Cattolicesimo, conformismo, non conformismo e anticonformismo

Papa Bergoglio si è rivolto in questo modo ai giovani fedeli, prima dell’Angelus di domenica: “dovete avere il coraggio di andare controcorrente” e con “fierezza”, non “rinnegare la voce della coscienza, la voce della verità”. Lanciandosi poi nell’esaltazione dei “martiri quotidiani”.

Sulla scorta delle dichiarazioni papali, che hanno galvanizzato i più ferventi, anche il consigliere comunale Udc a Senigallia Maurizio Perini ha ripreso l’espressione per polemizzare contro la campagna Uaar “senza D”, sbarcata ad Ancona e provincia e oggetto di vandalismo. A suo dire, con una ricostruzione orwelliana, sarebbero piuttosto i cattolici “per le posizioni che assumono controcorrente come quelle sulla difesa della vita” a subire discriminazioni, circondati da una maggioranza ostile. Curiosamente, negli stessi giorni, Le petit Journal ha pubblicato un’intervista al nostro segretario, dal titolo Essere ateo a Roma o nuotare controcorrente. In cui si accennava appunto alla vita di un ateo in un contesto fortemente influenzato dalla religione cattolica, in particolare a Roma dove ha sede il Vaticano.

Chi ha ragione? Quello del fedele “controcorrente” è praticamente dagli albori un elemento narrativo tipico della propaganda cristiana, specie di stampo integralista. Che si lega alla mitizzazione delle persecuzioni durante l’impero romano, rappresentate come resistenza eroica di alcuni eletti, per etica, sensibilità e valori, a un sistema sociale e politico demoniaco, crudele e depravato e a un’umanità abietta e senza coscienza. Un esempio da manuale di “invenzione della tradizione”, il cui imprinting che è rimasto e il cui schema viene applicato anche in altri contesti (si pensi ai regimi “atei”). Molti integralisti cristiani di oggi pensano di trovarsi in una situazione simile con l’avvento della società moderna, lamentando persecuzioni e discriminazioni diffuse.

La secolarizzazione, la diffusione della cultura e dei diritti, le trasformazioni della società da qualche secolo a questa parte hanno consentito a molti di abbandonare la “retta via” e vivere in maniera differente e autonoma la propria vita, senza l’obbligo di seguire una religione. Quindi, per certuni, la società appare ora come un intreccio caotico senza ordine, punti di riferimento, sicurezza e legittimità, come nella polemica anti-moderna di diversi pensatori che idealizzano il passato e la religione. Un disagio che può portare ad esaltare la fede come baluardo contro il caos, in un mondo che sarebbe ormai pericoloso e ostile. È un discorso simile a quello già fatto per i convertiti quando si era diffusa la notizia della morte in Siria del giovane Giuliano Delnevo. È tipico di costoro vedere la fede come un modo per superare il disagio di una vita che reputano senza direzione, ma anche come un insieme di certezze e regole che li rendono diversi dalla massa di “pappamolle” dandogli una disciplina e delle idee per cui vale la pena di impegnarsi.

Anticonformismo cattolico

Il problema è che dalla conquista del potere, con Costantino e soprattutto con Teodosio, e la successiva soppressione di altri culti o comportamenti “devianti”, il cristianesimo per circa mille e settecento anni si è imposto in Occidente come la norma, in senso totalitario. Va aggiunto che, a un occhio laico, appare improponibile definire “anticonformista” chi segue un sistema di rigidi dogmi e principi che fanno riferimento a un dio e soprattutto è tenuto, nel caso del cattolicesimo in particolare, ad obbedire e a sottomettersi a una gerarchia religiosa proprio in quanto intermediaria della divinità. È vero che nella società ci sono spinte verso la secolarizzazione ed è vero che molti stati occidentali (Italia esclusa) si stanno dando conformazioni sempre più laiche e vedono una maggiore presenza di atei e agnostici palesi. Ma se andiamo a individuare la corrente, la realtà è che circa un italiano su sei si dichiara cattolico praticante, un italiano su sei non credente, ma tutti gli altri, a parte i fedeli delle sparute confessioni di minoranza, si dichiarano cattolici “non praticanti”. I cattolici non praticanti in teoria non dovrebbero nemmeno esistere, visto che partecipazione al culto è un precetto. Nel mondo poi la maggioranza delle persone segue e ha sempre seguito comunque una confessione religiosa, specie quella che ha una posizione predominante in cui vivono. Gli atei, gli agnostici e simili sono arrivati solo in tempi recenti a circa un miliardo su sette.

