Un altro spinoso caso, quello del suicidio assistito di Pietro D’Amico, avvenuto in circostanze non chiare in Svizzera, riapre il dibattito sulla necessità di una più puntuale regolamentazione della questione. Non solo in Svizzera, ma anche in Italia. Lo scorso aprile D’Amico, con una lunga carriera di magistrato prolungatasi fino al 2010, si è recato da solo in macchina a Basilea, dove presso una clinica ha avuto luogo il suicidio assistito. Tutto ciò all’insaputa della famiglia, che ne è venuta a conoscenza solo dopo la sua scomparsa.
Si è creduto che a D’Amico, già colpito da profonda depressione, fosse stata diagnosticata una malattia incurabile e per questo avesse scelto l’eutanasia. Ma l’autopsia ha rivelato che non c’erano patologie. L’uomo aveva infatti mostrato certificati medici secondo cui sarebbe stato malato terminale: e sulla base di queste diagnosi i medici lo hanno assistito nel suicidio. L’avvocato Michele Roccisano, legale della vedova Tina Russo, ora chiede che si stabiliscano le responsabilità per la diagnosi errata dei medici in Italia e per il comportamento dei dottori svizzeri. In precedenza D’Amico aveva tentato più volte di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera, ma non gli era stato concesso perché non aveva documentazione medica che lo giustificasse.
Alcune settimane fa un caso in parte analogo è stato giudicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Un’anziana donna svizzera aveva ripetutamente chiesto l’eutanasia sebbene non soffrisse di malattie terminali, ma i medici si erano rifiutati e i tribunali del suo paese avevano respinto l’istanza. La questione era quindi finita alla Cedu, che ha fatto notare come la legge svizzera non precisi nel dettaglio i casi in cui ammette il suicidio assistito, chiedendo maggiore chiarezza.
La vicenda conferma che sarebbero opportune non solo regole chiare, ma anche una gestione “pubblica” e trasparente di questo tema complesso, nel rispetto della volontà di autodeterminazione dei singoli. Mario Giordano, su Il Giornale, ha scritto ieri di “perdita dell’umanità”. Ma cosa c’è di più umano di non voler soffrire inutilmente? La questione va affrontata: bisogna mettere da parte le ipocrisie, i dogmi, le accuse di disumanità e di assassinio, ma anche impedire che possano esserci abusi. Occorre anche mettere in campo tutti gli accorgimenti per evitare errori. Possibilmente individuando un percorso legislativo che riconosca le diverse esigenze delle persone coinvolte, come la campagna sul fine-vita, il testamento biologico e l’eutanasia promossa anche dall’Uaar per avere finalmente una legge senza tabù pure in Italia. Ma soprattutto che rispetti chi fortemente soffre, anche se non fisicamente, e non trova altre soluzioni che chiedere aiuto per farla finita.
La redazione
Questo potrebbe essere un esempio di cattiva sanità più che di suicidio assistito.
o un ottimo esempio di strumentalizzazione
Forse i medici svizzeri si sono limitati a fare i burocrati invece di compiere le visite. Se in Italia hanno sbagliato la diagnosi e non aveva niente probabilmente avrebbe scelto diversamente.
C’è in realtà una terza ipotesi, che abbia fatto carte false per poter morire.
beh la terza ipotesi mi pare più che altro certezza.
mi sfugge un po’ il motivo per cui non si sia semplicemente suicidato, anche con dei farmaci (se è riuscito ad avere certificati falsi, che ci vorrà mai a farsi fare ricette false? coi medici di base basta andare a dire “sono un po’ giù” che ti fanno la ricetta di antidepressivi e ansiolitici senza manco guardarti in faccia…).
ma probabilmente ci sono spiegazioni che mi sfuggono (intendo valide per lui, non necessariamente per me o per “noi” qui).
In realtà essendo un giudice poteva volendo disporre facilmente d’un arma e spararsi in testa, probabilmente più rapido e indolore di qualsiasi overdose.
