L’intelligenza degli atei

Uno studio realizzato da ricercatori dell’università di Rochester e pubblicato sulla rivista accademica Personality and Social Psychology Review ha ribadito un’evidenza già conosciuta: gli studi sull’intelligenza mostrano come i non credenti abbiano risultati migliori dei credenti. L’esito non poteva del resto essere diverso: si tratta infatti della meta-analisi compiuta su 63 inchieste pre-esistenti. Ovvie le polemiche. Se ne è parlato un po’ ovunque, nel mondo: in Italia, a parte l’Huffington Post, nulla. Si può ovviamente essere scettici su studi di questo tipo: già è difficile avere una definizione condivisa di “intelligenza”, figuriamoci nel caso di uno studio che si basa su altri studi. Uno studio che, tuttavia, è stato pubblicato sulla rivista con il più alto impact factor nel settore. E che è quantomeno servito a mostrare che la correlazione negativa tra intelligenza e religiosità è documentata da ben 53 ricerche.

A guardare bene, il risultato non sorprende anche per altri motivi. L’incredulità è infatti positivamente correlata anche ad altri aspetti che costituiscono solidi requisiti per una “normale intelligenza”: livello di istruzione, cultura, benessere, sicurezza esistenziale, apertura al “nuovo”, esercizio della libertà di espressione. Tuttavia, di qui a concludere che un mondo senza fede sarebbe migliore ne corre assai. Verrebbe poi meno un confronto dialettico, e i confronti sono (quasi) sempre utili al progresso, intellettuale e non. Del resto, in un paese dall’altissima percentuale di atei come la Repubblica Ceca non si registrano livelli positivamente anormali di intelligenza. Va però anche ricordato che altre società ormai quasi senzadio come quelle scandinave stracciano le altre in tantissimi indicatori, a cominciare dall’Indice di Sviluppo Umano compilato dall’Onu. In tale classifica, agli ultimissimi posti compaiono soltanto nazioni in cui gli atei sono virtualmente assenti. Meno religione – ma sarebbe più corretto scrivere “minor invadenza delle gerarchie religiose” – assicura quasi sempre un vantaggio competitivo.

Ecco, questi sono gli aspetti su cui i credenti dovrebbero interrogarsi. Perché, in fondo, lo studio di Rochester può anche nascondere una constatazione banale: chi appartiene a una minoranza è in media più intelligente di chi appartiene a una maggioranza (quasi sempre in virtù di una scelta atavica ereditata in famiglia e continuata automaticamente). L’impatto negativo che la religione può invece avere su una società, e su tutti i cervelli che la popolano, è sotto gli occhi di tutti ma – forse proprio per questo – è anche una sorta di tabù. Prova ne sia l’ennesima disavventura capitata a Richard Dawkins.

Description=Richard Dawkins Photograph: Jeremy Young 05-12-2006

L’autore dell’Illusione di Dio ha infatti pubblicato un innocente tweet in cui ricordava che il numero di premi Nobel musulmani è inferiore a quello del solo Trinity College di Cambridge. Si è scatenata l’iradiddio degli zelanti islamici, e non solo di costoro. Come già capitato qualche mese fa, alti strali, con ripetute accuse di “razzismo”, si sono levati anche da commentatori liberal come Owen Jones sull’Independent, Tom Chivers sul Telegraph e Martin Robbins sul New Statesman. Autori che si collocano ormai all’antitesi della grande lezione libertaria di John Stuart Mill, tanto da agire applicando compulsivamente un asfissiante ed estremo politically correct.

Che l’islam non sia una “razza” dovrebbe essere scontato per tutti, e che Dawkins non ce l’abbia necessariamente con la religione l’ha mostrato lui stesso in un altro tweet, in cui ha accennato ai premi Nobel di origine ebraica. La replica l’ha invece affidata a una “calma riflessione” pubblicata sul suo sito, sufficiente a non ricevere controrepliche significative. Ma il maggior sostegno Dawkins l’ha sorprendentemente ricevuto da un articolo pubblicato sul quotidiano di un paese a maggioranza islamica, il Pakistan. Sul Dawn, infatti, Irfan Husain ha ammesso che i leader religiosi islamici costituiscono un pesante handicap allo sviluppo dei paesi su cui impongono i loro precetti. L’ignoranza, piaccia o no, si accorda veramente male col progresso.

Tutto molto semplice e innegabile. Islam, giova ricordarlo, significa “sottomissione”. Se i grandi capi delle comunità di fede possono pretenderla dai loro fedeli, è anche perché una caratterista diffusa della specie homo sapiens è la mentalità gregaria. Ma sottomissione e gregarismo si conciliano assai male con lo sviluppo, sia delle capacità individuali, sia delle società umane. I credenti dovrebbero ragionare su questi aspetti, anziché anatemizzare chi glielo fa notare. Anche perché è nel loro stesso interesse che continuino a farlo.

La redazione

Archiviato in: Generale, Notizie

178 commenti

silvia

in realtà, per onore di cronaca, lo stesso articolo è stato riportato anche dal numero del 14 agosto de “il fatto quotidiano” a firma di Caterina Soffici. Ho provato a segnalarlo all ultimissime@uaar il giorno stesso , ma il destinataro risultava sconosciuto

gmd85

Uhm… quasi quasi mi procuro il pdf completo. Mi interessa sapere l’estrazione dei soggetti coinvolti, l’età e il contesto in cui le ricerche sono state effettuate.
Se per l’Islam il discorso si può generalizzare, non per forza lo si può fare con le altre religioni. E qui si dovrebbe capire cosa s’intende per religiosità, fattore che può presentarsi a diversi livelli e con diverse modalità, non tutte necessariamente collegabili a maggiore o minore intelligenza.

Diocleziano

Dài un’occhiata alla carta (wiki) della diffusione della schizofrenia e confrontala con la diffusione dell’islamismo. Ma anche Cina e sud America non stanno bene… 🙄

Frank

Dialogo della foto:

Er Profeta (fuori campo): Io lo volevo vedè se n’ateo era abbastanza intelligente da capì che e torri gemelle se potevano crollà semplicemente facendogli schiantà n’areo.
Dawkins: In realtà l’Undici Settembre è stato un autoattentato del governo Usa e le torri sono state fatte crollare con delle demolizione controllate.
Er Profeta: Complottista de merda!
Cherubino: A Maomè a datte un contegno.

alessandro pendesini

…L’ignoranza, piaccia o no, si accorda veramente male col progresso….Come dice giustamente l’articolo !

Quando si parla d’intelligenza umana dobbiamo essere molto prudenti poiché non è unica, ma costituita da intelligenze multiple (secondo Howar Gardner ne esistono sette tipi). Anziché d’intelligenza/e preferirei parlare di personalità laquale implica tutti i parametri che caratterizzano l’individuo.
L’intelligenza non è la sola rsponsabile della cognizione o razionalità umana ! Direi che senza una cultura specifica sufficiente (insisto su “specifica sufficiente” !), una persona dotata di un indice QI e QE (quoziente emozionale) elevato potrebbe non essere in grado di capire l’assurdità del suo credo ! Ed è proprio -escludendo gli opportunisti- quello che capita !
P.S.:Il progresso esiste, almeno in filosofia della scienza. Ma questo non significa che noi siamo più intelligenti rispetto al passato (il nostro encefalo è stabile da circa 30-40.000 anni), ma che questo “progresso” (inteso come conoscenza razionale) è legato al progresso della scienza, che ci permette di distinguere meglio tra la (sia pur relativa) vera conoscenza e le nostre illusioni.

bruno gualerzi

@ alessandro pendesini
Ho letto il tuo commento dopo che avevo già inviato il mio, volutamente generico. Non posso che convenire con te, col tuo intervento ben più circostanziato del mio a proposito dell’intelligenza… giungendo – almeno credo – a conclusioni analoghe pur affrontando la questione da punti di vista diversi.

laverdure

@Pendesini
” Ma questo non significa che noi siamo più intelligenti rispetto al passato”.
L’intelligenza,come ogni aspetto sia mentale che fisico,dipende da una combinazione di predisposizione naturale e di influenza ambientale.
I grandi atleti hanno sicuramente la fortuna di avere un fisico predisposto ad una maggiore prestanza fin dalla nascita, che in seguito la pratica sportiva ha portato al massimo dell’efficenza.
Ma e’ evidente che ciascuno di loro, se avesse avuto la disgrazia di passare una infanzia e adolescenza in un ambiente degradato
e povero,esposti alla denutrizione e alla sporcizia,ne sarebbe rimasto handicappato in maniera sostanziale.
Allo stesso modo per secoli anzi millenni la grande massa della plebe e’ stata handicappata dall’analfabetismo e dall’ignoranza
piu’ totale,e in condizioni simili anche le intelligenze piu’ acute
finirebbero per atrofizzarsi non meno di quanto succede ai muscoli in mancanza di esercizio.
L’istruzione generalizzata ha avuto un vero boom a partire dal
20mo secolo,almeno in occidente,e guarda caso la crisi del potere ecclesiastico e’ cominciata proprio allora.

alessandro pendesini

@Laverdure

Grazie per la tua osservazione. Infatti l’uomo acquisisce il carattere dell’ambiente in cui evolve conformandosi.
Detto diversamente, una simile predisposizione genetica puo’ avere delle conseguenze comportamentali (o psicologiche) divergenti a secondo del contesto culturale/tradizionale dell’individuo. La nostra cultura influenza il modo in cui percepiamo le sensazioni fisiche generate dalle nostre emozioni e di come le esprimiamo. Ritengo sia importante sapere che più accumuliamo ulteriori informazioni razionali su ciò che siamo (conoscensa approfondita del nostro encefalo), meglio potremo identificare la gamma di possibilità legate a ciò che stiamo cercando -entro certi limiti- di diventare.
P.S.: Senza un’istruzione o cultura adeguata e razionale esente da qualsiasi dogma, più siamo intelligenti, e più corriamo il rischio di sbagliarci intelligentemente…, il che significa che vorremo convincere (come già capita) un grand numero di persone della nostra sacrosanta “verità assoluta”…Per contro qualsiasi individuo dotato di buone nozioni scientifiche e non solo, potrà difficilmente essere indottrinato ad una qualsiasi propaganda settaria o all’intolleranza di fondamentalisti religiosi, cosi come qualsiasi credenza irrazionale o assurda.

Arthur Frayn

Grazie, mi pareva assurdo che qualcuno non ricordasse (legittimamente) Gardner. Mi ha turbato peraltro leggere la stessa notizia su altri siti (per esempio: http://www.paulopes.com.br/2013/08/ateus-sao-mais-inteligentes-conclui-estudo.html#.Ug45EJK1Hws) ove si riporta un dettaglio inquietante: “A inteligência criativa e a emocional não foram levadas em conta”, ossia, i tipi di intelligenza secondo Garner differenti dalla logico-matematica e dalla linguistica, che sono le prime due della sequenza, non sono state considerate; pure sono stati altresì ignorati i tipi otto e nove, di recente introduzione negli anni ’90, in particolare quella esistenziale che avrebbe creato “problemi” (vedasi p.e. http://en.wikipedia.org/wiki/Theory_of_multiple_intelligences#Existential).
Qualsiasi confronto serio con i credenti non può ricorrere a simili giochetti di prestigio, è ovvio che i marpioni ce li ritorcerebbero contro accusandoci di disonestà intellettuale.