Ci sono quindi più spinte che vanno verso un conformismo di stampo religioso. Politica e mass media non seguono certo la presunta corrente laica: appoggiano apertamente le gerarchie ecclesiastiche e non prendono mai le distanze dagli eccessi più fanatici (basti pensare all’attenzione riservata a un movimento integralista ramificato e influente come Comunione e Liberazione). A voler essere precisi, conformismo è definito come “adesione acritica alle opinioni, ai comportamenti prevalenti nella società”, mentre l’anticonformismo è il “rifiuto di uniformarsi alle opinioni e ai comportamenti predominanti”. Spessissimo quindi la religione si configura proprio come una forma di conformismo ed è per sua stessa natura un insieme di regole e comportamenti “giusti” e di principi “veri”, certificati con il bollino divino cui occorre attenersi (non solo per ottenere la salvezza eterna). Come accade d’altronde per qualsiasi ideologia (anche atea) imposta in maniera violenta e antidemocratica e senza rispettare i diritti dell’individuo.

Occorrerebbe piuttosto guardare in maniera più razionale le cose, anche uscendo dalla trappola — per usare un paradosso — del “conformismo dell’anticonformismo” dal sapore un po’ adolescenziale. Che vuole ad esempio l’interpretazione fanatica della religione come una forma di rivolta contro una realtà ostile, stereotipata, mercificata e anonima, e chi più ne ha più ne metta. Certe persone sono convinte che seguire idee estreme, tranchant, integraliste (di qualsiasi tipo) sia un segno di originalità, mentre il resto è da automi. Forse bisognerebbe rendersi conto che ogni essere umano può coltivare la sua originale individualità, in maniera consapevole e critica, senza doversi porre il problema del grado di presunto anticonformismo cui attenersi. Una sorta di naturale, spontaneo non conformismo. Per farlo, dal nostro punto di vista, si è più liberi e coscienti se non si viene condizionati da lenti ideologiche di stampo religioso. Anche perché conformismo e anticonformismo sono questioni relative: dipendono dal sistema di riferimento che si prende in considerazione. E non è proprio un punto di merito seguire ideologie intolleranti e fanatiche, tese a disumanizzare o demonizzare il “nemico” perché così si è “diversi”.

Il problema è che nel pensiero integralista si tende a fare di tutta l’erba un fascio, all’insegna della semplificazione manichea. Chi non segue in maniera stringente certi principi viene messo nel mucchio dei “conformisti”, senza distinguere la pluralità di comportamenti e attitudini che sono comunque presenti. Una massa informe di persone etichettate come se non avessero principi saldi, complessità umana, sensibilità e piena dignità. Sulla scorta di questo ribaltamento ideale, è frequente l’esaltazione speculare dei “veri” credenti: sono loro i “veri” anticonformisti perché la maggioranza della società non segue i “veri” valori. Anche l’ateismo così diventa per alcuni una “moda” superficiale.

Ma se andiamo a guardare chi si conforma e chi no, è evidente che il cattolicesimo è la corrente, visto che non ci risultano tante persone che, benché cattoliche convinte, si dichiarano non credenti. Ci risulta esattamente il contrario, ovvero la tendenza di una fetta di non credenti a dirsi credenti, per questioni di accettazione e conformismo sociale. Un meccanismo amplificato proprio dall’attitudine prona dei politici e dalla celebrazione della religione da parte dei media. Certo, in teoria si può anche sostenere che fanatismo e clericalismo vanno, in qualche modo, “controcorrente”. Ma, se proprio vogliamo usare una metafora, è forse più corretto sostenere che sono gigantesche frane che hanno bloccato per millenni il corso naturale di un fiume. Costringendo chi voleva seguirlo a cercare altre vie ritornando indietro. Molto più indietro.

La redazione

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