A parte questo, io credo che il suicidio assistito nasca per aiutare quelle persone che non possono farlo da sole ovvero persone che hanno mali incurabili, su quello credo che lo stato debba intervenire.
Per quanto riguarda le persone sane fisicamente credo che lo stato non debba legiferare né in senso di divieto né in senso di assistenza, ma lasciando al singolo di compiere tutte le azioni atte a porre fine alla proprie vita.
Nel senso che secondo me non esiste un diritto ad essere aiutati nel suicidarsi, quando non ci sono motivi oggettivi per farlo.
trovare il coraggio di spararsi non è mica così facile.
effettivamente chiedere a qualcun altro di compiere il gesto è rassicurante e meno “difficile”…
mah.
mi studierò un po’ la psicopatologia del suicidio
Io se avessi intenzione di suicidarmi, prenderei il porto d’armi per caccia, non così difficile da ottenere, acquisterei un fucile, manderei un fax in questura dove dico dove trovare il mio cadavere ed eseguirei il gesto.
Semplice, pulito. Forse sono troppo calcolatore.
guarda, non è così semplice.
o meglio, è secondo me molto più semplice se sei malato terminale o stai soffrendo per una malattia “fisica” (lo metto tra virgolette perchè anche tutta la sfera psichica dipende dal fisico e volendo anche viceversa. no brain no gain).
la questione del “prendo e la faccio finita”, intendo.
qundo si tratta di un disturbo psichico, quale che sia (c’è mica solo la depressione che “induce” – semplifichiamo così – al suicidio), le cose diventano molto più complicate e ingarbugliate.
Secondo me, finchè sussiste una relazione medica che parla di malattia incurabile, che sia della mente o del corpo e sussista la piena coscenza del paziente questo andrebbe aiutato.
Se mancano queste condizioni lascerei il tutto al singolo senza intervento esterno, la paura di farlo da solo è un buon test per valutare la volontà del soggetto nei casi in cui non ci siano patologie mentali o fisiche.
@Francesco S
Se,come e’ possibilissimo,ha fatto carte false,il suo comportamento e’ stato riprovevole,specie se si tiene conto della sua qualifica di magistrato.
Non gli sarebbe costato niente depositare da un notaio,avvocato o analogo una dichiarazione nella quale si assumesse la responsabilita della “falsa diagnosi”,evitando
ai sanitari accuse in fondo immeritate.
@Laverdure
Questo noi non lo sappiamo, spero che nel caso abbia fatto carte false si sia preoccupato di questo, perchè non è giusto coinvolgere penalmente qualcuno che è innocente.
Anche se l’ipotesi di diagnosi sbagliata non è così remota, ma in fondo le nostre sono chiacchiere da bar.
Se andava a Lourdes i bigottoni avrebbero gridato al miracolo e
la diagnosi dei medici sarebbe stata validissima…..C’est la vie.
Sempre se non si sia trattato di un imbroglio voluto dallo stesso giudice. Ipotesi che mi era balenata alla mente, leggendo che aveva fatto richiesta per l’eutanasia ma che gli era stata rifiutata proprio perchè non era malato, ma di cui non ne ho parlato perchè non volevo fare la figura del complottista…… ma vedo che sono in ottima compagnia.
Come semo maligni i non credenti però….. 😆
Che un magistrato che la vuole fare finita riesca a procurarsi esami e perizie che simulino una malattia incurabile non mi pare difficile a credere.
Semmai c’è da chiedersi perchè occorra un tale lavorìo per permettere ad ognuno di decidere della propria vita.
Poi parlano sempre di depressione, non so se in senso giornalistico o medico.
La depressione è una malattia della mente, non sono uno psichiatra ma so che può essere trattata. Inoltre so che tra i “sintomi” c’è la voglia di morire. E’ la malattia che parla o la persona? Da razionalista questo è un dubbio che bisogna porsi.
beh di depressione si parla in senso medico/psicologico 😉
non tutte le persone depresse sono trattabili (con farmaci, psicoterapia o tec che dir si voglia, singolarmente o in associazione), purtroppo.
credo che in questi casi ci sia da chiedersi “ha senso vivere col desiderio pressante di morire e una sofferenza infinita, sapendo che non passeranno mai?”. una sorta di inception, non so se mi spiego.