Arthur Frayn

C’è un “pure” di troppo in mezzo all’ottava linea, sorry. 🙂

bruno gualerzi

Il testo della redazione avanza giustamente alcune riserve in merito al valore da attribuire a certe ricerche, soprattutto quando si tratta di ‘misurare’ un dato tutt’altro che definibile univocamente come l’intelligenza. E si rifà ad altri parametri – pure discutibili, ma più plausibili e verificabili – per stabilire il livello intellettuale di credenti e non credenti.
In quanto all’intelligenza, va da sé che, per procedere ad una ‘misurazione’ con un minimo di attendibilità occorre fare riferimento ad una definizione univoca di intelligenza. Ora, quando si misura l’intelligenza sulla base dei QI stabiliti applicando i ‘test di intelligenza’, è evidente che tutto dipende dai parametri usati per formulare questi test… e qui è d’obbligo una domanda: fino a che punto questi parametri sono stabiliti scientificamente e non invece sulla base di elementi che in realtà sono di natura sostanzialmente ‘culturale’ per cui poi possono essere validi in un determinato contesto, appunto, culturale e non in altri?
Lo so che si tratta di una considerazione tutto sommato ovvia, perfino banale… ma, come ad esempio di fronte a queste ricerche, forse è il caso di ‘recuperare’ l’ovvio. Almeno per non trarne ‘conclusioni’ troppo ideologiche.

MASSIMO

Il fatto di essere religiosi già di per se implica il “credere senza ragionare”.
E se uno non ragiona di sicuro non può essere intelligente.

Anche l’immagine che danno i preti del credente come “pecorella” e del gruppo dei credenti come “gregge” evidenzia come lo stesso clero abbia una bassa opinione dell’intelligenza suoi adepti, in quanto l’ovino a cui sono spesso paragonati non brilla certo per questa dote.

Roberto Grendene

la sequenza
religioso ==> crede e non ragiona ==> non è intelligente
mi sembra del tutto sbagliata (e pure poco intelligente)

affidarsi alla fede sull’esistenza di un dio mica vuol dire non ragionare al di fuori della credenza fideistica o, peggio ancora, non essere intelligenti

di gente religiosa e più intelligente della media ce ne è a bizzeffe
la tua affermazione mi sembra quindi una credenza pseudo-religiosa 🙂

MASSIMO

Assolutamente no.
Se a me uno mi dice “devi credere a quello che dico io e non devi ragionare”, per me è automatico che costui mi vuole imbrogliare.
E chi accetta un simile discorso per me è un povero fesso.

alle

Si poteva tranquillamente prevedere che ci sarebbero state reazioni indignate al tweet di Dawkins, ciò che a me fa incavolare però non sono quelle degli islamisti, comprese nel prezzo, ma quelle dei liberal sedicenti atei.
Detesto il poltically correct, che, spinto all’eccesso, è odioso e fin ridicolo. Nelle reazioni inglesi a Dawkins si esagera veramente, parere che del resto condividono i commentatori all’articolo di Owen sull’Independent, che, nella maggioranza, sono chiaramente e decisamente contrari al suo contenuto.
Cito l’articolo di Owen, ma potrei dire lo stesso degli altri due, che ne sono praticamente la copia carbone.
Mi sembra che, per compiacere un malinteso antirazzismo e internazionalismo d’accatto, i giovani leoni del giornalismo liberal, critichino di default chiunque osi contestare l’islam, con il pretesto che non è la religione da combattere ma l’uso che se ne fa. Ma per l’appunto: Dawkins critica l’utilizzo che si fa dell’islam, segnalando che dove ci sono stati confessionali, viene SISTEMATICAMENTE scoraggiato l’uso dell’intelligenza e del pensiero (se pensi non credi) e, quindi, difficile che qualcuno si possa distinguere nel campo. Dov’è il razzismo in questo?
Sono paesi più poveri del nostro, e allora? Può anche darsi che in parte sia retaggio di uno sfruttamento imperialista, ma non è che i capi di stato del medio oriente, consci che il petrolio non è eterno, impieghino parte dei loro soldi in attentati e madrasse per costituirsi un retroterra politico più solido?
Trovo abbastanza inquietanti i parallelismi tra le argomentazioni dei giornalisti inglesi citati e quanto si va predicando in italia sul fatto che l’ateismo deve diventare maturo e non ideologico. Robbins addirittura prefigura il superamento di Dawkins come necessario per l’affermazione di un nuovo ateismo. Per quanto mi riguarda condivido quanto scritto da un commentatore: “The campaign by so many opinion-makers against Dawkins is ominously reminiscent of the shameful betrayal of Salman Rushdie.”

MASSIMO

Beh, ma questa cosa la si capisce anche da un fatto.
In quali paesi sono nate le scienze esatte? Sono nate in paesi come la Francia, l Germania, l’Inghilterra e gli USA.
Paesi cattolici come italia e spagna hanno avuto grandi artisti ma ben pochi scienziati.
Chiedetevi il perché.

Federix

Tra l’altro, “italia e spagna hanno avuto grandi artisti” ma molta parte dell’arte spagnola e italiana è di argomento religioso, ovvero: gli artisti lavoravano per chi aveva soldi per pagarli! 🙁

bruno gualerzi

@ MASSIMO
“In quali paesi sono nate le scienze esatte? Sono nate in paesi come la Francia, l Germania, l’Inghilterra e gli USA.”

Veramente il ‘padre’ della scienza moderna, il fondatore del metodo sperimentale, è un certo Galileo Galilei di Pisa.
Al di là di questo dato (che di per sé non contraddice nella sostanza quanto affermi) vorrei segnalare come fior di scienziati, e di alto livello, si sono avuti anche in regimi totalitari tipo l’URRS e la Germania nazista.
Questo per dire che – a mio parare – non è il numero degli scienziato ad alta specializzazione (da premio nobel, per intenderci) che può dare la misura del livello culturale… del quale la cultura scientifica è un fattore fondamentale, ma non l’unico… di una nazione, ma la diffusione della mentalità scientifica tra la popolazione. Ciò che, ad esempio, non credo valga per la nazione, gli USA, che sforna premi nobel a ripetizione… dovuto certamente ad un livello della ricerca che non ha eguali, ma – se la si rapporta a tanta parte della popolazione – è pur sempre appannaggio di un’èlite.
Detto ciò, che la chiesa, in questo come in altri campi, abbia sempre giocato un ruolo oscurantistico… non ci piove.

fab

In realtà non è esatto: mentre, per quanto so, non è mai esistito alcuno scienziato spagnolo di chiara fama, l’Italia ha scienziati in quantità; cito a braccio: Fermi, Volta, Galileo, Galvani, Torricelli… addirittura in matematica potremmo essere la nazione con il maggior numero di stelle di prima grandezza; in ogni caso, ce la giochiamo con Francia e Germania.

Francesco S.

Veramente grande sviluppo della matematica lo si deve proprio agli arabi, gli stessi numeri che usiamo sono arabi, ma era un tempo in cui sì l’Islam esisteva ma non era presente questo sentimento revanscista che ha portato alla massiccia diffusione del fondamentalismo islamico.

Aggiungo come OT in riferimento alle parole di Bruno Gualerzi che storicamente il maggior progresso scientifico c’è stato proprio sotto i regimi dittatoriali fanatici della guerra, proprio perchè la necessità di vincere le guerre spinge ad incentivare il progresso tecnologico.

Non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere se Hitler invece di fissarsi con gli ebrei se la fosse presa chessò con i turchi forse Fermi e Einstein sarebbero rimasti in europa e l’atomica l’avrebbero sviluppata i tedeschi, già a buon punto nel campo missilistico (alla NASA dopo la guerra lavorarono molti scienziati tedeschi).

Sandra

Scusa Francesco, ma i numeri sono indiani, fu un indiano, brahmagupta che inventò lo zero.

manimal

sapevo anche io che i numeri che usiamo provennero dall’india, per il tramite degli arabi.

Diocleziano

Si dimentica sempre che il tramite tra India e arabi fu la Persia. e molto di ciò che passa per arabo è invece persiano.

Francesco S.

Si ma la diffusione in Europa si deve agli arabi, proprio per quello sono conosciuti comunemente come numeri arabi in occidente pur avendo origine indiana. Senza contare che molti trattati di geometria e astronomia greci sono arrivati in Europa grazie agli arabi-arabi (non persiani). Non so perché ma agli musulmani piaceva la matematica a quel tempo. Dopo sono peggiorati.

Arthur Frayn

Premesso che mi guardo bene dal difendere i credenti, e a parte la definizione di metodo scientifico galileiano che come già notato dovrebbe di per sè suscitare legittimi dubbi sulla tua affermazione categorica, c’è IMHO ampia disinformazione e carente divulgazione sui contributi di scienziati di altri paesi. Relativamente al Brasile in cui vivo, mi vengono in mente d’immediato l’epidemiologista Carlos Chagas studioso dell’omonima malattia, e il fisico César Lattes (o anche Cesare Mansueto Giulio Lattes), co-scopritore del mesone pi. A volte (…?…) si ha l’impressione che il Nobel in realtà sia un club privé per pochi eletti scelti (politicamente) a dito.

Federix

“I credenti dovrebbero ragionare su questi aspetti, anziché anatemizzare chi glielo fa notare. Anche perché è nel loro stesso interesse che continuino a farlo.”

Macché… E’ proprio “su questi aspetti” che i credenti hanno le loro maggiori difficoltà a ragionare: proprio per questo anatemizzano! 😯

laverdure

“….il numero di premi Nobel musulmani è inferiore a quello del solo Trinity College di Cambridge.”

E invece i nobel di origine ebraica si sprecano,potrebbe far notare qualcuno.
C’e’ pero il piccolo particolare che molti di loro,se erano e sono fieri
della cultura ebraica,sono molto meno attaccati alla religione,basti
ricordare Einstein e le sue dichiarazioni in proposito.

Sandra

Sì, il dato è riportato sul suo sito:
“Nobel Prizes won by Jews (more than 120) and Muslims (ten if you count Peace Prizes, half that if you don’t).”

