’affermazione che oggi sono obsolete. Il suo mi sembra un tipico esempio di logica del “tutto o niente”, con relativa mancanza, di distinzioni, articolazioni e sfumature.
La invito a considerare meglio le implicazioni della sua ultima frase: “… altrimenti ci estingueremo e qualche altra forma di vita prenderà il nostro posto”. Se la VITA è un fenomeno casuale, chi ci dice che si ripeterà? Dalle sue espressioni sembra di intendere che la VITA come aumento di complessificazione-coscientizzazione, in qualunque forma si presenti, si sviluppa necessariamente dalla materia; ma allora tra materia e vita c’è un rapporto molto più stretto di quanto affermi certo darwinismo dozzinale in quanto molto più ideologico che scientfico.
Dimenticavo sia Maeterlinck che Bergson sono premi Nobel.
No, Florenskji, la mia ultima frase era solo per concludere quanto scritto: non ritengo affatto che la vita debba esistere in ogni caso; non sono un determinista, non credo che il mondo ci sia per noi o per altri che debbano cercare di capirne lo scopo oppure dire di averlo saputo da qualche penosa entità soprannaturale che si è degnata di raccontarglielo in un orecchio in modo da poter poi turlupinare il resto della gente comune che per sapere le cose deve studiare.
Per inciso, ho iniziato a leggere la mia prima enciclopedia all’età di 8 anni ( la famosa Enciclopedia dei Ragazzi Mondadori) e da all’ora fino ad oggi ormai settantenne, non ho mai smesso di leggere.