Se ci sono dei casi non trattabili, lascerei al paziente libertà delle sue azioni fino all’estrema conseguenza, ovvero se per caso decide di abusare delle medicine che ho prescritto e va in overdose sono solo problemi suoi.
infatti così è, che io sappia.
o meglio… se un paziente è veramente intenzionato a farla finita, lo farà. punto. indipendentemente da qualsiasi cosa si possa fare per impedirglielo.
Esiste davvero poi una consequenzialità tra depressione e suicidio? Perchè non tutti i depressi vogliono morire e d’altronde non tutti quelli che mettono volontariamente fine alla loro esistenza sono depressi. L’istinto alla sopravvivenza e il cupio dissolvi sono forze presenti come attitudine umana, anche se più frequentemente a prevalere sia il primo (per “economia” evolutiva probabilmente).
non ho mai parlato di consequenzialità 😉
e non è neanche tra i sintomi core della depressione (penso non lo sarà nemmeno nel dsm 5, ma aspetto di vederlo).
correlazione non implica causalità o consequenzialità eh 😉
tra l’altro spesso un depresso è anche troppo “depresso” per farlo. non a caso, dare antidepressivi a un presunto depresso ignorando che sia magari bipolare in fase depressiva, porta a un viraggio maniacale dove l’umore è ancora quello di prima, ma le forze ben diverse e quindi diventa “possibile” mettere in atto il suicidio.
@Francesco
Direi che la depressione e’ la malattia psicosomatica per eccellenza,cioe’ e’un disturbo psicologico provocato da condizioni
“ambientali” avverse,vale a dire gravi problemi di finanze,di lavoro,delusioni sentimentali ecc.
E a meno di poter intervenire su queste condizioni,cosa spesso
praticamente impossibile,e’ una pia illusione pretendere di curarla.
no non è così.
la depressione non dipende (sempre e non solo) da cause esterne, intese come le intendi tu.
è tutto assai più ingarbugliato, non è che tutte le persone che fanno bancarotta o vengono mollate si suicidano o sviluppano un disturbo depressivo maggiore (che è cosa BEN diversa dal “mi sento giù”).
è sempre la solita “tiritera” di predisposizione + eventi infantili (che comunque hanno effetto a livello cerebrale) + eventualmente eventi di vita più avanti, ma non necessariamente.
esistono anche bambini con disturbi depressivi.
e bambini che si suicidano. ma siccome è troppo orribile pensarci (e anche siccome l’agito e la manifestazione della depressione in sé sono differenti da quelli di un adulto) non si “nota” e si pensa che siano cose che riguardano solo i grandi.
per dire…
io vengo mollata, la mia amica pure. stessa cosa, storia che dura dallo stesso tempo, stesse modalità e via dicendo.
io sviluppo un disturbo depressivo, la mia amica no.
cosa è cambiato?
– geni
– differenze neuroanatomiche e recettoriali
– esperienza infantile
– altre esperienze di vita
– varie ed eventuali
l’esser mollati, il perdere il lavoro e via dicendo sono trigger, non sono le vere e proprie cause di qualcosa che avrebbe potuto svilupparsi anche “da sé” (e molto spesso è così), senza alcuna causa esterna evidente.
@ laverdure
Non mi convince la tua analisi. Le condizioni ambientali sono variabili non determinanti. A suicidarsi sono persone anche ricche o di successo o che hanno relazioni sentimentali appaganti.
Una Wendy O. Williams, cantante rock, bella, ricca e famosa, non aveva alcuna “condizione ambientale avversa” per suicidarsi. Solo uno dei tanti esempi naturalmente.