Non è che si trascura un altro dato, estremamente più importante nello sviluppo di un talento naturale quale l’intelligenza (declinata come si vuole)? Ossia il denaro. Einstein poteva permettersi di studiare, così come Hertz e altri nobel ebraici. Come anche quelli che hanno studiato al Trinity. Usciti da famiglie o società di una certa opulenza, dove la cultura è in binomio al benessere. In occidente e dall’avvento della borghesia fino al secolo scorso un laureato era un benestante. Che possibilità ha un africano (o un inuit per esempio, o un aborigeno australiano) di sviluppare il proprio talento, qualsiasi esso sia? Nel deserto o in mezzo alla neve dove l’unico pensiero è sopravvivere? Dawkins dice che nel medioevo l’islam aveva contribuito allo sviluppo: ma non c’entra forse per caso il fatto che i territori dell’africa settentrionale erano più ricchi? Esercitare lo studio, la scienza è un lusso che ti puoi permettere con la dispensa piena, e il nord africa era il granaio dell’impero romano: come non pensare ai matematici alessandrini? Io penso che la religione, come la cultura, sia figlia dell’economia: se una società vede l’opportunità di evolvere, la religione diventa elemento di sfondo. Se una società teme la miseria, la religione, e soprattutto monoteista, diventa un’ancora di salvezza, come lo è un governo autoritario. L’antica grecia era pagana e alla sua cultura dobbiamo pensatori del livello di Euclide. Si è fermata solo per il cristianesimo? Ma allora perché non lo stesso per la Francia, che pure era diventata cristiana? Mi sembra che il discorso delle risorse economiche sia di viscerale importanza, nell’analizzare una cultura. E l’islam è una religione di poveri. Poi ci sono le eccezioni: la ricchissima Dubai, dove si viene messi in galera per osare denunciare uno stupro (che è come confessare sesso extramatrimoniale) ma che è sede di importanti aziende di IT.

laverdure

@sandra
Hai perfettamente ragione per l’importanza del fattore economico,ma oserei dire che anche l’influenza dell’ambiente culturale abbia la sua parte,nello stimolare o handicappare l’intelligenza.
Pensa alla formazione culturale di centinaia di migliaia di giovani pakistani,yemeniti,afghani che non hanno altra istuzione di quella fornita dalle “madrasse”,dove l’insegnamento si riduce quasi esclusivamente al Corano e ai vari testi sacri,dove storia,geografia,matematica ,scienze fisiche sono praticamente sconosciute o quasi.
Un insegnamento non solo totalmente inutile alle necessita di un mondo moderno,ma che anziche stimolare almeno la mente come potrebbero fare la letteratura o la poesia ,arriva addirittura a indurirla:
pensa alle ore e ore passate a salmodiare versi sacri,sotto pena di punizioni corporali in caso di stonature.
In altri paesi non meno poveri,come l’India,dove si e’ dedicato un certo sforzo a diffondere almeno un minimo di cultura anche tra le classi meno agiate,i risultati sono stati di gran lunga migliori,e il paese e’ davvero “in via di sviluppo”,malgrado le difficolta.

Engy

La “notizia” che arriva da rispettabili e autorevoli fonti secondo cui gli atei sarebbero più intelligenti dei credenti è semplicemente e logicamente conseguente alla convinzione – che qui dentro, tra i commentatori, va LEGITTIMAMENTE per la maggiore – che i credenti siano tutti dei deficienti.
Raccontare una cosa simile non mi pare la rivelazione di chissà quale verità sconosciuta o anche solo lo spunto di una nuova riflessione, visto il tipo di utenza media.
Poi vabbè, nell’articolo viene avanzato qualche timido dubbio, tanto per dare un senso alla autodefinizione di “razionalisti” ma il compiacimento e la conferma di posizioni ormai radicate e un certo trionfalismo si notano ….

gmd85

Raccontare una cosa simile non mi pare la rivelazione di chissà quale verità sconosciuta

Quindi, è vero 😆

che i credenti siano tutti dei deficienti.

Anche i non allineati, tranquilla. E, comunque, mai detto.

Poi vabbè, nell’articolo viene avanzato qualche timido dubbio, tanto per dare un senso alla autodefinizione di “razionalisti” ma il compiacimento e la conferma di posizioni ormai radicate e un certo trionfalismo si notano ….

Dal tuo commento si nota la solita lagnanza straccia maroni.

E ora, sfogati pure, tesoro.

Engy

No no ma fai bene a parlare di lagnanza, @giemdi!
Infatti gli articoli del sito, i commenti degli atei (agnostici, etc etc) perseguitati e discriminati e derisi e intimiditi sono assolutamente e senza ombra di dubbio privi di lagnanze e vittimismo!
Sappi caro ventottenne che per sentirsi vittime, con conseguente inevitabile e insopportabile lagnanza, bisogna sentirsi parte di un gruppo, di una categoria, di un partito, di una parrocchia.
Vedi ad esempio certi gruppi di femministe.
Ebbene, la cosa NON mi riguarda, mi spiace deluderti e, se di nuovo non capisci, fatti dare lezioni di ripetizione da mammà…

gmd85

Sappi caro ventottenne che per sentirsi vittime, con conseguente inevitabile e insopportabile lagnanza, bisogna sentirsi parte di un gruppo, di una categoria, di un partito, di una parrocchia.

Ma da dove l’hai tirata fuori questa c.azzata? Se ti stuprano, puoi sentirti vittima solo perché ci sono altre donne stuprate? Se perdi una causa in modo poco lecito e su una tematica che interessa solo te, non puoi definirti vittima perché non esiste una categoria a cui ascriverti? Se subisci un furto sei vittima solo esistono altre persone che hanno subito un furto? E tutti/e coloro che subiscono un torto per primi/e devono aspettare che lo subisca qualcun altro per sentirsi vittime?

Spargimenti di bile invece di lagnanze. Lo capisci meglio, cara?

Dai, per rispondere hai scritto una boiata, hai buttato una delle tue solite frecciatine e hai tirato fuori un commento che definire insulso sarebbe un garbato eufemismo. E hai il coraggio di dire agli altri che sono astiosi e che consideri le loro uscite prive di senso?

Ipocrita e incoerente.

P.S: sottolineare l’età altrui quando la propria non è garanzia di nulla (anzi) non fa fare bella figura, sai.

gmd85

Ah, non è che ci stiamo sbracciando per dire, si, si, l’articolo dice il vero.

alessandro pendesini

….che i credenti siano tutti dei deficienti…..
@Engy
Non mi risulta aver letto “che i credenti siano tutti dei deficienti” in questo sito ! Per contro posso -senza nessuna esitazione- affermare che moltissimi veri credenti manifestano una certa ignoranza in varie branche ed a volte anche una certa testardaggine nel volere a tutti i costi, senza l’ombra di una prova, avere ragione !

Engy

alessandro pendesini
ah beh, sicuramente!
Di credenti testoni come muli e che faticano a ragionare e riflettere ce ne sono a iosa.
Io – piuttosto – dico che c’è abbondanza di “persone” così, cioè abbastanza limitate!

Engy

fab
la mia risposta è semplice e di sicuro banale: per me non esistono cataloghi, etichette, dunque non c’è donna, uomo, donna/uomo credente o atea, di destra di sinistra, di lato, meridionali, settentrionali, italiani, arabi, uzbechi, ecc, migliori o peggiori, intelligenti o stupidi.
Ci sono solo le “persone”, ottime e pessime naturalmente.
E questi studi, queste conclusioni (al pari di quelle – che di sicuro ci saranno – che magari dicono che invece i credenti in generale sono più intelligenti), per son solo gran boiate, chiunque ne sia l’autore, anche il più blasonato.

fab

Ragionevole.
Tuttavia, in genere se qualcuno si distingue dalla massa ha, quasi per definizione, maggior senso critico: ha seguito un percorso necessariamente personale e le sue conclusioni dissentono da ciò che è in genere dato per scontato. Sia chiaro che questo può valere anche per chi, dopo una riflessione personale, valuta che ciò che in genere è dato per scontato è corretto che lo sia.

Conclusione: fra i tradizionalisti c’è chi ha senso critico e chi no; fra gli innovatori è difficile trovare qualcuno senza senso critico. Che non è l’intelligenza, naturalmente.

La statistica supporta questa conclusione: se tutti vagliassero le loro credenze, non avremmo nazioni cristiane, musulmane, induiste e così via, ma tutte le convinzioni sarebbero trasversalmente presenti dappertutto; che è ciò che vale appunto per l’ateismo.

gmd85

@engina

Ribadendo il fatto che nessuno si sta affannando per dare ciecamente ragione allo studio in questione, faccio mia la risposta di fab.

Francesco S.

La redazione fa la premessa di andarci con i piedi di piombo, visto anche che non si capisce bene cosa si intenda per intelligenza. Dei 33 commenti che leggo, la maggioranza sono delle riflessioni su cosa influenzi il potenziale intellettivo e mi sembra che molti siano arrivati alla conclusione che sia un misto di ambiente, benessere economico e possibilità di studio. Praticamente nessuno dice che gli atei sono meglio degli altri, al più qualcuno sostiene che contesti di eccessiva religiosità riducano il potenziale.

Ti fai i film. Invece io sono sicuro che chi crede che la cura “Di Bella” sia efficace contro ogni evidenza, ce li abbia problemi di intelligenza, diciamo che lo considero “diversamente intelligente” (visto che va di moda il politically correct)

Roberto Grendene

…la convinzione – che qui dentro, tra i commentatori, va LEGITTIMAMENTE per la maggiore – che i credenti siano tutti dei deficienti.

boh, finora io ho letto solo due commentatori che sembrano avvicinarsi (solo avvicinarsi) a questa tua illazione
io ad esempio non sono non lo penso, penso che sia un deficiente chi pensa che i credenti siano tutti dei deficienti

maxalber

Roberto Grendene scrive:
venerdì 16 agosto 2013 alle 20:34

“io ad esempio penso che sia un deficiente chi pensa che i credenti siano tutti dei deficienti”

E che pensi di chi ritiene che qui dentro siano tutti compiaciuti della notizia? 🙂

Giuliano

In effetti è improponibile asserire che ” * tutti i credenti sono deficienti”.
Da relativista mi sentirei di inserire un “quasi” al posto dell’asterisco.

Roberto Grendene

@maxalber

beh, un compiacimento generalizzato può starci, una normale emozione umanista 🙂

Engy

Roberto Grendene,
sulle ultime due righe del tuo commento: io invece penso siano solo dei fanatici manichei e intolleranti e potenzialmente violenti.
Ma magari intelligentissimi, una cosa non esclude l’altra, vedi ad esempio un fanatico a caso, il solito Marco Travaglio: non si può certo dubitare sulla sua intelligenza!
Sulle prime due invece, ti consiglio di andarti a leggere anche i commenti diciamo dei dieci post precedenti.
Solo i commenti, perchè tanto, qualunque sia l’argomento, le offese e gli insulti (e le insinuazioni) a buon mercato non dovrebbero proprio starci.

Massimo Maiurana

@Engy
Onestamente anche andando a ritroso non mi pare che ci sia molta gente qui (magari giusto qualcuno) convinta di una deficienza intrinseca dei credenti, al massimo vedo qualcuno convinto che la massa tendente al conformismo non sia particolarmente brillante. Che poi qui in Italia questa massa sia sedicente cattolica non possiamo farci nulla.
Anzi, a voler guardare attentamente sembra invece che qualche preconcetto ci sia al contrario, ad esempio laddove si afferma che tutti gli atei sono settari o quando si insinua che la redazione prende le distanze dallo studio solo per darsi un tono razionalista 😉

gmd85

@engina

Sulle prime due invece, ti consiglio di andarti a leggere anche i commenti diciamo dei dieci post precedenti.

Se ci sono insulti e se ti sei sentita insultata è solo per ciò che scrivi. Se qualche credente si sente insultato, si chieda se il suo credere non lo orta a comportarsi in modo tale da meritarselo. Da qui a dire che tutti i credenti sono deficienti ce ne vuole.

Sandra

“La “notizia” che arriva da rispettabili e autorevoli fonti secondo cui gli atei sarebbero più intelligenti dei credenti è semplicemente e logicamente conseguente alla convinzione che i credenti siano tutti dei deficienti.”