Altre persone sfigatissime, per così dire, hanno un attaccamento alla vita altrimenti inspiegabile
Kaworu esaustiva come sempre
nah stefano, non come vorrei 😉
però non è “luogo”.
se interessa comunque “psichiatria psicodinamica” di glen o. gabbard è un ottimo approfondimento per iniziare 🙂
@ Kaworu
Lo metto in “magazzino” tra i circa 6-7 libri che aspettano di essere letti (alcuni dei quali se meritano devo anche recensire, dolcissima condanna).
io consiglio quello perchè si parla anche di altri disturbi che hanno in comune il fil rouge del suicidio eh, la depressione non è certo l’unico (anzi) 😉
oltretutto (anche se è molto più psicodinamico che altro) parla anche appunto in modo molto blando delle evidenze neuropsicologiche, che se uno non è proprio avvezzo, diventa pesante andarsele a cercare su pubmed 😉
poi ci sono molti altri libri più specifici su depressione e suicidio eh.
@Kaworu
“è tutto assai più ingarbugliato, non è che tutte le persone che fanno bancarotta o vengono mollate si suicidano o sviluppano ….”
Hai perfettamente ragione,nel senso che le persone possono reagire in modo molto diverso alle condizioni ambientali.
Ma questo vale anche per fenomeni puramente fisici e non psicologici: c’e’ chi non sopravvive alla puntura di un’ape e chi sopravvive a quella del serpente a sonagli,
chi si becca un malanno al minimo spiffero d’aria e chi sopravvive a mesi di lager.
Quanto a cio’ che dice Marullo,il suo e’ un discorso pericolosamente superficiale:come fai ad essere sicuro che una relazione altrui sia “realmente appagante”,o che una situazione finanziaria sia relamente solida ?
Tutto e’ relativo :per un magnate abituato a dominare il mondo finanziario,ridursi a causa di rovesci ad un patrimonio che gli permetterebbe di vivere comodamente nel lusso vita natural durante,un lusso che la maggior parte della gente gli invidierebbe,ma senza contare piu’ niente nell’ambiente dove era un padreterno,puo’ essere insopportabile per il suo orgoglio.
@Kaworu
Se avessi tempo e voglia puoi usare le tue conoscenze per correggere eventuali imprecisioni qui –> https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_depressivo
Ma attenta wikipedia può diventare un’ossessione.
ma infatti laverdure, nulla esiste senza cervello.
in questo appunto i disturbi psichici, che a tanti sembrano qualcosa di così fumoso e inafferrabile (non te, dico in generale) sono comunque legati al nostro cervello.
e non sempre “solo” a quello, tante volte dei disturbi molto fisici (ormonali tipo) possono provocare altri disturbi, non a caso nel dsm c’è sempre la clausola “non dovuto a condizione medica generale” (o qualcosa del genere, non ho voglia di andare alla mia libreria XD come ho detto a flo, sono pigra)
poi c’è la questione sociale anche.
non so come dire, è tutto un diagramma con parti che si intersecano tra loro.
per dire… nella società giapponese è (era?) molto forte la questione dell’onore, se fallisci ti “devi” suicidare.
se sei un italiano e vai in bancarotta, quasi ricevi un premio se fai il gesto dell’ombrello a tutti, scappi in messico 4 – 5 anni se proprio va male e poi torni e rifai da capo quel che avevi fatto prima.
esempio razzista? forse, ma le due società sono diverse, c’è poco da fare.
ma due italiani con la fabbrichetta che fallisce non necessariamente fanno come l’esempio sopra entrambi. uno magari si impicca per la disperazione.
perchè ha altri problemi, perchè ha investito a un altro livello in quell’attività, perchè significava “altro”, perchè semplicemente ha avuto un background (nel senso più ampio del termine) diverso…
mi spiego?
è difficile dire che sono solo eventi esterni.
più che altro in questioni simili, quando esterno e “interno” si fondono in un modo così incasinato per lo meno all’inizio, quando sei neonato e ancora prima ancora non nato, e quel che succede fuori influenza quel che succede nel tuo cervello e viceversa.
non so come dire diversamente…
provo un altro esempio:
il bambino X ha un certo temperamento, dettato dai geni (ma anche da quel che è successo mentre era nel pancione, e ricadiamo in “ambiente”). il bambino Y un altro.
ricevono lo stesso tipo di cure all’inizio, ma X è intrattabile più spesso di Y, che invece è un cicciopacioccone. a poco a poco cambia il comportamento verso X, che diventa più s ca zza to, insofferente e ostile. questo rinforza determinate connessioni cerebrali di X (ripeto: semplifico al massimo).
mi spiego meglio?
vale per tutto, non solo per la depressione.
ma figurati, non sono in grado e non ho tempo XD
mi limito a riportare un po’ di esperienza personale e un po’ di quel che ho studiato 😉
@Kaworu
Come non detto. Volevo trasferire un po’ della mia ossessione, su it.wiki ho scoperto chi è Kaworu come personaggio. 😀
ahahahah guarda ci avevo pensato, al mettermi a collaborare con wiki.
ma avrei bisogno di giornate di 48 ore XD
il mio nick viene da Kaworu Nagisa comunque, personaggio di neon genesis evangelion 😉 anime & manga favorito quando ero ragazzina 😛
@Kaworu
Io a 25 anni continuo a leggeli i manga. Che vuoi sarà che tutto il giorno traffico tra formule, equazioni e calcoli, un po’ di sano fantasy fumettaro me lo concedo la sera.
ora mi sto appassionando a ghost in the shell 🙂
Francesco S
25 anni? Io, a 28, ho finito la ristampa di City Hunter e di Golden Boy il mese scorso e ora sono su Eden. Il mio fumettaro di fiducia ha una quarantina d’anni 😛
@gmd
C’è da dire che solo qui in occidente il fumetto è ritenuto letteratura per bambini. 😀
Io non faccio che scaricare fumetti in lingua francese da internet,perche buona parte dei migliori fumettari sono appunto belgi (vedi Tintin) o francesi.
Avendo studiato solo inglese ho scoperto che i fumetti sono un metodo eccellente per per perfezionare una lingua, anche partendo da zero nel caso di una abbastanza facile come il francese.
Viva Emule !
@Francesco S
Purtroppo.
@Laverdure
Sapessi, però, certe mattonate di resa in italiano che mi son trovato a leggere.
Mi e’ piaciuto molto il film: Miele di Valeria Golino.
Riporto la critica da Repupplica.
Valeria Golino, esordiente regista, ha fatto un film bello e intenso, commovente, e temerario perché molto difficile.
Il personaggio di Irene, nome in codice Miele (che dà titolo al film), è quello di una ragazza di cui sappiamo: che è orfana di madre e ha un padre a Roma – affettuoso e un po’ vago – mentre lei vive in riva al mare, vicino alla città, dove si tuffa e nuota anche d’inverno, e da dove fa su e giù su un trenino, che ha studiato medicina senza finire, che ha sporadici incontri di sesso più che d’amore con un uomo sposato, che ha un’amica, che è riservata e solitaria e ascolta, in cuffia, molta musica.
E che, con il nome di Miele, conduce una doppia vita clandestina. Tramite un giovane medico, che deve essere stato suo fidanzato, fa parte di una rete di operatori dediti al suicidio assistito. Per svolgere questa attività Miele va spesso in Messico, dove acquista un prodotto farmaceutico veterinario da usare per praticare la dolce morte. Ma Miele, che è evidentemente convinta di svolgere (come l’accabadora delle tradizioni e delle leggende sarde) una funzione pietosa anche se contro la legge, rispetta delle regole.
La prima è che solo le persone malate possono chiedere i suoi servizi. Quando incontra l’Ingegnere, dunque, e scopre – troppo tardi, dopo avergli già consegnato il veleno – che quest’uomo è spinto a lasciare la vita solo da motivazioni interiori – delusione, disgusto, disinteresse a tutto – e che, com’egli stesso dichiara di sé, ha “una salute di ferro”, Miele fa di tutto per fargli cambiare idea. Allacciando una ruvida ma tenera relazione con lui, e capendo di non poter più svolgere l’attività che ha svolto per tre anni procurando la morte a donne e uomini, maturi o giovani. Fino a uno struggente scioglimento della vicenda.