Non ho letto l’articolo originale, quindi è difficile giudicare. Secondo quanto scrive the Independent, i credenti sarebbero deficienti sì, ma in autocontrollo e autostima. Se capisco bene, la tesi sarebbe che la persona intelligente trova nelle proprie capacità sufficiente autostima già dall’infanzia, corroborata in seguito da successi scolastici e professionali. Allo stesso modo l’ambizione di riuscire costituisce una sorgente autonoma di autodisciplina.

L’articolo del giornale parla anche di cosa si intenda per intelligenza. Ma anche la “credenza” è qualcosa da definire: il povero ragazzo che sceglie il sacerdozio come l’unico modo di sfuggire dalla miseria, di studiare e di fare carriera nel clero è sicuramente da considerare intelligente, eppure lo si classificherà come credente!

Engy

Infatti è una scemenza parlare genericamente di “intelligenza”.
Ce ne sono diverse.
E lo scienziato più illustre che incappi in una grossolanità del genere, sta dicendo scemenze.
C’è l’intelligenza pratica, quella più concettuale ad esempio e non mi si venga a dire che chi ha più inclinazione per il “pratico” è meno intelligente. E’ semplicemente intelligente in un certo preciso senso.
C’è un diverso grado di sensibilità nelle persone oltretutto, che incide sull’intelligenza. Insomma, ci sono tante variabili.
Lo capisce anche una mentecatta come me, dunque …!
L’assunto che comunque qui va per la maggiore è che i credenti siano (per usare un eufemismo) non proprio degli intelligentoni perchè credono a qualcosa, a un’entità non dimostrabile con prove schiaccianti.
E devo dire che, a sua volta, questa non mi sembra un’argomentazione da intelligentoni….

Sandra

La definizione di intelligenza nell’articolo sarebbe:
“ability to reason, plan, solve problems, think abstractly, comprehend complex ideas, learn quickly, and learn from experience”.

Nessuno vuole denigrare l’intelligenza pratica. E’ solo che la capacità pratica è più diffusa, mentre quella per il pensiero astratto è più rara, per questo motivo le è attribuito più valore, con la conseguenza di un aumento di successo, di autostima, di considerazione sociale, di autodisciplina, di possibilità e meno necessità di stampelle psicologiche di una religione organizzata (o un’ideologia).

gmd85

@engina

No. Si tratta di esercitare o meno spirito critico. E chi lo affossa in favore di assurdi fideismi qualche dubbio sulla propria capacità di raziocinio lo fa venire.

Reiuky

Non è che i credenti siano tutti dei deficenti. Ma è inoppugnabile che per credere sia necessario ignorare, volutamente o meno, una parte sempre più larga dello scibile.

Poi c’è chi arriva a negare che la terra sia tonda e chi, invece, si accontenta di ragionare per compartimenti stagni.

SilviaBO

Mi sfugge il significato di questa frase:
“lo studio di Rochester può anche nascondere una constatazione banale: chi appartiene a una minoranza è in media più intelligente di chi appartiene a una maggioranza ”
Perché chi appartiene a una minoranza dovrebbe essere più intelligente? Statisticamente, ci si può aspettare che i piccoli gruppi si discostino dalla media della popolazione generale più di quanto non facciano i grandi gruppi, poiché, a parità di altre condizioni, un campione piccolo è meno rappresentativo di uno grande, ma lo scostamento può essere in entrambe le direzioni. Inoltre gli atei, pur non costituendo una percentuale enorme della popolazione, sono comunque un bel po’ di gente, per cui dubito che li si possa considerare un piccolo gruppo dal punto di vista statistico.
Poi tutti apparteniamo a qualche minoranza (ad esempio, a quelli coi capelli rossi o a coloro a cui piace il modellismo ferroviario), allora tutti dovremmo essere più intelligenti della media?

laverdure

@SilviaBo
Concordo,ti faccio un solo esempio:non ho motivo di pensare che
tra la minoranza degli zingari l’intelligenza media naturale sia diversa da quella di qualunque altra etnia,ma non credo proprio che la loro cultura (intesa come modo di vivere)sia molto adatta a stimolarla. E’ molto piu’ adatta a stimolare la furbizia (intesa come mancanza di scrupoli),perfino piu’ della nostra,il che e’ tutto dire.

Diocleziano

Farei un distinguo sulla definizione di minoranza.
Si può appartenere a una minoranza per scelta:
ad esempio gli scacchisti.
Mentre di regola non si sceglie di appartenere agli zingari.
L’appartenenza a una religione è dovuta generalmente
a un condizionamento inflitto fin dalla nascita,
non è una scelta.

E poi, come dovremmo considerare i ‘veri’ credenti,
cioè quel 15% che va veramente a messa:
l’elite intelligente della massa bruta dei credenti? 🙄

gmd85

@Diocleziano

Dipende. Se noi siamo minoranza, siamo volontari 🙂 Così come anche chi si converte. Ma da un punto di vista generale, concordo.

Giorgio Pozzo

Certamente, i parametri che influenzano l’intelligenza sono moltissimi (ad esempio aritmetica, memoria, ragionamento, elasticità mentale, capacità induttive, e chi più ne ha più ne metta). Vale a dire che l’intelligenza è senz’altro funzione di molte variabili, e, problema ancora maggiore, il peso relativo di ciascuna variabile non è quantificabile.

Quindi, gli psicologi e compagnia bella, in mancanza di un metodo quantitativo assoluto, hanno inventato un metodo quantitativo relativo. Il QI, infatti, viene misurato in termini relativi a tutti gli altri che sono sottostati allo stesso test. Se nel test 1 il mio QI viene quantificato in 90, significa che sono piazzato al 90% sulla media di 100, cioè 10 punti al di sotto della media di tutti coloro che hanno fatto il test (attenzione, importante, non al 90% di tutte le persone). Analogamente, con un test 2 se il mio QI venisse (e capita con test diversi di avere punteggi diversi) quantificato in 120, significherebbe solamente che sarei al 20% sopra la media di tutti coloro che hanno eseguito quel particolare test.

Ora, non ho visto lo studio, ma se per caso hanno eseguito lo stesso test a credenti e non credenti, e la media dei QI risultanti fosse significativamente differente tra i due gruppi, allora una qualche conclusione sarebbe anche legittima. Ma, oltre ad aver messo tutti nelle stesse condizioni, bisogna anche che i campioni dei due gruppi siano assolutamente rappresentativi.

bruno gualerzi

@ Giorgio Pozzo
@ Giorgio Pozzo
“Quindi, gli psicologi e compagnia bella, in mancanza di un metodo quantitativo assoluto, hanno inventato un metodo quantitativo relativo”

Quindi si tratta del classico circolo vizioso, o di procedimento autoreferenziale che dir si voglia… per altro necessario in mancanza della possibilità di definire l’intelligenza sotto l’aspetto qualitativo, ma sostanzialmente pervenendo a risultati che sono necessariamente impliciti nelle premesse. Da questo punto di vista credo che la definizione di intelligenza in fondo più ‘onesta’ in quanto esplicitamente pragmatica è quella trovata in un manuale di psicologia per le scuole, cioè la seguente: “l’intelligenza è ciò che è definito tale dai test di intelligenza”. L’importante è tenerne conto quando si operano ricerche su simili presupposti..

bruno gualerzi

“L’importante è tenerne conto quando si operano ricerche su simili presupposti.”

Preciso meglio. Perché queste ricerche siano da considerate ‘oneste’, bisognerebbe sempre precisassero preliminarmente quali sono i parametri usati per definire i test utilizzati. Certamente li si possono formulare sulla base di conoscenze scientifiche sempre più approfondite in vari settori che hanno attinenza con l’oggetto della ricerca… ma anche queste andrebbero richiamate espressamente.
Altrimenti si rischia sempre di attribuire valore assoluto a ciò che è necessariamente relativo. Traendone conseguenze – come già richiamato più sopra – in realtà… ‘ideologiche’.

Per entrare nel merito, il mio solito appunto. Non so francamente che utilità possono avere queste ricerche proprio in relazione allo stabilire una qualche superiorità dei non credenti sui credenti o viceversa dal momento che si prestano troppo facilmente ad essere tirate da una parte o dall’altra… e, ciò che più grave, con il preteso avallo della scienza. Credo che sia sul piano culturale nella sua accezione più ampia che debba svolgersi il confronto.

alessandro pendesini

@Giorgio pozzo

Infatti i test dell’intelligenza (QI) predicono certe disposizioni in certe branche, ma hanno scarso valore predittivo per quanto riguarda la vita professionale e non solo. Inoltre, misura solo capacità logiche o logico-linguistiche, -siamo quasi “condizionati” per limitare il concetto di intelligenza per quelle competenze attuate nel risolvere solo i problemi di questo ordine. Il relativo “successo” nella vita dipende molto più del quoziente emotivo (QE) a largo spettro, che del QI.

Misurare l’intelligenza da test di intelligenza attraversa quello che possiamo considere come limiti legittimi della cognizione. Una ragione è che questi test non operano entro i confini di un vero e proprio spazio di attività umane. Mentre i test di intelligenza si riferiscono solo al singolo individuo, il concetto di intelligenza deve prendere in considerazione sia gli individui che le società.
Se la valutazione non è collocata nel contesto di ambienti autentici e campi sociali, possiamo dubitare a che possa spiegare il funzionamento intellettivo in modo adeguato.

Giuliano

Già è pericoloso parlare di intelligenza in senso lato ma diventa stolto volerla connotare ad un gruppo di persone o ad una società o ad un tempo. Le variabili sono talmente tante che quando anche si avesse un protocollo condiviso i cambiamenti avvenuti nel frattempo l’avrebbero già depotenziato.
Penso che una delle (tante?) discriminanti sui nnss. cervelli dovrebbe essere sulla voglia e capacità di farsi domande. Chi accetta pacchetti già confezionati, e con tanto di fiocco, dove è già tutto spiegato e non serve mettere in moto le rotelline delle meningi è da considerare perlomeno una persona con un encefalo … pigro.

Antonio

Esistono tanti stili di vita, ognuno con caratteristiche diverse e “requisiti” differenti. Ogni persona ha il suo stile di vita in base alle condizioni in cui si trova e, finchè lo stile di vita si dimostra efficiente per quelle date condizioni, ne soddisferà i requisiti. Tutto questo per dire che esistono stili di vita che non richiedono una capacità di ragionamento che vada oltre il saper svolgere le piccole faccende quotidiane o il porsi questioni che esulino dalla quotidianità, per questo motivo certe persone non sviluppano queste facoltà pur vivendo benissimo. Molte persone non hanno bisogno di ragionare più di quanto io abbia bisogno di saper fare il ventriloquo o di conoscere il punto croce.

gmd85

In linea di principio, si. Ma non escludere che ci possa essere il contadino che t’intorta l’accademico come se niente fosse 😉

diego

I credenti dovrebbero ragionare su questi aspetti, anziché anatemizzare chi glielo fa notare.

Prima bisognerebbe che i credenti imparassero a ragionare…

marilena

“da qui a concludere che un mondo senza fede sarebbe migliore ne corre assai”, scusate, di che fede parlate? Io sono convinta che il mondo sarebbe migliore senza la fede predicata dalle religioni, con buona pace del confronto dialettico!

marilena

scusate, voglio aggiungere che anche su bergamonews è stato pubblicato l’articolo. Ho inviato qualche commento(con i miei limiti) e mi piacerebbe che, per esempio alessandro pendesini(grande!) ne inviasse almeno uno. Grazie

Francesco S.

Una battaglia culturale assolutamente da combattere:
arrivare all’abolizione del sostantivo “uomo/donna” per sostituirlo con “persona” lo trovo un po’ ridicolo per semplici questioni pratiche di identificazione, ma quello che ci ricamano sopra è tragicomico da “diversamente intelligente”.

Diocleziano

dysphoria_noctis
Interessante per capire il livello mentale dei credenti.
Forse non hanno tutti i torti quelli che li definiscono ‘defıcıentı’

Come livello di discussione, definirli puerili è troppo generoso.

Ce n’è uno che lamenta di essere stato bannato varie volte: e si meraviglia!
Però guarda caso, sono tutti dei loro. Loro sì che sono aperti al confronto…
E pensare che ogni cattobeota che mette il naso qui dentro riceve decine
di risposte argomentate nella speranza che veda la luce in fondo al tunnel.

dysphoria_noctis

gmd85: è un forum di ominicchi che, col pretesto della tematica dei padri separati, ne approfitta per spargere tonnellate di misoginia, lamentandosi nel frattempo del regime “nazifemminista” in cui si vivrebbe e rimpiangendo i bei tempi andati del patriarcato e daaaa famigggghiola finto-unita, finto-felice e rigorosamente eterosessuale (anche di facciata, nel caso…) 😀

Diocleziano: concordo al 100% con te. Ma sai, pretendere un minimo di logica da gente che pensa che il ritorno al patriarcato sarebbe la panacea di tutti i mali maschili è a dir poco una missione impossibile 😉

gmd85

@dysphoria_noctis

Ah, ecco. Ma ho come l’impressione che sia frequentato in larga parte da soggettoni col braccino destro alzato.

John

Articolo estremamente interessante, così come il dibattito che ne è scaturito.
Io peraltro penso di essere molto poco intelligente, e quindi mi sento di confermare la regola.
Comunque, tralasciando la mia persona che penso poco v’interessi, e cercando di assumere un punto di vista “terzo”, a mio avviso è come se nella fascia dei “credenti” si incontrassero due mondi completamente diversi. Uno, largamente maggioritario, formato da coloro che credono “per omologazione”, sono caratterizzati da una pressoché totale assenza di spirito critico ed effettivamente non rappresentano – diciamo – l’intellighenzia della nostra società. Nella stessa categoria (di “credenti”) viene a trovarsi un secondo mondo – largamente minoritario – formato da persone che invece credono per via di un complesso percorso intellettuale, se vogliamo tormentato ma certamente autentico. E così paradossalmente nel club dei credenti la vecchietta che prega padre Pio si ritrova insieme a Werner Heisenberg, oppure l’esaltato dogmatico politicante di CL si ritrova insieme a Vito Mancuso, o ancora, il prete entrato in seminario per caso che fa omelie soporifere, si ritrova insieme ad Enzo Bianchi.
Io penso che esista un problema di categorie, forse la questione è che non si può continuare a usare uno stesso termine, “credente”, per indicare due universi così distanti tra loro. Non so, sono solo riflessioni libere, io stesso mi riprometto di rifletterci un po’ su.

gmd85

Io peraltro penso di essere molto poco intelligente, e quindi mi sento di confermare la regola.

Ma va’ la 😀

Comunque, concordo con la descrizione che hai fornito. E aggiungo che tali categorizzazioni, piaccia o meno, si applicano a tutti.

Francesco S.

C’era un tizio che diceva che che il vero saggio è colui che sa di non sapere. Che valga anche per l’intelligenza?

gmd85

@Francesco S.

Eh, ma almeno il saggio una cosa la sa. Temo che ci sia anche la condizione di chi non sa che dovrebbe sapere di non sapere. 😆

Diocleziano

È un po’ il concetto che ho condensato nel ”15% che è l’elite intelligente della massa bruta dei credenti”. Quindi approvo!

John

Si, però a mio avviso la questione ancora più complessa. Tu dici “15% che va a messa”, ma teniamo conto che la vecchietta di padre Pio a messa ci va, mentre Hans Kung credo non ci vada… chi dei due appartiene al 15%? Diciamo che la questione è densa di paradossi, ma proprio per questo è interessante.

John

@Frank,
hai pienamente ragione, non posso che concordare. In fondo, penso che non ci sia nulla di ciò che ciascuno di noi afferma, che non sia già stato detto, scritto, manifestato da qualcuno, per cui è vero che ogni mia parola rimbomba di ovvietà, come quella di chiunque, o quasi. E questo commento non fa eccezione: Nullum est iam dictum quod non dictum sit prius (Terenzio). Penso che se dal prossimo minuto fosse tolta la voce a chi afferma qualcosa che rientra nel “dictum prius”, sperimenteremmo il silenzio più totale, e solo due o tre persone in tutto il Pianeta continuerebbero a parlare: certamente non io.

Frank

John, non confondere le ovvietà con le verità che, per quando siano state ripetute, non smettono mai di essere utili.

John

Premesso che secondo me non ci sono “verità” da ripetere come fossero verità assolute, ma caso mai da mettere in discussione ogni giorno, perché io sono convinto che esistano solo verità relative, sia nell’ambito scientifico (se pensiamo che la nostra descrizione del cosmo sia definitiva siamo più ingenui dei tolemaici) che in quello metafisico (dove eliminerei del tutto il concetto di “verità” per sostituirlo con quello di “convinzione”).
Ma ciò che ho detto nel commento delle 0:10 è davvero così ovvio? Per te si, d’accordo, si è capito. Ma tu pensi che lo sia per tutti? Tutti, ma proprio tutti, atei e credenti, sottoscriverebbero l’esistenza del problema nei termini esatti in cui l’ho posto io? Se è così mi va benissimo: chiedo scusa per aver detto un’ovvietà ma nel contempo mi compiaccio assai con me stesso per avere una visione così cristallina e incontroversa di una realtà che credevo complessa e parcellizzata.

Frank

John non ti esaltare, quando parlo di verità mi riferisco a cose normali, senza sconfinare in disquisizioni scientifico, filosofico e trascendentali. Lo sai cosa hai mangiato oggi? Di che colore sono i tuoi vestiti? O hai dubbi pure su queste cose? Si, hai detto un ovvietà. Se esistono due gruppi di persone la cui intelligenza media di uno è (per qualsiasi motivo) superiore all’altro, succede che può esserci qualche persona intelligente nel gruppo dove l’intelligenza media è più bassa e qualche persona poco intelligente nel gruppo dove è più alta. Hai detto un ovvietà quindi e non te compiacere, visto che peggiori la tua situazioni e finisci col sembrare ancora più stupido di quello che sei.

John

@Frank,
Credo che noi due ci muoviamo su due sistemi di coordinate categoriche molto diversi, e che cercare un punto di sintesi sia come cercare di tracciare una retta che passi per i due piani… quindi lasciamo pure le cose come sono. Nel tuo sistema mi classifichi con l’aggettivo che hai usato nell’ultima riga dell’ultimo commento, evidentemente in accordo con una serie di tuoi riferimenti che non sarò certo io a contestarti, perché parto dal presupposto che, sempre e comunque, potrei essere io a sbagliare. Nel mio sistema invece io non comprendo il motivo di tanto livore nei miei confronti, che ti conduce a preferire l’attacco personale rispetto alla possibilità di ignorarmi semplicemente, come io sono solito fare con le persone che vedo condurre i propri pensieri su frequenze molto differenti dalle mie.
Ma ripeto, evitiamo di tracciare rette impossibili e chiudiamo qua.
Chi leggerà questa successione di commenti vedrà due approcci radicalmente differenti tra loro, e valuterà quale a quale dei due sentirsi più vicino.

Frank

Incredibile John, ti arrampichi sui vetri pur di sostenere di non aver detto un’ovvietà.

John

Perché dici che ho sostenuto di non aver detto un’ovvietà? Al contrario, l’ho detto e ribadito più volte, riconoscendo che hai ragione tu.
Ho iniziato affermando “hai pienamente ragione, non posso che concordare”, e poi ho scritto chiaramente ” è vero che ogni mia parola rimbomba di ovvietà”; successivamente ho scritto “chiedo scusa per aver detto un’ovvietà”; quindi ho asserito che “parto dal presupposto che, sempre e comunque, potrei essere io a sbagliare”, e che quindi mi è più facile riconoscere che hai ragione tu quando dici che ho detto un’ovvietà. Ho posto forse qualche interrogativo interlocutorio, ma non c’è un solo passaggio del mio pensiero dove ho sostenuto con fermezza e sicurezza di non aver detto un’ovvietà.
Lo ribadisco anche adesso: ho detto un’ovvietà, e ho sbagliato. Su questa affermazione ci troviamo d’accordo?

Frank

Adesso che fai ritratti? Rileggiti quello che hai scritto, non è proprio quello che hai detto adesso.

John

@Frank,
diciamo che la conversazione con te mi ha portato a chiarire meglio la mia posizione. Ho riletto quello che ho scritto, e hai ragione: a tratti mi sono espresso male, e in modo contorto, e ho espresso anche idee non del tutto valide, basandomi su presupposti che credevo veri ma in realtà sono fallaci. Quindi, dove prima sono stato vago o dove ho malamente espresso una posizione non netta, riconosco che ho sbagliato, se avessi affermato da subito “ho detto un’ovvietà”, avremmo risparmiato tempo… e ancora di più se non l’avessi per nulla detta. Ma una conversazione di questo tipo, almeno a me, serve proprio a questo, a capire gli errori del mio ragionamento e, più o meno gradualmente, a correggerli; altrimenti sarebbe del tutto sterile; in questo caso non lo è stata.

Frank

Tu hai fatto un commento e io ci ho scherzato sopra (almeno la prima volta), evita di farne un dramma John.

John

Ci mancherebbe. Qua tutto avviene nell’inafferabile leggerezza del web.

Frank

John ne sono felice (insomma non esageriamo) contento, diciamo così, si contento è meglio.

Antonio B.

John

Secondo me quando qualcuno dice di sé stesso che è intelligente si può essere certi che è un cretino.
Se tu fossi realmente “molto poco intelligente”, come sostieni, diresti che sei intelligente, quindi quello che dici è evidentemente falso, c’è allora da chiedersi: perché senti l’esigenza di mentire ? Menti per scarsissima autostima ? O menti pensando di essere in realtà più furbo degli altri e giochi quindi la “carta” dell’apparente sottovalutazione ?

Per quanto riguarda il confronto fra credenti e non credenti io penso che il discrimine non debba essere nell’intelligenza (“intelligenza” è una parola non definibile oggettivamente e inconfutabilmente, quindi meglio usarla il meno possibile) quanto, piuttosto, nella “rigidità”, tanto più una persona è rigida e dogmatica tanto più si può essere certi di avere di fronte un cretino (la cretinaggine, l’ottusità sono molto, molto più facilmente riconoscibili). Gli atei, per forza di cose, sono spesso “obbligati” ad essere tendenzialmente più duttili dei credenti (questo però non vuole certo dire che allora non possa esistere un cretino ateo).
La fede in generale, scissa da rigidità e dogmi, è, ovviamente, perfettamente conciliabile con l’intelligenza, ti ho già detto, in altri post, che, secondo me, c’è una differenza totale e sostanziale fra la “fede”, che è un sentimento (rispettabilissimo), una ricerca e la “credenza” (dogmatica) che è invece una manifestazione di profondissima ottusità e di autentica psicosi (per cui non ho il benché minimo rispetto), anche se bisogna dire che è vero che i due termini vengono spesso usati come sinonimi e che si confondono persone in realtà diversissime fra di loro.