…
Un film che ha il coraggio di svolgere un tema scabroso e lo fa con sensibilità e spirito problematico.
Una bella gestione “pubblica” ?! Ecco come si potrebbe fare:
– l’ aspirante suicida va al CUP e prenota una visita da suicidio;
– se la sente assegnare di lì a 6 mesi;
– presenta l’ ISEE per la riduzione del ticket;
– va alla Lottomatica e paga il ticket;
– conferma l’ appuntamento 4 giorni prima,
– prende il treno, perchè, per aspettare solo 6 mesi, ha dovuto prenotare a 200 km da casa;
– dopo 10 giorni ritira il referto, sempre col treno perchè l’ email non piace al SSN;
– col referto e pagando un altro ticket va in farmacia e compra l’ ipnotico da suicidio: “è finito, lo dobbiamo ordinare, torni tra 2 settimane”;
– che kulo! Un’ altra farmacia aveva il generico !
– l’ ipnotico va preso col whisky, ma il nostro è minorenne: aspetta di avere 18 anni, oppure imbastisce un matrimonio di corsa per avere l’ emancipazione, perchè se no non può comprare alcoolici; oppure paga un maggiorenne perchè compri un liquore, anche un alchermes dovrebbe andare.
Oppure frequenta uno con la tonsillite, vede di prenderla, e di doversi far operare, andando in un ospedale del sud: estremamente remota l’ ipotesi di risvegliarsi dall’ anestesia.
@Alessio di Michele
E’questo che mi irrita,la mancanza di spirito di iniziativa di tanta gente,che deve ricorrere all’aiuto statale anche per le cose piu’ banali.
Un po’ di ingegno,diamine !
Nel mio condominio un’anziana signora anni fa risolse il suo problema rapidamente ed elegantemente saltando dalla finestra del suo appartamento (settimo piano).
Un altro inquilino,evidentemente amante della discrezione,anni dopo lo risolse con una cordicella di resistenza adeguata inpiccandosi alla maniglia della finestra.(purtroppo nelle case moderne non ci sono piu’ le travi esposte nel soffitto,tanto pratiche per la bisogna).
@kaworu
“è sempre la solita “tiritera” di predisposizione + eventi infantili (che comunque hanno effetto a livello cerebrale) ”
ciao, forse un po’ ot ma ti chiedevo gentilmente, dove posso trovare paper su questo “genere” ?
sembri esperta 😉
un saluto
semplicemente ho quasi finito la magistrale di psicologia e fatto già un po’ di tirocinio 😉
al momento sono un attimo impiccata tra esami, tesi e varie cose personali, però ti consiglio (oltre ai canonici giri su pubmed) anche
Psicoterapia cognitiva della depressione : le diverse forme di depressione e i possibili interventi terapeutici / a cura di Francesco Aquilar e Maria Pia Pugliese
Psicologia clinica della depressione : esperienze cliniche tra medicina e psicologia / a cura di Emanuele Zanchetti, Gianluca Castelnuovo
Sull’eutanasia e il suicidio assistito vorrei dire la mia.
Comprendo il desiderio di farla finita per chi continua ad avere una malattia che causa un dolore incessante (se si continua a provare dolore, non si può vivere) oppure chi si trovava nelle condizione di Pier Giorgio Welby, ma io reputo assurdo assecondare i desideri suicidi di una persona depressa.
Può essere una persona che ha subito cose bruttissime nella sua vita, ma perché si dovrebbe autodistruggere?
UAAR significa “Unione atei, agnostici e razionalisti” e la depressione non è qualcosa di “razionale” da assecondare.
@Gabriele, la depressione non dipende solo dal fatto che hai subito cose bruttissime nella vita, anzi! Proprio su questo argomento, tempo fa, c’era un bellissimo articolo su Le Scienze; rivista che consiglio caldamente a Giusy e l’altro bigotto di cui, ora, mi sfugge il nome.
chi ha mai detto questo?