John

@Antonio B.,

Sul primo quesito: non mento, lo penso veramente. Un motivo è che negli anni ho incontrato (di persona o attraverso i loro scritti) diverse persone che reputo realmente, profondamente e autenticamente intelligenti, e percepisco tra me e loro una distanza inarrivabile. Gli unici pensieri apparentemente “intelligenti” che posso enucleare sono solo rielaborazioni sfocate di ciò che ho letto nei loro libri o sentito dalla loro voce.
Si tratta di persone molto diverse, ma hanno una caratteristica, forse unica, che le accomuna: seguendo il loro pensiero è quasi impossibile capire se sono credenti o atei. E magari il giorno in cui lo si viene a sapere si scopre che è il contrario di ciò che si era creduto di capire, e ci si accorge che è un dettaglio poco importante.
Forse è questa la vera linea di discrimine che ha rilevanza: la non-comprensibilità del proprio essere credente o non credente. Penso che a questo tutti dobbiamo aspirare, e io vi aspiro certamente. L’obiettivo per cui, il giorno che qualcuno converserà con noi, ne uscirà arricchito, rafforzato, risonante di stima nei nostri confronti, pronto a cercarci nuovamente per aver piacere della nostra presenza, e nel contempo però si chiederà tra sé e sé: “chissà se è ateo o credente”.
Che dite?

gmd85

@John

L’intelligenza è un valore, come tanti altri. Può essere relativa o assoluta. Un conto è riconoscere i propri limiti in relazione a chi riesce a superarli, un altro è considerarsi non intelligenti per questo. Suppongo che tu ti sia trovato a interagire anche con emeriti idioti e avrai pensato il contrario.

Concordo con Antonio B e sulle differenze che ha proposto. C’era un docente di logica. Preparato e tutto il resto. Ho scoperto a fine corso che è un credente convinto. Non ce l’ha mai detto e non traspariva. Ma, pura sapendo della sua credenza, non potrei mai dire che non è intelligente.
Direi che la tua posizione può essere un’integrazione al commento di Antonio B.

John

@gmd85,
sì, mi trovo d’accordo con ciò che osservi.
Quel che racconti corrisponde un po’ a ciò che è successo a me quando ho scoperto che Martin Gardner è credente, come afferma in un saggio, che probabilmente hai letto, nell’ottimo libro “Dracula, Platone e Darwin” di pochi anni fa. A volte mi viene da prendere in mano il volumetto e ricontrollare “ma è davvero così?”, perché per qualche meccanismo ormai la mia mente l’aveva “categorizzato” come non-credente. Questa vicenda ovviamente non ha né rafforzato né indebolito la posizione di Gardner nel mio piccolo gotha personale, ma ha costituito un passaggio-chiave che mi ha aiutato molto a non categorizzare le persone né in un senso né nell’altro.

Diocleziano

John
Se parlando o leggendo le opinioni altrui non si riesce a catalogarne la posizione, vuol dire che i significati si sono mantenuti in un ambito di opinioni condivise.
Per esempio: due preti possono parlare per ore e essere completamente d’accordo su miracoli e transustanziazione, mentre se uno dei due è ateo immediatamente obietterebbe. E anche il prete obietterebbe sulle opinioni dell’ateo.
Un altro aspetto non secondario è la ‘purezza’ del messaggio: la raccomandazione a comportarsi onestamente è accettabile da qualsiasi parte arrivi, però per me è più accettabile se mi arriva con motivazioni logiche da un onesto intellettuale di buonsenso, piuttosto che sentirselo dire da chi ne ha fatto un mestiere e lo supporta con la minaccia di punizioni apocalittiche da parte di un dio inesistente. Nel secondo caso il messaggio non è ‘puro’, è contaminato da illogicità.

Antonio B.

John

Non ci siamo proprio…guarda che si può mentire anche a sé stessi…

Da quello che scrivi devo ipotizzare che tu hai un vero e proprio “complesso di inferiorità”, guarda però che nessuno (nessuno) sulla faccia della terra è incapace di dire qualche sciocchezza, che si può anche vincere un Nobel ma, in una determinata circostanza, su un determinato argomento, cadere miseramente. Certo, non tutti abbiamo le stesse capacità ma, comunque, i “complessi di inferiorità” sono sbagliati, autocastranti, meglio riconoscere umilmente i propri limiti ma da questi limiti non farsi fermare e condizionare, si arriva solo se ci si sforza di arrivare, magari non si vincerà un Nobel ma non si verrà nemmeno qui a dire che si è “molto poco intelligenti”. Hai una visione strana del mondo e fai paragoni assurdi, guarda che a questo mondo non esistono solo i geni assoluti (che comunque hanno anche loro dei limiti) e i cretini. Voglio infine farti notare una vistosa contraddizione nel tuo discorso, vorresti cortesemente spiegarmi come fai a riconoscere la reale, profonda, autentica intelligenza negli altri se tu sei un cretino ?

Se non si riesce a capire se qualcuno è ateo o credente è ovvio che ottuso, rigido, dogmatico non può certo essere.

gmd85

@John

Scusami, ma ti ripropongo l’ultimo commento di Antonio B come risposta.

Ermete

Mettiamo che quanto riportato sia realmente vero: noi atei siamo più intelligenti, istruiti, reattivi mentalmente ecc..ecc…
Beh? Anche fosse, non capisco a cosa serva una conclusione del genere a livello di conseguenze.
Forse che pensiamo che chi è meno intelligente, meno istruito, meno critico e, se vogliamo, un po’ credulone… sia appartenente ad un’umanità di serie b?
Viceversa, non vedo ragioni per spendere soldi ed energie a far ricerche orientate su questo.

Tiziana

@Ermete

a me sembrano ricerche che arrivano a risultati ovvi. Immagino che il’ateo non avendo una risposta a tutti eserciti di più il pensiero e quindi è più agile, esattamente come chi esercita i diversi muscoli del corpo rispetto ai pigri è più scattante.
Quanto all’alto numero di nobel presi dagli ebrei (che sono si una etnia ) credo sia ovvio dire che una minoranza in genere è più competitiva per mantenersi viva. Va però detto che spesso ad un attore , ricercatore, giornalista si aggiunge ebreo e si nota di più (specie qui in Vaticalia) perchè si rimane sempre sorpresi che abbia un incarico prestigioso e si va alal ricerca delal prestigiosa lobby che lo ha spinto. Mi è capitato spesso di sentir dire voi ebrei intelligenti , detto dal noto antisemita, a me è sempre sembrata una battuta razzista.
Infine concordo con Ermete, qualora ci ritenessimo più intelligenti del vicino di casa che facciamo, lo lasciamo indietro?

Ermete

@ Tiziana
Sugli ebrei…gli antisemiti di solito non considerano gli ebrei stupidi, ma, al contrario di come considerano i neri, li considerano intelligenti ma malvagi e pronti a dominare il mondo e di qui la fissa con la lobby. La stessa cosa che pensava Hitler: gli ebrei sono una razza inferiore in quanto a vigoria fisica, ma diabolicamente astuti e pronti a inquinare, imparentandocisi sessualmente, le razze giovani e nordiche.
Non mi è mai capitato di sentir dire un razzista che gli ebrei siano stupidi (che siano avidi e che comandino il mondo sì), quello della stupità la usano per i ‘negri’.
Mala tempora currunt.

Engy

Tiziana,
sul fatto di aver certezze o risposte per tutto:
mi sembra evidente – perchè lo abbiamo sotto gli occhi, tramite le persone diversissime che ci circondano che il DUBBIO si insinua proprio e solo nelle persone (più) “intelligenti”.
E, ancora una volta, i vari distinguo, la smania di catalogazione, i garini di intelligenza tra chi ha fede o chi è ateo o chi si colloca in una posizione incerta, non c’azzeccano proprio per niente

gmd85

@engina

Come se tu non catalogassi e non categorizzassi. Il problema nasce quando il dubbio te lo fai venire ma poi lo dissipi con le spiegazioni che piacciono solo a te.

Tiziana

@Ermete

sull’intelligenza e la ricchezzza della lobby ebraica italiana inviiterei tutti a farsi un giro nel mio quartiere . Io ho sempre trovato offensivo quello che dice che l’ebreo è intelligente, è il modo per tenere ferma la preda blandendola per parargli il calcio negli stinchi.

Francesco S.

@Ermete

Ma la ricerca non aveva lo scopo di dividere le persone tra serie A e serie B e uno studio sociologico per interrogarsi sull’agire delle persone.

Secondo me chi non è avvezzo agli studi scientifici guarda a queste che paiono ovvietà e pensa che siano inutili, si dimentica o non sa che la Scienza procede per successione di evidenze – che sono per definizione ovvietà. E poi c’è da aggiungere che la ogni articolo è sottoposto a revisione e c’è un comitato di pari – altri scienziati – che ha valutato anche l’utilità dello studio.

@Tiziana

Semplicemente gli ebrei scienziati provenivano da famiglie benestanti, e per far scienza c’è bisogno della serenità economica, senza quella pur se sei bravo ti fottono, guarda la storia del povero Antonio Meucci, c’è da piangere per come il ricco Bram gli abbia fottuto il brevetto.
Gli ebrei sono una comunità piccola ma benestante – per loro merito, non altro – per questo hanno più probabilità di sfornare Nobel.

Ermete

Tirare fuori l’effetto serenipity in psico-sociologia mi sembra una grossa arrampicata di specchi, visto che in sociologia non esiste ricasco tecnologico.
Insomma, serve ad aumentare l’autostima degli atei?!
Non ne ho bisogno, mi stimo abbastanza anche senza spese di soldi ed energie di sociologi. 😉
In genere, chi non è versato in scienze parla di Scienza come un monolita o un unicum.

Ermete

Anche senza il serendipity, peraltro, non è affatto vero che le scienze lavorino per evidenze (quella è la filosofia); generalmente le scienze si fondano su pensieri controintuitivi (il sole che è fermo e l’evoluzione davanti a specie che a prima vista sembrano fisse sono due esempi).
E, ripeto, qua si parla di sociologia o di psicologia sociale che non ha lo statuto della matematica, o della fisica o della chimica o della biologia…

Francesco S.

Non è assolutamente vero che le scienze si fondano su pensieri controintuitivi. Non è che Darwin o Galileo all’improvviso se ne sono usciti con le loro teorie, ma hanno fatto una serie di esperienze, piccoli passi. Galileo inizio a guardare il moto degli astri e iniziò ad osservare dei moti relativi. Darwin iniziò a gurdare i becchi degli uccelli e inizio a vedere un certo cambiamento da uccelli affini.

Tutti i passi sono passaggi semplici (concettualmente) ed evidenti che messi tutti insieme possono anche portare a conclusioni controintuitive. Ma la scienza è un sapere progressivo.

La psicologia è una scienza perchè usa il metodo scientifico (oltre che la statistica) a meno di non pensarla come Zichichi, che sostiene le teorie Darwiniane non scientifiche perché Darwin non uso la matematica.

Ermete

Francesco S., ora ho capito meglio cosa intendi con le evidenze.
Del resto, io non ho mai negato che la sociologia sia una scienza, ma ho detto che usa un altro metodo di lavoro, visto che arriva a conclusioni che sono per forza ideologiche, visto che fotografare un comportamento in sè non serve a nulla ma porta per forza a conclusioni e ad implicazioni ideologiche (fotografare una società in modo neutro è una chimera, ogni fotografia porta l’impronta del fotografo, ovvero fotografare è già interpretare direbbe un marxista moderno).
Una di queste implicazioni, appunto, è quella che suscita il mio problema, e di cui non si era accorto nessuno: pensare ad un’aristocrazia intellettuale come cosa positiva non è un’evidenza ma una posizione sociopolitica.
Il fatto che qui si discuta se noi siamo più o meno intelligenti dei credenti ne è la dimostrazione, a meno che tutti qua non abbiano capito nulla della fotografia scientifica ed ecco la differenza rispetto alle scienze dure.

Tiziana

@Francesco S.
Ma non è vero. Forse gli ebrei prima di altri (ma solo perchè ne abbiamo tracce precedenti) hanno compreso il ruolo della lettura e non ne hanno escluso la metà. Anche nelle comunità ebraiche più retrive le donne hanno un ruolo che non le esclude dall’apprendimento. Certamente se quando pensi agli ebrei italian pensi a De Benedetti , ok, ma la comunità, specialmente quella romana, è fatta da commercianti talvolta piccolissimi (bancarelle ad esempio). Come puoi dire che sono una lobby ricca? Non è questo stesso un pregiudizio?

Engy

Giusto @Ermete, ben detto.
Peraltro l’articolo non allude a una fetta di umanità di serie b, quella dei credenti.
Diciamo (dico) allora che, più che compiacimento, forse c’è una comprensibile ricerca di “consolazione” se ci si mette nei panni degli altri, in questo caso gli atei, dal momento che, qualche articolo fa, si diceva della credenza da parte di taluni o di tanti (questi sì cretini) secondo cui l’ateo sarebbe una specie di perverso e più incline alla delinquenza.
E allora ecco che, “provvidenziale”, arriva questo studio a dire che gli atei in genere sono più intelligenti e con esso un po’ di autoconsolazione.
E devo anche ammettere che, in questo caso, il dubbio fa capolino in diversi commenti.

claudio285

ma l’hai letto l’articolo? Evidentemente chi è maggiormente dotato di attitudine al ragionamento logico prende le distanze maggiormente dalla religione. Quindi semmai è l’intelligenza a fare l’ateo, non è che se si diventa atei per qualche motivo allora si diventa più intelligenti. Io vengo da una famiglia atea, e questo mi esclude dai potenziali intelligenti. Però se una cosa ho sempre trovato insopportabile nelle spiegazioni religiose è la loro banalità, la loro ripetitività: il solito dione che crea tutto, a volte dal naso, a volte dal fango, e la festa è finita. Le spiegazioni religiose sono noiose, e le persone che amano i brividi intellettuali si stufano presto del giocattolo

Ermete

@ Francesco S.

Devo rettificare, a mente fredda, alcuni punti e darti in parte ragione.

Pensandoci bene, forse non è lo studio in sè a costituire un problema, giacchè esso riguarda considerazioni generali di geografia umana, ma la chiave di lettura sulla presunta maggiore intelligenza a costituire il nocciolo ideologico.
Certo, l’Ultimissima si pone in modo critico rispetto all’argomento, tuttavia viene evidenziato un aspetto di uno studio attraverso un taglio ideologico, per quanto discusso.
Ma qua ritorna, appunto, il problema controverso dei rapporti tra scienze umane e ideologia, ove per ideologia non intendo qualcosa di negativo del tipo ‘fideismo laico’, ma un sistema di pensieri che costituiscono una concezione del mondo, una precomprensione, attraverso cui si legge il mondo: sia per la natura, come detto, della fotografia che porta con sè inevitabilmente la mano del fotografo, sia per il tipo di deduzioni ideologiche, ci sono molti più problemi rispetto alle scienze dure,
Per il resto, torno a dire che, al di là dello studio in sè, discettare sulla maggiore o minore intelligenza di noi atei rispetto ai cattolici, è non solo uno pseudoproblema, ma indice di un’ideologia, o di una weltanschauung se si preferisce, che di fondo non condivido.

Francesco S.

@Ermete

Sul tuo ultimo commento rettificarto, non posso che concordare.

Ratio

La meta analisi è uno strumento di ricerca secondario, il cui scopo è quello di riassumere i dati provenienti da diversi strumenti di ricerca primaria, in particolare dagli studi clinici.

In dettaglio essa consiste in una serie di metodi matematico-statistici per integrare i risultati di diversi studi clinici, miranti ad ottenere un unico indice quantitativo di stima che permetta di trarre conclusioni più forti di quelle tratte sulla base di ogni singolo studio. È un approccio più quantitativo della review sistematica: la ricerca di strumenti meta-analitici qualitativi è però ancora troppo poco sviluppata e non trova praticamente applicazione nelle revisioni in ambito medico.

La meta analisi è uno strumento molto potente ed offre una sintesi dei risultati dei vari studi clinici, ma a farne le spese è il contenuto informativo. Questo è un limite intrinseco della procedura (ogni operazione di aggregazione di categorie o di valori fornisce un risultato che non esprime più le caratteristiche dei singoli componenti) aggravata dalla condizione di operare su scale molto grandi, quindi diverse da quelle originarie. Trarre informazioni da un sistema complesso è possibile a patto che lo studio non ne riduca eccessivamente i gradi di libertà. Nel cambio di scala, inoltre, possono acquisire rilevanza aspetti che precedentemente potevano essere considerati ininfluenti.

Il risultato finale è l’astrazione del modello, plasmato sui vincoli imposti dalle condizioni di studio.

Gérard

Mi viene in mente una frase del noto scrittore cattolico francese del secolo scorso : ” Prendete dell’ Acqua Santa e rincoglioniteVi ! ”
Non era dunque gonzo e aveva capito dove portava la Credenza…

Gérard

Scusate, mi era saltato il nome dello scrittore cattolico francese !
Si trattava di François Mauriac che disse testualmente
” Prenez de l’ Eau bénite et abétissez-vous ! ”

Ho personalmente notato in diversi casi l’ assenza di ragionamento da tanti cattolici qui in Italia .
Un esempio ? Anni fa, veniva ogni tanto fuori un libro scritto, almeno come ci veniva presentato, dal papa G.P,II .
Commenti elogiosi o meno elogiosi, pero nessuno metteva in dubbio che il libro fosse scritto dal papa, nonostante questo era in stato di malatia già avanzato… !!

Aldo

Condivido: la META-ANALISI non è certo un metodo adeguato per fare certi tipi di analisi. Una fra queste la verifica del grado di intelligenza fra 2 “gruppi” di persone !!! Sinceramente questo articolo è semplicemente penoso.

alessandro pendesini

@Aldo
Lei scrive : « questo articolo è semplicemente penoso »….
Posso chiederle per quale motivo lo ritiene tale ? Grazie per la risposta

Aldo

Non è difficile capire perchè l’ articolo è penoso, basta leggerlo e ragonare su quali criteri e analisi è basato !!!! Le ricerche serie e scienticiìfiche si fanno in altro modo. Questo articolo è più appropriato a una rivista di gossip che a una di scienza .

alessandro pendesini

@Aldo
Che l’articolo non sia accademico (non credo che il sito UAAR sia accademico) non significa che sia « penoso » e ancora meno irrazionale !!… Anzi….
Sarebbe interessante sapere quali sono le frasi qualificate, secondo il suo metro di misura, « penose » o irrazionali !

Engy

caro @claudio285 (di ieri, h 23,26)
A parte il fatto che non capisco l’astio che utilizzi quando mi parli e lo giudico come minimo puerile, a parte questo, tu puoi essere quel che vuoi e detestare quel che ti pare.
Intanto ti dico che mi rallegro del tuo orgoglio ateo, son felice se è questa la tua scelta convinta (come di sicuro è).
Solo mi aspetterei più leggerezza da uno super convinto e al tempo stesso rispettoso delle posizioni altrui …
Io sono ancora alla ricerca e mi definisco pertanto agnostica e non so cosa mi riserverà il futuro.
Personalmente, leggendo i tuoi commenti, non rintraccio granchè di quell’attitudine al ragionamento logico, tant’è che anche in questo tuo ultimo indirizzato a me, mi pare che tu abbia capito poco se non a rovescio.
E, senza offesa, non mi pari proprio il tipo da “brividi intellettuali”, ma anzi sei proprio il tipo – secondo me – che tende a destabilizzarsi nel momento in cui qualcuno esce un po’ dal seminato, avanza dubbi, si dissocia o come minimo fa dei distinguo.
Tu hai bisogno di venir qui, scrivere i tuoi begli “ot” e di trovare commentatori, magari anche volgari e grossolani (ci puoi passare sopra), e che però siano sempre fieri e pronti ad esternare in qualsiasi forma l’ostilità verso tutto quel che sa di fede; fedeli alla causa insomma, in ogni maniera.
Scusami sai caro, ma così come tu a un certo punto ti sei svegliato dal letargo dei tuoi “ot” per darmi addosso e affibbiarmi etichette e patenti varie, adesso io ti dico sinceramente ciò che penso di te.
E’ chiaro che si tratta di un giudizio superficiale, ma, nel contesto specifico – e assurdo il più delle volte – della rete, è l’unico che posso dare.

Gérard

Sig.a Engy

Scelta atea ? Io non credo che sia una scelta … Darwin per esempio era molto credente finchè non arrivo alle teorie che conosciamo tutti . Ci fu una lotta interiore molto forte finchè si decido, la morte nell’ anima, di pubblicare la teoria dell’ evoluzione, intuiendo cosa sarebbe successo…
E stato onesto sia con se che con gli altri ..
Io personalmente, ho cominciato a dubbitare dell’ esistenza di Dio a 6 anni . A 11 anni, ero definitivamente ateo .
Durante la mia esistenza, ho fatto finta di credere in diverse volte ma come ho scritto sopra, una volta si dice basta perchè non si puo sempre mentire a se stesso

Giorgio Pozzo

Credo che Gérard abbia ragione: l’ateismo non è una scelta, e non è nemmeno un’opinione. E’ un rifiuto: il semplice rifiuto di accettare il soprannaturale come qualcosa di esistente e simultaneamente indimostrabile.

Alla nascita, siamo tutti atei. Nessuno di noi sa nulla di religione o fede.

Crescendo, come bambini siamo sottoposti a indottrinamenti vari, e crediamo di credere in qualcosa per il semplice motivo che riconosciamo che dobbiamo imparare dagli adulti e da quello che ci raccontano. Quando poi iniziamo a porre delle domande imbarazzanti che non possono avere risposta, oppure ottengono risposte contradditorie (inevitabile per le dottrine dogmatiche), allora sviluppiamo un certo senso critico. A seconda della nostra attitudine a dare ascolto oppure no al nostro senso critico, diventiamo nuovamente atei, ma non per scelta: ci accorgiamo di esserlo e basta.