Mi riferivo alla frase di Gabriele:
“Può essere una persona che ha subito cose bruttissime nella sua vita, ma perché si dovrebbe autodistruggere?”.
Detto così sembra che la persona depressa sia quella che ha avuto una vita complicata…
scusami, non rispondevo a te ma appunto a gabriele 🙂
@Kaworu! Si, me ne sono accorto poco dopo aver inserito il messaggio! 🙂
Ad ogni modo, considerato che la depressione è una malattia, mi sembrerebbe più logico (tentare di) curare la persona, anziché assecondarla in un gesto a cui, in circostanze normali, non avrebbe mai pensato. Poi, oh, se non si può fare nulla è chiaro che il diritto personale di decidere della propria vita – al di là di ciò che pensano certi pupazzi cattoritardati – sia sempre inviolabile.
Spesso la scelta di suicidarsi viene guardata con sufficienza, se non con esplicito fastidio, e non solo dai credenti.
Io questo ex magistrato lo capisco benissimo. Non è facile sentirsi dentro sia l’assoluta urgenza che la propria vita finisca per trovare quella sospensione della sofferenza che non si riesce ad avere in altro modo, sia quella specie di imperativo categorico biologico che è l’istinto di sopravvivenza. Siccome quasi tutti cercano di fare le cose nel modo meno doloroso e più “comodo”, la scelta di farsi aiutare mi sembra del tutto legittima.
Poi, mentre la comprensione nei riguardi del dolore fisico è universale, trova meno giustificazione il dolore morale, forse a causa del pregiudizio che vede quest’ultimo risolvibile con più amore e attenzione o, addirittura, con uno sforzo di volontà. Falso nella maggioranza dei casi. Anzi, deleterio, un depresso finirebbe col sentirsi ulteriormente in colpa per non essere felice, con tutti quelli che si danno da fare per lui.
Non ho visto Miele, tuttavia, a dispetto delle molte critiche positive, a me sembra che, così come lo raccontano, non sfugga a questo tipo di pregiudizio, quindi che non scavi abbastanza in profondità.
Personalmente ho molta ammirazione per coloro che si prestano ad aiutare gli aspiranti suicidi, credo che ci voglia più amore a rispettare la volontà di una persona, ovunque la possa portare, che costringerla a vivere una vita invivibile in nome di sentimenti e sensazioni che sono magari nostri ma non più suoi.
“Anzi, deleterio, un depresso finirebbe col sentirsi ulteriormente in colpa per non essere felice, con tutti quelli che si danno da fare per lui.”
Stai facendo una constatazione sacrosanta quanto antica come il mondo : che aiutare VERAMENTE la gente e’ molto piu’ difficile di
quanto molti pensino, o pretendano di far credere agli altri.
Altrimenti il mondo sarebbe molto diverso.
Il suicidio -non l’eutanasia- è un atto di libertà individuale estrema che in quanto tale non dovrebbe avere bisogno dello Stato, visto che lo Stato dovrebbe servire a legiferare nei rapporti tra persone vive e che intendono rimanerlo.
Pensare ad uno Stato che arriva ad assistermi se sono troppo triste e voglio ammazzarmi, inibendo anche l’ultima resistenza che spesso fa desistere l’aspirante suicida, cioè l’attuazione da se medesimi del gesto di uccisione di se stessi, non è una prospettiva che mi conforta molto, mi sa di invadenza dello Stato fino al punto finale.
Inoltre, se lo Stato interviene attivamente nel garantire il suicidio e la sua riuscita attuazione, dovremmo essere di fronte ad una sorta di diritto al suicidio che secondo me è assurdo, perchè, in quanto gesto di libertà assoluta (i diritti e lo Stato non contemplano libertà assolute) estremo e finale credo che vada oltre la sfera dei diritti e debba rientrare in una decisione del tutto individuale su se stessi, revocabile magari proprio davanti alla paura dell’attuazione dello stesso.