Tra l’altro, in questa luce, ateismo e agnosticismo coincidono.

Engy

dicevo, perfettamente d’accordo anche se (@G. Pozzo) agnosticismo, ateismo, condivisione di una fede, non sono dati acquisiti una volta per tutte, si può cambiare idea, per poco tempo, per sempre …
L’importante secondo me è non sedersi nella presunzione delle proprie ferree convinzioni.

gmd85

@engina

Io sono ancora alla ricerca e mi definisco pertanto agnostica

Seeee, certo. 😆

Engy

giemdi
mi sa che tu sia solo un provocatore bello mio.
Non avrei problemi a dire che sono tanto ma tanto pia e c’ho il timor diddio.
Non avrei problemi perchè problemi non ne devono proprio esistere, visto che diciamo di credere nella libertà di pensiero, compresa quella altrui magari …
E problemi non ne avrò quando eventualmente dovesse capitarmi una conversione religiosa totalizzante, oppure quando eventualmente dovessi diventare “ateerrima”. Te lo farò sapere comunque.
P.S. ti sembrerà incredibile, ma sai che l’avevo capito che gli “ot” sono dettati da motivazioni tecniche?

gmd85

@engina

P.S. ti sembrerà incredibile, ma sai che l’avevo capito che gli “ot” sono dettati da motivazioni tecniche?

Ergo, la tua sparata nel commento precedente aveva la stessa utilità di un c.ulo senza buco. 😆

mi sa che tu sia solo un provocatore bello mio.

Si… certo, tesoro…

http://en.wikipedia.org/wiki/Psychological_projection

Quanto al resto, non avrei problemi neanche io. ma il problema sei tu. E, bada, risulteresti tale tanto da credente, quanto da agnostica, quanto da atea, nel caso ti fossi fatta strani pensieri.
E delle tue conversioni non m’interessa. M’interessa solo che tu non venga qui a fare l’ipocrita.

claudio285

primo, non c’era astio; mi sembrava dalle tue parole che non avessi letto l’articolo. secondo, scrivo ot per una ragione “tecnica”, dal momento che con la versione nuova se non scrivo non visualizzo i messaggi, e dunque se non ho nulla da scrivere ma voglio leggere, scrivo ot che non rompe le palle a nessuno. Terzo, io non ho detto affatto di essere logico, anzi, l’ho escluso, e se ho capito male bastava tu mi dicessi “hai capito male”, per il resto sono tutti tuoi giudizi su di me che lasciano il tempo che trovano, come i miei su di te.

Massimo Maiurana

scrivo ot per una ragione “tecnica”, dal momento che con la versione nuova se non scrivo non visualizzo i messaggi

In che senso? Io i messaggi li leggo cliccando sul link che c’è in fondo alla pagina, tu non ce l’hai quel link? Oppure non leggi i messaggi dal web?

gmd85

@Massimo

Non so. Da quando c’è stato il restyling, capita che alcuni commenti prima siano leggibili, poi, il giorno dopo, no. E bisogna commentare affinché si vedano. Oppure, i cookie per mantenere i dati durano poche ore. L’ho già fatti presente ai responsabili di m.oderazione, ma penso che segnalerò ancora il problema. Temo che si tratti di un problema di ottimizzazione in base al browser.

@Francesco S

Eh, ma il semplice reload non sempre risolve il problema.

Massimo Maiurana

@Massimo
Non so. Da quando c’è stato il restyling, capita che alcuni commenti prima siano leggibili, poi, il giorno dopo, no. E bisogna commentare affinché si vedano. Oppure, i cookie per mantenere i dati durano poche ore.

Strano, non mi sembra che mi sia mai capitato, e uso pure una versione abbastanza vecchia di firefox.

gmd85

@Francesco S.

Forse, si. Proverò bei prossimi giorni. Sta di fatto che o c’è qualche errore o è una scelta apposita.

gmd85

@engina

A parte il fatto che non capisco l’astio che utilizzi quando mi parli[…]

E figuriamoci.

Tu hai bisogno di venir qui, scrivere i tuoi begli “ot”

Se invece di scrivere boiate tu ti prendessi la briga di leggere meglio, sapresti che la motivazione è tecnica. Ergo, non ci azzecca una mazza. Come sempre, tesoro.

Quanto al resto: ma mi faccia il piacere.

gmd85

A parte che ti ho risposto sopra, ma la pianti di fare commenti acidi e per poi tentare di ritrattare? Invano, tra l’altro.

alessandro pendesini

La capacità “intelligente” di capire (che considero un potenziale biopsicologico) dipende dalla capacità di trovare i ricordi pertinenti al momento opportuno, in rapporto con ciò che vogliamo capire o spiegare. Sono le esperienze precedenti (memorizzate) che permettono non solo di capire le nuove esperienze, ma anche modificarle, entro certi limiti, dal quantitativo al qualitativo. Ottenendo un risultato chiamato comunemente “esperienza della vita”.
Ritengo sia difficile misurare l’intelligenza astratta poiché non è unica ma multipla. Qualsiasi tentativo in tal senso è stato quello di valutare l’effetto di precedenti esperienze in campi diversi. Ad esempio, se chiediamo agli studenti di cantare una canzone, o creare una nuova melodia, noi non valutiamo una intelligenza musicale “autentica”, ma piuttosto la natura e la portata delle loro precedenti esperienze nel campo della musica.
P.S. :La cultura di una società non è altro che la sua memoria, come le reti neurali formano quella dell’uomo, e il DNA della specie.
L’uomo impara per imitazione, senza adulti da imitare il bambino non impara un gradché, neanche a parlare !
Questo mi ricorda una citazione di Eric Kandel : “Noi siamo ciò che siamo in virtù di ciò che impariamo e quello che ricordiamo”…….

MASSIMO

Le religioni servono ad una sola cosa, e cioè a plagiare le persone.
In questo plagio il ministro del culto (prete, rabbino, imam, ministro di Scientology o altre cose) inculca alla vittima che lui è il rappresentante di un Dio immaginario.
Cosicché la vittima (il credente) deve ubbidirgli, perché se non lo facesse disubbidirebbe a Dio.
In realtà chi diventa credente non si rende conto del plagio che gli viene fatto, vuoi per scarsa intelligenza o vuoi perché non è interessato ad approfondire la materia.
Ma le persone più colte ed intelligenti si rendono conto del plagio e lo rifiutano. E questi sono gli atei.
Dunque non è che l’ateismo fa diventare intelligenti, ma è l’intelligenza che porta all’ateismo.

MASSIMO

E certo che noi atei siamo molto più intelligenti di voi.
Solo uno stupido si sottomette volontariamente ad uno staterello teocratico solo perchè gli sono state raccontate delle storielle che non sono mai state provate.

MASSIMO

@ Engy

Non mi credi che le religioni fanno diventare stupidi?
Guarda cosa è successo in India.
http://qn.quotidiano.net/esteri/2013/08/19/936317-india-treno-travolge-pellegrini-20-morti-linciato-macchnista-conducente.shtml
I pellegrini erano talmente con la testa fra le nuvole a pensare ai loro dei immaginari che attraversavano le rotaie senza nemmeno guardare se passava il treno.
Le religioni sono una droga mentale ed andrebbero proibite ne più ne meno come le droghe pesanti.

gmd85

@engina

Massimo sarà anche schietto, ma tu leggi un po’ il ciclo delle fondazioni di Asimov. Poi ne riparliamo.

Gérard

Non mi piace dire o pensare che noi atei siamo piu intelligenti degli credenti . Trovo questo inutile e una forma di orgoglio molto puerile .

Pero devo anche racontare questo : a 14 anni, ero stato ricoverato in un ospedale per esaurimento nervoso . Sono stato sottomesso a una serie di test da un medico-psicologo . Erano quelli dell’ IQ …
Sono riuscito a eludere quasi tutti quelli che mi furono sottomessi e il medico stupito mi chiese due volte quanti anni avevo …
Non ho mai saputo quale fu la valutazione .

Intelligenza oppure sensibilita, questi doti vengono pagati poi ad un prezzo altissimo !

alessandro pendesini

@Massimo
Una persona intelligente più della media ma insufficientemente colta in certe branche potrebbe benissimo non essere atea. L’intelligenza sola non spiega ne la tendenza a credere in dio o il contrario. Quello che decide se credere o no in entità metafisiche è principalmente il livello di cultura specifica e generica dell’individuo cosi come la sua personalità.
Detto diversamente : l’intuizione -essere o non essere credenti- si verifica solo quando abbiamo accumulato certe conoscenze e utilizzato la nostra ragione (o l’intelligenza intrapersonale) per analizzarle.

MASSIMO

Se un credente fosse intelligente dovrebbe fare il seguente semplicissimo ragionamento:

“Ma la mia fede fa sì che uno staterello al centro di Roma ottiene una montagna di soldi e di potere. Allora, non sarà che mi hanno raccontato tutte le storielle della religione perchè loro ci possano lucrare sopra?
E dunque mi stanno usando.”

Ma al momento in cui uno si rende conto di questo automaticamente diventa ateo. Ergo, l’intelligenza fa diventare atei.

Lorenzo Galoppini

I credenti sono tutti deficienti? Al solito, dipende: di sicuro più sono integralisti, fondamentalisti, intolleranti, reazionari, fascisti e compagnia bella, più lo sono (a voler esser buoni).
Come sempre, i credenti non sono tutti uguali.

Engy

eeesatto!
Poi basta sostituire la parola “credenti” con “atei” (ma, più saggiamente, basterebbe anche limitarsi a dire “persone”) e la sostanza rimane allo stesso modo valida.

gmd85

@engina

Certo, ma tu, nonostante il tuo dirti agnostica, incarni buona parte della descrizione di Lorenzo.

Engy

A proposito dell’intelligenza degli atei, che a questo punto si impone senza ombra di dubbio, incontrovertibilmente, palesemente superiore, ho scoperto una cosa fantastica: il sito “quantoseicattolico.info” e il relativo serissssimo test.
Cioè, meglio delle comiche!

Massimo Maiurana

ho scoperto una cosa fantastica: il sito “quantoseicattolico.info” e il relativo serissssimo test.

Non ho capito se sei ironica o se pensi davvero che il test abbia pretese di accademicità.

gmd85

@Massimo Maiurana

No, è semplicemente polemica e rompip.alle. Semplice.

Engy

Maiurana caro (ero ironica sai?),
vorrei anche vedere che avesse una qualsivoglia pretesa!
Ma già il solo fatto di aver potuto concepire una cosa così mi fa sbellicare dalle risa!

Massimo Maiurana

già il solo fatto di aver potuto concepire una cosa così mi fa sbellicare dalle risa

È un gioco, non è previsto che chi lo fa si disperi tra le lacrime. L’idea è proprio quella di far sorridere e di far conoscere delle curiosità che magari molti ignorano. Al contrario, ad essere esilaranti sono molte di quelle curiosità, ma non le abbiamo concepite noi e… pensa che chi lo ha fatto ne sostiene addirittura la serietà 😉

Commenti chiusi.