E fin qui abbiamo parlato di individui non affetti da patologie psichiche che complicherebbero ulteriormente il discorso, essendoci alla base del gesto una patologia e non una scelta libera e individualissima quale è il suicidio.
In questo concordo con Francesco S nel commento di sabato 13 luglio 2013 alle 13:14.
Io sono per un suicidio assistito con dei limiti e questi limiti sono l’oggettività delle situazioni. Quando lo stato deve intervenire attivamente?
Secondo me in tutte le situazioni di oggettiva incurabilità e lasciando all’individuo la libertà delle proprie azioni per il resto.
Per dire se un depresso si vuole ammazzare non volendo più accettare le cure lo stato non dovrebbe far nulla né in un senso né nell’altro, vorrà dire che se è intenzionato a farlo probabilmente andrà in overdose da farmaci a cui ha sicuramente accesso.
Non credo esista il diritto ad essere assistiti nel suicidio a priori, ma dipende dalle situazioni e bene che rimanga una certa paura nel farlo da soli in determinate situazioni.
Esatto, amico mio; perfettamente d’accordo.
Semplicemente chiamavo eutanasia le situazioni di oggettiva incurabilità, magari sbagliando, ma questo era il senso.
…..”la campagna sul fine-vita, il testamento biologico e l’eutanasia promossa anche dall’Uaar per avere finalmente una legge senza tabù pure in Italia. Ma soprattutto che rispetti chi fortemente soffre, anche se non fisicamente, e non trova altre soluzioni che chiedere aiuto per farla finita”…. Dice l’articolo, col quale concordo pienamente !
Quando per un ammalato in fase terminale non esiste piu nessun rimedio efficace, e che il suo caso non puo’ che aggravarsi irreversibilmente, a questo punto solo lui è in grado di valutare (premesso non sia affetto da squilibri mentali) se vivere in quel modo ha ancora un senso, e di conseguenza decidere !
Dobbiamo pero’ evitare di amalgamare « fase terminale irreversibile » con « depressioni varie e/o traumi psicologici », poiché questi casi sono raramente irreversibili ; delle terapie e cure appropriate (medicinali ad hoc+psicoterapia cognitiva) esistono attualmente e danno risultati (anche se non sempre) soddisfacenti.
Comunque sia, quando lo stato di sofferenza insopportabile di una persona non puo’ che perdurare o aggravarsi, sta a lei decidere cosa fare e a nessun altro che lei. Mi sembra imperativo e razionale che si accetti col diritto di vivere anche il diritto di morire dignitosamente ; ritengo che rifiutare quest’ultimo a chi lo chiede non é altro che una deliberata manifestazione di fanatismo religioso o sadismo !
allora, @kaworu, qui dici che quando si è ancora “non nati”, si è comunque dotati di un cervello che recepisce e viene influenzato da quel che succede fuori . E insisti parlando di “bambino” dentro il pancione.
Qualche post fa, a proposito di aborti come feticci con relativi sinistri funerali, dicevi di aver già precedentemente elencato (ma io ancora non bazzicavo qui) i casi in cui staresti moderatamente male (o meglio, saresti dispiaciuta) a causa dell’aborto; e altri casi in cui non saresti più toccata che dall’estrazione di un molare.
Ci vedo una contraddizione.
Come la mettiamo con quel cervello?
@Engy
Perché in una news sul suicidio assistito parli di aborto quando il discorso di Kaworu è apertamente riferito a questioni psicologiche/psichiatriche?
Ora, o l’unica ad avere bisogno di De mauro e delle massime conversazionali di Grice sei tu (e visto che si parlava di feti come feticci e non di aborti, è probabile), o lo fai apposta per scartavetrare i maroni. Quale delle due?
potresti cortesemente riformulare le tue domande in italiano?
non riesco a capire quell’accozzaglia di frasi.
grazie, poi rispondo (se me le riposti entro domani sera, altrimenti aspetta il mio ritorno dall’Europride)
… E con quel bambino?
quale bambino?
oltre a De Mauro e Grice, c’è anche Gabbard eh, che in questo caso mi sembra quanto mai appropriato.